La Corte di Cassazione ha più volte affrontato la materia elettorale, anche se, da tribunale di ultima istanza e con funzione nomofilattica, da un punto di vista decisamente differente da quello della Corte costituzionale: per quanto la legge le riconosca particolari poteri, anche di cognizione diretta, in questo ambito265, la stragrande maggioranza dei casi affrontati dalle Sezioni Unite266 ha avuto come oggetto il regolamento di giurisdizione tra giudice amministrativo e ordinario267.
260 Che garantisce indefettibilmente una sovrarappresentazione al partito di maggioranza relativa grazie alla combinazione di collegi maggioritari disegnati ad arte e quota proporzionale con soglia di sbarramento al 5%. In realtà, il sistema ungherese è molto più simile al Mattarellum che all’Italicum e le parti private sembrano aver puntato più alla nefasta nomea delle elezioni ungheresi che ad una qualsiasi forma di confronto tra i due sistemi. La Corte tuttavia cita testualmente la memoria di parte, in cui si descrive l’Ungheria come “«“forse” non un modello da imitare»”. Id., Ritenuto in fatto, § 10.1.
261 Sempre l’esempio francese permette di distinguere tra l’elezione, con secondo turno di ballottaggio, del Presidente della Repubblica, che ha consistenti poteri di nomina e di influenza sulla compagine governativa, e il sistema dell’Italicum: esiste comodamente la possibilità che il partito del Presidente non ottenga la maggioranza all’Assemblea Nazionale, come già successo in passato nei periodi di cohabitation.
262 In teoria, l’unico sbarramento all’accesso al ballottaggio era rappresentato dal 3% a livello nazionale necessario per partecipare alla distribuzione dei seggi.
263 Altra parte considera il ballottaggio tra liste semplicemente incostituzionale per se. Si veda L. Spadacini, “I limiti alla discrezionalità del legislatore in materia elettorale desumibili dalla sentenza della Corte costituzionale”, in
forumcostituzionale.it, 1/2014, p. 4 ss.
264 Si veda sempre Casanova, Spadacini, op. cit.
265 “Il Tribunale, la Corte di appello, la Sezione per il contenzioso elettorale, il Consiglio di Stato e la Corte di cassazione, quando accolgono i ricorsi, correggono il risultato delle elezioni e sostituiscono al candidati illegalmente proclamati, coloro che hanno diritto di esserlo”, L. 23/12/1966, n. 1147, Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo, GU n. 329 del 31/12/1966, art. 4. Cfr. Corte di Cassazione, Sez. I civ, sent. 19/03/2014, n. 6298: “Si deve osservare, infine, come, nei ricorsi in materia elettorale, i limiti della discrezionalità del giudice del rinvio vadano adeguati per tenere conto dei poteri di merito, eccezionalmente affidati alla Corte di cassazione: dal momento che, infatti, la Corte è in tali casi giudice non solo di legittimità ma anche di merito - ed a tal fine dispone, nell'ambito delle risultanze probatorie già acquisite nei precedenti gradi, di poteri di diretta cognizione e analisi dei fatti di causa - la censura di difetto di motivazione della sentenza impugnata non è deducibile in via autonoma, o,
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Esistono tuttavia alcune decisioni della Suprema Corte che hanno rilevanza ai nostri fini, in quanto stabiliscono esplicitamente alcuni tratti necessari dei sistemi elettorali e/o permettono di individuare meglio la collocazione di queste norme nell’ordinamento.
Innanzitutto, la Cassazione ha provveduto, in ossequio alle norme di legge (il Codice del Processo Amministrativo, d.lgs. 104/10, dedica l’intero titolo VI del libro IV, “Procedimenti speciali”, al contenzioso elettorale), a delimitare la rispettiva capacità di conoscere le dispute tra giudice ordinario e amministrativo. Nonostante la specialità, chiaramente indicata dal c.p.a., del procedimento giurisdizionale in materia elettorale, la Cassazione ha più volte ribadito che
nelle controversie in materia di elezioni [amministrative, europee e regionali] la giurisdizione è ripartita tra il giudice amministrativo e quello ordinario in relazione al criterio di riparto del doppio binario, in rapporto, cioè, alla consistenza della situazione giuridica di diritto soggettivo o di interesse legittimo della quale si chiede la tutela, atteso che la giurisdizione amministrativa in materia di contenzioso elettorale non è esclusiva268. Per conseguenza, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie afferenti a questioni di ineleggibilità, decadenza ed incompatibilità dei candidati, perché concernenti diritti soggettivi di elettorato passivo, mentre appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo le questioni attinenti alla regolarità delle operazioni elettorali, in quanto relative a posizioni di interesse legittimo, giusta il [C.p.a., art. 126], a norma del quale "il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all'elezione dei membri del Parlamento Europeo spettanti all'Italia";269
Sempre in merito alla giurisdizione, tuttavia, la Cassazione si è anche occupata della riserva contenuta nell’art. 66 Cost.: la questione è particolarmente spinosa perché, dato per scontato che la giurisdizione delle Giunte parlamentari (e delle corrispondenti Aule) non può che attuarsi dopo le elezioni270, non esiste alcuna effettiva tutela per le istanze sollevate prima delle elezioni. La Suprema Corte, pur riconoscendo la
meglio, è di per sé irrilevante, potendo essa riesaminare direttamente la controversia a prescindere dalla motivazione addotta dal giudice di merito (Cass., sez. 1, 18 ottobre 2006, n. 22346; sui poteri di merito nelle controversie elettorali, cfr. Cass., sez. 1, 28 luglio 2004, n. 14199; 21 aprile 2004, n. 7593; 27 marzo 2000, n. 3684; 9 febbraio 1995, n. 1465; 7 marzo 1990, n. 1808); e ciò, sebbene il giudizio della Corte di cassazione si svolga al di fuori di ogni governo istruttorio e la conoscenza dei fatti le sia consentita solo in base agli atti e ai documenti già prodotti in giudizio e ritualmente riprodotti nella fase di cassazione, non essendo tale principio derogato dalla L. 23 dicembre 1966, n. 1147 (Cass., sez. 1, 28 luglio 2004, n. 14199; 21 aprile 2004, n. 7593; 9 febbraio 1995, n. 1465; 1 febbraio 1991, n. 966; 2 marzo 1988, n. 2197; 24 marzo 1984, n. 1939; 15 aprile 1982, n. 2258; 17 dicembre 1980, n. 6530; 11 marzo 1980, n. 1622). Al riguardo, in conclusione, le normali regole devono essere adattate al giudizio di rinvio nella materia elettorale: nel senso che quando la Corte di cassazione, all'esito di tale giudizio in cui ha poteri di merito, operi il rinvio dopo avere effettuato determinate valutazioni, a queste il giudice del rinvio resta pieno iure vincolato e le indicazioni in ordine al significato da attribuire ad alcuni elementi di prova valgono anch'esse a circoscrivere in una sfera invalicabile i suoi poteri.”
266 Esclusi quelli relativi ad altri tipi di elezioni, come quelle interne all’Ordine degli Avvocati o alle società.
267 Anche perché, come è noto, “contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione”, art. 111, ultimo comma, Cost.
268 Corte di Cassazione, SSUU Civ, ord. 20/10/2016, n. 21262.
269 Corte di Cassazione, SSUU Civ, ord. 26/05/2017, n. 13403.
270 Sarebbe quantomeno curioso (per non dire palesemente incostituzionale, visto che l’unica eccezione alla regola dello scioglimento è contenuta nell’art. 77 per la conversione dei decreti-legge) che le Giunte delle Camere già sciolte venissero riconvocate apposta per decidere ricorsi in cui hanno palesi conflitti di interesse. Chiaramente, i medesimi conflitti sono ascrivibili anche alle Giunte costituite sulla base dei risultati delle elezioni, ma l’Assemblea costituente, nella sua infinita saggezza, ha ritenuto più rilevante l’indipendenza delle Camere, custodi della sovranità popolare, rispetto all’imparzialità del “giudizio” sul risultato delle elezioni politiche.
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reale difficoltà conseguente, ha scelto di attenersi al dettato costituzionale anche per i reclami della fase preparatoria delle elezioni:
In tema di operazioni elettorali riguardanti l'elezione del Parlamento, queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare che, dal D.P.R. n. 361 del 1957, art. 87271, si desume che la cognizione di ogni questione concernente le operazioni elettorali … è affidata alla funzione giurisdizionale esclusiva delle Camere, per il tramite delle rispettive Giunte parlamentari, restando così preclusa qualsivoglia possibilità di intervento in proposito da parte del giudice ordinario e del giudice amministrativo272. In virtù di questo principio, che fa capo a quello più in generale di autodichia, si desume che le SU di questa Corte non sono, a maggior ragione, dotate del potere di regolare la giurisdizione delle stesse Giunte parlamentari, nel senso (voluto dall'attuale ricorrente) di sindacare se esse abbiano correttamente ammesso o meno una controversia elettorale alla propria giurisdizione.273
La decisione in cui però la Cassazione ha dato il suo più esauriente compendio di interpretazione costituzionale della normativa elettorale è, senz’ombra alcuna di dubbio, l’ord. 12060, di cui abbiamo accennato supra perché alla base della sentenza 1/14. Alcuni passaggi dell’ordinanza sono difficilmente distinguibili, per lessico e impostazione filosofica, da una sentenza di tribunale costituzionale; per esempio, all’inizio della motivazione in diritto, la Cassazione dichiara che “l'espressione del voto - attraverso la quale si manifestano la sovranità popolare (art. 1, comma 2, Cost.) e la stessa dignità dell'uomo - costituisce oggetto di un diritto inviolabile (artt. 2, 48, 56 e 58 Cost., art. 3 prot. 1 CEDU) e "permanente" dei cittadini, i quali possono essere chiamati ad esercitarlo in qualunque momento e devono poterlo esercitare in modo conforme a Costituzione.”274 Proseguendo nell’argomentazione della Suprema Corte, appare chiaro come i giudici (peraltro, seguendo molto da vicino le ragioni dei ricorrenti), abbiano inteso dare alla Consulta il
blueprint di quella che poi è diventato il Considerato in diritto della sentenza 1/14, che, giova ricordarlo,
riconobbe la fondatezza di tutte le questioni poste dalla Cassazione, nei termini e per le ragioni postulate dalla stessa.
Alcuni passaggi sono estremamente significativi; innanzitutto, si ha la collocazione del diritto di voto all’interno del panorama costituzionale, italiano e comparato, e della tutela multilivello dei diritti fondamentali (modello seguito anche nella prima parte di questa tesi):
271 “Il quale stabilisce, con disposizione attuativa del principio di autodichia delle Camere affermato dall'art. 66 Cost., che è espressamente riservata all'Assemblea elettiva la convalida dell'elezione dei propri componenti, nonché il giudizio definitivo su ogni contestazione, protesta o reclamo presentati ai singoli Uffici elettorali circoscrizionali ed all'Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente”.
272Cfr. Cassazione. SSUU Civ, n. 08/04/2008, n. 9151, citata anche infra, e n. 3731/13.
273 Corte di Cassazione, SSUU Civ., sent. 11/12/2014, n. 26098. Si vedano, nello stesso senso, SSUU Civ 9152/08, 172/99 e 6568/84.
274 Corte di Cassazione, Sez. I civ., ord. 17/05/2013, n. 12060, § 3.1. Esiste ampia dottrina, critica e meno critica, riguardo questa ordinanza, si vedano, ex multis, P. Zicchittu, “L’incostituzionalità della legge elettorale ovvero quando il giudice comune “confonde” Corte costituzionale e Parlamento. (Nota a Corte di Cassazione ordinanza n. 12060/2013)“, in Osservatorio AIC, 1/2013, Novembre 2013: “Pare quasi che la Corte di Cassazione, per intervenire su una materia comunemente sottratta al sindacato di costituzionalità, abbia tentato di introdurre surrettiziamente una forma di ricorso “diretto” al giudice costituzionale”; F. Conte, “Un ricorso (quasi) diretto a tutela dei diritti fondamentali? Brevi considerazioni sull'ordinanza 12060/2013 della Cassazione Civile”, in www.forumcostituzionale.it, 24/6/2013. M. Siclari, “Osservazioni sulla questione di legittimità costituzionale della legge elettorale sollevata dalla Corte di Cassazione”, in Nomos, 1/2013; A. Gigliotti, “Violata la “zona d’ombra”. La quaestio legitimitatis della legge elettorale”, in Nomos, 1/2013; P. Carnevale, “La Cassazione all’attacco della legge elettorale. Riflessioni a prima lettura alla luce di una recente ordinanza di rimessione della Suprema Corte”, in Nomos, 1/2013.
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Il fatto che la materia dei sistemi elettorali non abbia costituito oggetto di un'espressa disciplina nella Costituzione, che ha rimesso al legislatore ordinario la scelta e la configurazione del sistema elettorale, non significa che le norme legislative in materia non debbano essere concepite in un quadro coerente con i principi fondamentali dell'ordinamento e, in particolare, con il principio costituzionale di uguaglianza, inteso come principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), e con il vincolo costituzionale al legislatore di rispettare i parametri del voto personale, eguale, libero e diretto (artt. 48, 56 e 58 Cost.), in linea con una consolidata tradizione costituzionale comune agli Stati membri (l'art. 3 prot. 1 CEDU riconosce al popolo il diritto alla "scelta del corpo legislativo"; di "suffragio universale diretto, libero e segreto" parla anche l'art. 39 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, a proposito dell'elezione dei membri del Parlamento Europeo; sulla stessa linea l'art. 38 della Costituzione tedesca, art. 61 di quella belga e, sull'uguaglianza del voto, l'art. 3 di quella francese del 1958).275
Secondariamente, la Suprema Corte si preoccupò di fornire alla Consulta modi per aggirare l’impossibilità sia di espunzione della normativa elettorale dall’ordinamento, sia di normazione discrezionale della Corte costituzionale276. Esaurite le questioni preliminari, la Cassazione passò a quelle di merito: le due censure fondamentali riguardavano il premio di maggioranza (declinato, in modo diverso, alla Camera e al Senato) e le liste bloccate lunghe, senza la possibilità di voto di preferenza277. La Corte immediatamente identificò come profilo problematico il fatto che fosse “sufficiente uno scarto minimo di voti per fare attribuire alla lista o coalizione vincente alla Camera un vantaggio in termini di seggi (340) rispetto a tutte le altre liste o coalizioni, che è ancor più evidente se si considera che il premio è attribuito a prescindere dal raggiungimento di un minimo di voti o di seggi. L'effetto è di trasformare una maggioranza relativa di voti (potenzialmente anche molto modesta) in una maggioranza assoluta di seggi, con un vantaggio rispetto alle altre liste o coalizioni che determina una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica (art. 1 Cost., comma 2, e art. 67 Cost.).”278
Riconosciuta la legittima finalità di assicurare stabilità al sistema parlamentare279, i giudici aggiunsero che in nessun caso la sproporzione tra voti e seggi poteva essere autorizzata se fosse stata “talmente grave da risultare irragionevole e, quindi, in violazione dell'art. 3 Cost.” In particolare, secondo la Cassazione, l’irrazionalità del sistema nasceva dal fatto che, pur garantendo una maggioranza alla coalizione vincente,
275 Cass., ord. 12060/13, § 5.
276 “È opportuno puntualizzare che la proposta questione di legittimità costituzionale non mira a far caducare l'intera L. n. 270 del 2005, né a sostituirla con un'altra eterogenea impingendo nella discrezionalità del legislatore, ma a ripristinare nella legge elettorale contenuti costituzionalmente obbligati (concernenti - così anticipando le conclusioni - la disciplina del premio di maggioranza e delle preferenze), senza compromettere la permanente idoneità del sistema elettorale a garantire il rinnovo degli organi costituzionali” Ibid.
277 I ricorrenti avevano anche sollevato una questione relativa alla menomazione dei poteri del Capo dello Stato nella scelta del Presidente del Consiglio (si veda Id., § 6 e 10: “è sufficiente considerare che il richiamato D.P.R. n. 361 del 1957, art. 14 bis, comma 3, ult. parte, puntualizza che "Restano ferme le prerogative spettanti al Presidente della Repubblica previste dall'art. 92 Cost., comma 2", risultando smentita la tesi della menomazione dei poteri del Capo dello Stato nella formazione del governo.”) e alle diverse soglie di sbarramento previste tra la Camera e il Senato (§ 11.1: “E comunque la modulazione delle soglie di accesso alle due Camere rientra nella piena discrezionalità del legislatore il quale, al fine di evitare una frammentazione eccessiva delle liste, può provvedervi con una pluralità di soluzioni e di meccanismi che, se configurati in modo non irragionevole, si sottraggono al sindacato di costituzionalità”), ma la Cassazione le ritenne manifestamente infondate.
278 Id., § 7.1
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non garantiva per nulla che questa coalizione fosse effettivamente salda280, “stante la possibilità che, anche immediatamente dopo le elezioni, la coalizione beneficiarla del premio si sciolga o i partiti che ne facevano parte ne escano (con l'ulteriore conseguenza che l'attribuzione del premio, se era servita a favorire la formazione di un governo all'inizio della legislatura, potrebbe invece ostacolarla con riferimento ai governi successivi, basati su coalizioni diverse);”281 Inoltre questa maggioranza artificiale era stata in grado di eleggere organi di garanzia dalla durata superiore alla legislatura stessa (giudici costituzionali e membri CSM, ma anche presidenti di authority).
Per quanto riguardava il Senato, inoltre, la Cassazione fece notare che il premio su base regionale risultava doppiamente irragionevole, perché non solo limitava l’uguaglianza del voto in maniera eccessivamente sproporzionata e, di nuovo, si basava su coalizioni raccogliticce, ma era anche palesemente inutile a garantire una stabile maggioranza nell’Aula, perché il risultato sarebbe stato determinato da “una sommatoria casuale dei premi regionali che finiscono per elidersi tra loro e possono persino rovesciare il risultato ottenuto dalle liste e coalizioni di lista su base nazionale. Le diverse maggioranze regionali non avranno mai modo di esprimersi e di contare, perché il Senato è un'assemblea unitaria e il governo è nazionale.”282 Inoltre, il premio, per evidenti motivi matematici, aveva entità diversa a seconda della Regione, favorendo neanche troppo implicitamente la coalizione che avesse uno storico margine di vantaggio nelle Regioni più popolose e alterando ulteriormente l’uguaglianza del voto283.
Il risultato delle norme del sistema della legge 270/05 favoriva “la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti, pur in presenza di una distribuzione del voto sostanzialmente omogenea tra i due rami del Parlamento,” compromettendo, e non aiutando, la formazione del governo e l’esercizio della funzione legislativa.
In ultimo, l’impossibilità di esprimere un voto di preferenza, secondo i supremi giudici, meritava di essere considerata dalla Consulta in virtù del fatto che varie norme costituzionali stabilivano (e ancora stabiliscono) “che il suffragio è "diretto" (oltre che "universale") per l'elezione dei deputati e dei senatori; l'art. 48 Cost., comma 2, stabilisce che il voto è "personale" e "libero" (oltre che "eguale" e "segreto"); l'art. 3 prot. 1 CEDU riconosce al popolo il diritto alla "scelta del corpo legislativo", in linea con le costituzioni di altri paesi Europei (i deputati "sono eletti direttamente dai cittadini" secondo l'art. 61 della Costituzione belga; l'art. 38 della Costituzione tedesca stabilisce che "I deputati del Bundestag sono eletti con elezioni a suffragio universale, dirette, libere, uguali e segrete"). La nostra Carta fondamentale – continuò la Cassazione – nel prevedere il voto "diretto", esclude quindi implicitamente (ma chiaramente) il voto "indiretto" in qualsiasi forma esso possa essere congegnato dal legislatore.” 284
Escludendo che i partiti potessero, aldilà di “concorrere a determinare la politica nazionale” (art. 49 Cost.), direttamente nominare i parlamentari, la Cassazione concluse che ai cittadini dovesse comunque essere garantito di poter conferire un mandato diretto ai rappresentanti politici285, in modo libero e personale (e
280 Che la frammentazione politica sia un peccato originario di questo Paese, è cosa nota. Fa tuttavia specie notare come tutte e tre le volte in cui è stato usato, il sistema della l. 270/05 ha portato o alla caduta del governo (Prodi e Berlusconi) o ad indicibili difficoltà politiche nel formarlo (Letta, Renzi e Gentiloni).
281 Ord. 12060, § 7.1.
282 Id., § 8.1.
283 Si veda Id., § 8.2. Il centrodestra, come ricordato supra, era notoriamente più forte in queste Regioni. Prova ne è il fatto che, nelle due tornate elettorali del 2006 e 2013, quando il centrosinistra ottenne il premio alla Camera, non riuscì a garantirsi una maggioranza al Senato, al contrario di quanto avvenne nel 2008 con il centrodestra.
284 Id., § 9.2. In realtà, come abbiamo visto, nella sezione precedente, il voto indiretto è pacificamente ammesso, a patto che risponda a certi requisiti e non sia previsto per le elezioni politiche.
285 Qui la Cassazione, a parere di chi scrive, usa la parola “mandato” in senso atecnico, quando sostiene che “[i partiti] "concorrono alla espressione del voto" (per usare le parole dell'art. 4 della Costituzione francese), ma non possono
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quindi non predeterminato dall’ordine di partito). La scelta limitata tra una lista ed un’altra non poteva valere, secondo la Corte, come sostituto della scelta dell’eligendo.
In conclusione, sebbene alla Corte di Cassazione non sia concessa, nel nostro ordinamento, la potestà di intervenire direttamente sulle norme in genere, e quindi anche su quelle elettorali, è indubbio che l’interpretazione data dall’organo apicale della giurisdizione sia di un’importanza straordinaria, perché influenza le decisioni di tutti i giudici, inevitabilmente anche quelli amministrativi, come vedremo infra. Inoltre, l’occorrenza storica dell’ord. 12060/13 dimostra ad abundantiam che il dibattito costituzionale sulla legislazione elettorale, se ha nelle decisioni della Consulta il suo campo di battaglia, sicuramente vede nelle argomentazioni della Cassazione una fondamentale palestra d’allenamento: quando la Corte costituzionale si trovò a dover decidere in merito alla costituzionalità della legge 270/05, i ragionamenti dei giudici costituzionali furono molto probabilmente influenzati da quelli dei loro colleghi del Palazzaccio, come dimostra la sostanziale identità di vedute e schemi argomentativi delle due decisioni. Infine, è proprio grazie alla Cassazione se in Italia la “zona franca” del diritto elettorale non è più tale: senza l’argomentazione in punta di diritto sulla differenza tra il petitum dell’azione di accertamento e la questione di legittimità costituzionale (unita, va detto, ad una certa rilassatezza della difesa erariale), l’ammissibilità dell’azione sarebbe stata probabilmente compromessa, nonostante l’evidente interesse pubblico e istituzionale al non lasciare una così determinante area del diritto (in senso oggettivo, ma anche e soprattutto soggettivo), l’essenza stessa della democrazia parlamentare, priva delle tutele costituzionali garantite dalla Costituzione, in primis l’intervento della Corte costituzionale.
Come dichiarato all’inizio di questa sezione, non si pretende di dare conto dell’intera produzione giurisprudenziale civile in materia, tuttavia può essere utile citare ex plurimis la sentenza 714/2018 della seconda sezione civile del Tribunale di Perugia: investito di un’azione di accertamento sul modello di quelle