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Dipinti, disegni, incisioni e stampe (XV-XVII secolo)

Le fonti: problemi e metod

ORDINANANZA DEL COMUNE DI PISA (1313)

3.3 Le fonti iconografiche

3.3.1 Dipinti, disegni, incisioni e stampe (XV-XVII secolo)

Per il Quattrocento le rappresentazioni di Pisa sono molto limitate dal punto di vista quantitativo e non sempre attendibili o fedeli alla realtà, escluse due o tre fortunate eccezioni. Per il Cinquecento ed ancor più per il Seicento, grazie alla diffusione della stampa che rese le vedute di città un soggetto molto comune e popolare, possediamo numerose acqueforti ed incisioni che ci forniscono preziosi dettagli57 e ci permettono di conoscere aspetto e posizione di molti edifici oggi scomparsi.

Di seguito riporto, in ordine cronologico, le più significative fonti iconografiche da me analizzate.

Pala di San Nicola

Custodita all’interno dell’omonima chiesa, risale ai primi decenni del XV secolo58, misura cm 165 per 80 e raffigura san Nicola da Tolentino che salva Pisa dalla peste. Il Santo59 si erge gigantesco su uno sfondo dorato e indossa la tunica scura degli agostiniani. Nella mano destra sorregge il libro della Regola ed un ramo di giglio fiorito, con la sinistra blocca le frecce scagliate dalla pestilenza, personificata in una piccola figura di demone volante. L’opera d’arte,

57 La maggior parte delle vedute e disegni relativi alla città di Pisa sono custoditi presso il Gabinetto Disegni e Stampe del Museo di San Matteo - Dipartimento di Storia dell'Arte.

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La data più probabile è il 1428.

59 San Nicola da Tolentino nacque nel 1245 a Sant’Angelo in Pontano, vicino a Fermo. Entrò molto giovane nell’Ordine degli Eremitani di Sant’Agostino e fu ordinato sacerdote nel 1269. Si distinse come predicatore e spese gran parte della sua vita a Tolentino, dove morì nel 1275. Il processo di canonizzazione iniziò nel 1325 sotto papa Giovanni XXII, ma si concluse solo nel 1446, sotto Eugenio IV. Tuttavia già nella seconda metà del Trecento Nicola era venerato come un santo e la sua tomba era luogo di pellegrinaggio.

di attribuzione incerta60, costituisce una testimonianza di particolare interesse per la sua precocità; sebbene la città sia rappresentata in modo schematico e non realistico. Dal dipinto è possibile ricavare alcune utili informazioni sui materiali costruttivi impiegati all'epoca e sull'aspetto degli edifici.

In primo luogo si nota la presenza di intonaci di colori vivaci (in particolare giallo ocra e rosso) e si intuisce che in età medievale era molto raro che si lasciassero in vista le strutture sottostanti (archi, pilastri, intelaiature lignee). Altro elemento caratteristico è l'uso di lastre di ardesia come rivestimento dei tetti; a Pisa le tegole in laterizio divennero il tipo di copertura più diffuso soltanto in seguito. Nel dipinto, oltre al complesso di Piazza del Duomo, sono ben riconoscibili la chiesa della Spina sul Lungarno di Kinzica ed il mastio della Cittadella, con il ponte fortificato ornato da merli.

Figura 3.1.

Dettaglio della Pala di San Nicola, custodita nell’omonima chiesa di Pisa.

60 L’ipotesi più accreditata è quella che attribuisce la paternità della tavola a Borghese di Piero, pittore nato a Pisa nel 1397 e morto a Lucca intorno al 1460, dopo avere acquisito la cittadinanza lucchese. In effetti le analogie stilistiche con altre opere del pittore sono notevoli. In particolare con il ritratto di San Vincenzo Ferreri in gloria, risalente al 1455 circa ed attualmente custodito presso il Museo Nazionale di Villa Guinigi a Lucca.

Tarsia lignea raffigurante la Chiesa di San Matteo e il Ponte alla fortezza

Si tratta di una tarsia lignea eseguita da Guido di Filippo da Seravallino61 per il coro della sagrestia vecchia del Duomo di Pisa nel 1489. L’opera è suddivisa in tre riquadri affiancati, che simulano un loggiato o una grande trifora, e mostra l’area del Ponte di Spina, alla periferia orientale della città quattrocentesca. Nel primo pannello, a sinistra, è raffigurato un arco a tutto sesto che lascia intravedere il tratto del Lungarno su cui sorge la chiesa di San Matteo. Il campanile dell’edificio è giunto sostanzialmente inalterato fino ai nostri giorni62, ma la Chiesa ha subito profonde trasformazioni. La facciata romanica parzialmente visibile nella tarsia (a salienti e decorata da ordini sovrapposti di pietre bianche e nere) è stata sostituita all’inizio del XVII secolo da un sobrio esempio di barocco63. Nel riquadro centrale è rappresentato un arco ogivale dal quale si scorgono le prime tre campate del ponte, sormontato da merli, ed alcune piccole imbarcazioni che navigano sull’Arno. L’ultimo pannello, quello più a destra, ci mostra l’ultima arcata del ponte e la Fortezza Nuova fiorentina. Probabilmente quella raffigurata nella tarsia è una versione idealizzata o abbellita dell’edificio, ma è comunque interessante analizzare tutti gli elementi che compongono il fortilizio. Si vedono un grande mastio quadrangolare, una porta merlata, un ponte levatoio, e sulla sommità del complesso è presente un alto torrione a pianta circolare con lanterna.

Figura 3.2.

La tarsia lignea di Guido di Filippo da Seravallino. Pisa, Museo dell’Opera del Duomo.

61 E. Tolaini, I ponti di Pisa, Pisa, 2005, pp. 44-45.

62 Il campanile fu fondato nel XIV secolo; in origine era più alto, ma contestualmente alla costruzione della Fortezza Nuova sulla sponda opposta dell’Arno i Fiorentini abbassarono la struttura campanaria per evitare che potesse essere utilizzata per il lancio di dardi e proiettili contro la fortezza in caso di rivolta. Cfr. M. Alessio, Il

complesso edilizio del San Matteo, in Il convento di San Matteo in Pisa. Storia e restauri, a cura di O. Niglio e M.

Alessio, Pisa 2008, p. 81. 63

San Matteo fu gravemente danneggiata da un incendio nel 1607. Cfr. S. Renzoni, F. Paliaga, Chiese di Pisa.

Immagine della cittadella cinquecentesca

Si tratta di un acquerello eseguito con inchiostro bruno su un foglio di carta giallina (cm 21,7 per 28,4)64. La storia del ritrovamento di questo disegno è quantomeno singolare e merita alcuni cenni. Nel 1977, nel catalogo di una mostra organizzata a Perugia65, fu pubblicata una veduta di un anonimo toscano, databile al XVI secolo. Il foglio era stato riutilizzato in epoca successiva e sul verso erano stati eseguiti altri schizzi: nella fattispecie due studi di panneggi ed una figura femminile seduta, firmati da un ignoto artista o proprietario, tale Argimirro Coppioli66. Fortunatamente l’acquerello sul recto non era stato cancellato o danneggiato e così, dopo quattro secoli di oblio, fu possibile una corretta identificazione della veduta con l’area della Cittadella di Pisa. Oltre alla fortezza si notano una grande tettoia per il rimessaggio e riparazione delle imbarcazioni e, sulla destra, il campanile della chiesa di San Vito.

Figura 3.3.

La veduta anonima della Cittadella rinvenuta a Perugia. XVI secolo.

64 Cfr. Livorno e Pisa: due città e un territorio nella politica dei Medici, a cura di AA.VV., Pisa, 1980, pp. 193-4. 65 Cento disegni dell’Accademia di Belle Arti di Perugia, Roma 1977, a cura di M.V. Cresti, F.F. Mancini , G. Sapori.

Ex voto del 1542

Si tratta di un piccolo dipinto67 della prima metà del XVI secolo, realizzato come ex-voto per una grazia ricevuta. Si distinguono chiaramente un fulmine che si abbatte su un edificio ed alcune persone riunite all’interno di una stanza, fra cui una distesa sul pavimento. Nella parte destra, sospesi nel cielo, sono raffigurati una Madonna ed un Gesù bambino, circondati da un alone di luce. Con ogni probabilità il committente del dipinto intendeva ringraziare la Provvidenza perché un suo familiare, pur colpito da un fulmine, era sopravvissuto. Il quadro è una testimonianza molto preziosa perché raffigura con notevole precisione il complesso di edifici che sorgeva nei pressi della cappella di San Martino alla Pietra, oggi inglobato all’interno del Royal Victoria Hotel. In secondo piano, assieme ad altri fabbricati di minori dimensioni, è visibile l’alta torre dei Vinaioli, con la cella campanaria e l’orologio meccanico testimoniato già dal Quattrocento. Più avanti, da sinistra verso destra, sono rappresentati un basso edificio con botteghe68, due strette case torri e un più sontuoso palazzo arricchito da bifore69 e da un portone monumentale, sul quale campeggia un busto.

Figura 3.4.

L’ex-voto cinquecentesco raffigurante la Torre dei Vinaioli e gli edifici circostanti, originariamente custodito nella chiesa di Madonna dell’Acqua ed oggi esposto a Palazzo Vitelli, sede degli uffici amministrativi dell’Università di Pisa.

67 Il quadro fu ritrovato nel 1941 all’interno della chiesa di Madonna dell’Acqua, piccolo sobborgo a Nord di Pisa. Il primo a descrivere l’opera fu C. Lombardo, nel suo articolo Le torri del campano, pubblicato nel 1942 sulla rivista il Campano, periodico dell’Università di Pisa.

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Potrebbe trattarsi proprio della cappella di San Martino, che nel Cinquecento subì alcune trasformazioni. 69 Molto simili a quelle di Palazzo Gambacorti.

Affreschi del Vasari nel Salone dei Cinquecento a Firenze (1555-1572)

Il Salone dei Cinquecento si trova all’interno di Palazzo Vecchio di Firenze ed è l’ambiente più grande dell’edificio70. Fu costruito nel 1494 da Simone del Pollaiolo, detto “il Cronaca” e Francesco di Domenico. Secondo le intenzioni di Girolamo Savonarola, che all’epoca de facto reggeva la città71, doveva ospitare il Consiglio dei Cinquecento, assemblea che ricalcava la struttura del Consiglio Maggiore di Venezia. Tale istituzione sopravvisse al suo ideatore72 ed il Gonfaloniere Pier Soderini nel 1503 commissionò ai più grandi artisti fiorentini dell’epoca, Michelangelo Buonarroti e Leonardo da Vinci, due grandi affreschi che celebrassero le vittorie della Repubblica di Firenze. Leonardo sperimentò senza successo la tecnica dell’encausto e la sua Battaglia di Anghiari, peraltro non completata, si deteriorò in breve tempo; Michelangelo realizzò i cartoni preparatori della Battaglia di Cascina, ma nel 1508 fu chiamato a Roma da papa Giulio II e non iniziò neppure l’opera. Nel 1512 i Medici tornarono a Firenze e nel 1537 il duca (e poi granduca) Cosimo I scelse Palazzo Vecchio come sede della sua corte e del governo. L’edificio subì profonde trasformazioni ed il Salone dei Cinquecento, perduta la funzione di luogo di riunione dell’assemblea dei cittadini, divenne la sala di rappresentanza del granduca. La ristrutturazione dell’ambiente fu affidata all’architetto e pittore Giorgio Vasari73, che rialzò il soffitto di circa sette metri e coprì con una struttura a cassettoni le capriate che sorreggevano il tetto. Il nuovo tema decorativo della sala fu interamente ispirato alle gesta della famiglia Medici e volto all’esaltazione di Cosimo I e dei suoi illustri antenati. Vasari dipinse sei grandi scene di battaglia, che illustravano i successi di Firenze sulle storiche rivali Pisa e Siena.

Ai fini della ricostruzione dei Lungarni di Pisa l’affresco più significativo è quello noto come Pisa attaccata dalle truppe fiorentine. Il punto di vista scelto è l’angolo di Sud-Ovest delle mura, presso il Bastione di Stampace, in cui i Fiorentini aprirono una breccia. Sullo sfondo l’ampia curva del Lungarno è raffigurata in tutta la sua estensione e gli edifici sono disegnati in modo piuttosto particolareggiato, anche se ci sono alcuni errori e semplificazioni. Ad esempio il Ponte Vecchio è disegnato con quattro archi invece dei tre documentati da molte altre fonti iconografiche, e non tutti i campanili e le facciate delle chiese sono riprodotti fedelmente. Ma queste inesattezze non ci devono sorprendere; lo scopo dell’opera d’arte era quello di dare una scenografica e spettacolare visione d’insieme, non di eseguire un accurato rilievo della città.

70 Misura 54 per 23 metri ed è alto 18 metri.

71 Piero dei Medici, detto il Fatuo o lo Sfortunato, fu il primogenito di Lorenzo il Magnifico ed il fratello del cardinale Giovanni dei Medici, successivamente eletto pontefice con il nome di Leone X. Nel 1494, quando il re di Francia Carlo VIII discese in Italia, Piero non oppose alcuna resistenza e lasciò che le armate d’oltralpe transitassero per la Toscana. Girolamo Savonarola, austero frate domenicano, si pose a capo del partito antimediceo e guidò la rivolta che obbligò Piero a lasciare Firenze. In città fu restaurata la Repubblica, governata da un Gonfaloniere di giustizia e otto priori.

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Il Savonarola, scomunicato da papa Alessandro VI Borgia, fu impiccato e poi bruciato sul rogo nel 1498. 73 Arezzo 1511 – Firenze 1574.

Figura 3.5.

Giorgio Vasari, Pisa attaccata dalle truppe fiorentine. Firenze, Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento.

Veduta dell’Arno dalla Cittadella

È un disegno dell’artista fiorentino Giovanni Battista Naldini74, realizzato a penna e inchiostro bruno su carta giallina e databile con buona approssimazione al 1550 – 1560. Lo si può dedurre dalla presenza dei primi due capannoni (o “navate”) dall’Arsenale Mediceo, che furono costruiti all’indomani dell’acquisto dei terreni del monastero di San Vito, avvenuto nel 1548. Sulla riva sinistra del fiume sono visibili una tettoia sostenuta da capriate lignee, molto simile a quella presente nella veduta anonima rinvenuta a Perugia. La chiesa di San Vito ha ancora il caratteristico campanile a vela e nei dintorni è sparso materiale per la costruzione di imbarcazioni (assi di legno, fasciame). Nella parte destra del disegno si intravede la riva meridionale dell’Arno, con la Chiesa della Spina in posizione molto sporgente e quasi lambita dalle acque. Sullo sfondo le case della città allineate lungo l’ansa del fiume, anche se ritratte in modo stilizzato, hanno un aspetto ancora pienamente medievale: si notano molte torri e tetti di altezze diverse.

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Nato nel 1537 e vissuto fino al 1591. Fu un esponente del tardo manierismo e apprendista di Jacopo Pontormo. Nel 1562 iniziò una collaborazione con Giorgio Vasari.

Figura 3.6.

Giovanni Battista Naldini, Veduta dell’Arno dalla Cittadella.

Albero Genealogico della famiglia Gambacorti

Questa acquaforte, di autore ignoto, fu pubblicata nel 1580 all’interno dell’opera di Scipione Ammirato75, Delle Famiglie Nobili Napoletane. La famiglia Gambacorta (o Gambacorti) aveva dominato la vita politica di Pisa nella seconda metà del Trecento76 ma, dopo la conquista fiorentina del 1406, era stata costretta a emigrare, al pari di molte altre illustri casate cittadine77. Gherardo Gambacorta, nipote di Pietro, intraprese una brillante carriera militare al servizio di Alfonso I d’Aragona, e dal 1454 visse stabilmente a Napoli. I suoi discendenti divennero signori di Campochiaro e fra il XVI e XVII secolo ottennero altri feudi e possedimenti tra Campania e Abruzzo78. Nonostante risiedessero nella città partenopea da più di un secolo, alla fine del Cinquecento i Gambacorta erano ancora legati alle proprie origini pisane e fieri dei propri antenati toscani; l’albero genealogico ce lo testimonia molto efficacemente. La pianta sorge da un immaginario isolotto al centro del fiume Arno e mostra nella parte inferiore lo stemma della casata, un leone rampante sormontato dalla croce di Pisa. Più in alto sono raffigurati i diversi rami della famiglia, con i nomi dei personaggi più illustri, fra cui spicca Pietro, definito “s.(signore) di Pisa”. Ma la parte più interessante, almeno per gli studiosi di urbanistica, è lo sfondo, che rappresenta una dettagliata veduta della città. La scena è dominata dal Ponte Vecchio79, con i suoi tre archi e le botteghe sui piloni, e dall’antico palazzo della famiglia Gambacorti, con una facciata merlata e ornata da bifore. Sulla sponda opposta sono ben visibili

75 Storico e genealogista cinquecentesco originario di Lecce e trasferitosi a Firenze. 76 Tra il 1369 e il 1392 Pietro Gambacorti fu de facto signore di Pisa.

77 Ad esempio gli Alliata o Agliata, il cui ramo principale si stabilì a Palermo. 78

Fino a ricevere il titolo di Duchi di Limatola nel 1628, per concessione di Filippo III d’Asburgo-Spagna. 79 La ricostruzione del Ponte Vecchio in pietra e laterizio fu voluta e finanziata da Pietro.

le botteghe della Via dei Setaioli e alcuni degli scali del Lungarno80. Anche gli altri edifici sono disegnati in modo realistico, sebbene un po’più stilizzato, e tutto lascia pensare che l’anonimo artista abbia realizzato l’acquaforte dopo avere disegnato dal vivo la scena. Basandosi su questa fonte81 è interessante notare che nel 1580 il volto di Pisa era ancora in gran parte medievale e la maggior parte delle costruzioni aveva conservato l’aspetto di case torri.

Figura 3.7.

L’albero genealogico della famiglia Gambacorti, acquaforte di Scipione Ammirato pubblicata in Delle Famiglie

Nobili Napoletane, Firenze, 1580.

“Combattimento sul ponte di Pisa”, altrimenti menzionato come “Festa sull’Arno a Pisa”

È un’acquaforte dell’incisore fiorentino Anton Francesco Lucini pubblicata nel 163482 e ricavata da un disegno di Stefano della Bella. Raffigura il Gioco del Ponte, sfida che vedeva le due metà della città (Tramontana e Mezzogiorno, rispettivamente a Nord e a Sud dell’Arno) impegnate in una simulazione di battaglia avente per posta la conquista del ponte più centrale di Pisa83. È quasi sicuramente l’ultima immagine in cui appare il Ponte Vecchio medievale, visto che, già attestato come pericolante nel 1632, crollò nel 1637. Alcuni elementi, come la presenza

80 Tanto questa veduta quanto l’ex voto del 1542 testimoniano il fatto che in età rinascimentale –e presumibilmente tardo medievale- i tratti di Lungarno a Nord e a Sud del Ponte Vecchio erano già caratterizzati da spallette piuttosto alte (almeno cinque metri) e in grado di proteggere i fabbricati dalle piene. Solo pochi edifici, come la Chiesa della Spina, si affacciavano su piagge o “ripe” vicine al greto del fiume.

81 Sempre che il disegno preparatorio non risalga ad alcuni decenni prima.

82 L. Nuti, I Lungarni di Pisa, Pisa, 1981, pp. 63-65 e E. Tolaini, I Ponti di Pisa, cit., pp. 15-18.

83 Le origini di questa contesa sono legate agli addestramenti militari che i cittadini dovevano compiere in età repubblicana. Grazie ad un poemetto anonimo in ottave, di inizio Quattrocento, sappiamo che la battaglia simulata aveva luogo nella Piazza degli Anziani e la sfida si chiamava Mazzascudo, perché i combattenti usavano mazze e scudi di legno. Le due parti erano chiamate “del Gallo” e “della Gazza” ed usavano corazze ed elmi di colori diversi, per distinguersi nella mischia. Dopo una lunga interruzione, la tradizione fu ripresa per volontà del Granduca Cosimo I ed in parte modificata con la nascita del Gioco del Ponte, nel 1568. Cfr. F. Ferrari, Ricerche

della Torre del Bargello a Sud del ponte fanno pensare che il disegno sia stato realizzato prima del 1603, anno in cui l’area fu destinata alla costruzione delle Logge di Banchi.

Palazzo Gambacorti conserva la loggia all’ultimo piano e un aspetto molto simile a quello che presentava nella acquaforte di Scipione Ammirato.

Figura 3.8.

Anton Francesco Lucini, Combattimento sul ponte di Pisa.

“Festeggiamenti in Piazza S. Niccola”

È una veduta del 1639 realizzata dall’incisore Ercole Bazzicaluva, che mostra la piazza retrostante la chiesa di San Nicola84in occasione di una importante festività, forse organizzata dai Granduchi di Toscana per ricevere qualche importante ospite straniero. La maggior parte della scena è occupata da una parata di carri allegorici e figure a piedi e a cavallo. Sullo sfondo si vedono la grande mole del Palazzo Granducale, edificato tra il 1584 e il 1588 da Bernardo Buontalenti85 e, con una evidente forzatura prospettica, Via Santa Maria e la Piazza del Duomo.

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L’attuale Piazza Carrara. Questa platea era uno spazio aperto già nell’XI secolo, quando probabilmente veniva utilizzata per attività legate al rimessaggio e alla manutenzione di imbarcazioni. Cfr. L. Borghi, Interrogativi

sull’ubicazione dell’antico, cit., pp. 125-126. Comunque doveva avere una superficie più piccola di quella

moderna perché una parte della platea era occupata da una piccola chiesa, chiamata San Donato e oggi scomparsa. 85

Precedentemente in questa area sorgevano alcune domus e case torri medievali appartenenti a importanti famiglie pisane, in particolare i Gaetani. Il complesso fu la residenza dei Medici e dei Lorena quando si trovavano a Pisa, soprattutto nei mesi invernali. Il nome di Palazzo Reale è molto più recente e fu usato a partire dal 1859, quando la Toscana entrò a far parte del regno dei Savoia. Oggi l’edificio ospita il Museo Nazionale e gli uffici della Soprintendenza ai monumenti e gallerie di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara. Cfr. Livorno e Pisa: due città

Dal punto di vista urbanistico la parte più interessante della veduta è la metà sinistra, in cui sono visibili il fiume Arno e il Ponte a Mare con i suoi cinque archi. Su una delle due sponde del fiume, a Nord del ponte, si riconosce il complesso della Cittadella, mentre sulla riva opposta è raffigurata la chiesa di San Paolo a Ripa d’Arno, con la caratteristica cupola e le vicine strutture del Monastero delle Benedettine.

Figura 3.9.

Ercole Bazzicaluva, Festeggiamenti in Piazza S.Niccola.