EDILIZIA PUBBLICA E PRIVATA SUI LUNGARNI TARDOMEDIEVALI.
4.2 Un tentativo di ricostruzione della rete viaria quattrocentesca
Per quanto la maggior parte degli isolati attuali corrisponda a quelli esistenti nel XIV-XV secolo e i tracciati delle strade più importanti non abbiano subito variazioni, si devono comunque registrare alcune significative differenze tra l’odierna rete viaria e quella tardo-medievale. Nei paragrafi di questo capitolo analizzeremo i singoli casi in dettaglio, ma è già possibile indicare almeno due diversi fenomeni che hanno provocato mutamenti nella mappa della città.
Il primo è l’abbattimento di costruzioni o interi isolati per creare spazio a nuove strutture; si possono ricordare, in ordine cronologico, la Fortezza Nuova Fiorentina32, che a partire dal 1430 circa sostituì il rione di Sant’Andrea in Kinzica; il Palazzo Ducale in Piazza San Nicola, edificato a partire dal 1584 sul sito delle case dei Gaetani e della Chiesa di San Donato; e infine le Logge di Banchi, costruite nel 1603 al posto della vecchia Torre del Bargello. A questa categoria appartengono anche le demolizioni legate alla costruzione o ristrutturazione di ponti:
mi riferisco in particolare al progressivo smantellamento (XVII-XVIII secolo) della Via dei Setaioli conseguente allo spostamento del Ponte di Mezzo, ma anche alla più recente creazione di due piazze a Nord e a Sud del Ponte Solferino, che nel 1870 provocò la scomparsa dell’antica Chiesa di San Casciano e di un intero isolato del quartiere di Santa Maria.
Il secondo fenomeno, meno macroscopico, ma più capillare, è la progressiva scomparsa di molti vicoli e chiassi che nel Medioevo sfociavano sul Lungarno. In questo caso la responsabilità è da attribuirsi soprattutto a soggetti privati, che nell’età moderna accorparono più edifici preesistenti per creare palazzi ed in molti casi chiusero i passaggi che separavano i diversi corpi di fabbrica. A titolo di esempio si possono citare il Vicolo di San Giorgio, inglobato nella prima metà dell’Ottocento all’interno di Palazzo Prini Aulla-Mazzarosa oppure il Vicolo Ricucchi, che per molti secoli divise due case-torri (collegate da un cavalcavia) e che nel Novecento fu soppresso, assorbito da Palazzo Ricucchi-Tobler. Non è una coincidenza che questi casi siano abbastanza recenti: in linea di massima è più facile conoscere la posizione dei vicoli scomparsi negli ultimi due secoli (perché possediamo fonti iconografiche o cartografiche) piuttosto che di quelli chiusi da più tempo, sui quali soltanto l’archeologia o la fortuita citazione all’interno di qualche fonte scritta (Statuti, Cronache) può fornire qualche elemento di conoscenza.
A titolo conclusivo è da segnalare che le modifiche al micro-tessuto viario hanno interessato la riva settentrionale dell’Arno in misura maggiore di quella meridionale; nell’area di Kinzica le piccole strade che sbucano sui Lungarni sono ancora molto numerose, come ha correttamente osservato la studiosa di storia dell’urbanistica Lucia Nuti33.
4.2.1 Base cartografica: la Pianta Scorzi e il Catasto Leopoldino
Come già accennato in precedenza, una delle basi cartografiche della mia ricostruzione è la cosiddetta Pianta Scorzi, risalente alla fine del XVII secolo o ai primissimi anni del XVIII. La leggibilità dell’originale è ancora abbastanza buona, ma la consultazione richiederebbe una grandissima prudenza, data l’antichità e la deperibilità del materiale; per questo motivo mi sono servito di riproduzioni fotografiche, che però hanno lo svantaggio di avere dimensioni piuttosto piccole, e di una carta ricavata dall’originale (ricalcata) agli inizi del Novecento per iniziativa dall’Ufficio Tecnico del Comune di Pisa. Nel 1967, in occasione della Mostra Storica della Repubblica Marinara di Pisa, la mappa è stata pubblicata a stampa all’interno della «Rassegna periodica di informazioni del Comune di Pisa»34 e grazie alle grandi dimensioni ( cm 50 x 50 ) e alla chiarezza e pulizia delle linee, ha rappresentato un riferimento molto utile per il mio lavoro. Ma per avere il sostegno di una cartografia fondata su criteri maggiormente scientifici a questa prima fonte ho affiancato le mappe della città di Pisa disegnate in occasione della grande operazione di censimento degli immobili e delle proprietà nota come Catasto Leopoldino35.
33 L. Nuti, i Lungarni di Pisa, cit., pp. 58-59. 34 Anno III, Numero VII, Agosto-Settembre 1967. 35
Tutte le mappe del Catasto Leopoldino e di altri catasti storici sono consultabili presso il sito del progetto CASTORE – Catasti Storici Regionali, presso il link <web.rete.toscana.t/castoreapp/>
Nel Granducato di Toscana il primo tentativo di introdurre un moderno catasto geometrico- particellare36 risale agli anni Settanta del XVIII secolo, quando il Granduca Pietro Leopoldo di Asburgo-Lorena37, nell’ambito di una vasta riforma amministrativa tesa a rendere più equa la distribuzione dei tributi, incaricò una commissione di stabilire i criteri con cui eseguire gli estimi e calcolare il reale valore dei terreni e dei beni immobili. Il principale promotore della riforma fu Angelo Maria Tavanti38, direttore della segreteria delle finanze del Granducato, che tra il 1776 e il 1782 si impegnò per tradurre dalla teoria alla pratica il progetto di estimo generale. A causa degli alti costi delle operazioni e dell’improvvisa scomparsa del Tavanti, soltanto un numero limitato di comuni della Toscana39 fu interessato da questo precoce catasto sperimentale e nel 1785 si abbandonò l’idea, apertamente avversata dal nuovo ministro delle finanze Francesco Maria Gianni40. In questa scelta probabilmente pesò anche l’affermazione di nuove teorie economiche: il Tavanti era seguace della dottrina di Quesnay41, che considerava la terra e l’agricoltura alla base della prosperità, mentre il più giovane Gianni era già influenzato dall’opera di Adam Smith, padre del liberismo, che criticava apertamente i fisiocratici e individuava nel lavoro e nella capacità produttiva i veri fondamenti della ricchezza.
Soltanto con la dominazione napoleonica la realizzazione di un catasto generale tornò di attualità; nel 1810 in Toscana, come in tutti gli altri dipartimenti dell’Impero, furono iniziati i lavori di misurazione del cadastre particellaire. Anche se Napoleone non riuscì a portare a termine l’impresa, nell’età della Restaurazione il nuovo Granduca Ferdinando III decise di proseguire le operazioni di rilievo geodetico, affidandosi ad alcuni esperti42. Tra il 1816 e il 1820 il matematico e astronomo Giovanni Inghirami43, utilizzando i più moderni strumenti disponibili all’epoca44, eseguì una triangolazione generale della Toscana e pubblicò i propri risultati nel saggio Di una triangolazione trigonometrica rimarchevole eseguita nel Granducato di Toscana45; le campagne di rilievo proseguirono in Maremma e negli angoli più remoti del Granducato per tutto il decennio, permettendo di correggere in parte i risultati precedenti, e nel 1830 l’Inghirami produsse la Carta Geometrica del Granducato di Toscana in scala 1:200.000,
36 Si differenzia dai più antichi catasti descrittivi perché include una rappresentazione grafica delle singole proprietà, le cosiddette parcelle (o particelle).
37 A. Contini - F. Martelli, Catasto, fiscalità e lotta politica nella Toscana nel XVIII secolo in Annali di Storia di
Firenze 2 (2007), pp.151-184. e il volume di G. Biagioli, L’agricoltura e la popolazione toscana all’inizio dell’Ottocento, Pisa, 1975.
38 Arezzo 1714 – Firenze 1782. 39 Per esempio Chiusi, nel Senese. 40
Firenze 1728 – Genova 1821.
41 Ovvero la fisiocrazia, affermatasi intorno al 1760, in seguito alla pubblicazione delle opere del medico e economista francese Francois Quesnay.
42 L’inizio ufficiale della ripresa dei lavori fu sancito dal Motuproprio di Ferdinando III del 7 ottobre 1817. Cfr. E. Repetti, Dizionario geografico fisico storico della Toscana contenente la descrizione di tutti i luoghi del
Granducato, Ducato di Lucca, Garfagnana e Lunigiana, Firenze, 1835, pp. 496-497.
43 Volterra 1779 – Firenze 1851.
44 Ad esempio il circolo ripetitore o circolo universale di Reichenbach. Questo strumento è in grado di misurare con estrema precisione gli angoli in qualunque piano ed è composto da due cerchi graduati, uno interno all’altro. A quello più interno è fissato un cannocchiale per la mira al punto zero, mentre un secondo cannocchiale, per la misura dell’angolo in esame, ruota sul cerchio più esterno. Una volta traguardati i due punti in osservazione, il cerchio più esterno può essere bloccato nella posizione desiderata. La lettura sul cerchio graduato permette di determinare l’angolo. Un treppiede sorregge lo strumento e una livella a bolla permette di metterlo in stazione. 45 Firenze, 1820.
su quattro fogli e dedicata a S.A.R. Leopoldo II. Nei due fogli inferiori furono incluse le piantine delle più importanti città toscane in scala 1:35.000.
Anche a livello amministrativo gli anni Venti del XIX secolo furono un periodo di grande attività: nel 1826, con l’”Impianto del Catasto” fu stabilito che nel territorio di ogni comunità si realizzassero un “Quadro d’insieme” e si disegnassero le mappe con la rappresentazione di tutti gli appezzamenti, divise in Sezioni e Fogli. Nel triennio 1832-1835 si passò alla fase successiva, ovvero l’”Attivazione del Catasto”: alle Cancellerie delle comunità46 fu affidata una copia delle tre serie di atti fondamentali che componevano i catasto: le Mappe, le Tavole Indicative e i Campioni47. Il territorio della Comunità di Pisa fu ripartito in 17 sezioni e la città vera e propria, ancora racchiusa dalle fortificazioni del periodo comunale, fu identificata come sezione C ed ulteriormente suddivisa in 7 fogli in scala 1:1250.
I fogli 1 e 2 rappresentano la parte settentrionale della città murata, ovvero tutto l’abitato compreso tra la Piazza del Duomo e Via San Zeno; pur contenendo informazioni molto interessanti su aree di grande importanza storica non sono stati utilizzati ai fini della mia ricerca perché escludono i Lungarni. Invece i fogli 3, 4, 5, 6 e 7, che raffigurano le zone della città affacciate sul fiume, sono serviti come integrazione per la georeferenziazione del modello.
4.2.2 Georeferenziazione ed individuazione degli isolati
Per la georeferenziazione ed individuazione degli isolati ho utilizzato un software dedicato alla ricomposizione delle immagini, chiamato RasterStitch48, per unire le porzioni relative ai Lungarni presenti sui cinque fogli del Catasto; ho così ottenuto un’unica immagine ad alta risoluzione (6000 x 2500 pixel), comprendente tutta l’area interessata dal mio studio, cioè il lungofiume e le strade limitrofe dal Ponte alla Fortezza al Ponte a Mare.
Successivamente ho importato come raster all’interno di 3D Studio Max sia la Pianta Scorzi che l’elaborato di figura 4.4. Le due rappresentazioni cartografiche avevano scale diverse, ma utilizzando numerosi punti di riferimento presenti in entrambe le mappe (in particolare i ponti ed alcune chiese che tra l’inizio del Settecento e il 1834 non hanno subito significativi cambiamenti) sono riuscito ad ottenere una sovrapposizione soddisfacente.
A questo punto, utilizzando lo strumento SpLine di 3D Studio Max ho disegnato uno shapefile bidimensionale49, un layer preparatorio sul quale successivamente costruire gli edifici in 3D. Nella creazione ho usato come riferimento gli isolati e le vie raffigurati nella Pianta Scorzi, ma ho corretto eventuali imprecisioni ed errori nelle proporzioni confrontando i dati con le parcelle del Catasto Leopoldino.
46 Alcune informazioni sono tratte da <web.rete.toscana.t/castoreapp/0_introduzione.htm>.
47 Nel Ducato di Lucca la campagna di triangolazione del territorio e la riforma del Catasto furono avviate nel 1829 dal Duca Carlo Ludovico di Borbone, mentre nel Ducato di Massa e Carrara analoghe operazioni ebbero inizio alcuni anni prima, con un Decreto della Duchessa Maria Beatrice d’Este promulgato nel 1820.
48 Questo programma viene utilizzato anche per l’unione di fotografie panoramiche, ma è particolarmente adatto alla ricomposizione di documenti cartacei e cartografici.
49
Non si tratta di un GIS, anche se lo shapefile può essere facilmente convertito nei formati DWG o DXF ed esportato da 3D Studio Max a tutti i più importanti applicativi GIS.
Figura 4.4
La fusione in un unico raster delle parcelle catastali riferibili all’area dei Lungarni, ricavata da porzioni dai fogli 3,4,5,6 e 7 del Catasto Leopoldino (1834) assemblate automaticamente dal software RasterStitch.
(Rielaborazione di M.Berretta. Fonte: <web.rete.toscana.t/castoreapp/>).
Figura 4.5
Lo shapefile creato all’interno di 3d Studio Max ricalcando i raster.
4.2.3 Assegnazione di un numero identificativo agli edifici
Ad ogni edificio sono stati assegnati uno o più numeri corrispondenti a quello della/e parcella/e catastale/i registrata/e nel Catasto Leopoldino del 1834.
Tale criterio presenta l’importante vantaggio di identificare rapidamente gli immobili descritti in questa ricerca, legandoli ad una base cartografica nota e di facile consultazione, ma ha alcuni limiti oggettivi. In primo luogo non può tenere conto degli accorpamenti o fusioni avvenuti tra il XV e il XIX secolo; sarà quindi necessario specificare di volta in volta, compatibilmente con la presenza di fonti, se l’edificio ottocentesco corrisponde a più corpi di fabbrica preesistenti. Inoltre è fondamentale ricordare che il catasto non è basato sulle unità architettoniche, ma sulla proprietà. In un numero limitato di casi, in genere quando l’edificio ottocentesco apparteneva ad
un unico intestatario o era per sua natura indivisibile, come una chiesa, è stato possibile identificare il complesso con una sola parcella.
Più spesso l’estrema frammentazione delle proprietà ha reso necessario sommare molte parcelle per identificare un solo fabbricato; un esempio particolarmente significativo è quello dell’edificio sul lato orientale dell’attuale Piazza Garibaldi, che nel 1834 si presentava già come un unico palazzo50, ma era diviso in un gran numero di piccole proprietà, corrispondenti a appartamenti e fondi Altro caso, più raro, è quello in cui due edifici contigui appartenevano al medesimo intestatario; in questa circostanza, pur trattandosi di fabbricati distinti, i redattori del catasto li contrassegnarono con lo stesso numero di parcella51.
Un’ultima precisazione di natura metodologica riguarda la suddivisione dei paragrafi all’interno della mia ricerca; per evitare una eccessiva dispersività talora ho ritenuto opportuno accorpare all’interno di singoli paragrafi la descrizione di un gruppo di edifici adiacenti52 sui quali le fonti erano meno abbondanti o gruppi di isolati in cui è più difficile individuare le tracce del periodo medievale53. Al contrario ho dedicato uno spazio molto più ampio a quei fabbricati che hanno una storia architettonica più complessa o meglio leggibile e sui quali abbiamo maggiori informazioni; spesso si tratta di edifici che ebbero proprietari illustri (membri dell’aristocrazia cittadina, ricchi esponenti dei ceti mercantili, uomini politici) e che nel corso dei secoli subirono importanti modifiche per venire incontro alle esigenze e al gusto di chi li abitava.