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Chiesa e monastero di San Matteo in Soarta (Catasto Leopoldino [d’ora in poi C L.] n 1239.

EDILIZIA PUBBLICA E PRIVATA SUI LUNGARNI TARDOMEDIEVALI.

1) Chiesa e monastero di San Matteo in Soarta (Catasto Leopoldino [d’ora in poi C L.] n 1239.

La chiesa ed il monastero furono edificati intorno al 102758 sulle fondamenta di un più antico luogo di culto ed appartennero alle monache benedettine, beneficiarie delle donazioni dei nobili coniugi Ildeberto Albizone e Teuda59. Fra il 1135 ed il 1150 l’edificio fu ampliato e dotato di tre navate e tre absidi e la pavimentazione fu innalzata al livello del nuovo piano stradale. Altre ristrutturazioni60 avvennero nei decenni centrali del XIV secolo, ma l’aspetto esteriore della chiesa rimase medievale, in stile romanico pisano, almeno fino al 1607. In tale data un incendio arrecò danni molto gravi ed impose una radicale ristrutturazione. La facciata ed il tetto furono completamente ricostruiti ed il fabbricato fu diviso in due (si separò la parte pubblica da quella riservata alle monache). Per la ricostruzione della facciata medievale, a fasce bianche e nere, mi sono basato principalmente su una fonte iconografica già citata nel precedente capitolo (figura 3.2), la tarsia quattrocentesca di Filippo da Serravallino.

57 L. Frattarelli Fischer – C. Nucara Dani, Il quartiere di San Francesco. Progetti e interventi ottocenteschi su una

zona medievale di Pisa. Pisa, 1989, pp. 11-12.

58 F. Paliaga - S. Renzoni, Chiese di Pisa, cit., pp. 63-64. 59

Ildeberto era in stretti rapporti con l’imperatore Enrico II e probabilmente era giudice o notaio; alla fine del secolo XI la famiglia doveva essere ancora molto importante; infatti quando l’arcivescovo Daiberto fissò con il

Lodo delle torri l’altezza massima delle torri cittadine, furono escluse dal provvedimento l’abitazione del visconte

Ugo e quella del figlio di Albizone. La moglie Teuda fu madre e nonna delle prime due badesse di San Matteo, Ermengarda e Teuta. Cfr. O. Niglio – M. Alessio, Il convento di San Matteo in Pisa. cit., pp. 34-40.

Riguardo al chiostro possediamo notizie frammentarie: sappiamo che fu edificato nel XIII secolo e che in origine il livello inferiore era costituito da un loggiato di colonne di granito con capitelli di marmo61; il piano superiore era caratterizzato da un ordine di bifore e da un cornicione impreziosito da decorazioni. Alcune modifiche di minore entità furono apportate nel XVI secolo, ma non alterarono radicalmente la struttura, che mantenne la propria fisionomia fino alla seconda metà del XIX secolo. In seguito alla soppressione del convento ed al trasferimento delle ultime monache in un’altra sede, l’intero complesso fu ceduto al Ministero dell’Interno che nel 1877 lo trasformò in un carcere giudiziario62. Il chiostro medievale fu adattato a cortile della prigione e le arcate del piano terra vennero murate. Nelle ex-camere delle monache e nei nuovi spazi chiusi furono ricavate celle e camerate; altri lavori di ristrutturazione furono eseguiti tra il 1904 e il 1912 e nel 1926. Questi interventi furono effettuati senza tenere in considerazione il valore storico e monumentale dei locali e in alcuni casi furono qualitativamente scadenti o utilizzarono elementi poco compatibili con i materiali originali63, ma almeno ebbero il merito di assicurare una continua manutenzione alle strutture portanti dell’edificio e di impedire il totale degrado che si sarebbe potuto creare in caso di abbandono. Non mancarono comunque i danni; ad esempio nel 1889 alcuni muri dell’ex-convento in cattivo stato di conservazione furono demoliti e ricostruiti ex novo, perché si ritenne questo modo di procedere molto più economico e rapido di un restauro. Ed ancora: la medievale “sala delle colonne” fu divisa in tre locali più piccoli, adibiti a ufficio del giudice istruttore e parlatori, mentre l’antico refettorio delle monache nel 1894 divenne un dormitorio.

Nonostante le ristrutturazioni, a causa del progressivo aumento della popolazione carceraria64 il complesso di San Matteo divenne presto inadeguato e sovraffollato, obbligando le autorità a costruire una prigione più moderna e funzionale. Nel 1934 la nuova struttura fu pronta e tutti i detenuti furono trasferiti, liberando l’ex-monastero dopo quasi sette decenni di impiego come luogo di detenzione. Si aprì un lungo dibattito sulla destinazione d’uso dello stabile e il Ministero dei Lavori Pubblici valutò l’ipotesi di adibire i locali ad uffici del Genio Civile o dell’Intendenza di Finanza, ma lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la fine del regime bloccarono ogni decisione. L’antico convento visse i suoi giorni più drammatici nel 1943, quando i bombardamenti danneggiarono gravemente i tetti e riempirono il chiostro di detriti e macerie; ma già a partire dalla primavera del 1945 il diretto interessamento di un colto e sensibile ufficiale americano, il tenente Frederick Hartt65, permise il trasferimento dello stabile alla Soprintendenza e l’inizio dei lavori di restauro. A partire dal 1949 le collezioni artistiche

61 Ivi, p. 82.

62

Ivi, pp. 120-125

63 Pavimenti realizzati in piastrelle compresse di cemento, impiego di pontelle in ferro per i solai. 64 Dopo il 1925 ai detenuti per reati comuni si affiancarono molti dissidenti politici.

65 Frederick Hartt (1914-1991) nacque a Boston ed ottenne il PhD in discipline storico-artistiche presso la New York University. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu ufficiale della Monuments, Fine Arts and Archives Division dell’esercito statunitense e prestò servizio in Toscana, dedicandosi con grande impegno al restauro di monumenti ed opere d’arte danneggiati dal conflitto. Per questi meriti ottenne la cittadinanza onoraria di Firenze e la Croce di Cavaliere dal governo italiano. Dopo la fine della guerra intraprese una brillante carriera accademica, diventando professore di storia dell’arte presso l’Università della Virginia e scrivendo quattordici libri, tra cui spicca una imponente monografia su Michelangelo pubblicata nel 1969.

precedentemente ospitate presso il vecchio Museo Civico di San Francesco66 trovarono nuova e definitiva collocazione presso l’ex-convento di San Matteo, che ottenne lo status di Museo Nazionale. Non mancarono i problemi, come l’umidità dei locali, non ottimale per la conservazione dei dipinti, ma alla fine si riuscì a risolvere l’inconveniente tramite opere di risanamento e impermeabilizzazione delle murature. Nel chiostro e ai livelli inferiori si realizzò il grande polo espositivo, ma i piani superiori dell’ex-monastero e i locali del sottotetto rimasero liberi e furono destinati a sede del Dipartimento universitario di Storia delle Arti, dotato di un accesso separato rispetto al Museo; tra il 1951 e il 1966 in spazi relativamente limitati vennero ricavate le aule, la biblioteca e gli studi dei docenti67.

Figura 4.6

La Chiesa di San Matteo in Soarta ed una parte del chiostro interno. Si può vedere molto bene la differenza tra il corpo di fabbrica più antico, in stile romanico, e le aggiunte successive alla ristrutturazione del 1607.

(Fonte: http://it.bing.com/maps/).

In base alla classificazione che ho introdotto nel capitolo precedente questo complesso è riconducibile al livello 2, perché presenta molte persistenze di età medievale e l’aspetto precedente alle modifiche di età moderna appare in almeno una fonte iconografica; quindi può essere ricostruito con un buon grado di precisione.