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Le categorie feudali di distribuzione della proprietà terriera come origine della

4. Il Privy Council nella costruzione dell’Impero Britannico

4.1. Giustificazione della competenza regia secondo i modelli feudali di distribuzione della

4.1.1. Le categorie feudali di distribuzione della proprietà terriera come origine della

competenza regia

Alcuni studiosi ritengono che la proiezione imperiale dei poteri del Privy Council corrisponda a una forma di automatica analogia con l’appartenenza alla Corona della competenza sulle Channel Islands, storicamente antecedente alle conquiste più strettamente coloniali. È di questo avviso, ad esempio, Howell, il quale concentra la sua attenzione in particolar modo sull’area giurisdizionale94.

94 Peter Anthony Howell, The judicial committee of the Privy council 1833-1876: its origins, structure and

development, Cambridge University Press, Cambridge, 1979, pp. 4-5: “The Channel Islands, remnants of

the Duchy of Normandy, were regarded as parcel of the Crown and had never been united to the realm of England. They had their own law and their own courts, and feudal law vested appeals for default of justice in the overlord. According to the custom of Normandy, the Norman and Angevin kings of England had claimed an immediate prerogative over all Channel Islands cases in which unjust judgment or default of justice was alleged. In Edward III’s reign the King in Council also heard and determined appeals from Gascony, and in the same reign the Court of King’s Bench decided that it had no jurisdiction over the Crown’s dominions outside the realm. In 1495 and again in 1565, Orders in Council directed that all appeals from the Channel Islands should be heard only by the King in Council. The Long Parliament did not interfere with this jurisdiction. In 1649-1650, during the Interregnum, Charles II and his Privy Council, at St Germain and St Helier, heard and determined appeals from the Jersey Royal Court. Under the

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Anche Pagden riprende le considerazioni di Howell, ritenendole dirimenti per la strutturazione del colonialismo britannico e, successivamente, anche nel consolidamento delle varie rivendicazioni di indipendenza da parte delle colonie:

[…] Le colonie inglesi erano state, almeno per certi aspetti, fondazioni feudali, dato che tutte le terre d’America erano state concesse in origine in «libero e comune feudo» del manor di East Greenwich nel Kent. Ciò vuol dire che da un punto di vista giuridico erano parte della proprietà reale; e nessuna parte della terra regis poteva essere concepita costituzionalmente se non come porzione dei feudi reali d’Inghilterra. La terra d’Irlanda, per esempio, era concepita come parte di Carregotrian, o di Trim, o di Limerick o del castello di Dublino. E quando Carlo II diede in concessione Bombay alla East India Company, anche questa fu garantita come

«libero e comune feudo» del manor di East Greenwich95.

A questa analisi si collega un’opera di approfondimento sul collegamento tra imperialismo e modelli proprietari di common law. Sia Howell che Pagden, infatti, fondano la propria argomentazione sulla considerazione dell’avvenuta esportazione nel contesto coloniale di alcune categorie concettuali che individuano un modello di proprietà sulla terra di origine feudale. Su questo argomento conviene soffermarsi approfonditamente, dal momento che esso costituisce la giustificazione più convincente sotto il profilo sia storico che ideologico per l’attribuzione della competenza regia sui territori d’oltremare.

Volante96, in linea con le posizioni espresse da Pollock e Maitland97, afferma che l’intera

costruzione del colonialismo inglese si basa sul modello proprietario della tenure, che si sostanzia nell’attribuzione diretta alla proprietà del sovrano dei territori di volta in volta conquistati:

Il modello proprietario intorno a cui si organizza la costruzione giuridica del colonialismo anglosassone è quello della tenure. Per questa dottrina, tutta la terra

Protectorate, only a few Channel Islands appeals went to the Privy Council of the Cromwells, but after the Restoration the number of appeals rose sharply.

The Council’s Channel Islands jurisdiction was extended by analogy to all the overseas colonies. Like those islands, the first American plantations were regarded as part of the King’s personal demesne. The special strength of the royal prerogative in these territories was reflected in the practice of granting them to be held as part of the manor of East Greenwich, or as part of the Castle of Windsor or Hampton Court”. Howell richiama, per motivare la propria posizione, l’autorità di una serie di studiosi: v. ivi, nota 10, p. 4.

95 Anthony Pagden, Signori del Mondo, cit., p. 221.

96 Raffaele Volante, “La proprietà aborigena tra esclusività e sovranità”, in Quaderni Fiorentini, Giuffrè

Editore, Milano, n. 45, 2016, pp. 717-748.

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resta nella proprietà originaria del Re, che la concede e garantisce con la propria autorità ai titoli dei privati, i quali derivano dal suo diritto fondamentale98.

La conquista normanna costituisce, secondo tale versione, un momento decisivo nell’introduzione di questo paradigma proprietario nel contesto inglese. Esso viene, così, ad assolvere il compito di limitazione dei poteri dei feudatari attraverso la riconduzione di tutte le proprietà del Regno di Inghilterra alla persona del Re. Un altro passaggio centrale nel cammino verso il superamento del sistema feudale e il consolidamento dell’autorità regia sulle proprietà terriere avviene con l’emanazione della costituzione Quia emptores terrarum del 129099. Essa

sancisce “la piena alienabilità dei diritti sulla terra da parte di ogni persona libera”100 e si pone

così l’obiettivo di rimediare al fenomeno della subinfeudazione, che preservava un rapporto feudale di intermediazione tra il sovrano e l’ultimo concessionario. La costituzione, quindi, rende effettivamente diretto il dominio delle terre in capo al Re ed avrà un ruolo fondamentale nella configurazione teorica del modello proprietario coloniale. La tenure, come rivista a partire dal 1290, benché col tempo perda la sua centralità nel contesto interno, riesce a imporsi in ambito coloniale, rafforzando così la concezione che vede i territori d’oltremare come domini rientranti nelle dipendenze dirette della Corona.

Ken MacMillan offre una più articolata e completa riflessione sulla rilevanza dell’esportazione dei modelli proprietari di origine feudale per la configurazione della struttura coloniale britannica101.

Innanzitutto, appare necessario a tal proposito operare una ricostruzione dei diversi paradigmi di distribuzione della proprietà vigenti in epoca feudale. I territori appartenenti al Regno d’Inghilterra, tutti rientranti nella categoria della tenure e, come tali, riconducibili alla proprietà diretta del sovrano, vengono da costui concessi ai propri vassalli secondo due modalità: “in

capite” o “ut de manore”. Nel primo caso i “tenants-in-chief”, i destinatari della proprietà,

devono provvedere al sostegno economico alla Corona tramite la tassazione e sono soggetti a prestare giuramento di lealtà, ma godono del vantaggio di poter ulteriormente distribuire i possedimenti ricevuti ad altri soggetti e di poter esigere, quindi, un contributo economico da questi ultimi. Il secondo modello, invece, soggetto a una tassazione meno rilevante, non prevede la possibilità di un’ulteriore distribuzione delle proprietà.

Entrambe le tipologie di affidamento sono sottoposte a una duplice possibilità di distribuzione da parte del sovrano: in “knight service”, ossia nella forma di affidamento più elevata il cui

98 R. Volante, op. cit., p. 721.

99 Statute of Westminster III, 18 Edward I, c. 1. 100 R. Volante, op. cit., p. 723.

101 Ken MacMillan, Sovereignty and Possession in the English New World. The Legal Foundations of Empire,

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prestigio per il vassallo viene bilanciato da una tassazione annuale e da un obbligo di aiuto militare in caso di richiesta da parte della Corona, oppure in “free and common socage”, cioè in una modalità più basica di distribuzione che prevede, di conseguenza, minori obblighi del vassallo nei confronti del sovrano. Generalmente, le proprietà in capite vengono distribuite in

knight service e quelle ut de manore in free and common socage: questo schema, adottato a

partire dall’età elisabettiana in considerazione del diverso valore dei terreni e della rendita da essi preventivabile, viene utilizzato al fine di tutelare i piccoli proprietari da una tassazione troppo esosa nei confronti della Corona e, al contrario, di esigere un contributo più rilevante dai grandi vassalli in cambio di maggior prestigio e della possibilità di esercizio di un più alto grado di autorità sui possedimenti.

Questa tipologia di distribuzione feudale della terra, sviluppatasi in epoca feudale all’interno del Regno d’Inghilterra, viene esportata nel Nuovo Mondo attraverso le letters patent102 concesse

dalla Corona a esploratori come Humphrey Gilbert e Walter Raleigh. Attraverso tale strumento il sovrano concede la garanzia del godimento del suolo da essi scoperto in cambio di una tassazione da corrispondere in metalli preziosi103.

Sotto il profilo giuridico, le letters patent contengono delle previsioni assai interessanti, che consentono di fornire ulteriori elementi di collegamento tra la distribuzione feudale della proprietà terriera di origine inglese e l’estensione della giurisdizione della Corona al di fuori del regno. Le patenti, infatti, non si limitano a stabilire le modalità di affidamento dei territori coloniali ai concessionari, ma hanno l’ulteriore compito di specificare la relazione esistente tra tali territori e la Corona d’Inghilterra e, di conseguenza, l’ordinamento giuridico ai cui princìpi le colonie hanno l’obbligo di adeguarsi. Come riporta MacMillan, le patenti concesse a Gilbert e Raleigh contengono l’obbligo per i due esploratori di prevenire l’allontanamento dei coloni del Nuovo Mondo dalla “alleanza” che li lega direttamente alla persona del sovrano104. In

conseguenza della previsione di un legame di questa forza con la Corona, ai coloni, nati in patria o nei territori di nuova appartenenza, devono essere garantiti i diritti e le libertà proprie di ogni suddito residente all’interno del regno105. Appare evidente, così, come previsioni di questo

genere contenute nelle letters patent, le quali hanno come primo obiettivo la distribuzione ai

102 V. supra, p. 48.

103 La non eccessiva pretesa da parte della Corona (un quinto di tutto l’oro e l’argento eventualmente

rinvenuto) dimostrerebbe, secondo MacMillan, che i territori oggetto delle letters patent concesse a Gilbert e Raleigh siano loro attribuiti in forma di manorial socage.

104 K. MacMillan, op. cit., p. 92: “Gilbert and Ralegh were strictly enjoined not to ‘withdraw any of the

subjects or people of those lands or places from the allegiance of us, our heirs, and successors, as their immediate Sovereign under God’”.

105 Ibidem: “These subjects […] were also to have ‘all the privileges of free denizens, and persons native of

England, and within our allegiance in such like ample manner and form, as if they were born and personally resident within our said realm of England’”.

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concessionari della terra appartenente al sovrano secondo le modalità di origine feudale, contribuiscano all’elaborazione di un modello di governo delle colonie fondato su un rapporto diretto di subordinazione dei coloni e dei loro governanti all’autorità della Corona d’Inghilterra. Da tale subordinazione, i coloni ottengono anche delle forme di protezione da parte del sovrano sui loro diritti e sulle loro libertà. In questo senso, le patenti sanciscono innanzitutto che il sistema giuridico elaborato per le esigenze delle colonie debba essere collegato, per quanto possibile, ai princìpi giuridici del diritto inglese:

In order to ensure that the “privileges of free denizens” were not infringed, all laws and proceedings were expected to be “as near as conveniently may be agreeable to the form of laws, statutes, government, or policy of England, and also so as they be not against the true Christian faith”106.

Dall’“alleanza” tra Corona e coloni, da cui discende la necessità che essi vedano garantiti i propri diritti e libertà di derivazione inglese, deriva la configurazione dei meccanismi di controllo sull’autorità dei concessionari, affinché le loro pratiche di governo non si traducano in metodologie arbitrarie o “contrarie alla ragione” ai danni dei coloni. Primo e principale tra questi strumenti di salvaguardia dei loro diritti risulta essere proprio il Privy Council, ai cui “full power

and authority”107 i concessionari delle letters patent vengono dalla Corona assoggettati.

Il modello della distribuzione feudale delle proprietà terriere108, dunque, fornisce un argomento

fondato e persuasivo per l’esportazione della giurisdizione della Corona e, di conseguenza, del Consiglio nel contesto coloniale.

106 Ibidem. 107 Ivi, p. 93.

108 Per praticità di esposizione e per la sua validità generale ai fini della nostra ricerca abbiamo sopra

analizzato il solo modello di letters patent concesso in manorial socage a singoli individui agli albori del colonialismo britannico. MacMillan individua, tuttavia, tre ulteriori tipologie di distribuzione della proprietà coloniale, che meritano comunque di essere qui riportate in vista di una più chiara comprensione della complessità dell’argomento.

In primo luogo, si aggiunge a tale modello l’affidamento della tenure alle compagnie commerciali. Sebbene anch’esso sia fondato sul paradigma “manoriale” (K. MacMillan, op. cit., p. 93: “The land was awarded ‘by free and common socage only and not in capite’, to be held ‘as of our manor of East Greenwich’”), sulle sue basi viene costruito una struttura di governo diversa da quella predisposta per i singoli esploratori, i quali ottengono prestigio e autorità maggiori rispetto agli stessi tenants-in-chief inglesi. All’interno delle compagnie vengono, così, create strutture consiliari preposte al governo della colonia ed esse vengono affiancate da ulteriori organismi di nomina regia e aventi sede nella madrepatria. Su tale struttura, inoltre, la Corona mantiene il proprio controllo attraverso il potere politico e giurisdizionale del Consiglio.

In secondo luogo, una diversa tipologia di tenure viene utilizzata per l’affidamento delle proprietà su alcune colonie (Caraibi, Carolina e Terranova) tra il 1620 e il 1630. Tali territori vengono, infatti, distribuiti a singoli soggetti “by knight service in capite”. Questo paradigma, che prevede la concessione di una maggiore autorità agli affidatari in cambio di una loro più importante contribuzione alle casse della Corona, ben si adegua alla diversa considerazione dell’utilizzo di tali colonie rispetto ai territori precedentemente acquisiti al dominio britannico: a patire dalla prima metà del XVII secolo i coloni, infatti, iniziano a comprendere il valore delle colonie ai fini dello sfruttamento agricolo, più che commerciale. In

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