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Il ruolo giurisdizionale dei due organismi nel contesto della politica coloniale

4. Il Privy Council nella costruzione dell’Impero Britannico

4.1. Giustificazione della competenza regia secondo i modelli feudali di distribuzione della

4.2.3. Il ruolo giurisdizionale dei due organismi nel contesto della politica coloniale

Dirigendo la nostra riflessione verso l’analisi del ruolo svolto dai due organismi sotto il profilo giuridico, giova anticipare che il percorso che conduce alla differenziazione definitiva tra competenza amministrativa e giurisdizionale del Consiglio appare tutt’altro che breve e spontaneo. Esso, anzi, può dirsi iniziare all’interno dello stesso organo nella seconda metà del diciassettesimo secolo, per concludersi, come abbiamo visto, nel 1782. Che i due settori di attività si separino in due diversi e distinti organismi o meno rimane una questione tuttora irrisolta per gli storici; tuttavia, risulta ormai acclarato che lo sviluppo storico dei lavori del Privy Council in ambito coloniale vedrà una costante e progressiva crescita della competenza giurisdizionale e, viceversa, un lento impoverimento del ruolo consultivo e di governo131.

La ricognizione delle competenze degli organi dei Lords of Trade e del Board of Trade non fa che confermare questa tendenza. La loro funzione prettamente consultiva che abbiamo sopra analizzato, infatti, afferisce a due settori ben distinti dell’attività del Privy Council: da una parte, essi forniscono informazioni utili all’esercizio del governo del Consiglio sulle colonie; dall’altra essi stessi esercitano nella sostanza la funzione giurisdizionale per conto del Privy Council. Per comprendere a pieno la delicatezza e la rilevanza che lo svolgimento di tale funzione porta con sé dobbiamo tracciare le linee della politica giuridica attuata dalla potenza britannica nelle colonie. Per quanto di interesse nella presente fase della ricerca, analizzeremo l’approccio seguito dalla madrepatria con riferimento alle colonies of settlement, sul governo delle quali si concentrano prevalentemente le attività dei Lords of Trade e del Board of Trade. Nei paragrafi precedenti abbiamo visto come la storia coloniale britannica si sia sviluppata essenzialmente,

131 A. Fitzroy, op. cit., p. 221: “By way of marking the change from era to era with the coming of the

eighteenth century, Professor Andrews observes that the Privy Council, though retaining its dignified position as one of the oldest and most commanding of all the organs of government and still influential as the ultimate authority in colonial affairs, was fast losing its place as a deliberative and originating body. He writes that two Committees stand out with special prominence during this epoch, the Committee for hearing Appeals, Complaints, etc., from the Plantations, and the Committee for the Affairs of the Plantations”.

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almeno nella sua prima fase, attraverso la concessione da parte della Corona delle letters patent a soggetti privati o a compagnie commerciali. Tale strumento assolve per il sovrano la funzione di distribuire la proprietà terriera delle colonie, formalmente sotto il suo controllo diretto in base alle categorie proprietarie di origine feudale. A questo obiettivo primario risultano strettamente collegate, inoltre, la funzione di determinare le strutture e le modalità di governo delle colonie e, di conseguenza, quella di stabilire l’ordinamento e i princìpi giuridici da stabilire in esse. Soffermandoci ora su questi ultimi due aspetti, possiamo sostenere che, mentre sotto il primo profilo i diversi modelli di concessione della proprietà creano differenti strutture politico- amministrative, sotto il profilo giuridico la politica coloniale inglese si muove seguendo due linee comuni: da un lato, la Corona lascia alle singole comunità la possibilità di generare un proprio sistema giuridico autonomo dagli sviluppi interni alla madrepatria, sancita definitivamente dalla non esportabilità del common law inglese e delle sue istituzioni rappresentative nel contesto coloniale; dall’altro, sulla base di questa considerazione pratica e della corrispondente necessità che la Corona eserciti la propria funzione di garanzia delle libertà e dei diritti dei coloni di sangue inglese, il sovrano mantiene comunque le proprie prerogative di controllo generale sul governo delle colonie, le quali si riflettono, sotto il profilo giurisdizionale, nel consolidamento della posizione di vertice dell’ordinamento da parte del Consiglio.

Seguendo questo doppio volto, quindi, la politica giuridica britannica nel contesto coloniale si trova a dover contemperare le due esigenze del rispetto dell’autonomia delle comunità locali e della garanzia dei diritti dei coloni all’interno di un impero che mantiene la propria unità grazie al fattore unificante rappresentato dalla Corona132. La difficoltà di contemperare questo duplice

obiettivo aumenta parallelamente sia alla progressiva differenziazione delle comunità coloniali rispetto alla madrepatria sia al graduale aumento della complessità interna alle stesse. Ben presto, quindi, la Corona avverte la necessità di creare degli organismi, competenti negli affari coloniali, che riescano a garantire l’assolvimento del duplice compito sopra delineato. Prima dell’istituzione dei Lords of Trade e del Board of Trade, alcune commissioni interne al Consiglio – quali i Lords Commissioners for Foreign Plantations istituiti nel 1634 - avevano cercato di svolgere questa funzione. È interessante, a tal proposito, notare come già nel 1636 la Corona avverta il bisogno di stabilire formalmente, nella proclamazione di un nuovo comitato interno alla struttura consiliare, la necessità che quest’ultimo provveda ad amministrare “all persons,

within the colonies and plantations beyond the seas, according to the laws and constitutions there”133. Tali organismi, quindi, come i successivi Lords of Trade e Board of Trade e come, sotto

132 MacMillan indica la rilevanza di tale aspetto unificante coniando il termine di “royal empire”: tutte le

colonie condividono la stessa relazione giuridica con la madrepatria e sono soggette agli stessi meccanismi di creazione della governance. Si veda K. MacMillan, op. cit., pp. 104-105.

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il solo profilo giurisdizionale, il definitivo Judicial Committee of the Privy Council, assumono il compito da ora in poi di garantire che l’autonomia giuridico-amministrativa delle colonie sia subordinata al rispetto delle libertà fondamentali di ogni individuo di sangue inglese e, di conseguenza, al rispetto dell’autorità della Corona.

L’esercizio della funzione di “judicial review”, cioè del controllo sulla legittimità della legislazione emanata dalle autorità coloniali e dei relativi atti di governo da parte di tali organi in nome e per conto della Corona, rappresenta la dimostrazione più chiara della peculiare configurazione della politica giuridica coloniale messa in pratica dalla potenza britannica. Questo contemperamento tra autonomia e controllo centralizzato, esercitato soprattutto sotto il profilo giurisdizionale, configura la cornice di quella che MacMillan definisce, con un’espressione a nostro avviso particolarmente adeguata, la “transatlantic constitution”:

[…] Colonial governance and laws consistent with frontier requirements, together with the basic natural liberties attached to all subjects who gave allegiance to the king, all under the oversight of the imperial crown, and subject to petition and appeal exclusively through king-in-council134.

Una volta consolidata la tesi dell’insopprimibile diritto di ogni persona non soddisfatta dalla decisione della Corte al vertice dell’ordinamento giuridico coloniale di appellarsi in ultimo grado alla Corona, il Privy Council, in quanto rappresentante di quest’ultima, percepisce che la difficoltà più pressante nel suo compito di rendere giustizia è rappresentata dalla necessità di avere una conoscenza specifica e quanto più precisa possibile di territori lontani dalla madrepatria e, per questo, socialmente, culturalmente e politicamente diversi da essa. Non stupisce, quindi, che in una fase in cui all’esame del Privy Council giunge un numero di anno in anno crescente di controversie, specialmente dalle colonie americane, esso, non ancora raggiunta una strutturazione interna propriamente orientata al governo dei territori d’oltremare, decida di affidarsi ai suoi comitati consultivi esterni anche per svolgere la propria funzione giurisdizionale. Così, già i Lords of Trade si trovano a ricoprire, nella sostanza, il ruolo di Corte di ultimo grado. Si afferma, infatti, la consuetudine che vede il Privy Council, all’arrivo di un appello da una colonia, rimandare la questione ai Lords of Trade al fine di ottenere su di essa un report, al quale infine il Consiglio quasi costantemente dimostra di conformarsi nella decisione finale135.

134 Ibidem.

135 Winfred T. Root, “The Lords of Trade and Plantations, 1675-1696, in The American Historical Review,

vol. 23 no. 1 (1917), pp. 20-41, p. 69: “The Privy Council, upon receiving a petition or appeal, ordinarily referred it at once to the Lords of Trade who, if they decided to admit it, as they usually did, fixed an appropriate date when the case could be heard”.

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A dimostrazione che questa tendenza rappresenti una consuetudine affermata nei lavori del Consiglio, Root riporta che, nel periodo tra il 1675 e il 1696, solo in quattro casi sui ventisei totali il Privy Council, dopo aver affidato il compito di redigere il report ai Lords of Trade, se ne discosta nella risoluzione definitiva. Possiamo inferire, inoltre, dalla descrizione generale offerta dal già citato saggio di Clarke che tale dinamica caratterizzi anche i rapporti tra il Consiglio e il Board of Trade nella sfera giurisdizionale:

Many questions of dispute were argued pro and con, before the Board; on such occasions both parties attended with “Counsel learned in the law”. The hearing which ensued sometimes lasted for days and had the semblance of a trial, with testimony and legal battles over technicalities which would do credit to a modern court. In cases of appeal the Board itself had no jurisdiction. When once a decision had been rendered in the colonies, there was no appeal except to the king. The Board however could give such a case a preliminary hearing when asked to do so by a reference from the King in Council136.

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