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2. Educazione alla cittadinanza, educazione alla cittadinanza globale

2.3 La cittadinanza globale

2.3.1 Una complessa concettualizzazione

Il dibattito sulla definizione dell’espressione “cittadinanza globale” risulta particolarmente variegato e complesso. Un tentativo di categorizzazione dei diversi approcci relativi a questo tema è rappresentato dall’analisi di Oxley e Morris (2013) di gran parte della recente letteratura accademica.

Da questa ricerca emergono due differenti tipologie di cittadinanza globale. La prima è connotata da elementi cosmopolitici.

Osler e Starkey (2005, 2008), tra i fautori dell’educazione alla cittadinanza cosmopolita, evidenziano il radicale cambiamento di significato che comporta

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l’introduzione del termine “cosmopolita” in relazione al concetto di cittadinanza, trasformando quest’ultimo da una serie di diritti ben definiti (Marshall, 1950) o di attributi (Cogan, 2000) a uno “status, a feeling and a practice at all levels, from local to the global” (Osler, 2011, p. 2).

Oxley e Morris, facendo riferimento alle ricerche di Peters et al. (2008) e Waks (2008) individuano in questa prima tipologia di cittadinanza globale quattro distinte concettualizzazioni: la cittadinanza globale politica, morale, economica e culturale.

All’interno della cittadinanza globale politica sono presenti tre orientamenti principali: quello relativo alla nascita di uno stato mondiale (Carneiro, 2004; Chase-Dunn e Inoue, 2012; Wendt, 2003; Yunker, 2011); l’orientamento

radicale anarco-cosmopolita33; quello della democrazia cosmopolita.

Quest’ultima, la più diffusa all’interno del dibattito su questo argomento, promuove la nascita di una governance globale basata sulla democratizzazione e sul rafforzamento di alcune organizzazioni sovra-nazionali, quali ad esempio le Nazioni Unite, per promuovere nuove forme di cooperazione e a una nuova giustizia sociale globale (Held 1995, 2004; McGrew, 1997; Dower, 2000, 2003; Linklater, 1998; Archibugi, 2008).

La cittadinanza globale politica è tuttavia considerata da alcuni come una nuova forma di imperialismo, che si manifesta nella sua intrinseca prospettiva universalista, vale a dire nel concetto, che è nato e si è sviluppato in Occidente, secondo cui tutti gli uomini possano condividere gli stessi valori fondamentali (Arneil, 2007; Tully, 2008). Per Tully (2008) in particolare, la cittadinanza globale politica viene definita “modern civil citizenship34” (p. 26) ed è

33 Secondo tale ideologia per realizzare il cosmopolitismo è necessaria una società socialista libertaria (Gabay, 2008) o fondata su di una società civile globale (Herzog, 2004), le uniche in grado di superare gli interessi egoistici del singolo individuo per perseguire il bene comune.

34 Alla modern civil citizenship, fondata su di una concezione di cittadinanza come “status”, Tully contrappone la

diverse civic citizenship, basata sulla pratica della negoziazione e sulla partecipazione attiva dei singoli cittadini. La

differenza di significato tra queste due forme di cittadinanza globale riprende la differenza che intercorre tra gli aggettivi “civile” (riferito a ciò che si basa su leggi prestabilite) e “civico” (riferito a ciò che si basa su attività direttamente riferite alla civitas, alla collettività a cui il cittadino appartiene).

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ritenuta una diretta conseguenza degli orientamenti imperialistici occidentali, perché considera la tipologia di cittadinanza presente nelle società occidentali, con i relativi apparati giuridici e istituzionali, universale e superiore rispetto alle altre. Data questa convinzione, le società occidentali si sentirebbero autorizzate a modificare le altre società dotate di forme di cittadinanza giudicate “inferiori”, imponendo i propri sistemi istituzionali e giuridici e impedendo qualsiasi tipo di protesta a riguardo. In questo modo

“[…] modern citizenship has not tended to democracy, equality and perpetual peace, but to informal imperialism, dependency, inequality and resistance” (Tully, 2008 p. 28).

Il secondo tipo di cittadinanza globale cosmopolita è la cittadinanza globale morale. Basata sulle teorie classiche del cosmopolitismo, dagli stoici greci a Kant, e fondata sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, è particolarmente diffusa nel dibattitto accademico internazionale. In essa, Waks (2008) identifica due forme di cosmopolitismo morale: gli strong cosmopolitans, secondo i quali le obbligazioni sono moralmente arbitrarie e il patriottismo, ad esempio, è moralmente inaccettabile (Nussbaum, 1996; Dower, 1998; MacIntyre, 1998; Singer, 2004) e i new (or rooted) cosmopolitans, che rivendicano una forma di etica globale morale che riconosca i legami degli individui alla comunità e al territorio di appartenenza come presupposti fondamentali per un impegno morale verso gli altri esseri umani (Appiah, 2006; Beck, 2006; Kymlicka e Walker, 2012).

L’interpretazione in chiave economica della cittadinanza globale è invece particolarmente contestata. Da una parte alcuni teorici sostengono che essa sia fondata sui presupposti dell’individualismo, della competizione, del capitale umano e sulle teorie economiche neo-liberiste e che miri alla crescita economica globale e al consumismo, non tenendo in considerazione i principi cardine del cosmopolitismo morale e politico (Falk, 1993; Isin e Wood, 1999;

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Roman, 2004; Szelényi e Rhoads, 2007). Altri invece rivendicano un suo aspetto moralmente impegnato facendo riferimento ai programmi di responsabilità sociale d’impresa (Schattle, 2008) oppure introducendo l’espressione “Global Business Citizenship”, che permetterebbe al mondo delle imprese di contribuire a realizzare una globalizzazione benefica ed equa attraverso modelli di business eticamente responsabili (Logsdon e Wood, 2005).

Infine, la cittadinanza globale culturale fa riferimento alla capacità di apertura nei confronti dell’altro, all’interesse per le culture differenti dalle proprie e all’esperienza diretta di queste ultime attraverso viaggi, relazioni personali e letture, per arrivare in ultima istanza alla formazione di una identità personale cosmopolita (Waks, 2008). Per De Ruyter e Spiecker (2008) essa consiste nel saper valutare le differenti culture attraverso una “prospettiva etica” (ivi, p.358) e cioè attraverso il rispetto dei diritti degli altri e la valutazione delle qualità politiche, sociali e morali delle società35.

La seconda concettualizzazione di cittadinanza globale individuata da Oxley e Morris è caratterizzata dall’advocacy36 e presenta un approccio più relativista rispetto alla precedente tipologia cosmopolita. Anch’essa comprende quattro sotto-concettualizzazioni: la cittadinanza globale sociale, critica, ambientale e spirituale.

La cittadinanza globale sociale fa riferimento alle attività dei movimenti transnazionali generati dalla nascita di una società civile globale. Le sue basi

35 Nonostante l’inclusione dettagliata di autori e teorie di riferimento, le differenze tra questa concezione di cittadinanza globale e quella morale appaiono molto labili.

36 Il termine inglese advocacy ricorre con una certa frequenza nella lingua italiana, in particolare nel lessico delle organizzazioni che operano per la tutela e la promozione dei diritti. Esso indica l'insieme di azioni con cui un soggetto collettivo sostiene attivamente la causa di qualcun altro, in ambito giudiziario ma anche politico. Viene usato nei campi più disparati, dal marketing allo studio delle politiche pubbliche, dal campo della salute a quello del volontariato, dalla formazione al ruolo della difesa e promozione dei diritti. Il denominatore comune delle sue numerose accezioni è la presenza di azioni di soggetti collettivi (ad esempio delle associazioni), a vantaggio di terzi che non necessariamente ne fanno parte.

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teoriche sono complesse e riguardano campi quali il femminismo e il multiculturalismo (Falk, 1993; Banks, 2008 a).

La cittadinanza globale critica, per alcuni aspetti simile a quella sociale, è basata sulle teorie e sugli studi post-coloniali (Said, 1978; Spivak, 1988) ricollegandosi a quella che Tully (2008) definisce diverse civic citizenship. Una concezione critica della cittadinanza globale mira a promuovere una contro- egemonia mondiale, mettendo in evidenza la destrutturazione delle strutture oppressive globali e generando trasformazioni sociali (Abdi e Shultz, 2008; Andreotti, 2006; Arneil, 2007; Roman, 2004)37.

La complessità e la natura globale dei temi ecologici sono invece al centro dell’accezione di cittadinanza globale ambientale e riguardano tutta una serie di iniziative che possono essere realizzate a livello, politico, aziendale (soprattutto nel caso delle multinazionali) o della società civile (Jelin, 2000; Dobson, 2006; Richardson, 2008)38.

Come per la tipologia legata alle tematiche ambientali, anche la tipologia di cittadinanza globale spirituale va oltre le forme politiche, sociali, morali e culturali delle precedenti accezioni per promuovere una connessione olistica tra la fede o le emozioni e le nostre relazioni con il mondo, riflettendo in questo modo concezioni legate all’insegnamento religioso e umanistico. La cittadinanza globale spirituale fa riferimento alle nozioni di “amore”, “caring”, “risveglio spirituale” presenti nei lavori di Noddings (2003), Golmohamad (2008) e Lindner (2012).

Sebbene la catalogazione di Oxley e Morris metta in evidenza la complessità insita nella definizione del concetto di “cittadinanza globale”, essa non è tuttavia priva di alcuni limiti e criticità. In alcuni punti della ricerca, infatti, l’individuazione di categorie teoriche ben definite sembra essere determinata

37 Questa concettualizzazione presenta molti aspetti in comune con quelle della cittadinanza globale morale e politica.

38 Anche questa tipologia di cittadinanza globale presenta elementi di comunanza con altri tipi di cittadinanza globale, in particolare quella sociale, anarco-cosmopolitica e morale.

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principalmente sulla base degli autori che le sostengono piuttosto che sui contenuti e sulle relative aree di interesse tematico. Molte sono difatti le sovrapposizioni concettuali e tematiche, soprattutto relative alla seconda tipologia di cittadinanza globale39.

Considerando poi aspetti che esulano dalle categorie teoriche individuate da Oxley e Morris, è importante sottolineare la quasi impossibilità (ad oggi, dato l’ampio dibattito sul tema) di applicare rigidi modelli teorici ad un fenomeno estremamente variegato per teorie, contesti politici, economici e socio-culturali di riferimento. Al di là degli impianti teorici, infatti, il tema della cittadinanza globale presenta molteplici sfumature e combina parti delle categorie indicate dai due autori con esiti difficilmente catalogabili.