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Aspetti dell’incastellamento Europeo e Mediterraneo

Mario Manganaro - manganar@ingegneria.unime.it

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Il castello di Bauso

Percezione del castello

Il complesso del castello di Bauso negli anni settanta del secolo scorso con la costruzione del troncone dell’autostrada Messina – Pa- lermo che attraversa Villafranca Tirrena, subisce un innalzamento forzato della linea d’orizzonte. Viene percepito dagli automobi- listi come una costruzione di una certa impo- nenza, tuttavia scivola lateralmente come una quinta stradale appena più alta di una tradi- zionale.

Il nastro autostradale taglia brutalmente il giardino, che si era gradatamente formato nel tempo davanti al maniero verso la costa. Do- tato di fontane e giochi d’acqua fi no a quando fu in possesso dei baroni Pettini, fi nì poi per essere abbandonato e in buona parte distrut- to, tanto da essere oggi irriconoscibile se non per qualche resto di fontana sperso in un’area di margine, tra la scarpata dell’autostrada, il complesso delle cementerie dismesse e l’ur- banizzazione disordinata della periferia. Lo stacco operato dall’immissione del tronco autostradale sanzionò l’estraneità del giardi- no dal complesso fortifi cato.

L’immagine del castello di Bauso, quindi, oggi è visibile in modo abbastanza diverso da quanto si potesse percepire in passato. Le modifi che, che sono avvenute dal momento in cui l’autostrada ha tagliato fuori il maniero dal suo giardino ottocentesco, lo pongono in una condizione di straniamento e di riduzione rispetto alla complessità, che nel tempo si era

accumulata attorno ad esso. Da una parte è nuovo e improvviso lo scorcio in cui ci s’im- batte all’uscita dalla galleria sia in direzione di Messina e altrettanto in direzione di Paler- mo (quando si esce da una curva che ne impe- disce la visione da lontano), mentre dall’altra parte la vista dalla costa è falsata ormai dal nastro prepotente del viadotto autostradale, che si distende sotto di esso.

Le vicende costruttive

Il castello trasformato in dimora signorile alla fi ne del sec. XVI ad opera di Stefano Cotto- ne, domina l’abitato di Bauso, formato nella sua parte più antica di case a schiera allineate lungo la strada che porta all’altro nucleo più a monte (Calvaruso) o poste ai lati della salita che raggiunge la piazza su cui danno l’ingres- so al castello e la chiesa madre.

Chiamato Bavuso1 nei secoli passati, il borgo

ancora più anticamente veniva denominato anche Bavosa e Babusa. Era nato attorno al castello e nei pressi di un fondaco, che esi- steva anticamente in contrada Divieto, nella parte orientale, lungo la strada litoranea pri- ma che si biforcasse in due vie. Una di esse portava verso l’interno inerpicandosi per rag- giungere l’abitato di Gesso e proseguendo ancora sul crinale dei Peloritani arrivava in vista di Messina. La trasformazione del com- plesso difensivo in dimora patrizia alla fi ne del sec. XVI, continuò nel secolo seguente ad opera degli eredi e, con le ulteriori addizioni dei conti Pettini nel sec. XIX, raggiunse una conformazione con un elegante giardino e gli speroni difensivi assumeranno al loro interno l’aspetto di grotte rustiche con fontane. Il castello, la cui ricostruzione nel 1590 po-

trebbe essere stata effettuata in luogo diver- so dall’originario anche se prossimo, faceva parte dello scacchiere difensivo della città di Messina insieme ad una serie fi tta di altre for- tifi cazioni (Calvaruso, Saponara, S. Martino, Spadafora, ecc.), che creavano un baluardo fra la costa e i Peloritani, dopo il sistema for- tifi catorio imperniato sul castello di Milazzo, che dominava la piana omonima. Il castello, abbandonato dopo un incendio che lo ridusse quasi a rudere, andò col tempo in rovina e i lavori eseguiti dalla Soprintendenza nell’ulti- ma parte del secolo passato, hanno rimediato alla distruzione totale e alla perdita del bene architettonico, tuttavia hanno comportato ricostruzioni parziali e hanno occultato tra l’altro l’originario vano scala, forse troppo angusto, inserendo delle nuove scale per rag- giungere i vani superiori.

Nel palazzo si possono distinguere tre parti: la prima, più antica, è arretrata e alquanto ri- dotta in lunghezza rispetto al corpo che pro-

Fig. 1

Aerofotogrammetria del borgo di Bauso nel comune di Villafranca Tir- rena (ME)

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spetta verso il mare e che contiene il grande salone d’entrata. Il blocco, di cui fa parte il salone e che ha un carattere spiccato di rap- presentanza, si può considerare la seconda parte. Essa può essere stata aggiunta o ricom- posta quando il proprietario fu nominato da Filippo IV principe, appunto, di Castelnuovo. La terza parte sul lato occidentale è composta da un corpo di servizio ad un piano, accosta- to alla prima e aggiunto negli ultimi lavori di restauro, probabilmente seguendo antiche tracce di mura. Nella parte più antica, duran- te le operazioni di rilievo, abbiamo scoperto un’antica cisterna nel cortile, ma non è stato possibile valutarne la consistenza.

Il raffi nato portale del 1590, anno in cui s’iniziò la ricostruzione del castello, denota un’attenzione al dettaglio e una padronanza compositiva che manca nell’impaginazione

del prospetto principale, i cui lavori di re- stauro hanno messo a nudo, sia una serie di interventi ottocenteschi con fi nte bugne in mattoni, sia la struttura dello zoccolo, che per la fattura sembra da considerare coevo alla prima costruzione. Le bugne del portale sono alternativamente piatte e più lunghe o arro- tondate (a cuscino) e più corte. Le prime sono realizzate con pietra grigia, le altre con pietra con colore rosato, di cave locali. L’originalità compositiva del portale consiste in un serrato gioco geometrico che lega l’inclinazione del muro a scarpa, su cui è collocato, con il dise- gno del piedritto scomposto in tre conci late- rali con uno intermedio (quasi uno smusso), che raccordano gli stipiti in un inconsueto, ma controllato, equilibrio.

La storica Francesca Paolino con un serrato confronto stilistico attribuisce il portale a Ja-

copo Del Duca, architetto originario di Ce- falù, che in quel periodo giunge a Messina proveniente da Roma, dove aveva lavorato a lungo come discepolo di Michelangelo. Non era improbabile che una famiglia facoltosa e importante come i Cottone commissionasse un’opera ad un architetto di fama, tuttavia il portale sembra un intervento settoriale ed iso- lato nella composizione generale, improntata a preoccupazioni eminentemente utilitaristi- che. La famiglia Cottone alla fi ne del XVI secolo godeva di notevole prestigio nella cit- tà di Messina, dimostrato non solo dai vasti possedimenti nel Valdemone ma anche da una cappella gentilizia all’interno del grande tempio di S. Francesco d’Assisi alla Boccet- ta2. Inoltre i Cottone, principi di Castelnuovo

e conti Bauso, avevano la loro residenza prin- cipale, come riferisce Caio Domenico Gallo nei suoi Annali, nella Palazzata, il grande edifi cio barocco che faceva da cornice sceno- grafi ca al porto della città. Dopo la morte del conte Stefano, gli eredi seppero incrementa- re nel tempo appannaggi, onori e capitali. A metà del sec. XVI, periodo particolarmente felice della storia della città di Messina, rap- presentavano una nuova classe di nobili e non disdegnavano di impegnarsi come mercanti, armatori e banchieri. Continuarono e amplia- rono le loro attività nei due secoli seguenti, tuttavia spostando gradualmente i loro inte-

ressi da Messina a Palermo3.

La conformazione difensiva del complesso che all’atto della costruzione poteva avere un fondamento per la difesa della costa dalle non rare incursioni dei pirati, col tempo perde la sua originaria funzione per far parte di un apparato scenografi co ad uso del signore, che

Fig. 2

Il castello di Bauso visto dalla fi uma- ra (disegno dell’autore)

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visita di tanto in tanto i suoi feudi4.

Ormai distante in tutti i sensi da Messina, Carlo Cottone nel 1819 vende il castello di Bauso per 9.000 onze ai conti Pettini, per fi - nanziare la costruzione di un’azienda agraria nei pressi della villa di proprietà sui colli di Palermo. I conti Pettini danno al palazzo una nuova veste di carattere neoclassico con un cospicuo arricchimento di statue e di apparati decorativi, seppur di fattura modesta, ma so- prattutto svilupparono il giardino panoramico con vista sulle Eolie con dovizia di grotte ru- stiche, vialetti con pergolati, statue e fontane con giochi d’acqua.

Nel tempo il castello passa dalla condizione medievale di fortilizio di frontiera nello scac- chiere tirrenico, come antemurale di difesa della periferia occidentale di Messina, dopo il superamento della roccaforte di Milazzo, a quello di residenza signorile del periodo ba- rocco, sovrastante il borgo, sviluppatosi nel frattempo ai suoi piedi. Domina la strada del- la costa, l’antica consolare Valeria, nei pres- si del bivio di Divieto, dove la presenza di un fondaco in contrada Locanda, testimonia l’importanza del luogo per i viaggiatori che si apprestavano a raggiungere, attraverso la strada collinare, la città dello Stretto.

In periodo neoclassico i nuovi proprietari, i conti Pettini, lo arricchiscono di un giardino di delizie, con piante lussureggianti, giochi d’acqua e statue.

L’edilizia fi tta e minuta di case a schiera accompagna i percorsi che conducono alla piazza su cui danno la chiesa e il palazzo del signore. I cantonali delle costruzioni che rap- presentano il potere religioso e quello feuda- le sono impreziosite dai conci di una robusta

Fig. 3

Pianta del primo livello del castello (rilievo da tesi di laurea di A. Cirino, 2006)

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pietra calcarea dal colore rosato, cavata nelle vicinanze e già usata anche per alcune costru- zioni rinascimentali della città di Messina. Le trasformazioni avvenute nel XX secolo (sventramento del borgo per allargare la piaz- za e costruzione del viadotto dell’autostrada a ridosso del palazzo) hanno stravolto l’as- setto che si era stratifi cato nei secoli passati. Pur tuttavia quello che resta serve a leggere brani di una storia che ha lasciato conside- revoli tracce. Alessandro Dumas e Vincenzo Bellini portano alla ribalta la storia del bri- gante Pasquale Bruno. Durante alcune serate estive non è diffi cile imbattersi nella piazza principale di Bauso, su cui danno la chiesa madre e l’ingresso del castello, in una affol- lata rappresentazione teatrale all’aperto sulla storia del brigante Pasquale Bruno. Tale sto- ria arriva oggi fi no a noi anche per l’interesse che suscitò nello scrittore Alessandro Dumas. Egli ne sentì parlare per la prima volta a Pa- rigi dal musicista siciliano Vincenzo Bellini. Allo scrittore, che doveva lasciare la sua città dopo una grave malattia per un perio- do di convalescenza alla ricerca di un clima più salubre, Bellini consigliò un soggiorno in Sicilia e nello stesso tempo lo incoraggiò a cercare notizie dirette, quando sarebbe arri- vato sul posto, intorno alla storia che gli ave- va narrato.

Dumas, come racconta lui stesso, andò a Bauso seguendo le indicazioni dell’amico musicista. Giunse davanti ad un albergo, che gli era stato indicato come riferimento e rico- nobbe la strada in salita fi ancheggiata da pic- cole case a schiera che portava davanti alle mura del castello. La percorse e giunto alla sommità vide due gabbie appese alle mura

del maniero, una vuota ed un’altra con un te- schio. Ebbe modo di parlare con la gente del luogo, che gli raccontarono i possibili risvolti di una storia che poi avrebbe romanzato in “Pasquale Bruno”, pubblicato a Parigi nel 1838. Quando ritornò a Parigi cercò l’amico musicista per raccontargli del viaggio e delle sue impressioni, ma sfortunatamente Vincen- zo Bellini era stato sepolto poco tempo prima del suo arrivo.

Al di là delle leggende, delle storie romanzate e dei racconti più o meno fantastici tramanda- ti oralmente sulle vicende del brigante dalla mira infallibile e dal cuore generoso, che si vendicò dei soprusi del principe di Castel- nuovo, effettivamente è esistito un Pasquale

Bruno5, detto Zuzza da Calvaruso (sopranno-

me ereditato dal padre), impiccato al piano della Marina a Palermo il 31 agosto del 1803. Accusato di numerosi delitti fu condannato all’impiccagione e alla recisione del capo e delle mani da esporre nella terra di Bavuso. Vent’anni prima, esattamente il 5 maggio del 1783, era stato impiccato nella stessa piazza

di Palermo il padre Antonino Bruno, condan- nato per diversi delitti, tra cui l’omicidio del governatore di Bavuso. Il teschio del cada- vere era stato esposto in una gabbia di ferro appesa ai merli del castello.

Queste notizie sono confermate dai docu- menti trovati nella “Cronologia degli affl itti della nobile Compagnia dei Bianchi” pubbli- cati nel 1917 a Palermo a cura della Società Siciliana di Storia Patria.

Oggi queste vicende tragiche sono ricordate nelle rappresentazioni teatrali popolari, che avvengono nella piazza di Bauso nel mese di agosto e che raccolgono gli abitanti del luogo ed i turisti. Esse in qualche modo riportano l’attenzione sul maniero, attorno a cui ruota la vicenda romanzesca, ma il complesso for- tifi cato ancora non ha trovato l’unità perduta dopo il distacco e la quasi completa distruzio- ne del giardino ottocentesco.

È possibile tuttavia auspicare che un progetto tenti di riconnettere in qualche modo l’area sottostante all’autostrada al castello per recu- perare gli elementi rimasti dell’antico giar-

Fig. 4

Prospetto principale del castello (ri- lievo da tesi di laurea di A. Cirino, 2006)

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dino, tra cui la fontana dei leoni attribuita al Montorsoli, e possa prevedere una fruizione pubblica a verde attrezzato di tutta l’area eli- minando le discontinuità.

1 Cfr. Amico V., Dizionario topografi co della Sicilia, tradotto dal latino ed annotato da Gioacchino Di Marzo, Tipografi a di Pietro Morvillo, Palermo 1855, (ristam- pa anastatica presso A. Forni, Bologna vol. I, s.d., p. 132/133); il nome di Bavuso appare durante il periodo aragonese, quando era soggetto agli eredi di Giovanni Manna. L’abate Amico indica una serie di feudatari che ne vennero in possesso, tra cui i Castagna, i Pulichini, i Moncada, i Marullo, gli Sciaccani, i Crisafi e indi i Cot- tone. Parla di questi ultimi indicando nel 1630 l’anno in cui ne vengono in possesso. Questa data non sembre- rebbe congruente con la comparsa nella lapide inserita nel portale del castello del nome di Stefano Cottone e della data 1590. In realtà è Andrea Cottone, già baro- ne di Linguaglossa che viene in possesso del feudo nel 1530. Nel 1591 il feudo di Bauso sotto Filippo II viene elevato a contea, mentre nel 1623 Girolamo Cottone, fi glio di Giuseppe, secondogenito di Stefano, viene no- minato principe di Castelnuovo da

Filippo IV di Spagna. Andrea, il primogenito di Stefa- no, era morto giovane nel 1561. Stefano Cottone muore probabilmente nel 1593, anno del suo testamento. L’antica Bauso diventa comune autonomo dal 1825 al 1929 quando con il nome di Villafranca Tirrena ingloba Calvaruso e Saponara,

che a sua volta ottiene l’autonomia nel 1952.

2Cfr. Paolino F., Note sulla porta del castello di Bauso, in “Palladio”, n. 10, luglio – dicembre 1992, p. 37/44, che cita le epigrafi funebri della cappella; per

questo cfr. Buonfi glio Costanzo G., Messina città nobi- lissima descritta in VIII libri, Venezia 1606, ristampa a cura di Bruno P., Messina 1976, p. 29/b.

Così recita la targa posta sul portale d’entrata al castel- lo: D.O.M./ ARCEM FIDELISS. AD ARCENDAS/ TERRAE MARISQ. HOSTIUM INCURSIONES/ STEPHANUS COTTONIUS BAVUSY III DNS/ CO- ESA A FUNDAMENTIS ERES EREXIT/ ANNO A Fig. 5

Rappresentazione teatrale estiva nella piazza di Bauso (disegno dell’autore

Fig. 6

Il portale del castello attribuito a Ja- copo del Duca (rilievo da tesi di lau- rea di A. Cirino, 2006))

PARTU VIRG. MDXC.

3Cfr. Gallo C. D., Apparato agli Annali della città di

Messina, Napoli 1755, ristampa a cura di Molonia G., Messina 1995, p. 194; Tavilla C.E., Per la storia delle istituzioni municipali a Messina tra Medioevo ed Età Moderna. Giuliana di scrittura dal secolo XV al secolo XVIII dell’Archivio Senatorio di Messina ..., tomi 2, Messina 1983, p. 309; C. Trasselli, Messina 1674, in “La rivolta di Messina (1674 – 1678) e il Mondo Mediterraneo nella seconda metà del Seicento”, Atti del Convegno Storico Internazionale (Messina 1975), Cosenza 1979, p. 219; Trasselli C., Pispisa E., Messina nei secoli d’oro. Storia di una città dal Trecento al Sei cento, Messina 1988, p. 442, 504.

4Cfr. Terranova P.C. (a cura di), I castelli Peloritani del

versante tirrenico, Distretto scolastico 37 Milazzo a.s. 1990-91, p. 14/15. L’autore non riconosce nei piccoli baluardi angolari un effettivo ruolo difensivo, anzi ipo- tizza che il loro inserimento può ascriversi ad un perio- do successivo alla primitiva costruzione del 1590. 5Alessandro Dumas imbastisce un romanzo di soprusi, briganti e forche. Sembra che lo scrittore abbia preso spunto da una storia raccontatagli a Parigi dall’amico

musicista Vincenzo Bellini e che abbia effettivamente fatto un’indagine sui luoghi della storia, che ruotano appunto attorno al castello di Bauso. Cfr. Dumas A., Pascal Bruno, tradotto e pubblicato nel 1841 presso lo Stabilimento Poligrafi co Empedocle di Palermo. L’edi- zione riveduta e annotata da Claudio Rizza viene ripub- blicata nel 1988 per le Edizioni della Zisa di Palermo e quasi contemporaneamente appare: Dumas A., Pasqua- le Bruno, traduzione e note di Giuseppe Celona, Tipolitografi a Lo Presti, Capo d’Orlando 1988. Per la storia di Bauso e del brigante Pasquale Bruno con pun- tuali annotazioni e considerazioni sulla congruenza o meno delle date, citate nel romanzo e nei documenti cfr. anche Venuto F., Villafranca Tirrena, in “Blog Ar- chive”, 2003.

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Carmela Crescenzi

Fondamenti ed Applicazioni di Geometria Descrittiva a.a.2001/2006

Rocca di Civitella in Valdichiana Sezioni

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Arezzo – Civitella in Valdichiana giugno 2006 Castelli, fortifi cazioni e paesaggio in valle Tanaro. Bagnasco.

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Marabotto Maria Paola- Politecnico To -Fac. Arch.- DSTPI - mp.marabotto@isiline.it

Castelli, fortifi cazioni e paesaggio in

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