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Oltre alla struttura interna delle parole, un altro importante parametro di variazio- ne tra le lingue del mondo consiste nell’individuazione di quali sono le categorie grammaticali che vengono espresse da morfemi specifici. Non tutte le lingue del mondo distinguono ad esempio tra genere maschile e femminile, o tra singolare e plu- rale, tra indicativo e congiuntivo come è abituato a fare un parlante italiano. La casi- stica della variazione di questo parametro è molto complessa e la tab. 2 (esemplata sulla tab. 3.3 di Mioni 1998:385) intende soltanto fornire alcuni esempi di possibile variazione tra le lingue del mondo. Nella tab. 2 il segno + indica la presenza di mor- femi specifici per esprimere una data categoria, un – la loro assenza.

(5) Come si mostrerà nel § 3, la possibilità di prevedere un dato comportamento linguistico deve però tenere conto anche del fatto che alcuni immigrati, come i cinesi, sono tendenzialmente monolingui, mentre gli immigrati provenienti dal- l’Africa sub-sahariana sono tipicamente caratterizzati da un repertorio plurilingue, che comprende spesso anche una varietà della lingua europea di tradizione coloniale (francese, inglese, portoghese). Nei parlanti plurilingui è possibi- le immaginare che non sia solo la lingua “materna” a influenzare il processo di acquisizione dell’italiano, ma anche le altre lingue che il parlante domina.

Tab. 2. Espressione delle categorie morfologiche (da Mioni 1998:385)

genere numero caso tempo

aspetto modo ITALIANO + + – + + SERBO E CROATO + + + + + ALBANESE + + + + + WOLOF E FUL + + – + + BAMBARA-MALINKÉ – – – + – YORUBA – – – + – ARABO LETTERARIO + + + + + TAGALOG – – – + + CINESE – – – + –

Uno sguardo complessivo alla tab. 2 permette di notare che i segni – non hanno una distribuzione casuale. Le lingue che hanno il numero maggiore di – nella tab. 2 sono quelle che nella tab. 1 vengono definite isolanti. Questa correlazione è assolu- tamente prevedibile in base alla definizione stessa di lingua isolante, una lingua con pochissima morfologia, che di conseguenza esprimerà anche poche categorie gram- maticali. In base a questo l’insegnante potrà quindi dosare il materiale didattico tenendo conto del fatto che alcune categorie grammaticali espresse dalla morfologia dell’italiano non hanno una realizzazione morfologica specifica in alcune delle lingue degli immigrati in Italia.

D’altra parte anche lingue che marcano le stesse categorie dell’italiano possono in realtà essere molto diverse l’una dall’altra. Mi limiterò qui a segnalare alcune ecla- tanti differenze di concettualizzazione della stessa categoria grammaticale, prenden- do come esempi l’espressione del genere (su cui si veda anche § 1) e le nozioni di tempo e aspetto.

Come si evince dalla tabella il genere grammaticale viene espresso sia in italia- no che in wolof e ful. Bisogna però tener presente che in wolof e ful la categoria del genere funziona in modo molto diverso dall’italiano e consiste in un complesso sistema di classificazione nominale, che distingue morfologicamente umani da non umani, animati da non animati, concetti astratti, etc. In un’altra lingua africana, lo swahili, il sistema di classificazione nominale è ancora più complesso: si distingue morfologicamente tra esseri umani, piante, frutti, esseri inanimati, animali, oggetti lunghi, liquidi.

Anche la categoria grammaticale indicata da Mioni (1998) come tempo/aspetto, pur essendo espressa morfologicamente in tutte le lingue qui considerate, viene rea- lizzata in modo molto differenziato. In italiano i tempi verbali esprimono sia diffe- renze di tempo (passato/presente/futuro), che di aspetto, distinguendo tra situazioni perfettive, espresse ad esempio da un passato prossimo, e situazioni imperfettive, espresse ad esempio da un imperfetto. L’aspetto, a differenza del tempo, non riguar- da la collocazione temporale, passata, presente o futura di una situazione, ma il modo di visualizzarne la struttura interna. Un imperfetto italiano permette di visualizzare la situazione dall’interno, come in (1), in cui viene focalizzato un istante (in quel

(1) In quel momento Anna scriveva una lettera

A differenza dell’imperfetto, il passato prossimo visualizza una situazione nella sua globalità presentandola come compiuta:

(2) Ieri Anna ha scritto una lettera

È importante notare che da un punto di vista strettamente temporale non c’è differenza tra un imperfetto e un passato prossimo, che possono riferirsi a situazioni collocate sullo stesso punto della linea del tempo, come in (3) e (4), che hanno la stes- sa collocazione temporale (ieri alle 5):

(3) Ieri alle cinque uscivo di casa, quando ho incontrato Carlo (4) Ieri alle cinque sono uscito di casa

Oltre a questo tipo di distinzione aspettuale, il sistema verbale italiano è caratterizzato anche dalla presenza di forme che si oppongono dal punto di vista tem- porale, come il presente e il futuro in (5) e (6), che si distinguono solo in base alla diversa collocazione temporale (oggi/domani), senza implicare differenze di visualiz- zazione aspettuale:

(5) Oggi Anna è in casa (6) Domani Anna sarà in casa

L’italiano è dunque caratterizzato da un sistema misto, in cui sia il tempo che l’aspetto vengono marcati dalla morfologia verbale. Questa distribuzione non è però universale e tra le lingue del mondo esistono esempi di lingue in cui soltanto l’aspet- to viene marcato, mentre le informazioni sulla collocazione temporale di una situa- zione spettano ad avverbi di tempo (ieri/oggi/domani). Tra le lingue considerate nella tab. 2 il cinese, il tagalog, e in gran parte anche l’arabo, sono lingue in cui l’espres- sione morfologica dell’aspetto è prevalente su quella del tempo.

Le frasi (7-9), che in italiano prevedono l’impiego di tre forme verbali diver- se, rispettivamente un presente, un futuro e un imperfetto, in cinese presenterebbero la stessa forma verbale

(7) Oggi Anna scrive le lettere (8) Domani Anna scriverà le lettere (9) Una volta Anna scriveva molte lettere

Il cinese prevede l’impiego di una forma verbale diversa soltanto in un caso come (10), che viene così differenziato da (7-9):

(10) Ieri Anna ha scritto la lettera

La stessa forma che il cinese impiegherebbe in un caso come (10) ricorre anche in (11), in cui l’italiano prevede l’impiego di un futuro anteriore:

(11) Quando Anna avrà scritto la lettera, tornerà a casa

Pur ammettendo minori distinzioni morfologiche dell’italiano il cinese uti- lizza quindi una forma diversa nei casi in cui la situazione esprime aspetto perfettivo (10-11). Utilizza invece un’altra forma in tutti gli altri casi (7-9) senza tenere conto che tra (7), (8) e (9) ci sono differenze di tempo. La prevalenza dell’aspetto sul tempo nel sistema verbale cinese è dimostrata anche dall’impiego di una stessa forma sia in (10) che in (11), che sono distinti dal punto di vista della collocazione temporale (pas- sato/futuro).

La prevalenza delle distinzioni aspettuali su quelle temporali è uno dei fattori che spiega l’effettivo comportamento linguistico di quei cinesi che apprendono l’italia- no senza ricevere istruzione scolastica specifica. Nelle loro varietà di apprendimen-

to (interlingue) si può riconoscere una fase in cui utilizzano soltanto due forme ver- bali diverse: il passato prossimo, che spesso si presenta con il solo participio senza ausiliare, e un’altra forma, spesso un presente indicativo o un infinito. Come avvie- ne in cinese, il sistema verbale si presenta quindi ridotto a due forme, di cui una, il passato prossimo, marca sistematicamente le situazioni di aspetto perfettivo, mentre l’altra svolge tutte le altre funzioni. Lo stesso fenomeno si riscontra anche in parlanti di altre lingue, come ad esempio il tagalog, il cui sistema verbale tende a marcare soltanto opposizioni aspettuali. Un esempio concreto di questo comportamento è offerto dal seguente brano tratto da un’intervista a un filippino immigrato in Italia (Orletti 1988:152):

Io racconto una storia con la mia prima famiglia dove io lavoro. Lì non si parla inglese, cierto noi no mai capisce. Adetto /ha detto/ a me mi fai un favore pren- de la mia borsa en camera mia. Io noloso che vogla dire quella parola. Invece ho dato macchina de fotografia no mai la borsa. En mio paese camera vogle dire machina de fotografia en Italia e una stanza. Questo e la mia esperienza en Roma

Significativamente, le forme verbali contenute in questo brano sono riconducibi- li a due tempi della grammatica italiana, il presente e il passato prossimo. Il passato prossimo viene impiegato soltanto nei casi di situazioni visualizzate nella loro com- piutezza (aspetto perfettivo). L’altra forma, il presente, è invece usata in tutti gli altri casi, indipendentemente dalla loro collocazione temporale: lavoro va infatti inteso come un imperfetto (lavoravo), dato che l’intervistato non lavora più presso quella famiglia (“la mia prima famiglia”). Evidentemente questo parlante utilizza il sistema verbale italiano marcando soltanto l’opposizione aspettuale tra perfettivo e imperfet- tivo e tralasciando le differenze temporali.

Questi dati sull’acquisizione del sistema verbale6 ci offrono lo spunto per

mostrare ancora una volta l’interazione tra l’influsso della lingua materna (interfe-

renza o transfer) e le tendenze acquisizionali generali indipendenti dalla lingua

materna di partenza (interlingua). È stato osservato che la presenza di una fase in cui gli apprendenti marcano soltanto distinzioni aspettuali, trascurando quelle di tempo, si riscontra non solo nelle interlingue di apprendenti cinesi o tagalog, ma è comune a tutti gli apprendenti, indipendentemente dalla loro lingua materna. Come nel caso dell’acquisizione dell’accordo del genere (vedi § 1) è stata formulata una sequenza di acquisizione del sistema verbale che può essere generalizzata a tutti gli apprendenti (Giacalone Ramat 1993:369-383, 2001, 2003: 90). In una prima fase ricorre una sola forma verbale, spesso un presente o un infinito, che viene utilizza- ta indiscriminatamente. Successivamente compare anche il participio, che viene ad assumere valore aspettuale perfettivo, opposto alla forma di presente o infinito, pre- cedentemente appresa, che viene impiegata in tutti i casi aspettualmente non perfet- tivi. Ciò significa che il transfer dal cinese o dal tagalog non fa altro che rinforzare una tendenza comune a tutti gli apprendenti, non esclusiva di cinesi e filippini. In questo caso l’insegnante ha quindi strumenti comuni per affrontare non solo l’in-

(6) Per un quadro sistematico del processo di acquisizione del sistema verbale in italiano L2 si veda Andorno, in questo volume.

flusso di alcune lingue materne degli apprendenti, ma anche le varietà di apprendi- mento (interlingue) che gli apprendenti di italiano come lingua seconda tendono comunque a sviluppare.