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Esponiamo qui il metodo di lavoro, gli obiettivi e i risultati di due esperienze di formazione: il laboratorio Analisi degli errori in chiave di interlingua svolto all’in- terno del corso “Insegnamento dell’italiano nella scuola dell’obbligo” e il corso L’in-

terlingua dell’allievo straniero. Elementi di teoria e ricerca applicata, patrocinato

dall’USR Piemonte – UTS14. Entrambi i corsi erano animati dai seguenti obiettivi di

fondo15:

• far conoscere i principi e i risultati della ricerca in linguistica acquisizionale, in particolare relativamente alle caratteristiche dell’interlingua degli apprendenti di italiano L2;

• far acquisire un metodo osservativo e diagnostico per avviare alla costruzione di un profilo dell’interlingua dell’allievo;

• stimolare la riflessione sulle implicazioni pedagogico–didattiche della sperimen- tazione.

Dopo una formazione teorica attraverso lezioni frontali introduttive e letture indi- viduali16, i docenti partecipanti sono stati coinvolti in un lavoro di raccolta di dati ana-

logo a quello svolto dai ricercatori nel campo della linguistica acquisizionale. Sono stati individuati dei metodi di raccolta (dati scritti e orali registrati, elicitati attraverso stimoli di diverso tipo: narrazione spontanea di eventi; narrazione di vignette; dati anagrafici sugli apprendenti registrati), trattamento (trascrizione e catalogazione) e infine analisi dei dati.

L’obiettivo era quello di acquisire un metodo di osservazione del parlato di allie- vi stranieri in chiave di interlingua, integrando due punti di vista osservativi: • l’osservazione in termini di analisi dell’errore;

• l’osservazione in prospettiva di interlingua.

In particolare l’attenzione è stata concentrata, nel primo laboratorio, sull’analisi delle forme verbali e della subordinazione; nel secondo laboratorio, sull’analisi del- l’espressione di due funzioni proprie della narrazione: il riferimento ai personaggi e la temporalità. Come si vede, nel primo laboratorio si è privilegiata una riflessione a partire dalle forme, nel secondo una riflessione a partire dalle funzioni: questo spo- stamento di interesse è stato motivato dai risultati cui ha condotto l’esperienza dei partecipanti del primo corso, che hanno avvertito l’insufficienza di un’analisi limita- ta al livello formale. Motivazioni che hanno guidato, in entrambi i casi, la selezione dei temi di ricerca, sono state le seguenti, che possiamo ricondurre all’utilità per la didattica di L2, alla significatività per la ricerca, all’efficacia esemplificativa per la formazione dei docenti:

• si tratta di forme/funzioni in cui la competenza dell’apprendente si sviluppa già in fase iniziale in modo molto evidente: i dati avrebbero quindi sicuramente fornito spunti pertinenti per l’analisi;

• si tratta di forme/funzioni che coinvolgono diversi livelli della competenza (il les- sico, la morfosintassi, l’organizzazione del testo) e che si prestano quindi a riflet- tere sulla necessità didattica di intrecciare l’insegnamento dei diversi livelli;

(14) Il secondo corso, organizzato per iniziativa dell’ispettrice Silvana Mosca, ha costituito lo sviluppo e il proseguimen- to del primo, coinvolgendo docenti di italiano L2 non solo della scuola primaria ma anche della scuola secondaria con una precedente formazione nel campo dell’italiano L2.

(15) Cfr. presentazione del corso in Circ.Reg. n.56.

(16) L’organizzazione del secondo corso, specificamente destinato ad approfondire le possibilità di interscambio fra glot- todidattica e ricerca acquisizionale, è stata più articolata: la formazione teorica è stata divisa in lezioni frontali aper- te a tutti i docenti interessati, mentre successive lezioni di taglio seminariale sono state riservate ai docenti che inten- devano svolgere il lavoro di ricerca: in questa parte del corso, le docenti Carola Garosci e Rosa Storchi, già parteci- panti al primo corso, hanno relazionato sulla precedente esperienza e hanno avuto quindi la doppia veste di condut- trici e partecipanti esperte.

• si tratta di forme/funzioni che coinvolgono aspetti importanti della morfologia (la flessione del sistema verbale, il sistema dei pronomi personali), cui di solito è dedicato ampio spazio nella didattica dell’italiano L2: la riflessione sarebbe quin- di stata collegata a temi su cui il docente si interroga normalmente;

• si tratta di forme/funzioni su cui la ricerca in linguistica acquisizionale ha lavora- to da tempo e su cui esistono risultati di una certa sistematicità: ciò avrebbe per- messo di guidare la riflessione in modo più sicuro di quanto sarebbe stato il lavo- ro su campi ancora inesplorati e avrebbe dunque facilitato sia il lavoro di analisi dei docenti-partecipanti sia la guida da parte della conduttrice.

• si tratta di forme/funzioni su cui, magari con altra terminologia e altro approccio, il docente è abituato a lavorare relativamente alla didattica del testo narrativo, indipendentemente dalla didattica dell’italiano L2: la competenza del docente- partecipante diventava quindi una risorsa da sfruttare, e la riflessione didattica avrebbe potuto gettare un ponte fra la didattica dell’italiano L1 e L2.

Il laboratorio “Analisi degli errori in chiave di interlingua”17

Dopo la raccolta dei dati, il lavoro di analisi nel laboratorio Analisi degli errori in

chiave di interlingua si è svolto in due fasi. In una prima fase, dopo aver ottenuto un

primo campione di dati, questi sono stati analizzati e discussi comunitariamente, per fissare i criteri di etichettatura delle forme verbali e di subordinazione dei testi. Que- sta discussione comunitaria e i successivi incontri dedicati alla discussione di casi particolari, dubbi e problematici, hanno consentito un’articolata riflessione sulla nozione di errore:

• si è evidenziata l’opportunità di considerare in modo diverso gli errori puramente ortografici rispetto agli errori morfologici; di distinguere gli errori nella flessione personale dagli errori nella flessione temporale; di tenere separata l’analisi delle forme verbali nelle frasi indipendenti da quella delle frasi dipendenti;

• le forme verbali delle frasi dipendenti valutate come ‘non appropriate’ hanno rice- vuto una doppia descrizione, che ha tenuto conto sia di quale forma era stata effet- tivamente usata sia di quale forma appropriata non era stata usata. In questo modo, la descrizione finale comprendeva un quadro non solo degli errori, ma anche delle direzioni tendenziali dell’errore (ad esempio, non solo “forme dell’infinito usate in modo scorretto”, ma piuttosto “forme dell’infinito sovraestese su forme del presente”);

• è emersa chiaramente la necessità di adottare una prospettiva di analisi più ampia, che non tenesse conto delle forme isolate ma del testo nel suo comples- so. In particolare è emerso come scelte diverse sul modo di affrontare il compi- to proposto influissero sulla scelta delle forme verbali e, quindi, sulla valuta- zione della loro appropriatezza: una sequenza di vignette può essere descritta ‘vignetta per vignetta’, con un continuo riferimento indicale alle vignette (“qui il bambino va al Luna Park…”, “questo bambino va al Luna Park”), addirittura perdendo da una vignetta all’altra il riferimento ai personaggi (ad esempio, il bambino può restare sempre “un bambino”, generico, mai identificato con lo

stesso delle vignette precedenti), oppure le vignette possono essere cucite in una narrazione, a cui possono eventualmente essere aggiunte premesse (“era una bella giornata”), motivazioni, interpretazioni (“il bambino era contento, perché aveva vinto un pesce”). Inoltre, la storia può essere narrata – o descritta – con le forme del presente (“un bambino va al Luna Park”) o del passato (“un bam- bino è andato al Luna Park”), fino a tramutare la storia in una sorta di favola, narrata con tutti gli stilemi del caso (il titolo, l’introduzione “c’era una volta”, l’uso del passato remoto);

• considerazioni analoghe sulla limitatezza descrittiva della semplice categoria di errore sono emerse anche nell’analisi delle subordinate: forme di dipendenza più o meno articolate possono produrre tipi di errore in cui non incorrono gli appren- denti che usano strutture sintattiche più semplici. In questo senso, la sola segna- lazione di assenza di errore non rende conto della capacità di articolazione sintat- tica e testuale.

Tutti questi aspetti sono risultati fondamentali non solo per la valutazione globa- le della competenza dell’apprendente, ma anche per giudicare dell’appropriatezza delle singole forme. Il lavoro sul campo ha quindi mostrato come l’analisi dell’erro- re, seppure momento importante della valutazione “oggettiva” della lingua di un apprendente, non è attuabile se non all’interno della valutazione della competenza comunicativa e testuale complessiva. Altre considerazioni emerse hanno riguardato poi le diverse possibili modalità di esecuzione del compito, in parte legate alla natu- ra del compito proposto, in parte a modalità didattiche specifiche cui gli alunni pos- sono essere abituati, e l’influenza che tali fattori hanno nel risultato della prova stes- sa: in questo senso ci si può chiedere quali prove siano più efficaci per valutare la competenza di un parlante straniero.

Nell’ultima fase, ciascun partecipante al gruppo ha raccolto individualmente propri dati con l’obiettivo di confrontare gruppi di soggetti in base a variabili diver- se e osservare eventuali differenze sistematiche (al variare dell’età, della perma- nenza in Italia, della scolarizzazione, della madrelingua, della modalità comunica- tiva scritta e orale). Tenendo conto delle considerazioni svolte nei diversi incontri, e sulla base di questa prospettiva comune, le partecipanti al gruppo hanno infine steso una relazione sui propri dati, precisando le modalità di lavoro cui si sono atte- nute, presentando i risultati e commentandoli, osservando infine eventuali tenden- ze omogenee e correlazioni fra la competenza linguistica e le variabili da ciascuna prese in considerazione.

Il laboratorio “L’interlingua dell’allievo straniero”18

Nella conduzione del secondo laboratorio si è voluto valorizzare maggiormente il momento di lavoro individuale. Gli incontri collettivi sono stati quindi dedicati dap- prima all’illustrazione e discussione delle griglie di analisi – predisposte dalla con- duttrice – da adottare nell’osservazione dei dati; in seguito gli incontri sono stati

(18) Al laboratorio hanno partecipato i docenti Maria Teresa Agnesod, Anna Maria Barra, Cristina Barroero, Barbara Bianchi, Serena Bruni, Anna Cantino, Anna Ciquera, Lenka Husak, Marco Lombardo, Roberta Massirio, Percival e, in veste di co-conduttrici, Carola Garosci e Rosa Storchi.

destinati all’esposizione individuale in pubblico da parte dei diversi docenti parteci- panti dei risultati ottenuti; nell’intervallo fra queste due fasi, le conduttrici erano a disposizione per un servizio di tutoraggio a distanza per eventuali singoli problemi e difficoltà verificatesi nelle fasi di raccolta e analisi svolte autonomamente.

L’analisi richiesta era articolata in due punti: catalogazione degli errori riscontra- ti sulla base della griglia di analisi predisposta; individuazione dei mezzi espressivi per il riferimento ai personaggi e alla temporalità. I risultati osservativi salienti por- tati alla luce sono i seguenti:

• sono state riscontrate differenze legate al tipo di compito comunicativo (narrazio- ne personale o racconto di vignette). La narrazione personale può essere mag- giormente fonte di errori, che sono ricondotti alla maggior ”urgenza espressiva”, alla maggior emotività che esso mette in campo; d’altronde, questa stessa urgen- za espressiva è vista come la causa di una maggior complessità sintattica e artico- lazione del testo: l’apprendente, cioè, ha maggior desiderio di raccontare, e per esprimere il proprio contenuto sfrutta fino in fondo gli strumenti che possiede, curandosi meno della forma e della correttezza. Il racconto di vignette è vissuto maggiormente come “compito scolastico”: ci sono maggiori esitazioni, richieste di aiuto; inoltre, la possibilità di ricorrere costantemente al supporto visivo pro- voca una “navigazione a vista” dall’una all’altra vignetta, una scarsa coesione testuale e un più forte ricorso alla deissi linguistica (qui, lui, questo) e all’indica- zione gestuale;

• la fluenza del discorso e la presenza di errori non appaiono correlati in modo significativo: in generale, gli insegnanti segnalano soprattutto la presenza di esi- tazioni e pause, che sono interpretate da un lato alla luce dell’imbarazzo per la novità del compito dall’altro allo sforzo di accuratezza nel discorso; questo obiet- tivo è raggiunto con mezzi diversi: la richiesta di aiuto da parte del nativo, l’auto- correzione, l’evitamento di strutture che potrebbero essere fonte di errore. Apprendenti diversi, dunque, rivelano strategie diverse di discorso, che possono essere correlate a stili di acquisizione diversi più che al livello di competenza pos- seduto;

sono state individuate diverse fonti di errore: errori ricondotti all’interferenza sono individuati soprattutto a livello fonetico (ad esempio, è spesso segnalato lo scempiamento delle consonanti intense (doppie) e la semplificazione dei nessi affricati (/ts/ > /s/) negli apprendenti rumeni); fra gli errori di semplificazione, quelli più segnalati riguardano la morfologia libera: se copula e ausiliari sono per lo più presenti, gli articoli sono talvolta omessi, specie in alcuni contesti, come in presenza del possessivo o con il c’è presentativo; si osserva talvolta il ricorso a strategie di aumento dell’esplicitezza, ad esempio il ricorso alla riformulazione di elementi referenziali, prima con pronome e poi con nome, in soggetti che esitano sull’uso dei pronomi personali: dopo che lui / dopo che paperino; sono osservati con una certa frequenza errori di regolarizzazione, specie nella flessione di verbi irregolari (avo per avevo, capivevo per capivo, spariscito per sparito), e nell’ac- cordo nominale (nel mano, con riconduzione al genere maschile di nome termi- nante in –o; altre professore con armonizzazione delle vocali terminali degli ele- menti del sintagma); infine, è individuata come causa di errore l’input stesso, in colloquialismi come l’uso ridondante di pronome clitico e tonico (a me mi), san-

(19) Sono poi segnalate due interessanti formazioni autonome, già osservate in altri apprendenti di italiano L2 studiati ad esempio nel progetto pavese. La prima riguarda l’uso di come con funzione di sistematico separatore topic-comment, in strutture di tipo presentativo come: guardo le foglie / le foglie come paduta; guardo oca come correre. Questi enun- ciati sono sistematicamente strutturati secondo uno schema “guardo + elemento topic + come + elemento focus”, seguendo una strategia di segmentazione dell’informazione che è stata osservata anche in apprendenti di altre L2. La seconda riguarda un caso, isolato, di marcatura del valore medio del verbo arrabbiarsi effettuata attraverso il verbo supporto fare: s’ha fatto arrabbiato per s’è arrabbiato. Sempre nell’ambito del sistema verbale, sono osservati spo- radicamente casi di marca pronominale di verbi di forma attiva: si guarda la finestra per guarda dalla finestra.

zionati nell’italiano standard ma perfettamente ricorrenti nel parlato dei nativi, specialmente quello più trascurato19;

• altre riflessioni hanno riguardato le reazioni degli apprendenti esaminati di fronte all’insolito compito comunicativo cui erano sottoposti: quasi tutti i docenti indi- cano una discreta o buona capacità di narrare in modo autonomo, sia pure ricor- rendo talvolta alla gestualità, all’indicazione deittica (specie nel caso della narra- zione di vignette); se la circostanza dell’intervista davanti a un microfono è stata vissuta da alcuni come un momento di verifica di fronte al quale ci si sente ina- deguati, da altri è stato vissuto come una gratificante occasione di parlare, spe- cialmente nel caso della narrazione personale; in questo caso, alcune docenti segnalano con favore la reazione positiva di studenti molto taciturni in classe, dove del resto le occasioni di parlare sono poche e spesso ancor più inibite dalla situazione “pubblica”.

5.

Conclusioni

Le riflessioni conclusive che qui riportiamo traggono spunto da considerazioni e valutazioni emerse da parte dei docenti partecipanti nelle fasi di discussione e nelle successive relazioni individuali orali e scritte a proposito del lavoro svolto. In generale, l’esperienza di ricerca è stata vissuta come momento di formazione molto impegnativo, ma utile a “saper leggere” l’interlingua dei propri studenti, soprattut- to nel senso di:

– acquisire un metodo per poter valutare non solo l’acquisizione delle forme, ma più complessivamente l’acquisizione delle modalità espressive per esprimere diverse funzioni;

– acquisire un metodo per valutare l’abilità espressiva, soprattutto del parlato, in modo meno impressionistico, basandosi su dati analitici;

– in generale, riuscire a vedere maggiormente ciò che “c’è” nell’interlingua, ovvero ciò che è acquisito, valutando in modo positivo ciò che l’apprendente sa già fare. L’esperienza formativa è stata inoltre vissuta come momento di gratificazione e di rassicurazione perché ha consentito di rendere maggiormente “familiare” e “com- prensibile” ciò che altrimenti può rischiare di apparire come una congerie di mostruo- sità linguistiche; “leggere” e “spiegare” gli errori, anche in chiave evolutiva, consen- te di comprenderne le motivazioni e di accettarne maggiormente l’esistenza come passaggio ineludibile o, anche, come segno dell’acquisizione in corso, evitando la sensazione di fallimento personale – come insegnante – o dell’allievo come discente.

Infine, alcuni docenti hanno apprezzato l’aspetto di gratificazione intrinseca del puro lavoro di ricerca, l’occasione di poter riflettere sull’oggetto del proprio lavoro con categorie nuove.

In definitiva, le due esperienze formative svolte hanno prodotto risultati della direzione attesa di avvicinare i metodi e i risultati della linguistica acquisizionale al pubblico dei “non addetti ai lavori” esperti quali sono i docenti di lingue; soprat- tutto, lo sviluppo di un diverso “modo” di considerare e osservare l’apprendimento è stato favorito dall’approccio diretto dei partecipanti a un’esperienza di ricerca personale; sperimentazioni formative di questo tipo, oltre a contribuire ad approfondire la formazione professionale del docente di lingue (e non solo lingue straniere o seconde) costituiscono, nell’opinione di chi scrive, un possibile primo passo nella formazione di un profilo di insegnante-ricercatore in grado di porsi come interlocutore fra i mondi della ricerca acquisizionale e della ricerca e del- l’applicazione glottodidattica.

Bibliografia

Andorno C. 2005, Sviluppare la competenza (meta)linguistica. Spunti e suggerimenti dalla lin-

guistica acquisizionale, in Atti del III Convegno CIS, Bergamo, 14-16 giugno 2004.

Andorno C., Bosc F., Ribotta P., 2003, La grammatica: impararla e insegnarla, Perugia, Guerra. Chini M. 2006, Introduzione alla linguistica acquisizionale, Roma, Carocci.

(1) Questo articolo presenta alcune considerazione svolte in numerosi corsi di aggiornamento con insegnanti delle scuo- le medie; alcuni di loro hanno elaborato materiali e percorsi didattici che hanno tenuto conto di alcuni suggerimenti qui accennati. I corsi sono stato occasione di approfondimento e confronto, per i quali ringrazio tutti i partecipanti. (2) Si vedano a questo proposito le due indagini condotte dal GISCEL (Gruppi di Intervento e di Studio nel Campo del-

l’Educazione Linguistica) a dieci anni di distanza l’una dall’altra: Guerriero (1988) 1988 e Calò, Ferreri (1997). Per la nozione di adeguatezza linguistica, si veda in particolare Piemontese, Cavaliere (1988). Si confronti inoltre GISCEL Lombardia (1988) che presenta tra l’altro una “griglia di analisi del testo” utile, crediamo, nel momento della scelta del manuale. Per quanto riguarda le caratteristiche testuali dei manuali scolastici, si veda Lavinio (2000). (3) Per quanto riguarda lo stile espositivo, che questo articolo non tratterà, occorre almeno segnalare la coesistenza di due modelli di riferimento: la lezione orale in classe, di cui si riprendono ad esempio fatismi come “guardate, osser- viamo ora”, e il testo scientifico, caratterizzato da neutralità espositiva.