• Non ci sono risultati.

6.2 – LEGGI ELETTORALI REGIONALI

6.2.1 – COERENZA TRA FORMA DI GOVERNO E LEGGE ELETTORALE

Espresso in estrema sintesi, il concetto fondamentale del tema qui affrontato è il seguente: la determinazione della forma di governo regionale, che è nella disponibilità del Consiglio tramite la predisposizione e/o la modifica dello Statuto, può assumere alcune, predeterminate442, forme, ma comporta che la legge elettorale segua e assecondi la scelta compiuta dal Consiglio in sede statutaria. La Corte, infatti, nelle sentenze in cui si trattava dell’approvazione della legge elettorale e della sua relazione con il nuovo Statuto443, ha più volte ribadito che la necessaria approvazione del primo anteriormente alla seconda è dovuta non solo all’esplicito comando dell’art. 5, l. cost. 1/99 (che prevede la disciplina transitoria della l. 43/95 “fino alla data di entrata in vigore dei nuovi statuti regionali e delle nuove leggi elettorali”), ma anche alla necessità di coordinare la fonte inferiore con quella superiore444.

Pertanto, l’esame che qui si deve compiere consiste nella valutazione di coerenza tra la forma di governo disegnata dallo Statuto (sostanzialmente, “parlamentare” o “(semi)presidenziale”) e il meccanismo previsto dalla legge elettorale. È importante notare che non basta semplicemente compiere la tradizionale associazione logica proporzionale-parlamentare e maggioritario-(semi)presidenziale, ma verificare in concreto se l’effetto delle norme elettorali permetta la piena realizzazione della forma di governo prescelta.

Appare immediatamente evidente che, sulla carta, quasi tutte le Regioni hanno un sistema che garantisce al Presidente eletto la maggioranza in Consiglio, permettendogli di governare senza timore della fine anticipata della consiliatura. Anche l’analisi storica conferma questa tendenza: dalle riforme degli anni 1999-2001, gli scioglimenti anticipati del Consiglio sono stati essenzialmente determinati da scandali giudiziari e giornalistici o, più raramente, dalla volontà di anticipare le elezioni di qualche mese (come in

442 Questo perché la Costituzione impone, nel caso si preveda l’elezione diretta del Presidente della Giunta (che è la norma di default ex art. 122.5), la regola del simul stabunt, simul cadent (Cost., art. 126.3) sostanzialmente solo due modelli: quello attuale, definito dalla dottrina maggioritaria “neoparlamentare”, e quello parlamentare che era la regola prima della riforma del Titolo V. Ulteriore conferma di quanto già traspare dal testo costituzionale viene dalla sentenza 2/04 relativa alla Calabria, di cui si è dato conto nei capitoli III e IV.

443 Sent. 45/11 in relazione alla Basilicata. Giova ricordare invece che nelle sent. 3/06 (relativa alle Marche) e 4/10 (Campania), la Corte ha ammesso la validità di leggi elettorali elaborate prima (ma con clausole di sospensione dell’efficacia fino all’approvazione dello Statuto) o durante l’approvazione dello Statuto.

444 A questo fine, la disposizione della lettera a) dell’art. 4 della l. 165/04 non è così dirimente (lo sarà invece nel prossimo paragrafo), perché non impone alle Regioni di garantire la governabilità, ma solo di favorirla.

122

Friuli nel 2008), e non per l’attivazione puramente “politica” della clausola simul stabunt, simul cadent. Nella tabella che segue sono riportate tutte le tornate elettorali delle Regioni e delle Province autonome a far data dalla riforma del titolo V. In rosso sono indicati gli scioglimenti (e successive elezioni) per fattori esterni (vicende giudiziarie e non) che hanno portato alle dimissioni del Presidente, in verde quelli dovuti a dichiarazione di invalidità delle elezioni, in blu quelli dovuti a fattori effettivamente politici (mozione di sfiducia o dimissioni per evitarla o dimissioni contestuali della maggioranza del Consiglio). Infine, gli scioglimenti per cause diverse saranno arancioni. Si vede come solo in due casi (Sardegna 2009 e Lombardia 2013), le elezioni anticipate sono direttamente riconducibili ad una divergenza politica tra il Presidente eletto e la sua maggioranza consiliare.

REGIONE ELEZIONI ABRUZZO 2005 2008445 2014 2019446 BASILICATA 2005 2010 2013447 2019 BOLZANO 2003 2008 2013 2018 CALABRIA 2005 2010 2014448 2019449 CAMPANIA 2005 2010 2015 2020 EMILIA-ROMAGNA 2005 2010 2014450 2019 FRIULI-VENEZIA GIULIA 2003 2008 2013 2018 LAZIO 2005 2010451 2013452 2018 LIGURIA 2005 2010 2015 2020 LOMBARDIA 2005 2010 2013453 2018 MARCHE 2005 2010 2015 2020 MOLISE454 2006 2011 2013455 2018 PIEMONTE 2005 2010 2014456 2019 PUGLIA 2005 2010 2015 2020 SARDEGNA 2004 2009457 2014 2019

445 Il Presidente Del Turco si dimise in seguito all’arresto per un’inchiesta giudiziaria in materia di tangenti sanitarie.

446 Il Presidente D’Alfonso si dimise poco prima della scadenza del mandato naturale per incompatibilità con la carica di senatore.

447 Scioglimento anticipato causa dimissioni del Presidente De Filippo, per l’inchiesta cd. “Rimborsopoli”.

448 A causa delle dimissioni del Presidente Scopelliti, condannato in primo grado per abuso d’ufficio e falsificazione dei bilanci del Comune di Reggio Calabria.

449 La Presidente Santelli è improvvisamente deceduta, determinando così lo scioglimento automatico del Consiglio.

450 Scioglimento per dimissioni del Presidente Errani a seguito della condanna, poi annullata, per l’inchiesta “Terremerse”.

451 In realtà, nonostante le dimissioni del Presidente Marrazzo per un noto scandalo, la vicinanza con la tornata elettorale ordinaria permise di evitare lo scioglimento anticipato.

452 Scioglimento anticipato causa dimissioni della Presidente Polverini, per l’inchiesta cd. “Rimborsopoli”.

453 Scioglimento anticipato causa dimissioni di più della metà del Consiglio, in seguito alle vicende, senza dubbio politiche, causate dall’arresto dell’assessore Zambetti e alla minaccia, in realtà rientrata, della Lega, di far saltare la Giunta.

454 Le elezioni precedenti, nel 2000, erano state annullate dal TAR e ripetute nel 2001, pertanto il Molise da subito risultò sfalsato rispetto alle altre Regioni ordinarie, che erano finora tutte rimaste fedeli al mandato quinquennale fin dal 1970.

455 Il TAR annullò le elezioni del 2011 a causa dell’irregolarità nella presentazione delle firme per alcune liste che sostenevano il Presidente eletto Iorio.

456 Il TAR annullò le elezioni del 2010 a causa dell’irregolarità nella presentazione delle firme per la lista “Pensionati per Cota”.

457 Il Presidente Soru si dimise in protesta con la sua maggioranza consiliare per il mancato passaggio di una parte della legge urbanistica.

123 SICILIA 2006 2008458 2012459 2017 TOSCANA 2005 2010 2015 2020 TRENTO 2003 2008 2013 2018 UMBRIA 2005 2010 2015 2019460 VALLE D'AOSTA 2008 2013 2018 2020461 VENETO 2005 2010 2015 2020

Ripercorrendo rapidamente i sistemi regionali esposti nel capitolo IV, si nota facilmente come, da un punto di vista matematico, tutte le Regioni a Statuto ordinario (eccetto Piemonte – per inattività del premio del Tatarellum – Liguria, Marche e Lazio), la Provincia di Trento e il Friuli consentono al candidato Presidente eletto direttamente dal corpo elettorale di disporre sempre di una maggioranza che, sulla carta, gli permetta di governare agilmente (di norma compresa tra il 55 e il 60% dell’aula consiliare). Al contrario, la Provincia di Bolzano non ha sostanzialmente alcun correttivo (non solo maggioritario, ma neanche “razionalizzante”) al proporzionale, mentre, rispettivamente, la Valle d’Aosta e la Sardegna (come le Marche) hanno un premio solo eventuale e la Sicilia ha un premio fisso che può non essere sufficiente a garantire la maggioranza.

È evidente tuttavia che nessuna questione di coerenza si pone né per le 11 Regioni ordinarie con sistemi

majority assuring, che realizzano in pieno (e, come abbiamo visto, anche nei fatti) la forma di governo

(semi)presidenziale, né, per lo stesso motivo, per il Friuli e la Provincia di Trento, né per la Provincia di Bolzano o per la Valle d’Aosta, che invece ricorrono all’investitura indiretta del Presidente, e come tali non sono tenute a garantire in modo particolare la governabilità (intesa qui come la garanzia di una maggioranza politica in Consiglio). Queste ultime sono solo soggette a quanto previsto già dalla l. cost. 2/01, ovvero la fissazione di un limitato periodo di tempo per l’individuazione del Presidente, scaduto il quale si torna ad elezioni462, mentre nella sola Valle d’Aosta si può attivare il difficilmente raggiungibile premio di maggioranza, che permette un’ulteriore razionalizzazione del sistema parlamentare. Va notato come, al di là del sistema elettorale scelto, la Provincia autonoma di Bolzano non abbia mai sperimentato lo scioglimento anticipato del Consiglio.

La questione è leggermente più complessa per la Sicilia e la Sardegna, dove, nel primo caso, il premio di 7 seggi può non essere sufficiente ad ottenere la maggioranza463 e, nel secondo, se il candidato eletto ottiene

458 Scioglimento anticipato dovuto alla condanna del Presidente Cuffaro per favoreggiamento e rivelazione di segreti d’ufficio.

459 Il Presidente Lombardo si dimise senza dubbio per l’inchiesta che lo vedeva imputato di voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa, ma anche a causa dell’incapacità dimostrata dall’Ars di operare la spending review richiesta dal Governo Monti.

460 La Presidente Marini si è dimessa perché indagata nella presunta mal gestione dei concorsi dell’ospedale di Perugia.

461 Il Presidente Antonio Fosson, coinvolto nell'indagine Egomnia sul voto di scambio politico-mafioso insieme ad altri politici che siedono e sedevano in Consiglio regionale, si è dimesso nel dicembre del 2019, ma nessun esponente politico è riuscito a coagulare intorno a sé una maggioranza alternativa.

462 “Nel caso in cui il Presidente della Regione sia eletto dal Consiglio della Valle, il Consiglio è sciolto quando non sia in grado di funzionare per l’impossibilità di formare una maggioranza entro sessanta giorni dalle elezioni o dalle dimissioni del Presidente stesso.” Statuto Valle d’Aosta, art. 15. Il sistema, molto simile a quello che caratterizza la formazione del Governo in Spagna, è un evidente tentativo di incentivare la creazione di coalizioni anche in mancanza di una chiara maggioranza, nella serena certezza che, alla peggio, le eventuali dimissioni del Presidente non determineranno la caduta del Consiglio.

463 Per esempio, l’attuale Presidente Nello Musumeci può contare solo su 36 deputati, uno in più della metà, e già sono apparsi i segni di difficoltà nel passaggio della Finanziaria 2019. Si veda “Ars, maggioranza in tilt: governo battuto

124

meno del 25% dei voti, non scatta nessun premio. Se, da un lato, evidentemente questi sistemi tutelano l’uguaglianza in uscita del voto ben più dei sistemi maggioritari delle altre Regioni, è anche vero che la riforma costituzionale del 2001 ha introdotto anche in queste Regioni il simul stabunt464, per cui c’è il non indifferente rischio che un candidato Presidente, eletto con una modesta maggioranza relativa, non sia in grado di evitare l’immediata sfiducia del Consiglio/ARS, inaugurando un potenzialmente infinito ciclo di elezioni e scioglimenti degli organi regionali, ben più rapido di quello che potrebbe ugualmente instaurarsi qualora il Presidente fosse invece eletto dal Consiglio.

Per queste due Regioni, tuttavia, difficilmente la Corte potrebbe ritenere incostituzionale la disciplina elettorale “nella parte in cui non prevede” un meccanismo atto a formare maggioranze obbligate: innanzitutto, da un punto di vista di stretta giustizia costituzionale, nelle sentenze additive la Corte non è atta a (e si rifiuta notoriamente di) scrivere norme che non siano, in qualche modo, già “prefigurate” dal legislatore465, specie quando un certo risultato costituzionalmente lodevole può essere raggiunto in una molteplicità di modi466; secondariamente, richiamando la sent. 193/15, la Corte non si è mostrata entusiasta nel censurare storture che si verificherebbero in casi ipotetici467; in terzo luogo, si sta comunque parlando di Regioni a Statuto speciale, che hanno esercitato una potestà esclusiva loro riconosciuta dallo Statuto quando hanno scritto la loro legge elettorale, a motivo della quale un intervento diretto della Consulta sarebbe ancora meno probabile. Infine, va ricordato che la l. 165/04, ammesso che sia applicabile alle Regioni speciali in virtù dell’inciso “in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica” (posto come condizione dell’esercizio della potestà legislativa regionale), impone solo di “agevolare” la creazione di maggioranze stabili, cosa che, a tutti gli effetti, entrambe le discipline fanno, pur senza garantirla.

Un discorso parzialmente diverso è fattibile, a parere di chi scrive, riguardo alla Liguria, alle Marche e al Lazio (e, per i motivi di cui sopra, anche al Piemonte): in queste Regioni, se il candidato Presidente eletto ottiene meno del 34% o del 30% (circa) dei voti, rispettivamente, non ottiene la maggioranza in Consiglio, esponendosi pertanto ad una – ragionevolmente probabile – mozione di sfiducia istantanea. I giudici costituzionali incontrerebbero probabilmente meno ostacoli ad intervenire su queste due leggi, in particolar modo su quella marchigiana: in un sistema sostanzialmente tripolare, come quello attuale, la probabilità che il candidato vincitore sistematicamente non arrivi alle percentuali indicate non è indifferente, e le soglie di sbarramento (al 5 e 3%, rispettivamente, per coalizioni e liste) impediscono nei fatti che ci siano in Consiglio altre forze a cui rivolgersi per costituire una maggioranza post-elettorale468.

e aula rinviata”, La Repubblica – Palermo, 26/6/19, in cui si riferisce che la maggioranza ha imputato la sconfitta del Governo nella votazione su due articoli al malfunzionamento del sistema di voto.

464 Statuto Sicilia, artt. 8-bis e 10; Statuto Sardegna, artt. 15 e 35.

465 Le famose “rime obbligate”.

466 Nel caso della Sardegna, potrebbe sembrare più agevole la questione, perché basterebbe cancellare le parole che prevedono la soglia minima al 25%. Tuttavia, ciò è linguisticamente impossibile senza far perdere di significato al testo dell’art. 13 della l. r. 1/13, che recita: “[si assegna alla coalizione del candidato eletto] il 55 per cento dei seggi del Consiglio regionale se il presidente proclamato eletto ha ottenuto una percentuale di voti compresa tra il 25 ed il 40 per cento.… Qualora la percentuale di voti di cui al comma 1 sia pari o superiore al 60 per cento e la coalizione o il gruppo non coalizzato collegati al presidente proclamato eletto abbiano anch'essi ottenuto una percentuale pari o superiore al 60 per cento della somma dei voti validi dei gruppi di liste ammessi all'attribuzione dei seggi ovvero, nel caso in cui la percentuale di cui al comma 1 sia inferiore al 25 per cento, tutti i seggi sono ripartiti proporzionalmente fra tutti i gruppi di liste ammessi al riparto con le modalità di cui all'articolo 16.”

467 Né il Presidente siciliano, né quello sardo, ad oggi, sono privi di maggioranza nei rispettivi Consigli.

468 Dando per scontata l’impossibilità di una sorta di “grande coalizione” alla tedesca tra due delle tre forze principali, visto il grado di eccezionale polarizzazione e demonizzazione dell’avversario in cui ci troviamo. Giova ricordare che nelle Marche, le ultime elezioni regionali hanno visto la vittoria del centrosinistra con il 41%, seguito dal M5S con il

125

Depone infine a favore di un possibile intervento sulla legislazione delle Marche la formulazione dell’art. 19, quarto comma, lettera g), della l. r. 27/04, che assegna “16 seggi se la coalizione vincente ha riportato una cifra elettorale regionale pari o superiore al 34% ed inferiore al 37% della somma delle cifre elettorali regionali riportate dalle coalizioni”, rendendo molto semplice alla Corte un intervento ablativo chirurgico469. Ben più difficile sarebbe invece agire sulla legislazione del Lazio, che prevede l’elezione separata di un quinto dei consiglieri, sulla base del risultato proporzionale degli altri quattro quinti470.

Ciò detto, si tratterebbe comunque di un intervento estremamente improbabile, visti sia l’ampia discrezionalità concessa al legislatore (qui regionale) in materia elettorale sia il linguaggio della l. 165/04, che contiene un’esplicita differenziazione tra l’agevolare la governabilità e, invece, il garantire la partecipazione delle minoranze, facendo propendere decisamente per la non vincolatività del primo requisito, a differenza del secondo.