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TRA EMIGRAZIONE E INSEGNAMENTO

F) Per che livello stilistico? Alto, medio, basso?

3.1. La lingua scritta

La prima macroscopica particolarità della lingua cinese – e la difficoltà maggiore per chi la studia – consiste nel sistema di scrittura. La lingua cinese non dispone di un alfabeto ma è composta di caratteri. Attenzione, caratteri e non ideogrammi, come qualcuno definisce talvolta i segni grafici della scrittura cinese. La dizione ‘ideo- grammi’ viene ormai accuratamente evitata, perché porta con sé l’assurdo corollario che i caratteri cinesi rappresentino direttamente delle idee invece che parole.

I caratteri cinesi veicolano vaghe informazioni semantiche – e questo è ricono- sciuto come un tratto distintivo della lingua cinese – e vaghe informazioni fonetiche. Non è però possibile dedurre con certezza il senso di un carattere a partire dalla sua forma.

In cinese ogni carattere è composto da un certo numero di tratti: si va dal carattere ‘uno’, costituito da un solo tratto fino a caratteri (semplificati) composti da più di venti tratti. I caratteri cinesi possono essere distinti in semplici e complessi. I caratteri semplici sono costituiti da un unico corpo tra i cui tratti sussiste un legame molto forte: separandoli non è in alcun modo possibile ottenere unità portatrici di senso e di suono.

31) 一 人 口 马 不

yī unoyīyī rén persona kǒu bocca mǎ cavallomǎmǎ bù non

I caratteri complessi comprendono invece almeno due unità portatrici entrambe di significato, o portatrici una di significato e l’altra di suono. Ad esempio il carattere

míng – che significa ‘chiaro’, ‘luminoso’ ed è composto damíngmíngrì ‘sole’ e 月 yuè

‘luna’ – è un carattere complesso dove entrambi i costituenti sono portatori di signi- ficato. Caratteri di questo tipo sono spesso stati spiegati come rebus etimologici: ad esempio, la donna sotto il tetto 安 ān significa ‘pace’, il maiale sotto il tetto 家 jiā significa ‘famiglia’, la forza sotto il campo 男 nán significa ‘maschio’ e così via. Se adottato come esercizio per memorizzare i caratteri, questo metodo può essere utile, ma non va dimenticato che l’arbitrarietà semantica di questi caratteri è totale: se la

tuiscono una piccola parte dei caratteri cinesi, e per di più arcaica. Invece il principio formativo dei caratteri cinesi di gran lunga più produttivo nella storia della lingua scritta cinese è stato quello fonetico/semantico: un componente del carattere fornisce indicazioni semantiche e l’altro componente fornisce indicazioni di tipo fonetico: ad esempio nel carattere 冻dòng ‘gelo’, ‘gelare’ il componente di sinistra fornisce indi-dòngdòng

cazioni semantiche – le due gocce d’acqua a sinistra possono rappresentare qualcosa che ha a che fare con il ghiaccio – e il componente di destra suggerisce la possibile lettura del carattere12.

In conclusione, l’apprendimento della lingua scritta cinese comporta una grande quantità di tempo dedicata a memorizzare come si leggono, cosa significano e come si scrivono i caratteri. E anche la ricerca sul dizionario di un termine di cui non si conosce la pronuncia, implica che si sappiano contare i tratti di cui è composto un carattere e identificare la cosiddetta ‘chiave’ o ‘radicale’ a cui aggiungere l’eventuale numero di tratti aggiuntivi.

L’approccio a questa lingua scritta è quindi molto diverso da quello che si ha con le lingue alfabetiche, tra cui l’italiano: un bambino con un minimo di scolarizzazio- ne in italiano infatti, anche se ancora non sa cosa significa ‘randagio’ è in grado di leggere e di scrivere quella parola; quel bambino sarà anche in grado di scrivere ogni nuova parola appresa attraverso la lingua parlata (salvo occasionali errori di ortogra- fia). Per chi apprende la lingua cinese invece il rapporto tra lingua parlata e scrittura è più complesso: un cinese, anche con livello alto di scolarizzazione, se non ha pre- cedentemente appreso a leggere e non ha memorizzato un determinato carattere non sarà in grado di pronunciarlo la prima volta che lo incontra. Al massimo, per analogia con altri caratteri conosciuti, potrà fare delle ipotesi su letture plausibili e classi di significato possibili.

3.2.

I toni

Anche la lingua parlata cinese presenta una difficoltà notevole per chi la studi come lingua straniera, perché si tratta di un sistema a toni. Se poi confrontiamo il cinese standard con il dialetto cinese Yue (il cantonese), scopriamo che anche la complessità indotta dal fatto di essere una lingua tonale può essere graduata: il cinese standard infatti ha quattro toni mentre il cantonese ne ha ben otto.

I toni sono tipi diversi di modulazione della voce e sono contrassegnati in pīnyīn (il metodo ufficiale di trascrizione della lingua cinese in caratteri latini) attraverso accenti posti al di sopra della vocale su cui si articolano. Non sono invece indicati in alcun modo sui caratteri. I toni non vanno confusi con accento e intonazione, che esistono anch’essi nella lingua cinese standard. Dunque la lingua cinese è più com-

(12) Questo esempio è stato scelto proprio per la sua linearità, adatta a spiegare questo principio formativo dei caratteri in sintesi estrema. I principi formativi dei caratteri cinesi sono descritti più dettagliatamente in Abbiati (1992); De Francis (1984), Norman (1988).

ottanta caratteri che pur con grafia diversa si pronunciano li e poco meno di un centi- naio di caratteri che pur scrivendosi con grafia diversa si pronunciano fu. I toni – oltre ai classificatori, che vedremo più avanti, alla bisillabicità di buona parte delle parole della lingua cinese e al contesto – permettono di ridurre i casi di omofonia. Ad esem- pio, 妈 mā ‘mamma’, māmāmá ‘canapa’, 马 mǎ ‘cavallo’, mà ‘insultare’ si scrivono con caratteri diversi ma si pronunciano tutti ma. I toni permettono di distinguerli tra loro (si tratta rispettivamente di un primo, un secondo, un terzo e un quarto tono). Le sillabe prive di accento vengono pronunciate al cosiddetto tono neutro, come ad esempio 吗 ma, la marca per le interrogative.

Inoltre, quando i toni non sono in forma isolata possono intervenire delle variazio- ni dovute al contesto. Il terzo tono ad esempio davanti agli altri toni diventa un mezzo terzo tono mentre davanti ad un altro terzo tono si trasforma in un secondo tono. Altri cambiamenti di tipo fonologico hanno luogo, ma si tratta di fenomeni marginali rispetto a quelli che avvengono in lingue come l’italiano o l’inglese.