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EDILIZIA PUBBLICA E PRIVATA SUI LUNGARNI TARDOMEDIEVALI.

40) Palazzo Lanfranchi (C L n 1568)

Il più antico nucleo del palazzo fu una casa-torre eretta in corrispondenza dell’angolo di Nord- Est dell’attuale edificio. Questo primo corpo di fabbrica (Figura 4.46, 1), databile ai primissimi anni del XIII secolo195, sorse in un’area della città che fino ad allora non doveva essere stata occupata da costruzioni; in origine doveva presentarsi come una alta e stretta struttura turriforme ad arco ogivale in facciata su pilastri in laterizio e come la maggior parte degli edifici costruiti in questa fase aveva un solo locale per piano e spazi piuttosto angusti.

Nei decenni successivi (nel secondo quarto del Duecento) alla prima casa-torre si affiancarono, per gemmazione, altri due corpi tipologicamente simili (Figura 4.46, 2I e 2II), che espansero il fabbricato in direzione Ovest e comportarono una riorganizzazione degli ambienti interni. Come si può vedere nella Figura 4.46 Il corpo 2I aveva due archi ogivali ed era più largo della prima torre, presentando le caratteristiche di una domus196, mentre il corpo 2II aveva un solo arco ed una sopraelevazione che lo rendeva leggermente più alto delle altre parti del complesso.

Verso la fine del Duecento fu aggiunto un quarto corpo di fabbrica (n. 3 in Figura 4.46), che costituì l’ultimo allargamento verso Ovest; questa nuova parte si differenziava dalle precedenti perché era più bassa di circa 3 metri e perché al posto del grande arco ogivale aveva una coppia di finestre per ogni piano e un arco a sesto ribassato al piano terra.

195 Cfr. F. Redi, Il palazzo Lanfranchi e l’edilizia medievale nel quartiere di Chinzica in Un palazzo, una città: il

palazzo Lanfranchi in Pisa, a cura di G. Rossetti, cit., p. 103.

Figura 4.46

La pianta di Palazzo Lanfranchi con l’indicazione dei vari corpi di fabbrica.

(Fonte: F. Redi, Il palazzo Lanfranchi e l’edilizia medievale nel quartiere di Chinzica in Un palazzo, una città: il

palazzo Lanfranchi in Pisa, a cura di G. Rossetti, cit., p. 97.)

Ormai lo spazio per espandersi sul fronte Nord prospiciente l’Arno si era esaurito e così tutte le aggiunte successive sfruttarono i lotti ancora liberi sul lato Sud dell’edificio: attorno al 1320 fu costruito il corpo 4, addossato alla parete meridionale del corpo 2II ed entro la fine del XIV secolo, a breve distanza cronologica, furono edificati anche i corpi 5, 6 e 7, che dettero al palazzo dimensioni simili a quelle moderne.

Anche se le variazioni della volumetria nel Trecento riguardarono soprattutto il retro, la facciata sull’Arno non fu immune da importanti cambiamenti; come in gran parte delle abitazioni di Pisa, anche qui i ballatoi lignei furono demoliti197 e fu necessario tamponare con murature in laterizio gli spazi vuoti tra i grandi archi ogivali. Comparvero così le nuove tipologie di finestre, in particolare le tipiche polifore separate da colonnine in marmo che caratterizzarono l’aspetto degli edifici pisani per almeno due secoli.

Grazie ad un documento del 1328198 – una causa relativa alla mancata restituzione di una somma di denaro da parte dell’allora proprietario del complesso, il mercante pisano Betto Stefani, meglio un trattino – possediamo la descrizione degli edifici, sotto forma di inventario. La fonte parla di “una casa con torre e con altre case collegate alla già citata torre in direzione dell’Arno, tutte situate in Pisa, in parte nella cappella di San Martino in Kinzica e in parte in quella di San Sepolcro, e che confinano da una parte con la casa di Vanni Stefani e da due parti con strade pubbliche”199.

I fabbricati elencati corrispondono perfettamente ai dati emersi dall’analisi delle strutture murarie ed il fatto che Betto Stefani sia condannato come debitore insolvente e che i suoi beni vengano valutati in vista di un pignoramento è interessante perché ci apre uno spaccato sulla storia di una importante famiglia pisana.

197 Si ricordi l’ordinanza del Comune di Pisa del 1313 relativa all’abbattimento dei ballatoi, descritta nel cap. III. 198

Un quaderno membranaceo custodito presso l’Archivio di Stato di Pisa, nel Diplomatico S. Martino: cfr. G. Garzella, Palazzo Lanfranchi: la famiglia e la proprietà in Un palazzo, una città: il palazzo Lanfranchi in Pisa, a cura di G. Rossetti, cit., p. 68.

199 Testo originale: Unam domum cum turri et cum aliis domibus iunctis dicte turris versus Arnum que omnia sunt

posita Pisis partim in cappella sancti Martini in Kinziça et partim in cappella sancti Sepulcri et que coherent ab una parte domui Vannis Stefani et a duabus partibus viis publicis.

Sappiamo che all’inizio del Trecento gli Stefani, ricchi mercanti del settore laniero, si erano progressivamente espansi nell’area orientale di Kinzica: nel 1303 Bonagiunta, padre di Betto e di Vanni, aveva comprato alcuni edifici nelle cappelle di San Sepolcro e San Martino e i suoi figli avevano effettuato altri acquisti, accrescendo il patrimonio immobiliare della famiglia. Tuttavia i due fratelli andarono incontro a destini diversi: Vanni continuò a godere di una notevole prosperità economica e si imparentò con la nobile casata dei Gualandi, sposando una delle loro figlie; Betto invece fu più sfortunato o meno oculato nella gestione del proprio patrimonio: già nel 1322 ebbe alcune difficoltà economiche e chiese un prestito di 74 lire al fratello Vanni; pochi anni più tardi si trovò ancora più indebitato e subì la confisca del proprio palazzo sul Lungarno, che fu ceduto a dei creditori tedeschi.

Figura 4.47

Assonometria ricostruttiva dell’aspetto di Palazzo Lanfranchi nel Trecento

(Fonte: Un palazzo, una città: il palazzo Lanfranchi in Pisa, a cura di G. Rossetti, cit., appendice I, tavola XXVII. )

Per circa un secolo le fonti tacciono riguardo alle sorti dell’edificio; soltanto nel Catasto fiorentino del 1428-29, sebbene la descrizione dell’immobile sia poco accurata, troviamo un gruppo di fabbricati potenzialmente identificabile200 con il futuro palazzo Lanfranchi, posseduti da Niccolò di Bartolomeo del Testa, registrato presso la cappella di San Martino.

Si descrivono quattro case (tutte affittate) affacciate sulla via comunale lungo l’Arno di cui le prime due, a tre solai, potrebbero corrispondere ai corpi di fabbrica 1 e 2I della Figura 4.46, quella di mezzo, a quattro solai, potrebbe essere il corpo 2II e l’ultima potrebbe coincidere con il corpo 3.

Sicuramente tra Quattrocento e Cinquecento ci furono altri passaggi di proprietà, di cui non però siamo informati; l’unico dato certo è che nel 1539 il palazzo, che doveva avere subito poche

200

Cfr. G. Garzella, Palazzo Lanfranchi: la famiglia e la proprietà, in Un palazzo, una città: il palazzo Lanfranchi

modifiche rispetto all’inizio del XV secolo, apparteneva alla vedova di Giovanni Battista di Pone, Dianora, che lo vendette al canonico Alessandro Lanfranchi201.

Durante gli anni in cui l’edificio fu di proprietà del religioso, furono avviate alcune ristrutturazioni; la loggia fu trasformata in un terzo piano di abitazione e probabilmente si iniziò a sostituire le bifore e le trifore trecentesche con le nuove finestre rettangolari.

Figura 4.48

Palazzo Lanfranchi. (Fonte: <http://it.bing.com/maps/>).

Nel 1555 Alessandro donò il palazzo ai fratelli Camillo e Carlo e ormai il fabbricato doveva aver perduto molte delle caratteristiche medievali, perché nel documento che testimoniava la cessione202 era descritto come un’unica domus a tre solai. Un’altra e più dettagliata descrizione del palazzo risale al 1638, quando il proprietario era Ubaldo Lanfranchi; nella fonte203 sono citati il portone e le finestre di marmo e lo stemma della famiglia, elementi ancora esistenti e ben visibili nell’edificio attuale. La famiglia Lanfranchi mantenne la proprietà almeno fino al 1734204, ma nel 1783 il palazzo risultava intestato al cavalier Iacopo Mosca, che pochi anni prima aveva sposato una discendente del ramo dei Lanfranchi-Chiccoli, Faustina.

Tra l’Ottocento e il Novecento la sontuosa dimora passò molte volte di mano205: nel 1802 i Mosca decisero di vendere lo stabile al commerciante anglo-livornese Robert Porter, ma già all’epoca del Catasto Leopoldino (1834) i proprietari erano i tre fratelli Vaccà Berlinghieri, figli del celebre chirurgo Andrea206, mentre verso la fine del secolo (1877) l’edificio era passato a Giuseppe Norci; nel 1888 la struttura fu nuovamente messa sul mercato immobiliare e

201 A. Panajia – A. Melis, I Palazzi di Pisa, cit., pp. 154 e 159. Il canonico Alessandro era figlio del ricco mercante Bartolomeo Lanfranchi, molto attivo a Palermo intorno all’anno 1500. Tra il 1519 e il 1526 l’Arcivescovo di Firenze Giulio dei Medici (futuro papa Clemente VII) gli affidò molti benefici, in particolare la commenda su alcune Chiese della città e del contado.

202 ASPi, Archivio Lanfranchi (Archivi privati, busta 4). 203

ASPi, Archivio Lanfranchi, 1638 gennaio 18.

204 L’edificio è citato in merito alla dote di Eleonora Lanfranchi.

205 Cfr. G. Garzella, Palazzo Lanfranchi: la famiglia e la proprietà, in Un palazzo, una città: il palazzo Lanfranchi

in Pisa, a cura di G.Rossetti, cit., p. 73.

206

Andrea Vaccà Berlinghieri (Montefoscoli 1772 – Orzignano 1826), fu medico chirurgo e professore di medicina all’Università di Pisa.

acquistata da Giuseppe e Carlo Palme, industriali del settore ceramico207 di origine boema, che a loro volta la cedettero alla famiglia Del Seppia nel 1920. L’ultimo e definitivo acquirente fu il Comune di Pisa, che nel 1952 comprò il palazzo e tutti gli annessi, trasformandolo più tardi in un museo e centro culturale. Anche se le persistenze medievali ad un primo sguardo non sono facili da individuare, la quantità di informazioni emerse durante il restauro del 1980 permette di classificare questo al livello 2.

Figura 4.49

Sulla sinistra, la Casa da Scorno. (Fonte: <http://it.bing.com/maps/>).