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Elementi costitutivi dell’educazione alla cittadinanza globale

2. Educazione alla cittadinanza, educazione alla cittadinanza globale

2.5 Elementi costitutivi dell’educazione alla cittadinanza globale

L’educazione alla cittadinanza globale nasce negli Stati Uniti e in Gran Bretagna sulla scia dei curricoli relativi ai cosiddetti World Studies e alla Global Education, creati a partire dagli anni Settanta per formare gli studenti alla comprensione dei principi di giustizia e uguaglianza all’interno dei nuovi contesti di diversità culturale e cambiamento globale (Osler e Starkey, 2006). L’inserimento del termine “citizenship” all’interno della Global Education implica qualcosa di più e di diverso dalle precedenti accezioni. Non si tratta semplicemente di una educazione alla cittadinanza su base locale con approfondimenti tematici su temi mondiali né, secondo l’interpretazione più minimalista, di una generica “international awareness” (Davies, 2006 p.68) o di un vago senso di appartenenza a una società universale. Il concetto alla base dell’educazione alla cittadinanza globale è la promozione di una consapevolezza civica mondiale, da ottenere tramite gli strumenti concettuali della democrazia, della pace e dei diritti umani (Pike, 2008). Se la cittadinanza implica un ruolo attivo del singolo individuo, la cittadinanza globale coniuga questo aspetto con il principio di giustizia sociale. Per Wringe l’elemento principale per una cittadinanza globale responsabile consiste infatti nel “ensuring that the collective arrangements to which we give our assent do not […] secure the better life of some expense of a much worse life for others” (Wringe, 1999, p. 6).

Questo non significa ridurre la cittadinanza globale a una generica “solidarietà internazionale”, ma significa capire ed essere in grado di influenzare i processi decisionali a livello mondiale e i loro effetti sulle vite degli individui per perseguire interessi comuni. L’educazione alla cittadinanza globale riguarda quindi la comprensione della natura dei problemi globali così come l’insieme delle possibilità a nostra disposizione con cui è possibile

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influenzare chi ha potere e risorse ad agire in maniera globalmente responsabile (Ibrahim, 2005).

Partendo da questa definizione di base, il dibattito accademico si è focalizzato sull’ampia tipologia di contenuti e sugli obiettivi che l’educazione alla cittadinanza globale deve perseguire. Alcuni ricercatori si sono interessati allo studio delle dimensioni multiple della cittadinanza in chiave globale. Cogan e Derricott (2000, p.18) propongono a questo proposito una “multidimensional citizeship” articolata su quattro dimensioni: personale, spaziale, temporale e sociale, mentre Selby (1994, p.25) mette in evidenza le “plural and parallel allegiances” del cittadino globale. Heater (2004 p.84) propone un “cube of citizenship” che mostra le relazioni di tre dimensioni: educazione, elementi di cittadinanza e geografici (cit. in Pike, 2008).

L’educazione alla cittadinanza globale mira dunque a preparare gli studenti a vivere e ad agire in contesti di cambiamento mondiale, interdipendenza e diversità, condizionando così l’evoluzione del processo di globalizzazione. La sinergia tra l’educazione alla cittadinanza ed i temi globali è efficacemente sintetizzata da Ibrahim quando sostiene che l’educazione alla cittadinanza

“provides a vehicle through which global citizenship can become an entitlement for all pupils within a learning framework that is based on human rights, social justice and democratic participation” (Ibrahim, 2005, p. 182).

Gli elementi che caratterizzano l’educazione alla cittadinanza globale finora esposti, presenti in varie misure nella ricerca accademica sull’argomento, non sono però privi di qualche criticità, legate ai contesti di produzione e di riferimento di tali studi. Le ricerche di Parmenter (2011) sulla produzione accademica in lingua inglese nell’ambito della GCE attraverso il database WorldCat (199 articoli dal 1997 al 2009) hanno evidenziato come il discorso sull’educazione alla cittadinanza globale sia perlopiù un prodotto della parte

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occidentale e sviluppata del globo43. Questo comporta, secondo la ricercatrice,

una concettualizzazione dell’educazione alla cittadinanza globale molto legata a schemi occidentali e poco aperta alla varietà delle diverse “prospettive globali” (p. 370) in chiave politica, sociale e culturale, con il rischio di perpetuare, più o meno intenzionalmente, i passati modelli coloniali44.

Questo elemento di criticità, anche se non è sempre chiaramente identificabile nei diversi approcci relativi alla GCE, deve essere ad ogni modo tenuto presente nel discorso sulla cittadinanza globale45.

Il risultato auspicabile di tale discorso, ad oggi ancora privo di definizioni univoche, è una teorizzazione più completa e dettagliata della GCE, che tenga conto delle specificità degli ambiti politici, sociali e culturali in cui viene applicata e che preveda una focalizzazione flessibile su temi diversi a seconda della parte del mondo e del contesto specifico in cui viene realizzata.

2.5.1 L’educazione alla cittadinanza globale secondo l’Oxfam

La Gran Bretagna, uno dei primi Paesi in cui è stato creato un curricolo sulla educazione alla cittadinanza globale, ha realizzato negli ultimi anni diversi documenti per facilitare l’inserimento di questo tema all’interno delle scuole di ogni ordine e grado. Tali documenti, tra cui si segnala il Developing a global

43 Ricercatori che provengono da Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Australia e Nuova Zelanda coprono più dell’85% della produzione accademica sull’argomento.

44 Le criticità di Parmenter sono condivise anche da Pashby (2011).

45 Gli studi dell’UNESCO, a questo proposito, stanno cercando di ovviare a questo limite coinvolgendo nel dibattito sull’educazione alla cittadinanza globale esperti e stakeholders provenienti anche dalla parte meridionale ed in via di sviluppo del globo. Da una prima e generale ricognizione degli elementi costitutivi dell’educazione alla cittadinanza in varie parti del mondo, operata dalla Learning Metrics Task Force 2.0, emerge un quadro quanto mai disparato. Se si escludono alcuni elementi comuni quali la giustizia sociale, la pace, la tolleranza e la sostenibilità ambientale, si passa da una visione della GCE inserita principalmente all’interno della cultura islamica in Pakistan, all’interesse per la sicurezza internazionale in Corea, all’empatia in Giamaica, all’integrità in Nigeria fino ad arrivare all’impossibilità di sentirsi cittadini del mondo in Africa Orientale, caratterizzata dalla presenza di una società tribale, e ad Haiti, Paese in cui l’agente del cambiamento non è considerato l’impegno individuale ma l’aiuto umanitario della comunità globale per risolvere le drammatiche condizioni in cui versa la popolazione. Vedi supra, il riferimento relativo al lavoro della Learning Metrics Task

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dimension in the school curriculum46 ideato dal Department for Education and Skills

(DfES 2000, 2005) in Inghilterra, forniscono importanti apporti per la concreta realizzazione della GCE nella prassi educativa, ma restano, per forza di cose, molto legati al contesto scolastico britannico.

La guida per le scuole Education for global citizenship – A guide for schools, realizzata dall’organizzazione non profit britannica Oxfam in due versioni (1997, 2006), invece, nonostante i riferimenti diretti al curricolo britannico, è conosciuta e utilizzata come base per introdurre la GCE in molte scuole del mondo. Tale guida è ancora oggi un riferimento fondamentale per chi desideri realizzare attività relative all’educazione alla cittadinanza globale in classe.

Il punto di forza del curriculo dell’Oxfam risiede nell’estrema semplicità dei presupposti teorici e nell’individuazione degli elementi chiave dell’educazione alla cittadinanza globale specifici per ogni livello di istruzione.

Le premesse al lavoro dell’organizzazione non-profit britannica sulla GCE sono da ricercare nelle analisi di Robin Richardson, uno dei primi ricercatori sul tema dei World Studies, autore alla fine degli anni Settanta di una mappa concettuale relativa ai fondamenti della Global Education. Su tale mappa sono stati poi basati diversi curricoli non solo in Gran Bretagna ma anche negli Stati Uniti d’America47 (Hicks, 2003; Pike, 2008). La mappa mette in evidenza i

collegamenti tra la conoscenza dei problemi globali, le azioni per determinare

46 Il documento è stato ideato dal DfES come uno strumento per inserire la “dimensione globale” nella prassi educativa delle scuole di ogni ordine e grado in Inghilterra. La prima versione del 2000, ampiamente criticata per le scelte tematiche e gli approcci curricolari (Andreotti, 2006), è stata rivista ed oggetto di una seconda edizione nel 2005. Un elemento che è importante sottolineare in questa sede, a riprova delle molteplici interpretazioni del concetto di cittadinanza globale, è l’individuazione nel documento del DfES degli otto concetti chiave che costituiscono la base concettuale della “dimensione globale” del curriculum: risoluzione dei conflitti; giustizia sociale; valori ed atteggiamenti; sviluppo sostenibile; interdipendenza; diritti umani; diversità; cittadinanza globale, intesa come “gaining the knowledge, skills and understanding of concepts and institutions necessary to become informed, active, responsible citizens” (DfES, 2005 p.14). Questa breve definizione di cittadinanza globale, in linea peraltro con una parte della letteratura su questo argomento, sembrerebbe inglobare i restanti sette elementi chiave. Non risulta chiaro quindi il motivo per cui, nonostante questa accezione generica, riferita peraltro anche agli aspetti cognitivi, il DfES consideri la cittadinanza globale come un elemento separato e allo stesso livello degli altri concetti chiave.

47 Nel presente lavoro di ricerca si fa riferimento in gran parte alle concettualizzazioni ed articolazioni del curricolo relativo alla GCE realizzate nel contesto europeo e, per questa ragione, più direttamente applicabili al contesto italiano.

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un cambiamento e i valori (figura 2.1). Date quindi queste relazioni, lo studio della società globale per definirsi tale non può prescindere dalla comprensione delle connessioni tra il locale e il globale, dall’analisi di questa connessione e dalle abilità per un impegno efficace in azioni finalizzate al cambiamento (Ibrahim, 2005).

Figura 2.1 Framework for exploring global issues (Richardson, 1976 cit. in Hicks, 2003, p. 266).

Pike e Selby, influenzati dagli studi di Richardson, hanno elaborato anch’essi una mappa concettuale per un curricolo centrato sulla Global Education (1995). Questa mappa, considerata da Hicks uno dei punti di partenza imprescindibili per formare gli studenti su temi globali, prevede quattro dimensioni: