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Palazzo Giuli / Palazzo Blu (C L nn 1968, 1961, 1960).

EDILIZIA PUBBLICA E PRIVATA SUI LUNGARNI TARDOMEDIEVALI.

57) Palazzo Giuli / Palazzo Blu (C L nn 1968, 1961, 1960).

I nome di “Palazzo Blu” dipende dal colore impiegato per il restauro, che riprende una tonalità utilizzata nel Settecento. Gli scavi archeologici eseguiti nel 2005-2007, durante il recupero di Palazzo Giuli256, hanno evidenziato la presenza di una struttura turriforme dell’inizio dell’XI secolo successivamente inglobata all’interno dell’edificio e della quale si possono vedere i resti negli scantinati257. Questo corpo di fabbrica fu quasi sicuramente il primo nucleo del complesso e fu costruito in un’area dove l’insediamento era ancora relativamente poco denso, distinguendosi per altezza e qualità dei materiali impiegati dalle semplici e basse costruzioni attigue, definite dalle fonti dell’epoca casae. Ma la torre non era isolata, perché a breve distanza e all’incirca negli stessi anni sorsero almeno altre cinque simili costruzioni, tutte realizzate in pietra258 e a pianta quadrata. Per quanto sia difficile stabilire con esattezza chi fossero i primi proprietari, sappiamo che intorno al 1180 la famiglia Sismondi-Del Cane259 possedeva molti immobili nella cappella di Santa Cristina e anche sulla riva opposta del fiume, presso San Salvatore in Porta Aurea. La suddetta casa-torre potrebbe essere verosimilmente identificata con la turris di Bonaccorso Del Cane, presso la quale fu rogato un atto nel 1237260, ma è probabile che al primo corpo di fabbrica fosse già stata annessa una più spaziosa domus, citata pochi anni dopo in occasione della spartizione dell’eredità di Bonaccorso tra i suoi tre figli261. Nel XIII secolo i Del Cane continuarono la propria espansione in direzione dell’attuale Via Toselli e nel 1266 comprarono una seconda domus262, che dal 1238 era la sede di un hospitium, un albergo in cui risiedevano soprattutto mercanti di San Gimignano, ed altri edifici nella stessa zona, ma non è semplice identificare tutte le loro acquisizioni con strutture ancora esistenti, a causa delle successive trasformazioni, ristrutturazioni ed accorpamenti.

Le fonti non ci forniscono molte informazioni a proposito degli ultimi decenni del Duecento, ma spostandoci nel secolo successivo troviamo tra i più importanti proprietari della cappella di Santa Cristina i Dell’Agnello, mercanti originari del contado stabilitisi in città agli inizi del Trecento. Si suppone che siano subentrati ai Sismondi-Del Cane ed abbiano comprato la maggior parte degli immobili all’indomani della peste del 1348, che falcidiò la popolazione di Pisa, rendendo molti edifici disabitati e sul mercato a basso prezzo. Ad ogni modo è certo che nel novembre del 1356 Giovanni dell’Agnello263 chiese il permesso agli Anziani del Comune di

256Cfr. F. Redi, il Palazzo nel contesto urbano di Chinzica. Formazione e trasformazioni del complesso

architettonico nel Medioevo, in Palazzo Blu. Restauro d’arte e cultura, a cura di F. Redi, cit., pp. 49-52.

257

Circa un metro e mezzo al di sotto del moderno piano stradale e quindi all’altezza dell’abside di Santa Cristina. 258 Ivi, p. 64.

259 Ivi, p. 55.

260 ASPi, Diplomatico Primaziale, 1237 novembre 25. 261

ASPi, Diplomatico Primaziale, 1255 luglio 6.

262 Comprarono questo edificio da Enrico Gombo e Giovanni Vectulario. ASPi, Diplomatico Primaziale, 1266 dicembre 12.

263 Come già ricordato nel capitolo 2, Giovanni Dell’Agnello, dopo la sconfitta di Pisa nella battaglia di Cascina (1362) prese il potere e fu Doge della città fino alla rivolta del 1368 che lo cacciò e ripristinò le istituzioni repubblicane.

Pisa264 spazio di poter sopraelevare la domus in cui viveva (identificabile con la parte più occidentale dell’attuale Palazzo Giuli) e di unirla ad una vicina abitazione265 (da lui posseduta) con un cavalcavia, da edificare sopra un chiasso che separava i due nuclei. Lo scopo della ristrutturazione era quello di realizzare un “bellissimo edificio o palazzo”266 e valorizzare la zona, oltre che dare lustro alla famiglia del proprietario.

In questa fase il futuro palazzo era composto da due stecche di edifici, per un totale di una trentina di diversi corpi di fabbrica, che si estendevano dal fronte Nord affacciato sull’Arno fino all’estremità meridionale, confinante con lo slargo più tardi noto come Piazza dei Facchini (Figura 4.57, a sinistra). In mezzo passava il già citato vicolo, sormontato dal cavalcavia, che proseguiva verso Sud fino a congiungersi con l’attuale Via del Cappello. Ovviamente non tutte le parti del complesso risultavano omogenee: sul lato del Lungarno le costruzioni erano edificate in pietra e avevano rifiniture di qualità più elevata, mentre sui lati degli isolati erano più modeste, realizzate in serie e quasi interamente in laterizio, ad eccezioni di alcuni pilastri. In Figura 4.57, a destra, possiamo vedere una ricostruzione dell’aspetto del complesso alla fine del Trecento, dopo la conclusione dei lavori commissionati da Giovanni dell’Agnello nel 1356; l’edificio ormai doveva essere privo dei ballatoi lignei e caratterizzato dalla presenza di molte trifore e quadrifore.

Figura 4.57

A sinistra una pianta che indica i vari corpi di fabbrica individuati.

A destra una assonometria ricostruttiva dell’aspetto del palazzo dopo le ristrutturazioni del 1356. (Fonti: F. Redi, il Palazzo nel contesto urbano di Chinzica. Formazione e trasformazioni del complesso

architettonico nel Medioevo, in Palazzo Blu. Restauro d’arte e cultura, a cura di F. Redi, cit., p. 61 e p.78.

Nel 1369 Giovanni fu deposto dalla carica di Doge ed esiliato dalla città e le sue proprietà furono sequestrate, ma già nel 1428 i suoi discendenti dovevano essere tornati in possesso del palazzo, perché il Catasto fiorentino267 registra l’appartenenza dell’immobile a Gilberto, Giovanni e Galeazzo dell’Agnello. La famiglia rimase ricca e potente per tutto il XV secolo,

264 ASPi, Comune A, reg. 126, c. 11 v.

265 Di modeste abitazioni, perché definita parva domus. 266

Testo originale latino: pulcherrimum edificium seu palatium. 267 Cfr. A. Panajia – A. Melis, I Palazzi di Pisa, cit., pp. 248-249.

perché nel 1495 il re di Francia Carlo VIII, di passaggio a Pisa durante la sua discesa in Italia, fu ospitato da Bernardino dell’Agnello268 e qui incontrò i magistrati della risorta Repubblica, che cercarono di ottenere la protezione della corona francese contro Firenze.

Quando i Fiorentini riconquistarono definitivamente la città (1509) e requisirono i beni di quei Pisani che si erano dimostrati più ostili alla loro dominazione negli anni della guerra, il palazzo passò nelle mani dei Sancasciano, famiglia di notai e mercanti attestata a Pisa fin dal Duecento e forse imparentata con il casato dei Lanfranchi. Non è possibile stabilire se in questo periodo l’edificio subì modifiche o restauri, ma sappiamo che nel 1577 i Sancasciano cedettero l’immobile a Emilio del Testa in cambio di una cifra piuttosto ragguardevole, 1700 scudi d’oro. Il nuovo proprietario sottopose il palazzo ad una completa ristrutturazione e i lavori si conclusero nel 1593, come ricorda una lapide commemorativa ancora visibile sopra l’ingresso. La nuova facciata, in stile fiorentino e con finestre rettangolari decorate da cornici bugnate in pietra serena, celava perfettamente la fusione dei corpi di fabbrica precedenti ed era articolata su tre piani con solai piuttosto distanziati e un mezzanino nel sottotetto; era però asimmetrica, perché il portone era spostato a sinistra (verso Est).

Nel 1615 Emilio del Testa, che non aveva figli maschi, lasciò in eredità l’edificio alle sue quattro figlie269, che si erano sposate con altrettanti membri dell’aristocrazia pisana, appartenenti alle casate dei Cevoli, Gualandi, Lanfranchi e Rosselmini. La proprietà rimase divisa per oltre un secolo e mezzo, ma nel 1781 il barone Giuseppe, esponente del ramo siciliano della famiglia del Testa, ricomprò l’intero palazzo per la cifra di 3300 scudi. Ma l’immobile era molto costoso da mantenere e così Francesco Alessandro del Testa270, dopo avere inutilmente cercato di recuperare denaro affittando gli appartamenti, nel 1789 mise la dimora all’asta. Dopo essere stato abitato per alcuni anni dal nobile Filippo Bracci Cambini271, nel 1814 lo stabile fu nuovamente venduto e passò nelle mani della famiglia Archinto, di origine milanese. Il conte Luigi Archinto comprò anche un vicino appezzamento, sul quale sorgevano delle modeste e basse costruzioni semi-abbandonate e le demolì, creando un orto ed un giardino. Un ultimo cambio di proprietà avvenne nel 1861, quando il palazzo fu acquistato dal senatore Domenico Giuli, assieme ad una casa adiacente, sul lato dell’attuale Via Toselli; nel 1864 il Giuli chiese ed ottenne272 il permesso di ingrandire il fabbricato creando un ampliamento che rendesse la facciata simmetrica e portasse le finestre di ogni piano da quattro a cinque, e si impegnò ad abbellire anche l’altra casa. Così il palazzo assunse l’aspetto attuale, mentre la vicina abitazione fu di una facciata neogotica, secondo uno stile all’epoca molto apprezzato. Nella Figura 4.58 possiamo vedere l’edificio prima e dopo la ristrutturazione voluta dal Giuli.

268 R. Roncioni, Delle istorie Pisane, cit., pp. 820-825.

269 Cfr. M. Ciampa - M. Pasqualetti, - F. Onnis, Vicissitudini del Palazzo in età moderna, in Palazzo Blu. Restauro

d’arte e cultura, a cura di F. Redi, cit., pp. 96-97.

270 Figlio del barone Giuseppe. Ivi, pp. 100-101.

271 Che finì i suoi giorni cadendo da una impalcatura durante alcuni lavori. Cfr. A. Panajia – A. Melis, I Palazzi di

Pisa, cit., p. 250.

272

Con una istanza al Gonfaloniere della Comunità di Pisa e supportata dal parere tecnico dell’ingegnere Pietro Bellini.

Figura 4.58

A sinistra un dagherrotipo di E.Van Lint del 1853. A destra un dagherrotipo del 1865 di E. Van Lint (Fonte: archivio privato Scarpellini, Pisa).

Anche se le persistenze medievali sono in gran parte nascoste, gli approfonditi studi eseguiti durante i restauri e l’accurata catalogazione delle strutture e corpi di fabbrica permettono di classificare questo edificio al livello 2.

Figura 4.59

Il tratto di Lungarno Gambacorti compreso tra la Chiesa di Santa Cristina (Est) e il Via Mazzini (Ovest). 1) Palazzo Giuli / Palazzo Blu; 2) Edifici ai numeri civici 10-20; 3) Palazzo Alliata.

(Elaborazione grafica di M.Berretta. Fonte: <http://it.bing.com/maps/>).

58) Case ai numeri civici 10-20 di Lungarno Gambacorti (C. L. nn. 2070-2072, 2074, 2075,