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Viaggiare tra le terre d’oriente vuol dire ve- nire a contatto con il più affascinante e stra- ordinariamente denso paesaggio “storico” che un uomo occidentale possa incontrare. Le profonde radici culturali dell’occidente riaffi orano in queste terre che, apparentemen- te deserte o spoglie delle icone del moderno paesaggio antropizzato, ripropongono antichi ricordi tra gli echi delle valli di pietra. Le vicende tumultuose di periodi di straordi- naria fertilità culturale, quali i due secoli che hanno visto le alterne vicende dei cavalieri crociati occidentali, hanno lasciato cospicue testimonianze nei castelli e nei segni antropi- ci disposti oggi in un territorio la cui signifi - catività è amplifi cata da tale presenza.

Fra le possibili interpretazioni dei linguaggi architettonici che emergono in questo grovi- glio ambientale quelle riguardanti le modalità compositive dello spazio appaiono, a tutte le scale di analisi, come il manifesto di una mol- titudine di relazioni e processi tra uomini e cose che defi niscono una linea di riferimento per la lettura storica dell’architettura.

Gli aspetti tecnologici come le tecnologie murarie e la disposizione dei singoli appa- rati costruttivi, i sistemi distributivi degli ambienti interni funzionali all’attuazione di un programma bellico, così come la distribu- zione di spazi connettivi di quelle porzioni di aggregato urbano che ancor oggi sussistono all’interno di queste grandi strutture forti-

fi cate, come ad esempio la città di Kerak in Giordania, o la Fortezza di Bosra e la fortezza del Krak in Siria, sono un manifesto di anti- che realtà che permangono in balia del tempo che scorre e mostrano ancora molti punti di connessione con le strutture della città con- temporanea.

Il sistema degli insediamenti mediorientali fornisce un ampio catalogo di elementi posti all’interno di una rete o di una maglia spa- ziale defi nita dalle rotte commerciali e dalle relazioni più profonde che le culture che abi- tavano queste terre stipulavano con il paesag- gio.

Il sistema dei castelli crociati in particolare, con il loro ristretto contesto ambientale, co- stituisce un prezioso patrimonio che si confi - gura come un eccellente “archivio”, di quella che gli archeologi chiamano “documentazio- ne materiale”, o come un museo all’aperto, perfettamente mantenuto dalle vicende sto- riche di questi territori, costituito perlopiù da manufatti che rappresentano e ripropongono negli elementi architettonici lo spirito del luogo.

Nel dicembre del 2004 in occasione di un convegno sull’archeologia tenuto in Giorda- nia1, ho avuto occasione di viaggiare attraver-

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so il medioriente e visitare luoghi di incredi- bile bellezza, non ultimo tra questi il famoso

“Krak des Chevaliers”.

Ricordo la fresca giornata di dicembre e il

caldo che si alternava ad un piacevole vento proveniente dal deserto, che scivolava sulle valli disegnandone i profi li prima di scontrar- si con i monti dell’Antilibano, mentre dalla citta di Homs (l’antica città romana di Emesa che oggi ospita 700.000 abitanti) mi allonta- navo a bordo di un macchinone siriano, per raggiungere il castello.

Il paesaggio sul quale si innesta il Krak pos- siede, come del resto tutto il medioriente, alcune qualità che, a causa di una ricca com- binazione di condizioni di tipo climatico, am- bientali, sociali e storiche, lo rendono carico di signifi cato. Esiste infatti una coerenza e un armonia di rapporti che si sviluppano at- traverso una precisa struttura territoriale, ai quali il Krak deve probabilmente molta della sua fama, che lo ha accreditato nella memo- ria collettiva in questi ultimi anni come la costruzione fortifi cata dell’ordine templare per eccellenza che rappresenta una delle te- stimonianze più affascinanti che la cultura cristiano-occidentale ha lasciato in oriente. In realtà esiste un legame ben più profondo tra la fortezza che svetta dalla cima del col- le e le valli circostanti; legame che non si esaurisce solamente in un dialogo a livello di immagine, ma va oltre penetrando tutti gli elementi ed i luoghi che sembrano far parte di questa relazione, come di un tutto uno, e concorrono, esaltandone il signifi cato, a defi - nire non solo lo specifi co contesto ambientale limitrofo al castello, ma una porzione territo- riale caratterialmente defi nita dalle relazioni

che il castello e le sue immagini intrattengo- no tra loro alle diverse scale percettive. Questa signifi cativa presenza trasforma il luogo comprendendolo, con tutti i suoi aspet- ti, all’interno della relazione tra il castello ed il territorio, mutando la relazione stessa da qualità eccezionale dell’elemento singolo a struttura formale territoriale, in maniera tale che le proprietà di questi ambienti si trasfor- mano creando un atmosfera particolare che è essa stessa l’espressione ed il veicolo utile alla percezione e alla comprensione del fe- nomeno relazionale oltre che dello specifi co castello.

Questa atmosfera sembra esprimere un’ar- monia particolare che vede nell’architettura il fenomeno principale, l’attore protagonista

di una scena teatrale nella quale si sta intrat- tenendo un dialogo profondo tra cielo, terra e uomo, questo ultimo rappresentato dalla di- mensione culturale delle sue opere.

L’omogeneità edilizia delle case di pietra ap- pare un fattore caratteriale talmente forte da ricordare continuamente una locazione terri- toriale ma anche geografi ca e più profonda- mente culturale.

Il colore diffuso delle case che si mescola a quello della montagna, trasforma gli abitan- ti del posto in abitanti della “terra”, mentre l’aridità del suolo ricorda loro la presenza e la potenza del sole e del cielo che dall’alto li costringe ad attività che continuamente li riavvicina alla terra.

L’uso della pietra locale rievoca continua-

Fig.3

L’ambiente interno al castello appare ampiamente descritto dal paesaggio, dalla relazione di ambienti defi niti dalle mura e dalla distribuzione dei volumi del castello con il territorio, le proprietà del paesaggio vengono poi fi ltrate da una cortina edilizia in molti casi parzialmente diruta che attraverso il fascino della rovina, traspone il carattere storico del castello a tutto il territorio.

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mente la dipendenza diretta tra l’architettura e la sua funzione di strumento per l’insedia- mento; se la sopravvivenza e la vita in genere dipendevano, specialmente in passato, da un buon rapporto con il luogo sia in senso fi sico che psichico, si ritrovano in queste valli tutti elementi che sembrano esprimere una forma di vita comune, e una continua affi nità collet- tiva nell’essere al mondo.

Le visioni di queste valli e dei suggestivi co- lori della vegetazione, dei monti, del cielo, delle persone oltre alle strumentazioni anche attuali che regolano la vita, si rifl ettono nelle modalità costruttive e nelle pratiche dell’edi- fi care come risultato che è parte di un’azione dell’uomo volta a creare una sintesi di questo

dialogo che insiste tra cielo e terra, al fi ne di poter trovare, organizzare e costruire un ordi- ne il cui intento da sempre è quello di venire a patti con il luogo stesso rispettandone gli elementi che in realtà, concedono a loro volta la possibilità di insistervi.

La lettura di questi colori, dei materiali, degli interventi dell’uomo e dei suoi strumenti vi- sti come estensioni del corpo per la conquista dell’ordine, costituisce la base di partenza per la lettura di una dimensione culturale che si prefi gura come lo specchio della quotidiani- tà dello spazio in funzione del tempo e de- gli sviluppi; la comprensione di una struttura formale dell’ambiente diviene utile per com- prendere dunque i processi che hanno garan- tito e continuano oggi a garantire in questi luoghi lo sviluppo di tutte le attività antropi- che esistenti.

In particolare il Krak racchiude nella sua immagine tutto il contesto territoriale fi no a dove l’occhio può arrivare ad osservare; il castello riporta nel suo impianto planimetrico e nella sua distribuzione volumetrica parti- colari qualità che dipendono strettamente da determinate relazioni con il paesaggio. Il pa-

esaggio entra quindi a far parte del castello, ne condivide gli spazi in una interazione di livelli ambientali, in una compenetrazione di sfere di infl uenza specifi che dove le relazioni si scontrano vivamente e creano suggestioni inaspettate, la logica conseguenza di questo fenomeno è l’esaltazione ed il maggior gradi- mento di entrambe le parti, territorio e costru- ito, da parte di chi vive, di chi fa uso, dell’in- terrelazione e quindi del sistema castello. La fi gura del castello richiama l’idea di un si- stema culturale particolare e per tanto l’edifi - cio, non solo visivamente, raduna e raccoglie tutti gli elementi compresenti nel panorama, ed ideologicamente riporta con la sua presen- za alla necessità di una logica traduzione del sistema a lui connesso, il sistema del castello Esiste una struttura ben precisa di questo pa- esaggio all’interno della quale si regolano le connessioni, una struttura che oggi è ben de- fi nita e si mostra tramite una scala di valori, una visualizzazione del signifi cato degli ele- menti che compongono il luogo.

La distribuzione spaziale con la collocazione del castello in alto rispetto alla valle e alle re- stanti abitazioni, oltre alla dimensione, “fuori

Fig.4

Controcampo del castello dal monastero

Fig.5

La doppia cinta muraria del Krak in relazione con la valle

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scala” in relazione alla città sottostante, af- fi dano al Krak il ruolo di richiamare sotto la sua immagine, di radunare con la sua impo- nenza, tutto il patrimonio edifi cato circostan- te caricandolo di un signifi cato che va oltre quello meramente architettonico e fi sico, ma anche culturale, al quale oramai non solo questi paesaggi, ma anche le comunità che li abitano, fanno riferimento.

Il signifi cato è la sommatoria di tanti fattori, è il frutto di una comparazione di esperien- ze vissute nella valutazione dei fenomeni in genere associato alla specifi ca necessità di orientare una propria identità all’interno di uno spazio nel quale l’uomo si deve muovere.

Il signifi cato poi si struttura nel tempo e si va stratifi candosi nel luogo all’incrementarsi dei processi apportati agli elementi presenti nel luogo per mani differenti che hanno subi- to, oltre alla differente percezione cinestetica degli elementi e degli ambienti, e quindi alla differente comprensione del luogo e conse- guente differente attribuzione di signifi cati e di interpretazione dell’esistente, il modifi car- si delle differenti società.

Il signifi cato “autentico” del Krak risiede quindi in quei “riti di fondazione”, di inse- diamento, delle pratiche dell’abitare, oltre che nello specifi co nelle pratiche militari e nei riti religiosi, che appartenevano ai cava- lieri crociati che lo hanno costruito; la nostra percezione dei fenomeni accaduti non potrà prescindere quindi da una rifl essione perso- nale e da interpretazioni operate con quello scetticismo e antimisticismo che è tipico di quel fenomeno contemporaneo di perdita di signifi cato e di valori nei fenomeni sociali che sempre più sta dilagando in occidente. In passato l’idea che ogni cosa avesse, oltre a quello proprio, un altro signifi cato più pro- fondo era considerata quasi ovvia, e questo signifi cato, che si esplicitava in quasi ogni elemento o segno dell’ambiente, era il frut- to di un rituale che ripeteva l’organizzazione del cosmo, ossia la visione dell’ordine inteso come naturale strumento di organizzazione sociale e, in pratica, la dimensione culturale della società.

Alla condizione “antica” è poi necessario sommare l’insieme degli eventi che si sono stratifi cati attorno al sito fi no a quelli con- temporanei che, non appartengono alla nostra dimensione culturale di europei e, pertanto,

presentano analoghe diffi coltà di lettura. L’esame del luogo come ambiente strutturato dà la possibilità di poter organizzare la visio- ne di insieme di un fenomeno attraverso cri- teri di lettura “standard”, descrittori generici delle proprietà del luogo, quelli che dipen- dono dalle proprietà di spazio e di carattere, come base di partenza sulla quale riconfer- mare letture e considerazioni che derivano da differenti analisi.

La stratifi cazione di segni e la conseguente logica attribuzione stratifi cata di signifi cati al monumento trasmettono una storicità che di- viene necessariamente la principle linea gui- da di riferimento per una lettura dei fenomeni presenti.

La storia che si ripropone nei segni e nei sim- boli che investono il luogo, segni che sono leggibili per esempio in alcuni elementi ar- chitettonici, o che troviamo nelle stesse mo- dalità costruttive o nelle decorazioni sulle pa- reti, fi no alla singola pietra e le incisioni ed i graffi ti che sono frutto di un passaggio e che con la loro semplice presenza testimoniano una importante trasformazione un lento pro- cesso di mimesi nel paesaggio, quella stessa mimesi che consente ad un “sito” di poter es- sere ben compreso come “luogo”.

Le ragioni che hanno motivato l’esistenza dell’insediamento crociato sono da ricondur- re a due principali fattori: il primo, la stra- tegicità del sito all’interno del sistema di comunicazioni in medioriente, ed il secondo la presenza di un preesistente insediamento fortifi cato che necessitava quindi , per ragioni di carattere prettamente strategico militari, un presidio ad occupare il forte.

Le crociate, nate secondo molti storici non

Fig.6

Seconda cinta muraria del castello, particolare di una torre e delle mura; da notare le differenti tipologie di apparecchiature murarie presenti.

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con l’intento di riacquistare da parte del mon- do occidentale la casa di cristo e la terra del Dio cristiano, ma bensì con l’intento di li- mitare l’espansione del mondo islamico per evitare la sopraffazione ed il controllo delle principali rotte commerciali ed economi- che del mediterraneo, hanno prodotto come fenomeno principale, oltre alla creazione di particolari, ordini e compagnie di ispirazione religiosa, la realizzazione di una moltitudine di insediamenti ubicati sul territorio, presenti non tanto al fi ne di combattere il moro, ma utili a garantirne il controllo economico. Non c’è quindi da stupirsi quando in Ucrai- na si sente parlare del castello genovese ri- ferendosi al castello crociato di Bilnorod- Dnistrovs’Kyi posto a non molti chilometri dalla città di Odessa. Il castello non riguarda le crociate intese come battaglie militari, ma era utile a controllare le rotte delle navi per il commercio con le vie che portavano nell’est. I crociati, come “doganieri” o custodi o ga- ranti della sicurezza economica considera- rono quindi il Krak utile alla loro politica di

insediamento perchè questo si trovava, non solo già costruito, ma legato alle antiche vie di comunicazione e alle rotte dei commerci che si sviluppavano su questi tratti; il Castel- lo si trova infatti a metà strada circa tra Alep- po e Damasco, lungo l’unico passaggio chia- mato il passaggio di Homs, che al tempo con- sentiva di raggiungere le coste mediterranee tra la catena montuosa siriana degli Oronti e quella libanese dell Antilibano, mettendo in comunicazione l’importante città di Tortosa. Controllare il passaggio di Homs, al tempo in cui le vie di comunicazione erano diffi cili e pressoché obbligate, voleva dire controllare gran parte della costa libanese tra Antiochia e Beirut e gran parte dell’entroterra siriano. La collina, su cui il Krak des Chevaliers è stato costruito, era originariamente il luogo su cui sorgeva una piccola fortezza chiamata

il “Castello sul pendio” o “Castello Curdo” che fu occupata nel 1031 circa dall’Emiro di Homs, il quale vi lasciò come presidio solda- ti curdi per proteggere i territori interni del- la Siria dalla minaccia di potenziali invasori provenienti appunto dalla costa mediterranea. Nel 1099, durante il passaggio della prima crociata che si dirigeva verso Gerusalem- me, Raimondo di Tolosa occupò brevemen- te l’avamposto allora presediato perlopiù da contadini. Come racconta lo storico Steven Runciman nel suo libro La Prima crociata, le milizie curde per evitare di essere uccise e nella speranza che i crociati se ne andassero, si nascosero e fecero uscire dal castello delle greggi creando un diversivo per tentare una sortita contro i cavalieri, che comunque non ebbe successo. La prima incursione al Krak des Chevaliers nel gennaio 1099 precedette quindi la presa di Gerusalemme del 15 luglio dello stesso anno; dopo l’abbandono delle truppe cociate, ed a seguito della conquista di Gerusalemme, il destino del Krak divenne legato perlopiù agli avvenimenti della contea di Tripoli soggetta agli attacchi di Raimondo di Tolosa che la conquisto dopo aver cercato di conquistare sia il Krak che la città di Homs senza riuscirvi.

Diverse fonti riportano la data di conquista del Krak intorno al 1110 ed è quindi plausi- bile pensare che sia stato Bertrando, con il nome di Raimondo II, ad espugnarla, anche se di questo episodio non sono riportate fonti. Questo periodo storico vede la nascita di im- portanti ordini religiosi cavallereschi impegnati nelle crociate quali quello dei Cavalieri Templari (1119) e quello dei Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni in Gerusalemme (o pedalieri).

Fig.7

Disegno di viaggio, particolare di una torre vista dalle mura dove si evidenzia la complessità del sistema costruttivo degli ambienti emerso dalle rovine.

Fig. 8

segni nella pietra di giochi e di storie dei cavalieri; questi segni trasformano la parete in un album di fotografi e dove è possibile rivivere nella propria immaginazione la vita della fortezza al tempo dei crociati.

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La missione di questi ultimi era quella di rende- re sicure le vie della costa e di curare i malati. Il Krak des Chevaliers, insieme ad altri castel- li, fu donato agli Ospedalieri da Raimondo II di Tripoli nel 11442 che da allora continuarono a

presidiarlo per difendersi dalle incursioni musul- mane.

Pare che dopo gli interventi crociati, che duran- te la lunga permaneneza al castello ampliarono le opere architettoniche costruendo nuove cinte murarie e strutture funzionali alle attività religio- se oltre che belliche, il Krak fosse in grado di ospitare un esercito di numero superiore a 2000 uomini tra soldati e cavalieri.

Diffi cile pensare che il Krak abbia mai ospitato così tanti soldati in quanto gli storici sono abba- stanza conservativi sulla numerosità dei cavalieri crociati presenti in tutto il medioriente che si ri- tiene potessero essere in tutto un migliaio scarso. La egemonia dei crociati nella zona, negli anni seguenti, fu più volte messa a rischio dalle incur- sioni delle popolazioni musulmane di confi ne. Il Krak des Chevaliers, rispetto alle altre forti- fi cazioni e castelli presenti in medioriente era tuttavia in una posizione strategica favorevole ri- spetto allo sviluppo della guerra santa, le princi- pali attività belliche si concentravano infatti nei centri urbani più importanti della regione tutti abbastanza lontani dal Krak.

Questa probabilmente appare una delle ragioni

per cui il Krak non ha subito pesanti distruzioni ed è perdurato in buono stato fi no ad oggi. Il Krak fu attaccato nel 1163 a seguito della se- conda crociata da Nureddin le cui truppe si scon- trarono con quelle dei crociati nella valle di Bu- quai’ah nelle vicinanze del castello.

I crociati in quella occasione ebbero la meglio e mantennero il presidio della zona e del castello.

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