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Introduzione.

Il Castello di Gioia del Colle, per le caratte- ristiche architettoniche e per le vicende sto- riche che lo hanno interessato, è apparso un “modello” adatto a testare metodi e strumenti per una lettura speditiva e al contempo, rigo- rosa, delle superfi ci lapidee.

Le trasformazioni funzionali e le aggiunte che si sono succedute in mille anni di vita a par- tire dall’XI secolo, hanno modifi cato profon- damente l’impianto originario contribuendo, nel contempo, alla composizione di un’unità visuale di grande interesse all’interno di una commistione stilistica di elementi architetto- nici. Tale commistione, ad una prima lettura, è resa meno evidente dall’uso del carparo ros- so di colore castagno. Solo in corrispondenza delle linee di inviluppo (cantonali e basamen- to delle torri) e delle aperture (portali, fi ne- stre, cornici, ecc.), la chiara pietra calcarea si stacca nettamente dal fondo bruno e severo dei muri. Il carparo rosso assume rapidamen- te la patina del tempo per cui diventa diffi cile individuare anche gli interventi più recenti se non attraverso una attenta analisi delle carat- teristiche morfologiche e tipologiche degli apparecchi murari. Attraverso gli strumenti e i metodi del rilievo dell’architettura, è sta- ta elaborata una accurata classifi cazione ed

una oggettiva rappresentazione delle unità stratigrafi che distinguibili in due tipologie: le “Unità Stratigrafi che Murarie” e le “Uni- tà Elementi Architettonici” (USM e UEA). Lo studio della tassonomia degli elementi ha permesso l’analisi comparativa tra le parti in modo da stabilire, ove possibile, una cronolo- gia relativa e, in caso di dubbio o in assenza di altra documentazione specifi ca, l’autenti- cità o meno degli stessi. Dopo il restauro dei primi anni del ‘900 ad opera dell’architetto Angelo Pantaleo, Ispettore per i Monumenti e gli Scavi della Provincia di Bari, il castel- lo assume sostanzialmente l’aspetto attuale. Il Pantaleo lo riporta ad una idea di aspetto “originario”, congelando la struttura in una presunta fase primigenia. Da una parte “li-

bera” i corpi di fabbrica antichi ridando loro una visualità spaziale soffocata dalle super- fetazioni, dall’altra snatura la continuità sto- rica rimuovendo volte di età angioina, inse- rendo nuove aperture e scaloni con fantasiosi loggiati. La fotografi a ha svolto il ruolo più importante nell’individuazione dei confi ni

Fig 1

Castello di Gioia del Colle. Ortofo- toproiezione del prospetto ovest. Fig 2

Prospetto ovest prima del restauro Pantaleo

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delle USM e delle UEA. E’ stato realizzato un progetto delle riprese per ognuna delle superfi ci murarie da rilevare, considerando i parametri di ripresa del corpo macchina e degli obiettivi usati (distanza focale e piano focale). Il progetto della mappatura fotogra- fi ca dei prospetti si è basato, cioè, sul calcolo dell’area coperta da ogni singolo scatto. Con- temporaneamente è stato condotto il rilievo celerimetrico con una stazione totale dotata di distanziometro laser. La base dei punti rile- vati è servita al “raddrizzamento” delle prese fotografi che e alla successiva “mosaicatura”. Verifi cata la perfetta corrispondenza dell’or- tofoto con il rilievo celerimetrico si è proce- duto alla defi nitiva compensazione dei livelli cromatici e di luminosità e contrasto dei sin- goli fotogrammi. In tal modo abbiamo otte- nuto degli elaborati esaustivi delle caratteri- stiche geometriche e materiche del manufatto dotando la rappresentazione tradizionale “al tratto” di una rappresentazione fotografi ca geometricamente congruente.

In seguito le ortofoto sono servite come base su cui condurre l’analisi autoptica e grafi ciz- zare la suddivisione e la classifi cazione del- le unità stratigrafi che. Queste rappresentano parti di muratura, estrapolate dal continuo, con le stesse qualità formali e materiche nei conci e nella tessitura, vale a dire unità spazio-temporali circoscrivibili e confronta- bili con altre unità stratigrafi che con carat- teristiche differenti. Infi ne le relazioni fra i differenti strati sono state ordinate in un ap- posito diagramma, sul modello del matrix di Harris, dal nome dello studioso da cui è stato inizialmente elaborato per l’analisi archeo- logica. Esso rappresenta la cronologia della

costruzione delle parti della fabbrica in base ai criteri temporali relativi di anteriorità, con- temporaneità e posteriorità.

Descrizione del complesso architettonico.

Il Castello è posto al centro dell’abitato stori- co di Gioia del Colle nella valle che divide le Murge orientali da quelle occidentali che in

origine ospitava la vasta estensione boschiva detta “Silva Regia”. Si trattava di un territorio di controllo e di difesa delle principali diret- trici di comunicazione fra il mare Adriatico e il mar Ionio.

I corpi di fabbrica si articolano attorno ad una vasta corte di forma quadrangolare, avente il lato maggiore orientato in direzione nord-sud. Le due torri, denominate de’ Ros- si quella di sud-ovest e Imperatrice quella di sud-est, incasellano la cortina meridionale. A nord sorgevano altre due torri che crollarono defi nitivamente durante il restauro del Pan- taleo insieme al secondo piano della cortina settentrionale.

Le altre cortine presentano due livelli coperti. In origine il terrazzo era protetto da alti merli rimossi all’inizio del secolo scorso in quanto

Fig 3

Torre de’ Rossi. Individuazione delle USM.

Nell’USM 02 sono stati compresi, oltre al basamento e al cantonale de- stro della torre, i due conci in pietra calcarea posti fra le due monofore superiori. Tali conci individuano l’antico allineamento del cantonale sinistro della torre prima dell’am- pliamento indicato da un epigrafe riportante la data 1834.

Fig 4

La catena dei castelli di Federico II collegava la Puglia, la Lucania e la Calabria fi no all’estremo campo for- tifi cato di Enna in Sicilia.

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pericolanti. Esternamente, nella parte inferio- re delle cortine, si aprono strette feritoie so- vrastate, al secondo piano, da monofore, da bifore e da fi nestre ad arco lunato di diversa grandezza. Anche le torri presentano diverse tipologie di aperture di varie fatture e gran- dezze: monofore con trabeazione monolitica, fi nestre ad arco lunato e oculi fi nemente scol- piti sulla torre Imperatrice. Le porte di ingres- so sono due, entrambe ad arco lunato, con conci a bugne, sovrastate da caditoie agget- tanti a due canne. Le pareti della corte interna presentano alcune varianti stilistiche dovute ai rimaneggiamenti subiti nel corso dei seco- li. Lungo la cortina occidentale è disposto lo scalone di accesso al piano superiore, realiz- zato dal Pantaleo.

Tutti gli accessi che affacciano sulla corte presentano archi lunati di differente dimen- sione e fattura. La cortina meridionale, al li-

vello superiore, presenta una ricca scansione di monofore, due bifore ad architrave mono- litica di diversa grandezza e una trifora, ope- ra anch’essa del Pantaleo che credeva nella presenza, su quella cortina, di ”una trifora magnifi ca d’epoca benedettina”.

Rilievo e rappresentazione.

La prima fase del lavoro si è incentrata sul- la descrizione dimensionale della superfi cie muraria e delle sue qualità materiche: dalla tessitura e articolazione di ognuno degli ele- menti lapidei visibili all’esterno, fi no ai com- plessi apparati stereotomici e scultorei. Per affrontare questo tipo di analisi non può essere suffi ciente un rilievo geometrico, per quanto accurato, che tenga conto solo degli aspetti metrici dell’edifi cio.

Da qui la scelta di lavorare con ortofoto ad alta risoluzione che ha permesso di ridurre il fattore interpretativo e quindi l’eliminazione di informazioni che un rilievo può comporta- re. Il rilievo celerimetrico, condotto con una stazione totale dotata di distanziometro laser, ha fornito la base dei punti di controllo per le operazioni di “raddrizzamento” delle imma- gini fotografi che e di composizione del “foto- mosaico” mediante appositi softwares di tipo analitico. Sono state rilevate unicamente le linee di inviluppo delle volumetrie del com- plesso monumentale e alcuni punti notevoli all’interno di esso.

L’obiettivo del rilievo strumentale è stato, pertanto, quello di preparare degli elaborati in grado di rispondere ai seguenti requisiti: a) progettare la sequenza delle riprese foto- grafi che per la realizzazione della “fotomo- saicatura”;

b) rilevare con metodo indiretto gli elementi architettonici inaccessibili;

c) relazionare il rilievo celerimetrico con le ortofoto.

Le riprese fotografi che hanno tenuto conto di due esigenze operative, una di carattere gene- rale (rap 1:50) e una di approfondimento (rap 1:10 per le USM e 1:20 per le UEA).

La prima, estensiva, ha documentato i para- menti murari esterni dell’intero edifi cio, con una copertura totale dello stato di fatto fra maggio e settembre 2005.

La seconda, di dettaglio, ha avuto come og- getto alcune porzioni di muratura apparte- nenti alle USM identifi cate e ognuno degli elementi (UEA).

Per quanto concerne la scala di rappresenta- zione si è partiti da due considerazioni: a) l’immagine digitale ha come unità di misu- ra il dpi, ovvero la quantità di pixel per polli- ce quadrato;

b) l’oggetto ha come unità di misura il metro. Abbiamo reso coerenti queste due unità di misura in modo da ottenere immagini stam-

Fig 5

Pianta piano terra. Fig 6

Grafi cizzazione del rilievo celerime- trico. Sono visibili le due stazioni all’interno della corte e le tre attorno alle cortine.

Per ridurre lo scarto d’errore, la po- ligonale, anche se aperta, è stata ve- rifi cata attraverso la collimazione di punti comuni alle diverse stazioni.

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pabili con una defi nizione di 300 dpi.

Per la scala 1:50, ad esempio, stampare con una risoluzione di 300 dpi signifi ca che un pixel rappresenta una porzione di superfi cie pari a 53,76 cmq (il lato del pixel rappresenta una lunghezza di 7,33 cm).

Lettura degli apparecchi murari e stereo- tomici.

Un setto murario o un elemento architettoni- co, qualunque sia la tecnica costruttiva con cui è realizzato, presenta una superfi cie ester- na visibile e un nucleo interno non visibile. La superfi cie visibile è quella su cui si con- centra l’analisi delle differenti fasi cronolo- giche senza ricorrere ad interventi distruttivi.

La lettura e l’interpretazione delle murature fatta attraverso l’articolazione formale e di- mensionale dei conci, le tecniche di taglio della pietra e le tipologie di ammorsamento degli elementi lapidei, rappresenta la prima fase di un’analisi stratigrafi ca.

Un’area omogenea costituita da conci che presentano le stesse qualità formali e mate- riche costituisce una unità stratigrafi ca, vale a dire una unità spazio-temporale circoscrivi- bile e confrontabile con altre unità stratigrafi - che che presentano caratteristiche differenti. L’analisi della tipologia dei conci ha portato all’individuazione delle US distinte in USM e UEA e descritte nelle schede riassuntive contenenti le seguenti normative descrittive

e grafi che:

1. il codice identifi cativo dell’USM o

dell’UEA; 2. l’ubicazione;

3. la descrizione dell’apparecchiatura;il ma- teriale, la forma e la dimensione dei conci; 4. la presenza e la qualità della malta; 5. le relazioni fra l’US e quelle adiacenti; 6. le relazioni indirette fra l’US in esame e le

US individuate su gli altri paramenti mura- ri del castello;

7. il fotopiano dell’US in scala 1:200 con l’individuazione dei confi ni per le USM e 1:20 o 1:50 per le UEA;

8. la restituzione vettoriale al tratto dell’US in scala 1:200 per le USM e 1:20 o 1:50 per le UEA.

Le schede USM contengono anche un’imma- gine fotografi ca di dettaglio in scala 1:10 che rappresenta una porzione tipo con area pari a 1 mq.

Le schede UEA contengono, invece, la se- zione dell’elemento architettonico, in alcuni casi estesa fi no al paramento interno della muratura, l’analisi geometrica dell’apparec- chiatura e alcune informazioni dimensionali sui conci.

La cronologia relativa.

Attraverso l’analisi stratigrafi ca si è cercato di defi nire una cronologia relativa delle US. Determinare la sequenza cronologica delle US non consente di stabilire la datazione del- le stesse ma solo la sequenza temporale che lega i singoli interventi dopo averli ricono- sciuti come facies unitaria.

L’indagine comparativa e il confronto tipolo- gico tra le parti permette di stabilire, all’in-

Fig 7

Corte prospetto ovest.

Quadro di unione delle prese foto- grammetriche.

E’ visibile lo scalone monumentale progettato dal Pantaleo come avan- corpo davanti al paramento origina- rio.

Fig 8

Corte prospetto ovest.

Progetto delle riprese fotografi che. Il ricoprimento tra i fotogrammi di una “strisciata” è ottenuto median- te la sovrapposizione delle aree di presa fra il 55% e il 65% dei foto- grammi.

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terno del continuum dell’organismo archi- tettonico, la relazione temporale del “fram- mento” rispetto alle US limitrofe. E’ anche possibile stabilire relazioni tra US che non siano necessariamente contigue ma che per tipologia, tecnica e materiale sono ricondu- cibili alla medesima fase. L’individuazione del rapporto cronologico che intercorre tra le US ha consentito di elaborare un diagram- ma, sul modello del matrix di Harris, nel qua- le sono evidenziati sinotticamente i dati de- sunti dall’analisi. La lettura stratigrafi ca delle strutture murarie non è fi nalizzata, come si è precisato, a determinare la datazione assolu- ta delle fasi del monumento, ma piuttosto a verifi care l’unitarietà o la frammentarietà dei corpi di fabbrica e la successione temporale delle trasformazioni più rilevanti. Sulle ascis- se sono disposti i codici che identifi cano la cortina muraria in oggetto suddivisa, a sua volta, in USM e UEA. Sulle ordinate sono

disposte le fasi costruttive individuate. La singola US viene disposta lungo una linea orizzontale se c’è contemporaneità con la US precedente o se è appartenente alla cortina contigua, al di sotto se il rapporto cronologi- co è di posteriorità, sulla linea superiore se di anteriorità.

Le fasce orizzontali del diagramma possono costituire degli insiemi di US riferibili ad un arco temporale relativamente breve come nel caso di un restauro dove molti interventi, e quindi molte unità stratigrafi che, vengono ef- fettuati nel medesimo periodo.

La cronologia relativa non esclude la possibi- lità di avanzare proposte di cronologia asso- luta nel momento in cui si riesce a datare una o più fasi con sicurezza per analogia con altre fabbriche, citazioni in documenti d’archivio, presenza di date in epigrafi , ecc.).

Conclusioni.

Il problema dell’autentico è stato studiato estrapolando le parti del complesso monu- mentale aggiunte o sostituite nel corso dei consistenti interventi di restauro condotti a partire dall’inizio del novecento.

Pur salvando il castello dalla decadenza in cui versava ormai da numerosi decenni, i restauri ce lo consegnano integro nell’articolazione planimetrica ma profondamente snaturato per quanto riguarda la continuità storica delle strutture architettoniche.

L’analisi di queste ha portato ad assegnare un valore di “autenticità” alle parti visibili nelle fotografi e storiche prima dell’inizio dei restauri e di “rifacimento stilistico” alle parti assenti nelle immagini.

L’analisi della stratigrafi a ci dà modo di af- fermare che l’unico corpo di fabbrica da con- siderare non compromesso nella sua “origi- nalità” è la torre Imperatrice dove anche gli

Fig 9

Scheda TRO USM 06. Torre de’ Rossi. Ovest.

L’unità stratigrafi ca analizzata rap- presenta l’ampliamento della torre indicato da un epigrafe riportante la data 1834.

Fig 10

Scheda COE UEA 01.

Portale di ingresso ad arco luna- to sulla cortina ovest del castello. L’analisi geometrica mostra che i centri degli archi di estradosso e di intradosso sono compresi nel setti- mo medio delle rispettive corde di imposta.

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elementi architettonici (fi nestre, oculi, ecc.) sono da ritenersi contemporanei all’edifi - cazione della torre. In tutti gli altri corpi di fabbrica si sono riscontrate numerose fasi stratigrafi che estrapolate attraverso l’analisi autoptica e il confronto con le fonti storiche. Coscienti del carattere provvisorio della ri- cerca, pensiamo che la scomposizione del castello di Gioia del Colle nei suoi elemen- ti stratigrafi ci e architettonici e la relativa schedatura, fornisca un contributo allo studio della stratigrafi a applicata all’architettura e un approfondimento sui caratteri geometrici degli apparecchi murari e stereotomici in area pugliese.

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Fig 11

Diagramma della cronologia relativa delle fasi costruttive.

Ognuno dei codici rappresenta una delle US individuate.

Nelle fasi 8, 9 e 10 sono rappre- sentate le US aggiunte o sostituite durante i restauri rispettivamente di Ettore Bernich, di Angelo Pantaleo e di Raffaele De Vita.

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Arezzo – Civitella in Valdichiana giugno 2006 La Terra di S. Benedetto: dalla curtis al castrum Aspetti dell’incastellamento Europeo e Mediterraneo

M. Cigola, A. Pelliccio, S. Mattei, M. Volante - Uni Cassino - [email protected], [email protected]

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Fig.1

Johannes Mabillon Veduta di Mon- tecassino, in Iter Italicum litterarum Parigi, 1685/86 p. 122

La Terra di S. Benedetto:

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