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L’abdicatio pendant della querela Analisi retorica d

L’ORIGINE RETORICA DELLA QUERELA

3.6 L’abdicatio pendant della querela Analisi retorica d

contr. 1.1 di Seneca Retore

Piuttosto che procedere pedissequamente sui binari della Di Ottavio, per quanto non si sia già (inevitabilmente) fatto fino ad ora, si opta per un piccolo fuoripista (pericoloso?). In più punti è stato messo in risalto il nesso di derivazione retorica-diritto, relativamente all’origine della querela, ma il percorso non può dirsi ancora definitivamente compiuto. Prima di saltare direttamente all’actio

819 Così D. DI OTTAVIO, ibid., la quale, ragionevolmente, perviene a queste

conclusioni dopo essersi soffermata sull’usuale equiparazione del parricida al

furiosus, poiché un tale efferato omicidio costringe il reo ad essere perseguitato

dalla Furiae. L’autrice ritiene fondamentale la fonte Cic. pro Sex. Rosc. Amer. 66- 68 a sostegno del legame furor-pietas.

820

Cfr. D. DI OTTAVIO, ibid.

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dementiae, per vedere come si atteggia, in quell’ambito, la «dialettica tra pazzia vera ed artificiosa»822, si preferisce guardare alla sua proiezione speculare, contraria ma uguale nelle linee di fondo823 (soprattutto per quanto attiene all’analisi retorica) e legata, forse più della prima, alla querela inofficiosi testamenti: tale è l’abdicatio. Questo tema trova frequentemente asilo nelle pagine dei declamatori, arrivando molto spesso a monopolizzare le loro attenzioni, data la sua ricorrente presenza824. Come prima cosa, appare di precipua importanza specificare che, nella giurisprudenza romana, non si trova riscontro della procedura legale dell’abdicatio, se non (un’unica volta) per richiamare la pratica greca dell’ἀποκήρυξις825. Tenuto conto di questo presupposto, nella declamazione «s’intravvede una meditazione di carattere sociale, ancor prima che giuridica, che vede nelle disarmonie del legame familiare per eccellenza – quello appunto padre/figlio- il suo momento forse più rappresentativo»826; non è forse proprio l’aspetto dell’impatto sociale quello caratterizzante una lesione dell’officium pietatis? Il diritto, si sa, è collettore di istanze sociali, ma queste sarebbero recepite, però, ancor prima, in ambito declamatorio.

822 Così D. DI OTTAVIO, ibid.

823 Cfr. E. BERTI, Scholasticorum Studia. Seneca il Vecchio e la cultura retorica e letteraria della prima età imperiale, Pisa, 2007, 90ss.

824

Cfr. S. F. BONNER, Roman declamation in the late republic and early empire, Liverpool, 1949, 101 ss. V. anche E. BERTI, ibid.

825 C.8.46.6 - Abdicatio, quae graeco more ad alienandos liberos usurpabatur et apokeryxis dicebatur, Romanis legibus non comprobatur. Cfr. S. SCIORTINO, «C.8.46.6: Brevi osservazioni in tema di abdicatio ed apokeryxis» in Annali del seminario giuridico della Università di Palermo, 48, Torino, 2003, p. 333-378, il

quale, dopo aver menzionato l’accentuata frammentazione della dottrina in materia di abdicatio (soprattutto nei suoi rapporti con l’apokeryxis greca), rappresenta una valida voce fuori dal coro; egli ritiene, infatti, che «C.8.46.6 non abbia vietato l’¢pok»ruxij ma si sia riferito solo alla romana abdicatio. In questo senso siamo stati spinti oltre che da ragioni formali attinenti al tenore del testo, anche dalla necessità di meglio conciliare il provvedimento con le fonti e le testimonianze successive che attestano la sopravvivenza dell’¢pok»ruxij fin in età giustinianea ed oltre, fonti che mal si conciliano con una lettura di C. 8.46.6 nel senso di un divieto dell’¢pok»ruxij, più o meno generalizzato, da essa disposto». Per maggiori approfondimenti si rimanda al testo. V. anche M. LENTANO, Retorica, cit., 46 ss.

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Tornando al tema (non thema827, su cui ci si soffermerà immediatamente) dell’abdicatio, la contr. 1.1 di Seneca Retore si presterebbe ad una semplice analisi retorica. Il thema828 della controversia, nella sua necessaria829 stringatezza ci riporta, innanzitutto, ad una delle partes orationis: la narratio830. Sottinteso che questa (il più delle volte) richieda il genus humile, deve presentare tre caratteristiche: ut brevis, ut dilucida, ut veri similis sit831; i fatti nella narratio (per noi ora nel thema) devono apparire oggettivamente832. Queste caratteristiche di essenzialità sono palesi in quello della controversia in oggetto; il thema, che non può essere colto come corpo a sé rispetto alla declamazione, presenta le caratteristiche della narrazione aperta, è privo di conclusione833, e il perché già lo si dà per assodato. Come prima cosa, ormai si sa, bisogna cercare il nòcciolo della questione (con la consapevolezza che può non essere il solo834). Nella contr.1.1, il problema è incentrato sullo status qualitatis, sulla natura colpevole o meno dell’atto commesso; nella difesa del filius dovrà essere messo in evidenza il rispetto di ius e aequitas835. A prescindere dalla verosimiglianza o meno del caso prospettato836, presupposto che

827

Cfr. G. M. RISPOLI, Thema tra retorica e filosofia in Papers on rhetoric, VII, Roma, 2006, 203-225.

828 Contr. 1.1 – Duo fratres inter se dissidebant; alteri filius erat. Patruus in egestatem incidit; patre vetante adulescens illum aluit; ob hoc abdicatus tacuit. Adoptatus a patruo est. Patruus accepta hereditate locuples factus est, egere coepit pater; vetante patruo alit illum. Abdicatur.

829 Cfr. A. CASAMENTO, ibid., ove, a ragione, si nota che l’essenzialità

informativa del thema lascia libera iniziativa ai retori, che non si trovano costretti entro limiti troppo definiti.

830 E. PIANEZZOLA, Spunti per un’analisi del racconto nel «thema» delle «Controversiae» di Seneca il Vecchio in Materiali e Contributi per la storia della narrativa greco-latina, Atti del Convegno Internazionale «Letterature classiche e narratologia», Selva di Fasano (Brindisi) 6-8 ottobre 1980, Perugia, 1981, 253-

267. In merito alla narratio § 2.9.2

831 Cfr. E. PIANEZZOLA, ibid. v. anche Rhet. Her. 1.14 832 Cfr. E. PIANEZZOLA, ibid.

833

Cfr. E. PIANEZZOLA, ibid.

834 Quint. Inst. orat. 3.6.10 835 Cfr. E. BERTI, ibid. 836

Cfr. A. CASAMENTO, ibid., il quale nutre numerosi dubbi su tale verosimiglianza, soprattutto perché l’abdicatio è addirittura duplice.

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l’abdicatio si origini da un atto di disobbedienza del filius, bisogna chiedersi (sotto il profilo del ius): il figlio ha l’obbligo per legge (liberi parentes alant aut vinciantur837) di alere il padre (non potendo così essere ripudiato)? Questo problema si divide in due parti:

1- un figlio ripudiato perde la qualità di figlio?

2- la legge ammette eccezioni o comunque, in particolare nel caso di specie, se ne può individuare una?838

Procedendo nella divisio, che presuppone l’individuazione dello status839, in questa seconda parte, si frappone allo status qualitatis un secondo status, questa volta legale: scriptum et voluntas840. Il testo della legge esplicitamente non fa riferimento ad alcuna eccezione ma in casi di forza maggiore (figli malati, incarcerati, prigionieri) questa è da ritenersi ammissibile841.

E ancora (in merito al ius): al fatto del ripudio si aggiunge una adozione (da parte dello zio), è, allora, in seguito a tale fatto che (resistendo al solo ripudio) il soggetto perde la qualità di figlio? Qui siamo di fronte allo status finitivus, altro status razionale842.

Sic stantibus rebus, lo status qualitatis si specifica nella qualitas absoluta843, poiché l’ἀντίληψις si considera in base al diritto che

837 Cfr. M. LENTANO, Retorica, cit., 36ss, il quale, trattando di questa legge

scolastica, non nega un probabile parallelismo con una legge soloniana, dunque con il diritto greco, che condanna con l’atimía (perdita dei diritti politici) coloro che privino i genitori del proprio sostegno. Accanto a questa ipotesi, si prevede una

graphè kakóseōs (denuncia per maltrattamento) sanzionatoria di comportamenti

ingiuriosi verso i genitori (tra cui il sottrarsi ai doveri alimentari).

838

Cfr. E. BERTI, Scholasticorum, cit., 94.

839 Cfr. E. BERTI, Le controversiae, cit., 101, ove si legge: «con il nome di divisio

(in greco διαὶρεσις) si definiva lo ‘scheletro’ della controversia, l’esposizione ordinata del piano dell’argomentazione, comprensiva di tutte le quaestiones da svolgere».

840 Cfr. E. BERTI, ibid. 841 Cfr. E. BERTI, ibid. 842

Cfr. E. BERTI, Le controversiae, cit., 117.

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contiene, ecco perché si ha una divisio in cui si alternano le ragioni del ius e quelle dell’aequitas844.

Contr. 1.1.13 – Latro illas questiones fecit: divisit in ius et aequitatem,an abdicari possit, an debeat.

Al retore spetta il compito di dimostrare l’armonia esistente tra l’azione del figlio, il ius e l’aequitas, così da smontare la legittimità dell’abdicatio (si badi bene: se quella è la prospettiva partigiana di riferimento! Altrimenti, con altrettanto vigore, con un ribaltamento di prospettiva, si sosterranno le ragioni contrarie)845.

Quanto di giuridico c’è, quindi, va cercato nella divisio; «l’occhio del diritto deve vedere più avanti della realtà che gli si prospetta e anzi da essa è sollecitato a trarre spunto per immaginare scenari nuovi che, pur nella loro virtualità, finiscono per risultare verisimili, assecondando altresì quella “vocazione profonda della declamazione a battere i margini estremi del codice culturale”»846

.

La domanda che ora sorge spontanea è: quale legame con la q.i.t ? La risposta è semplice ed immediata e la fornirebbe Quintiliano.

Quint. Inst. orat. 7.4.11 – Quibus similia etiam in vera rerum quaestione tractantur. Nam quae in scholis abdicatorum, haec in foro exheredatorum a parentibus et bona centumviros repetentium ratio est

844 Sotto il profilo dell’aequitas ci si interroga (mantenendo come punto focale

l’aver agito secondo diritto – verrebbe altrimenti meno lo status qualitatis-) sulla

dignitas del soggetto ricevente gli alimenti, nei termini: se non possa aver agito rettamente chi ha passato gli alimenti, anche se colui ch’è stato soccorso non n’era degno; se invece ne era degno (contr. 1.1.13 nella traduzione a cura di A.

Zanon Dal Bo).

845

Cfr. E. BERTI, ibid. v. anche A. CASAMENTO, ibid.

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Abdicatio nelle scuole di declamazione vuol dire discussione per l’exheredatio davanti al tribunale centumvirale847

. Il procedimento davanti ai centumviri di cui parla Quintiliano cos’altro è se non la querela inofficiosi testamenti848? Ovviamente il parallismo abdicatio/querela ammette necessariamente dei profili di differenza; di querela si può parlare dopo l’evento morte del de cuius, mentre nella declamazione il padre è in vita; a questo si aggiunge che la discussione nel primo caso verte sull’eredità mentre nel secondo sulla legittimità dell’abdicatio849

. «L’autentico pendant retorico della querela è costituito in realtà proprio dalle controversie nelle quali un figlio o una figlia si oppongono ad un provvedimento di abdicatio ritenuto ingiustificato, una situazione della quale, come si è visto, la declamazione presenta decine e decine di esempi. Queste declamazioni sono, infatti, tutte necessariamente fondate su questioni di equità: essendo pacifico che un padre abbia il diritto di ripudiare un figlio, si tratta di capire se lo abbia fatto in conformità ai dettami della pietas»850. Così come il retore articola la difesa del figlio che impugna l’ingiusta abdicatio allo stesso modo il patrocinatore del querelante sosterrebbe la difesa di quest’ultimo davanti ai centumviri851.

La fattispecie inerente all’abdicatio, che appare così nettamente stretta alla querela, si mostrerebbe anche utile per capire lo status di una controversia davanti ai centumviri per testamento inofficioso,

847

Cfr. S. F. BONNER, ibid., ove chiaramente si legge: «Abdicatio in the Senecan exercises, as in Roman life, may be tantamount to ultimate disinheritance, but it is more in the nature of a moral repudiation; the son was order to leave the house, but remained in patria potestate and could be recalled and reinstated. Quintilian puts us on the right lines when he refers us to purely Roman practice and says that declamatory cases of abdicatio were parallel to actual cases of exheredatio in the centumviral court. Now this extemely important passage is clearly an allusion to the querela inofficiosi testamenti, which wuold always be brought before the

centumviri when it was desired to secure a change in the dispositions of the will on

the grounds of un fair exclusion».

848 Cfr. E. BERTI, ibid.

849 Cfr. E. BERTI, ibid. Cfr. S.F. BONNER, ibid. 850

Così M.LENTANO, Retorica, cit., 53.

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essendo uguale e contrario a quello che è stato discusso in questa sede. Da qui a negare rilevanza al color insaniae apparirebbe, forse, eccessivo. È vero che si è di fronte a un testamento valido ma invalidabile per non conformità alla pietas852, è vero che in ballo c’è la discussione di una questione di equità853 ed è vero anche che in materia testamentaria il riferimento declamatorio naturale è proprio quello dell’abdicatio854

; queste considerazioni, tuttavia, non cancellano l’eco che nelle fonti ha il color insaniae. Certo è che risulterebbe preferibile dare un taglio diverso alle impostazioni dottrinali in materia. Concordando con Lentano sulla stretta prossimità derivativa abdicatio-querela, non va dimenticato che, nella nostra ricostruzione, verrebbe a preferirsi un’impostazione tale da disegnare la querela come un procedimento in fieri. Se si ammettesse l’abdicatio come pendant del procedimento per testamento inofficioso, questo non escluderebbe, trasponendolo nel contesto sociale di riferimento, la necessità di uno strumento ulteriore, utile ad evitare un distruttivo effetto domino. Se buone tali consederazioni (per le quali la querela non deriverebbe puramente e senza mediazione dal color insaniae ma verrebbe a trovare il proprio antecedente retorico nell’abdicatio), sarebbe preferibile pur sempre ascrivere il definitivo perfezionamento dell’istituto proprio al color insaniae, altrimenti non si spiegherebbe in virtù di quale strategia argomentativa sostenere l’accusa in giudizio.

852 Rectius invalidabile attraverso l’escamotage della finzione di follia essendo in

questione un atto del de cuius non conforme agli officia.

853

Questo è indispensabile per convergere verso la logica preminenza dello status

qualitatis in un procedimento per testamento inofficioso. Nell’analisi retorica di

quest’ultimo, studiando il procedimento del κρινóμενον, apparirà maggiormente definito (per quanto possibile) il ruolo della pietas (rectius di una sua violazione).

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