Atteggiamenti e valor
3. Identità nazionale e identità europea
3.2 L’identità europea
3.2.4 La ricerca empirica sul rapporto tra identità nazionale e identità europea
Per decenni, gli studi sulle relazioni tra i cittadini e il sistema politico europeo hanno riguardato in primo luogo il sostegno (o l’assenza di tale sostegno) di tale processo. Queste ricerche hanno messo più volte in evidenza la generale mancanza di consapevolezza, da parte delle masse dei cittadini, del processo di integrazione. Secondo quanto emerso dagli studi, infatti, l’opinione pubblica non era a conoscenza dei problemi legati all’UE, spesso associati ad elementi di politica estera, mentre si assisteva, per contro, a un supporto convinto e continuativo da parte delle classi sociali più istruite. Questa situazione, caratterizzata da una diffusa indifferenza dell’opinione pubblica e dall’entusiasmo delle élites, è stata denominata permissive consensus (Lindberg e Scheingold, 1970).
Dalla metà degli anni Novanta, tuttavia, in seguito alla ratifica del Trattato di Maastricht, gli atteggiamenti verso l’Unione Europea sono diventati sempre più divergenti. Molte ricerche condotte a partire da questo periodo hanno sostenuto che esistesse un crescente antagonismo tra il supporto all’integrazione europea e l’identità nazionale59.
Da allora, nella ricerca sull’integrazione europea co-esistono due tendenze: da una parte, alcuni ricercatori pongono grande enfasi sull’identità nazionale come elemento determinante per l’integrazione a livello sovranazionale (Carey, 2002; Gabel, 1998; McLaren, 2004, 2006); dall’altra, alcuni studiosi concentrano invece i loro lavori solo sull’identità europea, sottolineando come si stia sviluppando una relazione affettiva tra i cittadini e l’Europa (Bruter, 2004, 2005; Diez Medrano, 2003; Hermann et al., 2004; Risse, 2003).
Per quanto riguarda il primo filone di studi, il rapporto tra identità nazionale ed europea è stato più volte interpretato come conflittuale. Secondo Carey (2002), ad esempio, queste due identità sono in contraddizione tra loro:
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sentimenti più forti nei confronti del Paese di appartenenza, infatti, comporterebbero un minor supporto all’integrazione europea a causa della presenza di diverse tipologie di conflitti relativi alla sovranità (quali ad esempio la creazione di una singola moneta, la presenza della Banca Centrale Europea).
Van Kersbergen (2000) condivide le premesse di Carey e introduce il fattore economico come elemento determinante il processo di integrazione. Egli infatti sostiene che la misura in cui gli individui sentono di appartenere alla propria regione o al proprio Paese non può essere messa in relazione diretta con il loro attaccamento nei confronti dell’Europa. L’appartenenza all’Europa appare in quest’ottica subordinata alle facilitazioni e alle risorse economiche, generate dal processo di integrazione, di cui beneficia il singolo Stato membro.
Questa tipologia di considerazioni sono ad oggi, tuttavia, in gran parte superate. Molte delle ricerche recenti tendono infatti ad individuare una relazione parzialmente cumulativa nell’individuo tra l’identità nazionale e quella europea, seppure attraverso differenti modelli esplicativi che mettono in evidenza la natura complementare o interagente di queste due identità.
Ad esempio Castano (2004), osservando il livello di identificazione degli adulti con l’Europa e con i rispettivi Paesi di appartenenza, ha evidenziato come l’identità europea e quella nazionale siano positivamente correlate60.
Citrin e Sides (2004), nella loro ricerca, hanno utilizzato i dati di Eurobarometro dal 1992 al 2002. Anche il loro studio ha evidenziato una correlazione positiva tra identità nazionale ed europea, nonostante sia emersa una certa differenza tra le percezioni di queste due identità da parte delle élites e dei gruppi sociali più svantaggiati. I primi manifestavano una maggiore consapevolezza delle proprie identità multiple, soprattutto quelle relative alla
60 La ricerca prevedeva la somministrazione di un questionario in quindici Paesi europei. L’unico Paese in cui l’identità europea a e quella nazionale non presentavano una correlazione positiva era il Regno Unito.
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nazione e all’Europa61; i secondi, al contrario, avevano difficoltà
nell’individuare queste due tipi di appartenenze. Il significato che gli individui associavano all’Unione Europea, inoltre, era differente da Paese a Paese. Per i francesi l’Unione veniva considerata come una replica della propria nazione, mentre per la Germania rappresentava la negazione della loro storia recente. Citrin e Sides hanno operativizzato il costrutto dell’identità europea sulla base della differenza tra alcune caratteristiche ritenute peculiari dell’Europa e quelle di altri Paesi, in particolare degli Stati Uniti. Tali caratteristiche si riferivano ad ambiti quali l’impegno per la democrazia, la tolleranza per le minoranze, lo spirito di cooperazione transnazionale, lo sviluppo e la diffusione del welfare state.
Gli studi di Risse (2004) hanno invece evidenziato come l’identità nazionale ed europea non possano essere distinte perché coesistono e si influenzano a vicenda secondo l’immagine della “torta di marmo”, precedentemente illustrata62. In particolare, siccome “il sentirsi europeo”
varierebbe considerevolmente da persona a persona (a seconda dei connotati politici, ideologici, territoriali, culturali ecc.), più che rilevare se gli individui si identificano con l’Europa, secondo Risse, l’attenzione dovrebbe essere incentrata sull’essere cittadino dell’Unione Europea, in quanto istituzione che occupa uno spazio importante nella vita politica e sociale dei singoli Paesi. L’identità europea, definita come una empty conceptualization (ivi, p. 254), dovrebbe quindi essere sostituita da rifermenti all’Unione. Risse è tuttavia ben consapevole che un’Europa rappresentata in termini di appartenenza civica piuttosto che di appartenenza culturale o etnica presenti anch’essa alcune criticità. Da una parte, infatti, la percezione dei cittadini sull’Unione può essere molto debole: essa è considerata spesse volte come un’istituzione
61 Laffan (2004), nella sua ricerca sul personale che lavora in organi ed istituzioni dell’Unione Europea, ha messo in evidenza come chi vivesse a Bruxelles avesse sviluppato una forte consapevolezza delle proprie identità multiple, soprattutto nazionali e sovranazionali. Per Risse (2004), dato che i funzionari dell’UE dovevano spesso prendere delle decisioni che favorivano l’Unione a discapito del Paese di provenienza o viceversa, l’identità nazionale e quella europea erano in contrasto.
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lontana, le cui leggi vengono decise altrove e messe in pratica dagli organismi nazionali. Dall’altra, il conflitto con le singole politiche nazionali può creare elementi di distorsione negli atteggiamenti dei cittadini. Il discorso pubblico sull’Unione è, infatti, in molti Paesi caratterizzato dalla colpevolizzazione dell’UE quando si tratta di decisioni impopolari e difficili da prendere a livello nazionale (attraverso lo slogan ormai noto “ce lo chiede l’Europa”). Al contrario, quando si tratta di pubblicizzare il raggiungimento di alcuni risultati positivi ottenuti a livello sovranazionale, le autorità del singolo Paese cercano di prendere su di sé gran parte del merito.
Una ricerca particolarmente citata negli studi su questo argomento è quella di Bruter (2004). Essa si differenzia dalle precedenti perché presenta una doppia interpretazione dell’identificazione del singolo cittadino in una comunità politica: un’interpretazione culturale e una civica. La prima analizza le identità politiche nel senso di appartenenza del singolo cittadino ad un gruppo particolare e si riferisce all’idea di nazione, così come è stata riportata nei paragrafi precedenti. La seconda interpretazione, relativa alla sfera civica, analizza le identità politiche nel senso dell’identificazione del singolo cittadino con una struttura politica e si riferisce all’idea di Stato. Per il suo studio Bruter (2004) ha creato un questionario, somministrato a 212 studenti in Francia, Inghilterra e Paesi Bassi, che presentava domande relative a queste due prospettive. Le domande sull’identità civica europea riguardavano l’identificazione dei cittadini con i simboli dell’Unione Europea e il riconoscimento dell’importanza politica e istituzionale dell’UE nella definizione della cittadinanza. I quesiti relativi all’identità culturale europea, invece, non potendo fare riferimento a un insieme di valori condivisi, miravano solo a valutare la vicinanza relativa percepita dai rispondenti nei confronti degli altri europei e dei non-europei. Nonostante la distinzione di queste due differenti interpretazioni dell’identità europea presenti aspetti
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interessanti dal punto di vista teoretico, le variabili hanno presentato non poche criticità63.
La ricerca di Jamieson (2007), su di un gruppo di ragazzi tra i 18 e i 24 anni, mette in evidenza un altro elemento particolarmente comune negli studi sul tema dell’identità europea: tale identità, anche se associata a sentimenti di appartenenza positivi, viene generalmente presa in considerazione solamente nel momento in cui il singolo individuo viene sollecitato su questo argomento. Nessuno dei rispondenti, sia nella sua ricerca come in molte altre, aveva mai pensato al fatto di essere un europeo. Dalla ricerca di Jamieson (2007), inoltre, solo il 7% dei rispondenti dichiarava di avere una forte identità europea. Secondo loro, l’essere europeo implicava una visione più ampia dell’appartenenza all’Unione Europea, dell’UE nel mondo, della cooperazione politica ed economica tra gli Stati membri. Questi elementi, che si ricollegano per certi versi alle teorie cosmopolitiche, venivano tuttavia dati per scontati dagli studenti, senza fare espliciti riferimenti all’esistenza di un’unica comunità mondiale o di una cittadinanza globale.
Contrariamente alla ricerca di Jamieson (2007), dagli studi di Lutz et al. (2006) su alcuni dati di Eurobarometro è emerso come una crescente porzione di giovani nell’Unione Europea sostiene di possedere, anche se in una misura non ancora ben definita, un senso di identità europea non in conflitto con quella nazionale. Anche se il grado di consapevolezza di ciò può variare a seconda della nazionalità, del genere, della classe sociale e dell’età, questo dato confermerebbe come, in qualsiasi modo la si voglia considerare (personale, collettiva, sociale), l’identità europea non può essere in competizione con quella nazionale. Se l’identità stessa viene considerata come un processo
63 Si riporta per completezza un esempio di domanda del questionario relativa all’identità civica europea che meglio evidenzia queste criticità: “come reagiresti se vedessi qualcuno bruciare la bandiera dell’Europa?”. La scala comprendeva 4 alternative di risposta: “sarei scioccato e offeso”; “sarei scioccato ma non offeso”; “non ci farei attenzione”; “sarei felice”. Per quanto riguarda l’identità culturale europea, una delle domande che presentava aspetti di problematicità riguardava i campionati mondiali di pallavolo femminile. Ai rispondenti veniva chiesto di indicare per quale squadra avrebbero fatto il tifo. Ogni alternativa di risposta prevedeva una squadra europea che fronteggiava una squadra extra-europea. Secondo Bruter, fare il tifo per una squadra europea rappresentava una variabile del sentirsi europeo dal punto di vista culturale.
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aperto a nuove prospettive piuttosto che uno stato fisso e immutabile, ne discende che non può esserci tensione tra identità nazionale ed europea perché entrambe sono legate l’una all’altra. Questo legame rappresenta uno degli elementi di novità più complessi e, allo stesso tempo, più carichi di implicazioni per la ricerca futura.