Atteggiamenti e valor
3. Identità nazionale e identità europea
3.2 L’identità europea
3.2.1 Cittadinanza nazionale e cittadinanza europea
La cittadinanza europea viene istituita con il trattato di Maastricht (1992), secondo cui è cittadino dell’Unione Europea chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. Il concetto di cittadinanza europea è stato introdotto per rafforzare e promuovere l’identità dell’Europa, coinvolgendo sempre di più i cittadini nel processo di integrazione comunitaria. Grazie a questo status, i cittadini dell’UE godono di una serie di diritti di carattere generale, quali la libera circolazione dei beni e dei servizi, la tutela del consumatore, la sanità pubblica, la parità di opportunità e di trattamento, l’accesso alla previdenza sociale. La cittadinanza dell'Unione europea comporta, inoltre, una serie di norme ben definite che possono essere raggruppate in quattro categorie principali:
la libertà di circolazione e di soggiorno su tutto il territorio
dell’Unione;
il diritto di votare e di essere eletto alle elezioni comunali e a quelle del
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la tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi
Stato membro in un Paese terzo nel quale lo Stato di cui la persona in causa ha la cittadinanza non è rappresentato;
il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo e ricorsi al
mediatore europeo.
Il trattato di Amsterdam (1997) ha integrato i diritti civili di cui godono i cittadini dell'Unione e ha definito con maggior precisione il nesso esistente fra la cittadinanza nazionale e la cittadinanza europea, dichiarando che la cittadinanza dell’Unione costituisce un complemento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest’ultima. Due sono le conclusioni di ordine pratico che scaturiscono da tale aggiunta:
occorre essere già in possesso della nazionalità di uno Stato membro
per poter usufruire della cittadinanza dell’Unione;
la cittadinanza europea consente di godere di diritti supplementari e
complementari alla cittadinanza nazionale32.
In questo modo la cittadinanza europea si configura come una “cittadinanza derivata”, riconoscendo a quella nazionale una precedenza temporale e procedurale (Vink, 2005).
Se si confronta la cittadinanza nazionale con quella europea, seguendo le analisi di Cotta e Isernia (2012), si osserva come in entrambe siano presenti tre peculiari dimensioni: quella relativa al concetto di identità, quella della rappresentanza e quella degli ambiti di governo (scope of governance).
Per quanto riguarda il tema dell’identità europea, vale a dire le caratteristiche collettive che la comunità dei cittadini dell’Unione Europea possiede, esso è da tempo oggetto di ricerche e dibattiti (Lepsius, 2001; Bellamy, Castiglione, Shaw, 2006; Delanty, 1995; Delanty e Rumford, 2005) e
32 Cfr. European Parliament (1997). Treaty of Amsterdam amending the treaty on European Union, the treaties
establishing the European Communities and certain related. Luxembourg: Office for Official Publications of the
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rappresenta ancora oggi un argomento piuttosto delicato, ma di fondamentale importanza per le istituzioni comunitarie. Non a caso i testi dei trattati prudentemente si premurano di garantire le pluralità delle culture e delle lingue nazionali rinunciando esplicitamente a ogni progetto di assimilazione e omogeneizzazione come dimostra, per esempio, il preambolo alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (1999, 2007)33.
“consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà; essa si basa sul principio della democrazia e sul principio dello Stato di diritto. […]
L’Unione contribuisce alla salvaguardia e allo sviluppo di questi valori comuni nel rispetto della diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli d’Europa, nonché dell’identità nazionale degli Stati membri e dell’ordinamento dei loro pubblici poteri a livello nazionale, regionale e locale […]” (ivi, pp. 3-4)34.
Secondo questa impostazione, ripresa anche dal motto non più ufficiale dell’UE, “unità nella diversità”, l’identità europea si presenterebbe dunque come la somma, auspicabilmente armoniosa, delle diverse identità nazionali. Nella realtà, infatti, si osserva una certa cautela sull’esplicitazione di elementi comuni espressamente europei. Le modifiche introdotte dal trattato di Lisbona (2007) rispetto al trattato di Roma (1957) e al trattato di Maastricht (1992) sono, in questo senso, emblematiche. Nel 2007 l’Unione Europea ha rinunciato a un serie di elementi simbolici presenti nel Trattato costituzionale (2004)35 quali l’individuazione ufficiale di un inno, di una bandiera e di un
motto comuni, nonché ogni riferimento a termini di carattere “costituzionale”. I simboli, già affermati e riconosciuti, continuano tuttavia ad essere utilizzati
33 La Carta dei diritti fondamentali dell’UE è stata redatta nel 1999 e riunisce in un unico documento tutti i diritti fondamentali riconosciuti a livello dell’Unione, prima dispersi in vari strumenti legislativi. Nel 2007, a seguito del trattato di Lisbona, la Carta è stata modificata e proclamata una seconda volta.
34 Cfr. Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2010/C 83/02). Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 30/03/2010.
35 Il trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa è stato firmato nel 2004 ma non è stato mai ratificato.
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dalle istituzioni e dagli Stati membri. Questo è dovuto al fatto che 16 Paesi tra cui l’Italia36, al momento della firma del trattato di Lisbona, hanno adottato
una dichiarazione attraverso la quale la bandiera europea, l’Inno europeo37, il
motto dell’Unione “unità nella diversità” e la giornata dell’Europa del 9 maggio continuano ad essere i simboli della comune appartenenza dei cittadini all’Unione38.
La ricerca politica e sociale che si è sviluppata sul tema dell’identità europea si presenta oggi divisa al suo interno, tra chi sostiene che sia possibile individuare alcuni elementi nuovi, peculiari di questa identità e tra chi, invece, afferma che tali elementi siano sempre esistiti come fattori disaggreganti e non rappresentino in nessun modo una caratteristica associabile a una dimensione sovranazionale39.
Una prima verifica della debolezza del concetto di identità europea la ritroviamo nei dati dei sondaggi che mostrano come la maggioranza dei cittadini europei si consideri in primo luogo cittadino del proprio Paese e poi dell’Europa, mentre quelli che si definiscono solo europei rappresentano una piccola minoranza sul totale degli intervistati40.
Cotta e Isernia (2012), non prendendo una posizione univoca sul tema dell’esistenza di una identità europea, mettono in evidenza tuttavia come l’UE eserciti un controllo sulla propria identità, più significativo di quanto non lascino pensare i vari trattati, attraverso i meccanismi di accesso degli immigrati. Il fenomeno del progressivo allargamento dell’Unione tramite l’ammissione di nuovi Stati, infatti, ha comportato un’attribuzione controllata della cittadinanza europea a milioni di nuovi individui. Il caso della Turchia è a questo proposito rilevante. Tra le ragioni che si celano dietro il rinvio della sua
36 Gli altri Paesi firmatari sono il Belgio, la Bulgaria, la Germania, la Grecia, la Spagna, Cipro, la Lituania, il Lussemburgo, l’Ungheria, Malta, l’Austria, il Portogallo, la Romania, la Slovenia e la Slovacchia.
37 L’inno alla gioia di Beethoven rappresenta l’inno dell’Unione Europea.
38 Cfr. Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007. Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, C 306, 17 dicembre 2007.
39 Per approfondimenti, vedi infra.
40 Anche questo argomento viene ripreso in un paragrafo successivo, dedicato ai dati delle rilevazioni di Eurobarometro, l’ente che si occupa dei sondaggi su diverse tematiche dell’UE. Vedi infra.
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adesione è difficile non ravvisare il timore che l’immissione di una cospicua popolazione islamica, caratterizzata di recente da forme di governo non propriamente democratiche, possa significativamente alterare l’identità del “popolo europeo”41.
Procedendo nel confronto tra cittadinanza europea e nazionale, oltre all’elemento identitario che è stato brevemente presentato, è necessario analizzare anche l’aspetto dei poteri di controllo sui governanti e dei diritti dei cittadini nei confronti delle autorità politiche. Da questo punto di vista, entrambe le cittadinanze sono ancorate al principio di rappresentanza. Tuttavia, nonostante l’UE abbia istituito fin dall’inizio autorità di governo con poteri di notevole rilevanza e capacità di penetrazione all’interno dei singoli Paesi, il modello di cittadinanza adottato rimane prevalentemente quello indiretto e derivato. Le istituzioni europee, in particolare il Consiglio e il Parlamento, sono stati concepiti come espressione delle corrispondenti istituzioni degli Stati membri. I componenti del Consiglio dell’UE e del Consiglio europeo42 erano e sono tuttora i ministri e i capi di governo in carica
negli Stati membri, e anche il Parlamento, fino al 1979, era costituito da parlamentari nazionali. Solo la Commissione è stata sin dall’inizio composta da personale dedicato solamente ad essa.
Se quindi, in sostanza, l’ancoraggio rappresentativo delle istituzioni comunitarie avveniva in origine in forma delegata e indiretta, esso è stato progressivamente affiancato da elementi che corrispondono a un modello diretto di cittadinanza politica, quali ad esempio l’introduzione dell’elezione
41 Su questo ambito si ricorda anche la complessa questione delle frontiere e dell’immigrazione. Anche in questo campo, cruciale per le questioni della cittadinanza e dell’identità, l’UE funziona secondo un modello “derivato”: le frontiere dell’Europa sono le frontiere degli Stati e l’immigrazione è controllata da questi ultimi. Tuttavia, questo assetto in momenti critici, come quelli recenti di esplosioni migratorie legate alla crisi dei regimi arabi o alla guerra in Siria, ha mostrato non poche problematicità. Il controllo puramente nazionale delle frontiere dell’Europa può risultare insoddisfacente e insufficiente per salvaguardare l’apertura e l’unità dello spazio interno europeo. Da qui la richiesta di un contributo “comunitario” alla gestione del fenomeno migratorio.
42 Il Consiglio dell'Unione Europea, detto anche Consiglio UE, è l'istituzione in seno alla quale i ministri di tutti i paesi dell'UE si riuniscono per adottare le normative e coordinare le politiche. Il Consiglio europeo è, invece, un'altra istituzione dell'UE, che riunisce i capi di Stato e di governo all'incirca quattro volte l'anno per discutere le priorità politiche dell'Unione.
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diretta del Parlamento europeo e in parallelo la crescita dei poteri di questa istituzione. Tuttavia, tale disegno istituzionale rimane fortemente condizionato dal fatto che la politica rappresentativa e i suoi processi siano tuttora radicati su base nazionale per quanto concerne, ad esempio, la selezione del personale politico da inviare nelle sedi dell’UE e per la conduzione delle campagne elettorali. I partiti nazionali mantengono, infatti, un ruolo dominante nella strutturazione della politica elettorale e proiettano in larga misura il loro controllo anche sulla scena europea43. Su questo impianto prevalentemente
indiretto e derivato cominciano però ad innestarsi alcuni elementi di cittadinanza europea diretta nel momento in cui, per esempio, nel Parlamento Europeo si assiste allo sviluppo di una dimensione politica anche sovranazionale, con i gruppi parlamentari europei che strutturano una parte importante delle decisioni e dei voti (Schmitt, 2005).
L’ultimo aspetto dell’analisi di Cotta e Isernia (2012) sul confronto tra cittadinanza europea e nazionale riguarda ciò che il cittadino europeo può aspettarsi dalle autorità comunitarie in termini di tutela, servizi, prestazioni. Su questo punto, il raffronto con la dimensione nazionale può sembrare a prima vista impari: l’UE non offre e non è in grado di offrire ai suoi cittadini prestazioni e servizi neppure lontanamente paragonabili a quelli forniti dai singoli Stati membri. Questo è dovuto al fatto che un larghissimo ventaglio di servizi a garanzia della cittadinanza sociale sono già svolti dagli Stati che non hanno alcun incentivo a rinunciarvi, anche perché è proprio sul welfare che si basa per larga parte il loro sostegno popolare. Poiché duplicare queste prestazioni non avrebbe senso, e toglierle agli Stati incontrerebbe una resistenza molto forte dei governi, l’Unione Europea si è sviluppata in direzioni diverse, basandosi più sugli strumenti della regolazione che su quelli dell’erogazione di risorse e servizi, o in spazi interstiziali, ad esempio assegnando risorse alle regioni meno sviluppate attraverso specifici
43 Tant’è che le elezioni europee sono vissute sostanzialmente come elezioni nazionali e, per di più, di second’ordine.
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programmi. In questo modo, anche se tali programmi sono erogati dagli enti locali e non sono quindi diretti agli individui, si può dire che indirettamente rappresentino un sostegno per i cittadini europei economicamente svantaggiati.
In conclusione, l’integrazione europea ha prodotto un sistema composito di cittadinanza che risulta definito da tre elementi: tanti sistemi di cittadinanza quanti sono i Paesi membri; una forma di cittadinanza europea indiretta che costituisce una derivazione della cittadinanza nazionale; elementi di una cittadinanza europea diretta che sono generati dagli sviluppi istituzionali e delle politiche dell’Unione Europea.
Questo sistema risulta essere particolarmente complesso e non governato da un unico centro, né da un’unica dinamica. Le cittadinanze nazionali continuano ad avere ciascuno una vita propria anche se questa si svolge sempre più all’interno di un contesto regolamentato a livello comunitario, risentendo quindi delle restrizioni e delle spinte omogeneizzatrici che derivano da quest’ultimo. Quanto alla cittadinanza europea in senso proprio, essa risente da un lato degli sviluppi nazionali, in quanto cittadinanza indiretta; dall’altro si sviluppa sulla base di scelte europee che partono da Bruxelles per giungere al singolo Paese membro, in quanto cittadinanza diretta.
Sulla base di queste considerazioni generali, Bellucci e Conti (2012) individuano tre sfide principali che attendono l’Unione Europea nel futuro. La prima sfida riguarda proprio il concetto di “cittadinanza europea dei cittadini” (ivi, p.10), a tutt’oggi largamente sopravanzata e messa in ombra da quella che gli autori definiscono “cittadinanza europea degli Stati” (ibidem). Il canale rappresentativo diretto, che risponde ad una logica democratica, resta ancora indietro rispetto a quello indiretto, che passa attraverso i governi nazionali. Dato questa assetto, la rappresentanza di interessi europei viene forzata entro le gabbie nazionali e riesce faticosamente ad emergere solo attraverso complesse trattative e mediazioni tra le diverse interpretazioni che i governi
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nazionali hanno articolato a livello locale. Per quanto riguarda i provvedimenti regolativi, le prestazione e i servizi, emerge un tessuto di cittadinanza a macchie di leopardo, nella quale alcuni strappi e buchi del tessuto nazionale sono ora riempiti da quello europeo.
La seconda sfida riguarda i futuri sviluppi della cittadinanza europea. L’esperienza dell’UE è stata per lungo tempo caratterizzata dalla promozione e dall’accelerazione di questo processo da parte delle élites dei singoli Paesi, per rispondere a problemi che il livello nazionale di decisione non consentiva di risolvere, senza troppe resistenze né contributi da parte della popolazione. Il panorama degli ultimi tempi è però sensibilmente cambiato. Da una parte, gli sviluppi stessi dell’integrazione europea e le sfide interne ed esterne al governo di un’area così vasta come quella dell’Unione, richiedono interventi più incisivi che contribuiscano a rendere più visibile e consistente la cittadinanza sovranazionale. Dall’altra, il pubblico europeo, in alcune sue componenti nazionali, si è mostrato meno propenso ad accettare a scatola chiusa le decisioni delle élites in sede dell’Unione, vedendo in queste delle minacce a quanto acquisito sul piano della cittadinanza nazionale. Sembrerebbe quindi di essere entrati probabilmente in una fase del processo europeo nella quale cittadinanza nazionale e sovranazionale appaiono meno facilmente compatibili e l’una si pone in misura maggiore che nel passato come alternativa dell’altra44.
L’ultima sfida, che riguarda più da vicino l’argomento della presente ricerca, è rappresentata dalla questione sulle caratteristiche e sull’intensità dell’identità dei cittadini europei. Tale questione riveste un’importanza fondamentale per una comunità come l’Unione Europea, che si confronta e che compete con le ben consolidate comunità nazionali su un duplice fronte: verso l’esterno con quelle dei Paesi confinanti e verso l’interno con quelle dei Paesi membri. Oltre a ciò, l’identità rappresenta uno degli elementi a cui si connette il problema
44 Questo elemento di criticità non sembra, tuttavia, generare un conflitto tra la percezione dell’identità nazionale e di quella europea negli individui, come è stato più volte messo in evidenza in numerose ricerche empiriche su questi temi. Per approfondimenti, vedi infra.
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della solidarietà interna della comunità. Tale solidarietà permetterebbe ai cittadini dell’Europa di considerare come propri i problemi dei cittadini appartenenti a diversi segmenti nazionali presenti nell’Unione. Le recenti vicende della crisi del debito sovrano di alcuni Paesi della fascia meridionale dell’UE e i dilemmi sugli aiuti finanziari da fornire loro hanno fatto apparire in tutta la sua rilevanza questa questione.
I paragrafi successivi del presente capitolo sono proprio dedicati agli studi e al dibattito sull’esistenza e sulle caratteristiche dell’identità europea.