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Lo sviluppo dell’identità nazionale nell’individuo

Atteggiamenti e valor

3. Identità nazionale e identità europea

3.1 L’identità nazionale

3.1.1 Lo sviluppo dell’identità nazionale nell’individuo

Secondo la prospettiva dello sviluppo cognitivo, l’idea di nazione risulta essere radicata all’interno dei concetti spaziali che iniziano a definirsi nel momento in cui il bambino inizia a esplorare il suo ambiente (Coles, 1986).

In uno studio ormai classico, Piaget e Weil (1957) hanno esaminato i processi cognitivi e affettivi sottesi allo sviluppo della relazione del bambino con il proprio Paese. Per comprendere come i bambini riuscivano a capire le unità geografiche e come essi le organizzavano entro gerarchie logiche, i due psicologi hanno intervistato 200 bambini ginevrini dell’età compresa tra i 5 e i 14 anni sulla consapevolezza e sui sentimenti verso la nazione di appartenenza. La conclusione di questo studio metteva in evidenza come la comprensione del proprio Paese segua la prevedibile progressione dello sviluppo cognitivo del bambino. In un primo momento, il bambino non possiede il decentramento necessario per apprezzare la misura in cui l’ambiente in cui vive sia in relazione con il Paese. Successivamente, tra i 7 e gli 11 anni, durante lo stadio delle operazioni concrete, i bambini cominciano a capire la nozione di Paese come unità geografica e la nozioni di città come una parte del Paese. La comprensione delle relazioni geografiche risulta essere completa nel bambino solo nello stadio delle operazioni formali, verso i 12 anni.

Tuttavia, a causa dell’influenza della dimensione affettiva e dell’importanza dell’attaccamento emotivo al proprio Paese, lo sviluppo cognitivo può non sempre seguire tutti i passaggi della progressione che sono stati appena esposti2. La componente affettiva di questa relazione è descritta da Piaget e

Weil come un processo di transizione da uno stadio di egocentrismo, in cui la

2 È possibile dunque che, nei casi in cui la relazione del bambino con il proprio Paese sia particolarmente intensa o in cui sia presente un conflitto che riguarda il gruppo nazionale o culturale del bambino, questo processo possa svilupparsi secondo un percorso differente.

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concezione del proprio Paese da parte del bambino è essenzialmente legata alle sue impressioni egocentriche, a uno stadio di oggettività e reciprocità, in cui la relazione con il Paese è basata su idee collettive e su una comprensione oggettiva. In questa progressione è inoltre presente uno stadio intermedio che Piaget definisce come “stadio socio-centrico”, in cui il bambino acquisisce il punto di visto più o meno incontrastato della propria famiglia di provenienza o della comunità in cui vive. In questo stadio intermedio, dunque, l’attaccamento della famiglia alla nazione di appartenenza e le tradizioni iniziano a prevalere rispetto alle impressioni soggettive iniziali e il Paese diventa la propria “terra madre”. Nello stadio finale della maturità e dell’indipendenza, il bambino corregge le distorsioni elaborate dalla comunità e giunge a uno stabile senso di ideali collettivi generali, giustificando il proprio attaccamento alla nazione. Secondo Piaget, in questo ultimo stadio il bambino capisce che esiste una comunità con i suoi valori, distinti da quelli della famiglia, della città di appartenenza o di qualsiasi altra realtà concreta. Egli, dunque, identifica una scala di elementi al cui vertice sono presenti quelli relativamente astratti e, allo stesso tempo, riesce a integrare relazioni spazio- temporali e logiche nell’insieme visibile costituito dalla realtà proprio Paese.

Tra i molteplici studi che sono stati condotti sul tema della percezione dell’identità nazionale da parte dell’individuo, quelli realizzati da una prospettiva psicoanalitica e psicodinamica hanno evidenziato come alla base della relazione dell’individuo con il proprio Paese sia presente un’immagine materna, che influenza i sentimenti per la propria nazione. Quest’ultima è dunque interpretata come una parte di terra che ha fatto nascere l’individuo, che lo sostiene, lo nutre e che risponde ai suoi bisogni (Feldman, 1959; Jones, 1964).

Altri teorici psicodinamici hanno effettuato alcune analisi sulla relazione tra il singolo e la nazione in una prospettiva psicosociale più ampia. Tra questi, Erik Erikson (1968) ha esaminato il rapporto tra il bambino e la società in

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termini di identità di gruppo e di identità del sé. Facendo riferimento alle riflessioni di Freud sull’identità ebraica, Erikson sostiene che il termine “identità” determini il legame dell’individuo con quegli unici valori promossi dall’unica storia del suo popolo. Essa conferisce all’individuo la sicurezza e la conoscenza del luogo a cui appartiene, un senso di continuità immediata ed una connessione, attraverso i propri familiari, con i propri connazionali. In questo senso, l’identità nazionale o l’attaccamento dei bambini verso il proprio Paese può essere interpretato come uno strumento del sé, un elemento quindi alla base dello sviluppo della personalità.

Le ricerche dei sociologi e degli esperti di scienza politica su questo tema, si sono invece concentrate sull’analisi della socializzazione politica o sulle modalità con cui i bambini acquisiscono gli atteggiamenti politici. La conclusione a cui sono giunti individua un forte legame tra i bambini e i loro genitori: i primi svilupperebbero i loro atteggiamenti politici proprio dagli adulti, attraverso l’osservazione e la ripresa dei modelli dei più grandi. L’età di formazione della socializzazione politica viene individuata tra i 3 e i 13 anni (Easton e Dennis, 1965). I sentimenti in relazione al proprio Paese sono solitamente positivi e stabiliti molto prima rispetto alla comprensione da parte dei bambini del significato della nazione come entità politica (Parker e Kaltsounis, 1986).

Lo studio di Hess e Tomey (1967) su 12.000 alunni delle scuole elementari in otto città statunitensi ha messo in evidenza come la relazione dei bambini con il proprio Paese si sviluppi a partire da una vaga comprensione dell’attaccamento alla propria nazione, caratterizzata da elementi di positività, per arrivare, alla fine delle scuole elementari, a un legame emotivo più informato, estremamente resistente al cambiamento. Tuttavia, mentre questa prospettiva relativa all’apprendimento sociale enfatizza il ruolo dell’adulto in qualità di modello che determina questa relazione, essa pone poca attenzione al ruolo del bambino come agente indipendente nel processo di

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socializzazione, caratterizzato da un ruolo attivo nel costruire la sua conoscenza politica attraverso le sue interazioni e le esperienze con l’ambiente in cui vive (Nugent, 1994). Lo sviluppo delle relazioni del bambino con il proprio Paese è senza dubbio influenzato dall’ambiente sociale e culturale in cui si realizza la socializzazione. Le ricerche sui differenti impatti dei processi della socializzazione devono dunque tenere in considerazione che il processo di sviluppo è interazionale e devono riconoscere che il contesto storico-sociale in cui tale processo si verifica riveste un’importanza significativa (Valsiner, 1989).