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Le fonti: problemi e metod

LE FONTI: PROBLEMI E METOD

3.1 I limiti della documentazione pervenutaci

L’estrema eterogeneità e lacunosità delle fonti è uno degli elementi che rendono la ricerca stimolante ma complessa. Nell’ambito della storia dell’urbanistica un frammento di laterizio o il rinvenimento di un arco all’interno di un fabbricato talora può essere importante quasi quanto un intero archivio cartaceo. Altro elemento che accresce la difficoltà di interpretazione è la soggettività di molte delle testimonianze. Annalisti e cronisti spesso tendevano a fornire narrazioni parziali o “politiche” degli avvenimenti, animati da passioni e partigianerie, esattamente come accade oggi. Anche la descrizione di una città poteva essere occasione di giudizi morali, che enfatizzassero pregi o difetti degli abitanti e delle istituzioni di quella comunità. E persino le immagini apparentemente più realistiche e dettagliate possono essere il frutto di idealizzazioni, abbellimenti, visioni utopistiche. Per tutte queste ragioni la prudenza deve sempre accompagnare il lavoro di ricerca e analisi.

3.2 Le fonti scritte

Le fonti qualitativamente più preziose sono quelle più vicine all’epoca studiata e quelle dirette, ovvero non filtrate o manipolate da interventi successivi. Nel caso della Pisa medievale, anche se non esiste un rilievo dei luoghi pubblici urbani (mura e piazze) paragonabile al Liber Terminorum1 bolognese, possediamo un buon numero di documenti scritti, che adeguatamente interpretati ci consentono di intuire quale fossero l’aspetto della città e l’organizzazione degli spazi pubblici e privati, almeno nelle linee generali.

3.2.1 La documentazione di età comunale: diplomi, lodi, Statuti Pisani.

DIPLOMA DELL’IMPERATORE ENRICO IV (1081)2

Pochi anni prima della formale nascita e istituzionalizzazione degli organismi comunali a Pisa, l’imperatore Enrico IV riconobbe alla città una straordinaria gamma di privilegi. Ad esempio

1 Il Catasto Fiorentino del 1427 è in realtà un estimo, un tipo di indagine completamente diverso, sebbene molto approfondito.

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stabilì che i cittadini e mercanti di Pisa godessero di libera circolazione ed esenzioni fiscali, sia in patria, sia nelle città imperiali di Roma e Pavia; sollevò il contado dal pagamento del fodro3 e dell’albergaria4; si impegnò a rispettare il diritto consuetudinario dei Pisani sul mare. Concessione ancora più grande fu quella che subordinò l’invio di un marchese in Tuscia all’approvazione “di dodici uomini [pisani], eletti nel consiglio tenuto al suono della campana”. La spiegazione di questa insolita magnanimità è da ricercarsi nelle vicende legate alla lotta per le investiture. Enrico IV, allora impegnato nello scontro con papa Gregorio VII e desideroso di ridurre l’influenza di Matilde di Canossa, cercava il consenso e l’appoggio delle città toscane: non a caso negli stessi anni concesse a Lucca altrettanti privilegi.

Dal punto di vista urbanistico la parte più interessante si trova verso la fine del documento: è quella in cui si dichiara “libero per utilità comune” il tratto di terreno che corre lungo le rive dell’Arno5. Questa concessione deve essere interpretata più come il riconoscimento di uno stato di fatto in un’area già abbondantemente edificata e urbanizzata (i Pisani utilizzavano da tempo le sponde del fiume) che un permesso di costruire in un’area sino ad allora vuota.

Altra concessione alla legislazione locale è la conferma dei limiti vigenti per l’altezza delle case, che vietavano la costruzione di edifici privati più alti di 36 braccia.

«Nel nome della santa e individuale Trinità. Enrico per divina clemenza re.

Sia noto a tutti i nostri e di Cristo fedeli, tanto presenti che futuri, che abbiamo concesso, su consiglio dei nostri principi, ai nostri fedeli cittadini di Pisa quanto essi richiedevano.

Abbiamo dunque acconsentito e stabiliamo con fermezza che nessun uomo senza il loro comune consenso metta le mani su case, le spartisca o sequestri all'interno della città o nei borghi se [i cittadini] avranno possessi fuori della città; [stabiliamo] che non daremo mai ordine di distruggere le mura della stessa città, né di assediarle, né di incendiare la città. Non applicheremo il banno6 se non nel modo previsto dalla legge, né faremo arrestare nessuno della città o dei borghi se non nel caso in cui abbia ostacolato l'applicazione della legge e non possegga allodi7 in città o fuori di essa. Non bloccheremo la partenza delle persone pronte a salpare per mare se non a ragion veduta in seguito a denuncia relativa a ciò, e se accuseremo qualcuna di queste persone le permetteremo di difendersi col giuramento per poter evitare la giustizia. Non procederemo all'arresto della moglie di chi è in viaggio per mare.

Non revocheremo il possesso tenuto in beneficio per nostra concessione se non nei casi previsti dalla legge. Le consuetudini del mare che hanno i Pisani saranno da noi osservate come è loro abitudine osservarle; colui contro il quale sarà sporta denuncia per motivi di possesso fondiario non sarà obbligato a difendersi col duello giudiziario se avrà presentato un garante o se avrà giurato sulla legittimità dei suoi possessi.

3

Termine derivante dalla parola longobarda fodr, foraggio Nel Medioevo indicava il diritto del sovrano e del suo seguito di ricevere dagli abitanti di un territorio biada e foraggio per i propri cavalli. Per maggiori dettagli sull’argomento si veda K.R. Bruhl, Fodrum, gistum, servitium regis, Koln-Graz, 1968.

4 Originariamente era il diritto del sovrano e dei signori (laici ed ecclesiastici) di essere accolti, ospitati e sfamati a spese degli abitanti di un territorio. A partire dall’XI-XII secolo l’albergaria venne monetizzata, ovvero trasformata in un tributo in moneta.

5 Si veda anche G. Rossetti, Pisa e l’Impero tra XI e XII secolo. Per una nuova edizione del diploma di Enrico IV ai

Pisani, in Nobiltà e chiese nel Medioevo e altri saggi. Scritti in onore di G.G. Tellenbach, a cura di Cinzio

Violante, Pisa, 1993, pp. 153-182.

6 Nel diritto feudale il banno era il potere che un sovrano o un signore esercitava sui propri sudditi. Includeva il diritto di imporre tasse e amministrare la giustizia, ma anche il dovere di difendere militarmente il territorio. 7 Il termine allodio, dal germanico allod e in versione latinizzata allodium, nel Medioevo indicava beni e soprattutto terreni posseduti in piena proprietà. Si differenziava dal feudo o beneficium, che invece venivano concessi come ricompensa per un giuramento di fedeltà e/o la prestazione di un servizio.

Non renderemo giustizia agli uomini di altre città, castelli, villaggi o signorie contro i Pisani, se prima gli abitanti dei soprascritti luoghi o i loro signori che avessero commesso ingiustizia non rendono giustizia ai Pisani stessi. Non riscuoteremo il fodro dai castelli del comitato di Pisa se non nel modo in uso al tempo del marchese Ugo, né riscuoteremo il fodro dagli uomini che abitano nei villaggi del loro comitato. Non riscuoteremo altre ulteriori imposizioni se non quelle che risulteranno essere state in vigore al tempo del detto Ugo secondo quanto avranno giurato tre uomini scelti fra i migliori per ogni villaggio, obbligati a giurare nel caso in cui non lo volessero fare.

Non permetteremo che nessun gastaldo o altro nostro inviato sia imposto ai Pisani nella presidenza del placito in città o nel comitato. Non impediremo che le vergini e le vedove [prendano] un marito da un altro comitato, nel comitato di Pisa non riscuoteremo contro voglia il prezzo [del matrimonio], né contro voglia faremo maritare nessuna […]. Non faremo albergaria sulla proprietà di qualcuno senza la volontà di colui del quale è la proprietà.

Nella suddetta città o nei suoi dintorni fino a mezzo miglio di distanza non prenderemo né faremo lavorare la terre che erano pascoli o paludi situate davanti ai beni dei Pisani o delle chiese e trasformate in pascoli comuni, o comunque utilizzate come pascoli, e non le contenderemo a loro per farle coltivare, fino a quei termini che saranno stabiliti dagli uomini da loro nominati per questo ufficio, che affermeranno con giuramento di giudicare e stimare in buona fede quali terre furono pascoli e paludi, e quando avranno dimostrato che erano pascoli, tali terre dovranno rimanere nella stessa coltura.

A Roma e da Roma a Pavia [i Pisani] non pagheranno nessuna tassa nei mercati e nei luoghi dove sono soliti andare, dove possono dimostrare di essere già andati a commerciare; non verranno impediti quei mercanti che volessero recarsi a Pisa.

Non invieremo nessun marchese in Tuscia senza l'approvazione di dodici uomini [pisani], eletti nel consiglio tenuto al suono della campana.

Non permetteremo che vengano predati [i Pisani] che vanno e vengono lungo l'Arno dalla foce fino a Ripalta, se non per giusta causa. L'allodio che è in riva all'Arno su entrambe le sponde, dal mare fino a Orticaria, non permettiamo venga occupato oltre alle mura antiche della città e lo rendiamo libero per utilità comune dalle mura antiche fino all'Arno. Autorizziamo il divieto [stabilito dai Pisani] che nessuna casa nei termini predetti sorga ad altezza superiore alle 36 braccia.

E affinché tutto quanto rimanga valido e incontrovertibile, abbiamo ordinato di scrivere il presente diploma, convalidato di mano nostra dal nostro sigillo. E aggiungiamo anche che se qualche nave facesse naufragio da Gaeta a Luni nessuno osi depredarla né impossessarsi dei beni dei Pisani. Se qualcuno violerà il nostro ordine, sappia che dovrà pagare 200 lire di ottimo oro, metà alla nostra camera e metà a colui al quale avrà recato offesa.

Sigillo di Enrico IV re invitto.

Burcardo cancelliere al posto di Segeuvino arcicancelliere verificò.

L'anno dell'incarnazione del Signore 1081, quarta indizione, anno ventisettesimo dell'ordinazione di re Enrico IV, ventinovesimo di regno. Fatto a Pisa, felicemente nel nome di Cristo, amen».

[trad. di R. Bordone8]

8

Cfr. R. Bordone, La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV), Torino, 1984, consultabile presso il link: <http://www.rm.unina.it/didattica/fonti/bordone/sez3/cap22.htm>