Il processo di categorizzazione di sé precedentemente descritto non si verifica generalmente in un singolo gruppo ma può avvenire simultaneamente in gruppi diversi l’uno dall’altro, in gruppi inclusivi o in relazione gerarchica: è possibile, ad esempio, essere iscritti al WWF e a Slow Food, oppure sostenere un candidato di un partito alle elezioni ed essere membro di quel medesimo partito. La variabilità dell’autocategorizzazione indica che autodefinirsi in un certo modo non riflette proprietà fisse del soggetto, bensì proprietà relative, la cui importanza si modifica in rapporto al contesto. L’espressione dell’identità sociale, infatti, non è statica ma in movimento e definisce di volta in volta un livello ottimale di distintività del gruppo, in funzione dei diversi contesti23.
Questa dinamica, alla luce dei cambiamenti prodotti dalla globalizzazione che hanno interessato anche la sfera dell’identità24, è stato oggetto di
numerose ricerche in tempi recenti, dedicate in particolar modo al tema delle identità multiple.
Ogni gruppo a cui una persona appartiene simultaneamente (quali ad esempio il genere, la nazione, il lavoro, la famiglia da cui si proviene e così via) conferisce all’individuo una determinata identità. Tali identità sono contingenti: il singolo individuo ne usa una, o una combinazione di esse, in maniera del tutto casuale ed imprevedibile, a seconda del luogo, delle persone e della circostanza in cui si trova in quel momento particolare. In base a tali presupposti, le identità sono quindi costruite e non date aprioristicamente,
23 Data l’intrinseca natura comparativa dell’autocategorizzazione, l’inserimento di sé in un gruppo più o meno ampio, più o meno astratto, implica la simultanea costruzione di outgroup di corrispondenti dimensioni e livello di astrattezza. E, viceversa, il confronto con membri di outgroup caratterizzati da dimensioni e livelli di astrattezza differenti può rendere salienti identità sociali diverse. Ad esempio, nel descrivere la nostra città ad una persona che non la conosce, metteremmo in evidenza aspetti diversi a seconda se il nostro interlocutore sia un italiano o uno straniero.
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fluide, molteplici e nessuna di esse può essere considerata come l’unica categoria di appartenenza dell’individuo (Hall, 1996; Bauman, 2001; 2004).
All’interno del proprio repertorio di possibili identità, ogni individuo ne ha una che può essere considerata primaria, che si riconosce come unica ed inimitabile anche se condivide alcune caratteristiche con le altre (Jenkins, 1996). Riprendendo le tesi dei sociologi Berger e Luckman (1966), Jenkins sostiene che lo status di priorità di alcune identità sulle altre non è immutabile ed è possibile così assistere alla presenza di identità primarie differenti a seconda dei contesti, dei momenti e delle persone con cui interagiamo.
Hermann e Brewer (2004) individuano almeno tre diversi modi secondo cui le identità multiple possono essere messe in relazione tra loro e possono essere configurate in un sistema di molteplici appartenenze:
1) le identità possono essere contenute le une dentro le altre (nested identities), concepite quindi come centri concentrici o come una bambola Matrioska. In questo tipo di configurazione, l’individuo che sente di appartenere alla comunità più piccola è anche membro della comunità più grande, che comprende al suo interno tutte le altre. È questo il caso, ad esempio, delle identità locali, nazionali, europee25;
2) le identità possono essere trasversali (cross-cutting identities). In questo caso, alcuni membri di un gruppo sentono di appartenere anche ad un altro gruppo. Questo secondo gruppo possiede alcuni aspetti identitari simili al primo ma, allo stesso tempo, è caratterizzato da altri elementi che lo rendono simile ad altri gruppi. Le identità professionali, ad esempio, sono trasversali a quelle religiose; quelle razziali possono essere trasversali alle identità locali e nazionali e così via;
25 Per il presente lavoro di ricerca sono state approfondite, in particolare, le caratteristiche dell’identità nazionale, europea e globale e le loro relazioni reciproche (vedi infra, capitolo3).
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3) le identità possono essere separate. Questo implica che i diversi gruppi a cui un individuo appartiene sono distinti gli uni dagli altri e non presentano sovrapposizioni di appartenenze. In questo caso, il numero di persone che condivide un certo tipo di identità tra i gruppi è talmente piccolo che non costituisce un gruppo trasversale. Ad esempio, la vita lavorativa di un individuo può presentare delle identità in comune con un insieme completamente differente di persone rispetto a quelle presenti nella sua vita privata.
Risse (2004) individua una quarta modalità con cui è possibile individuare le relazioni tra le identità multiple, definita “modello a torta marmorizzata” (marble-cake model). Secondo questo modello, le varie identità di un individuo non possono essere separate con chiarezza su livelli differenti, come implicano le categorizzazioni individuate da Hermann e Brewer, perché esse in realtà si influenzano a vicenda e si mescolano tra loro. Secondo Risse questo tipo di modello è particolarmente adatto a spiegare l’identità europea, a suo parere difficilmente separabile dalle singole identità nazionali.
Delanty e Rumford (2005) individuano, infine, la categoria delle identità sovrapposte (overlapping identities) che si verificano nei casi di doppia identità, quali ad esempio quelle caratterizzate da un trattino che unisce le due identità (per questa ragione i due sociologi le definiscono anche hyphenated identities)26.
Sulla base delle considerazioni finora esposte, alcuni ricercatori hanno messo più volte in evidenza come il concetto di “identità multiple” rischi di essere considerato una nozione incoerente, che include troppi elementi per essere concettualmente utile (Gleason, 1983). Brubaker e Cooper (2000), in particolare, hanno fortemente criticato le interpretazioni “deboli” dell’identità, che mettono in primo piano la sua fluidità, la provvisorietà, la complessità e la
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dipendenza dal contesto. Essi, al contrario, sostengono la necessità di considerare l’identità nella sua versione “forte”, come caratteristica permanente dell’individuo, che presuppone un senso immutabile, durevole e non modificabile del sé.
Ad ogni modo, il dibattito tra i sostenitori delle nozioni definite “sottili” (thin) e “spesse” (thick) dell’identità27 e la molteplicità di studi su questo tema
mettono chiaramente in evidenza quanto questo argomento sia ritenuto di fondamentale importanza per la ricerca sociale contemporanea. La ragione di ciò può essere ricercata nelle decisioni che si è costretti a prendere sempre più di frequente sulla natura plurale delle identità di ognuno e sull’importanza relativa delle diverse associazioni e affiliazioni dell’individuo in ogni contesto specifico. I presupposti alla base della rinnovata attenzione posta recentemente su questo tema e il crescente dibattito sulla natura delle identità multiple possono così essere spiegati nell’ottica del perseguimento di un unico obiettivo generale: una migliore considerazione di sé e dell’altro, una comprensione più chiara delle pluralità dell’identità umana, un riconoscimento che tali pluralità sono trasversali e rappresentano un antidoto a nette separazioni identitarie che creano impenetrabili linee divisorie tra gli individui (Sen, 2006).
27 Secondo la nozione “sottile”, l’identità è costituita da un unico e semplice status dell’individuo mentre, secondo la nozione “spessa”, l’identità assume molteplici caratteristiche, che permettono di connettere il singolo a differenti stratificazioni del proprio essere e a tessere rapporti tra sé e il prossimo, tra sé e la comunità in generale. In questo caso la comunità viene ad essere interpretata come comunità multilivello e assume caratteristiche locali, nazionali e globali (Golmohamad, 2004).
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