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I MANUALI SCOLASTICI: PROBLEMI DI LINGUA

3. Termini tecnico-specialistici e parole comun

Anche se le lingue specialistiche si differenziano dalla lingua comune per l’insie- me delle caratteristiche linguistiche, a partire dalla testualità, e per l’uso specifico di risorse non verbali, è il lessico che le rende immediatamente riconoscibili. Il vocabo- lario delle lingue specialistiche si compone di parole aggiuntive rispetto a quelle della lingua comune, o di parole della lingua comune ridefinite con esattezza, per rispon- dere a specifiche esigenze di denominazione Il lessico tecnico-specialistico tende a presentare caratteristiche congruenti con quelle di economia, precisione e appropria- tezza tipiche in genere delle lingue specialistiche. Come si è detto, esso è tendenzial- mente referenziale (non emotivo, non conativo), non ambiguo, quindi monoreferen- ziale e privo di sinonimia, trasparente nelle derivazione e nell’organizzazione in nomenclature, stabile, produttivo. Si tratta tuttavia di caratteristiche che vanno intese con precise restrizioni: lo stesso rigore semantico è valido in un ambito temporale ristretto e nel discorso di una comunità definita e, propriamente, “è verificabile con certezza all’interno di un testo e non necessariamente all’interno di un corpus di testi”(Cortelazzo 1991:11)9.

Come opera sul lessico la divulgazione didattica nei libri di testo delle scuole medie? Le scelte lessicali dei diversi autori si ispirano da un lato all’esigenza di rigo- re terminologico, dall’altra a quella di risultare comprensibili. Il prevalere dell’una o dell’altra considerazione porta a risultati molto diversi.

Alcuni manuali ricorrono costantemente a tecnicismi, senza prevedere dispositivi linguistici e concettuali che ne garantiscano la comprensione. Si osservi questo pas- saggio tratto da un manuale di geografia scelto a caso nella vasta produzione per la scuola media10.

Esempio 2

Le risorse della terra in Calabria sono state sfruttate all’estremo in una lotta disperata contro un ambiente ostile. Notevoli interventi sono stati effettuati nel secondo dopoguerra. I più importanti sono stati i lavori di consolidamento dei suoli franosi, il rimboschimento dei pendii, la bonifica delle aree paludose e l’e- stensione della rete di irrigazione che ha permesso una migliore utilizzazione delle superfici agrarie.

La descrizione degli interventi attuati potrebbe essere tratta da un rapporto tecni- co stilato da un ufficio di protezione territoriale. In quel rapporto il termine suolo che ricorre nella locuzione suoli franosi sarebbe usato nella accezione tecnica (geologica) di “strato superficiale della crosta terrestre, derivante dall’alterazione di un substrato roccioso per azione chimica, fisica e biologica di tutti gli agenti superficiali e degli organismi presenti, considerato rispetto alle sue caratteristiche e alla sua composizio- ne”, e non in quella comune di “superficie del terreno sul quale si sta o si cammina”11.

(9) Si discute la sinonimia in campo medico e la funzione conativa nel linguaggio economico di Keynes.

(10) AA.VV., Sistema Italia, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Milano, 1995. La scelta dei manuali qui esaminati è volutamente casuale: sono i libri di testo di recente pubblicazione usati da insegnanti e allievi conosciuti da chi scri- ve. Ci mettiamo così nella situazione di un allievo o un’allieva che si trova a lavorare con un manuale scelto in base a criteri che, di necessità, solo in parte possono soddisfare le sue esigenze.

Tra il significato attribuito dai geologi e quello della lingua nell’uso comune esiste uno scarto informativo e concettuale che il manuale non segnala, consentendo una com- prensione intuitiva e immediata della locuzione. In altri termini, nell’uso della termino- logia tecnica c’è un’ambiguità che ha un effetto paradossale: l’eccesso di rigore termi- nologico impedisce proprio quella comprensione precisa dei concetti scientifici a cui dovrebbe contribuire. D’altra parte l’autore si affida alla competenza linguistica presun- ta nel lettore per una prima comprensione della informazione; la terminologia in questo caso dovrebbe avviare, e non seguire, la determinazione disciplinare del concetto.

Esiste poi una seconda difficoltà legata all’uso non guidato della terminologia tec- nico-scientifica: una stessa parola compare con significati specifici in diverse disci- pline. Ciò a che fare con la formazione del lessico scientifico, poiché nel denomina- re nuove entità, oggetti, fenomeni o concetti i tecnici e gli scienziati spesso rideter- minano parole già in uso nella lingua comune o prese a prestito da un’altra discipli- na. Si notino le accezioni del lemma depressione riportate dal Dizionario della lingua

italiana di Tullio De Mauro12.

de·pres·sió·ne

s.f.

1. AU TS geogr. porzione di terraferma la cui altitudine è inferiore al livello del mare o all’altitudine media delle zone circostanti: la depressione del Mar Morto; estens., avvallamento | TS anat. parte del corpo, organo e sim. che si presenta infossato o cavo.

2. AU stato di abbattimento fisico e psichico che porta stanchezza, malinconia, malumore, pessimismo, sfiducia: essere in depressione, avere momenti di depres-

sione, superare la depressione | estens., debolezza, abbattimento: provavo un

senso di depressione | AU TS psic. ■■depressione psichica.

3. TS meteor. bassa pressione atmosferica | ■■area ciclonica. 4. TS fis., tecn. pressione inferiore a quella atmosferica.

5. TS mecc. nei motori a combustione interna a quattro tempi: la caduta di pres- sione subita dalla miscela di aria e combustibile quando entra nei cilindri. 6. TS econ. fase discendente del ciclo economico, caratterizzata da rallentamento della produzione, ristagno negli affari, discesa dei prezzi, fallimenti, disoccupa- zione | situazione di inferiorità economica di un paese rispetto ad altri | minore vivacità economica che caratterizza un periodo dell’anno rispetto ad altri periodi. 7. OB LE biasimo, umiliazione: a depressione de li malvagi uomini d’Italia che

commendano lo volgare altrui e lo proprio dispregiano (Dante).

Dei significati tecnico-specialistici (TS) del termine, 1., 3. ed eventualmente 6. ricorrono in un libro di geografia, gli altri sono possono essere presenti nei manuali di altre materie. L’allievo di lingua madre italiana può associare intuitivamente il ter- mine, ovunque si presenti, ad un’idea di “giù, basso”, magari connotata negativa- mente come nella frase “sono depresso”. Anche in questo caso l’autore fa leva su una competenza linguistica che l’allievo possiede13. È una risorsa che manca a un parlan- (12) Le sigle indicano la marca d’uso del vocabolo: AU, alto uso, TS, tecnico-specialistico; OB, obsoleto, LE, di solo uso

letterario.

(13) Per le difficoltà che può creare nei bambini delle scuole elementari l’uso di termini codificati nel linguaggio scien- tifico ma appartenenti anche al linguaggio comune, si veda Piemontese, Cavalieri (1998).

te non nativo nella cui lingua non esista termine apparentato: è solo una parola in più con significati che non stanno bene insieme.

Altrettanto complesso è il problema inverso: la presenza in una pagina di storia e soprattutto di geografia, materia in sé interdisciplinare, di terminologie che afferisco- no a campi di sapere assai differenti. Un capitolo di geografia presenta, oltre a quel- li propriamente geografici, termini desunti dalla climatologia, geologia, botanica, zoologia, ingegneria, urbanistica, storia, demografia, scienze dell’amministrazione, diritto, antropologia e altre discipline ancora.

Gli autori di manuali più attenti alle comprensibilità dei testi conciliano le due esigenze di rigore e di chiarezza attraverso glosse e definizioni, nel corpo del testo o in rubriche separate. Il percorso in questo caso è inverso: la comprensione del concetto precede e non segue l’acquisizione delle parole per dirlo con esattezza. Le spiegazioni lessicali, rivolte ad allieve e allievi di madrelingua italiana, definisco- no parole che potrebbero non essere comprese perché non fanno parte del vocabo- lario di base, evidenziano la specifica accezione tecnica rispetto all’uso comune o determinano con precisione una nozione della quale gli allievi potrebbero avere un’idea vaga e intuitiva. Talvolta le spiegazioni sono introdotte esplicitamente da segnali linguistici o simboli.

Esempio 3

Il clima della regione [n.d.a. la Calabria] è tipicamente mediterraneo. È quindi profondamente influenzato dal mare che la circonda completamente e presenta lunghe estati calde e secche e inverni brevi e miti.

Esempio 4

Accanto ai sacerdoti del tempio comparve fin dall’inizio un sovrano (=re). Esempio 5

Nacquero così veri e propri imperi, cioè stati che governavano vastissimi territori. Esempio 6

A partire dal IX secolo le città greche e fenicie del Mediterraneo orientale aveva- no cominciato a fondare le loro colonie in Occidente. Gli storici chiamano que- sto processo “colonizzazione” ...

[il termine in grassetto rimanda alla spiegazione nel glossario, qui riportata]

Per capire meglio

Le colonie: quando una città aveva troppi abitanti, inviava una spedizione in zone

poco abitate. Lì gli emigranti fondavano una nuova città, a somiglianza della

madrepatria. Questo nuovo insediamento si chiama colonia.14

(14) Esempio 3: Sistema Italia, cit., esempi 4 e 5: G. Gentile, L. Ronga, Il multilibro di storia. 1., La Scuola, Brescia, 1996, esempio 6: A. Brusa; Il racconto delle grandi trasformazioni. 1B, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Milano, 2001.

Tra le due opzioni, quella di una lingua modellata sui testi tecnico-scientifici “alti” e quella di una lingua media in cui introdurre gradualmente termini propri delle lingue tecnico-scientifiche, esiste una gamma intermedia di soluzioni15.

Alcune precisazioni sono opportune. In primo luogo, non solo i termini tecnico- scientifici sono problematici. Nei manuali ricorrono anche parole che, pur non essen- do specifiche di una certa disciplina, sono proprie tuttavia di una lingua colta e for- male, padroneggiata con difficoltà anche da allieve e allievi di lingua madre italiana. In questa descrizione della Selva Nera, ricoperte, intercalate, radure, centri abitati non fanno parte del vocabolario di base, conifere è termine specifico della botanica:

Esempio 7

Montagne basse ricoperte di conifere e altri alberi sono intercalate da vallate

verdi e radure dove si trovano pascoli e centri abitati.16

Parole note si presentano in accezioni nuove o in usi figurati, come, nell’esempio 2,

comparve accanto a ... o, nel successivo esempio 8, il buio. Oppure si presentano in

combinazioni che ne modificano il senso: ricoprire una funzione, esercitare un’in-

fluenza, il corso degli avvenimenti, la regione compresa tra ... e ... (negli esempi 8 e 9).

A questo proposito si è parlato di “tecnicismi collaterali”, cioè di espressioni non rigorosamente necessarie alle esigenze di denotatività scientifica, ma preferite per la loro connotazione tecnica, come effettuare un intervento nell’esempio 1. Tra questi “tecnicismi collaterali” possono essere annoverate anche alcune parole semantica- mente svuotate che nei testi tecnico-scientifici hanno un’importante funzione di coe- sione testuale, come proforme, o di segnali discorsivi, con la funzione di segmentare e strutturare il discorso, quali problema, argomento, questione, fatto, avvenimento. Estensioni di significato, tecnicismi collaterali e usi pragmatici delle parole sono responsabili di fraintendimenti anche per studentesse e studenti italiani delle scuole superiori.17

Una seconda precisazione riguarda la distinzione tra lingua specialistica e lin- gua dell’uso quotidiano, che non vanno intese in senso dicotomico, ma come pola- rità di un continuum; le considerazioni prima ricordate sulla dimensione verticale delle lingue speciali lo lasciano intendere. Anche all’interno del medesimo discor- so divulgativo i diversi manuali possono differenziarsi sia per il carico di tecnici- smi, sia per il livello di formalità della lingua; possono, in altri termini, possono collocarsi su punti diversi dello spazio definito dall’asse di variazione dalla lingua dell’uso medio alle lingue tecnico-scientifiche e di quello della variazione dal- l’informalità alla formalità.

In questo spazio abbastanza ampio di scelte linguistiche si possono inoltre riscon- trare alcuni fenomeni, che sembrano ricorrere con particolare frequenza negli scritti

(15) Non esiste infatti un unico modello del genere “manuale”. Non ci si riferisce tanto alla selezione e organizzazione dei contenuti disciplinari, la cui eterogeneità riflette la varietà di approcci e stili didattici ed è probabilmente un bene da questo punto di vista. Ci si riferisce piuttosto alla codificazione di un genere testuale facilmente riconoscibile e comunemente condiviso. Questo rende la programmazione di una lingua per lo studio particolarmente complessa. (16) G. Merlo, F. Nano, L’indagine geografica - Europa, Bompiani, Milano.

(17) Per approfondimenti GISCEL Veneto - Gruppo di Verona (1997). Per la nozione di “tecnicismi collaterali, cfr. L. Serianni (1989) e Cortelazzo (1994). Per la rilevanza del “lessico procedurale” nei testi di problem-solving¸ cfr. M. McCarthy (1991). Sulle problematiche che l’insegnamento del lessico deve affrontare in L1 e in L2, cfr. Marello (1996) e Corda, Marello (2003).

divulgativi, inclusi i manuali, e identificarli rispetto ad altri generi testuali. In questi testi non appaiono insolite frasi come le seguenti:

Esempio 8

La regione compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate è il luogo della Terra che per primo uscì dal buio della preistoria …

Esempio 9

Le Dolomiti sono comprese tra il corso dell’Adige e il confine col Veneto. I massic- ci di roccia chiara si alzano come muraglie in mezzo alle vallate coperte di boschi e di prati. Sulla Marmolada (3343 m) si trova l’unico ghiacciaio dolomitico. La pianura in pratica non esiste; ci sono alcune strisce pianeggianti che si adden- trano tra le montagne e formano una struttura ad albero: nel mezzo c’è il “tron- co” della valle dell’Adige-Isarco; sui lati si innestano i “rami” delle valli longi- tudinali. Su questi corridoi naturali si trovano le principali vie di comunicazione

e le città più importanti.18

Siamo di fronte a un parlare metaforico che è tipico della divulgazione e della didattica. Si osservi ad esempio come viene presentata nei manuali di geografia la disposizione spaziale della regione: nei termini non di estensione delimitata da coor- dinate geografiche, ma di un movimento nello spazio, che può essere alternativa- mente il movimento dell’osservatore che sorvola un territorio o lo percorre, o il movi- mento del territorio stesso, quasi fosse un organismo19. L’uso di verbi quali scendere

o salire per indicare il procedere verso Sud o verso Nord, estensioni dei significati originari dei verbi, rimandano ad una rappresentazione culturale dello spazio geogra- fico, secondo le metafore del basso/alto, destra/sinistra.

La riduzione dei dettagli informativi legata alle esigenze della divulgazione didat- tica comporta il rischio di inesattezze; per evitarlo, si ricorre in modo accentuato a modulatori, che attenuano affermazioni troppo perentorie o rendono più vaghe le affermazioni. Nell’esempio 7 la bassa percentuale delle pianure sul totale del territo- rio alto-atesino è sostituita dalla frase la pianura in pratica non esiste; nell’esempio 2, i dati climatologici relativi alla Calabria sono sostituiti da una generica descrizio- ne del clima mediteranno profondamente influenzato dal mare che la circonda com-

pletamente (cosa peraltro non vera, se completamente va inteso in senso proprio e non

nella sua funzione retorica di enfatizzante).

Il ricorso a sinonimi è elevato. Studiando delle aree montuose, un allievo può imbattersi, in uno stesso manuale, in una gamma di parole e locuzioni affini: monta-

gne, monti, rilievi, rilievi montuosi, sistema montuoso, sistema orografico, catene montuose, catene di montagne, spartiacque, vette, cime, picchi, gruppo montuoso, gruppo orografico, massiccio . Le differenze tra l’una e l’altra sono talvolta di regi-

stro (montuoso/orografico), talaltra di significato; capirle richiede comunque una notevole competenza lessicale in lingua madre, a maggior ragione in L2.

È un linguaggio inoltre a volte drammaticamente emotivo e certamente non ava-

(18) Esempio 8: F. Bentivoglio, C. Vettori, Le radici della memoria, Milano, Sansoni per la scuola, 1998; esempio 9: G. Paci, Geografia per immagini, Bologna, Zanichelli, 2002.

lutativo. Nell’esempio 2 una frase come le risorse della terra in Calabria sono state

sfruttate all’estremo in una lotta disperata contro un ambiente ostile rimanda ad

un’intera concezione dei rapporti uomo – natura, culturalmente radicata.