3.2 – GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE
3.2.3 – ELETTORATO PASSIVO: LISTE E CANDIDATURE
La Corte, come abbiamo brevemente visto supra, si è ampiamente occupata di incompatibilità, ineleggibilità e, più recentemente, di incandidabilità e decadenza dalle cariche elettive. Tuttavia, ai fini dello studio dei sistemi elettorali, la disciplina dei limiti all’elettorato passivo per ragioni esogene rispetto alle elezioni stesse177 non è particolarmente rilevante, perché difficilmente l’esclusione di un particolare candidato, su base completamente individuale, ha effetti sul sistema in generale, sulle strategie politiche degli individui e su quelle dei partiti178.
Due invece sono gli aspetti dell’elettorato passivo che impattano notevolmente sul sistema nel suo complesso (e che la Corte ha riconosciuto come tali): la disciplina delle liste e quella delle candidature multiple.
3.2.3.1 – LISTE DI CANDIDATI
La sentenza fondamentale in materia è particolarmente risalente: nel 1973, l’avv. Argiolas accettò di candidarsi nelle liste del PLI per le elezioni comunali di Carpineto Romano, sottoscrivendo un contratto con il responsabile locale del partito, sig. Girolami, che impegnava quest’ultimo a comporre la lista in rigoroso
173 In particolare, gli artt. 7 e 10 della l.r. Sicilia 7/2/1957, n. 16, Elezione dei consigli delle province siciliane.
174 Corte cost., sent. 96/1968,Considerato in diritto § 3.
175 Id., Considerato in diritto § 4.
176 Ibid.
177 Vale a dire, se un candidato viene escluso per qualcosa che sta facendo (ineleggibilità/incompatibilità) o ha fatto (incandidabilità) in qualunque altro momento della sua vita, ivi compresa un’elezione precedente.
178 Si potrebbe tuttavia immaginare un sistema in cui, per esempio, esistono limiti ai mandati elettorali: in tal caso, specie se il sistema contiene qualche forma di FPTP, tali limiti riducono la forza degli incumbent e indirettamente favoriscono non solo il ricambio generazionale intrapartitico, ma anche quello politico interpartitico.
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ordine alfabetico179 (prevedendo anche una penale di ben 500.000 lire in caso contrario). Il Girolami, naturalmente, compose le liste in base a criteri politici e, durante il processo per il pagamento della penale, il Pretore di Segni sollevò questione di legittimità costituzionale sulla norma del d.P.R. 570/60 che non imponeva alcun criterio oggettivo ai partiti in sede di compilazione delle liste elettorali180. La Corte, prevedibilmente, dichiarò non fondata la questione, ma ne approfittò per delineare alcuni principi fondamentali:
Il legislatore ordinario ha voluto dare all'art. 49 della Costituzione un contenuto concreto e specifico coll'attribuire alle formazioni politiche un ruolo autonomo in materia di elezioni determinando uno stretto rapporto tra partiti ed elettori. Tale ruolo trova il suo logico e naturale sviluppo nel potere riconosciuto a dette formazioni di designare propri candidati al fine di meglio garantire la realizzazione di quelle linee programmatiche che esse sottopongono alla scelta del corpo elettorale. Una volta riconosciuta legittima, in linea di principio, la scelta operata dal legislatore di concedere alle formazioni politiche la facoltà di presentare proprie liste di candidati, nessuna rilevanza costituzionale può assumere la circostanza che lo stesso legislatore le ha lasciate libere di indicare l'ordine di presentazione delle candidature. Le modalità e le procedure di formazione della volontà dei partiti o dei gruppi politici occasionali - che sovente sorgono per le elezioni amministrative in dipendenza di situazioni ambientali - e previste dalle leggi elettorali, non ledono affatto la libertà di voto del cittadino, il quale rimane pur sempre libero e garantito nella sua manifestazione di volontà, sia nella scelta del raggruppamento che concorre alle elezioni, sia nel votare questo o quel candidato incluso nella lista prescelta, attraverso il voto di preferenza. Non si può parlare, pertanto, di costrizione o di influenza psicologica e tantomeno di condizionamento dell'elettore. Il sistema elettorale tende solo a creare un rapporto conoscitivo tra un dato raggruppamento politico e il cittadino elettore, senza incidere in alcun modo sulla piena libertà di questo. In sostanza l'indicazione preferenziale da parte del partito di un candidato, normalmente realizzata attraverso il "capo lista", assume per l'elettore, che intende votare per quel partito, un carattere meramente indicativo, e non già di imposizione di scelta. D'altra parte, sia la scelta effettiva dei candidati, sia il loro ordine di elencazione è fatto interno proprio delle organizzazioni promotrici, estraneo pertanto, al contenuto e allo svolgimento sostanziale delle elezioni.181
La Corte fu molto chiara nello stabilire che i partiti hanno discrezione assoluta nel compilare le liste elettorali, sotto l’evidente condizione che l’ordine di presentazione dei candidati non influisca sulla libertà di voto in alcun modo, a tutela sia dell’autonomia partitica sancita dall’art. 49, sia di quella degli elettori contenuta nell’articolo precedente. Come vedremo nella sottosezione dedicata al voto di preferenza, a cui la composizione delle liste di candidati è indissolubilmente legata, il fatto che i partiti sono liberi di creare le liste nell’ordine che preferiscono deve essere in qualche modo bilanciato da una simile libertà (o almeno conoscibilità) da parte dell’elettore.
La Corte non ha aggiunto molto ai principi qui esposti: l’unico elemento aggiuntivo, sempre nel segno della totale libertà delle forze politiche di organizzarsi e presentare candidati a loro piacimento, si è avuto con la sentenza 422/95, già ricordata, che soppresse le norme che richiedevano “di norma” che nessun genere fosse rappresentato da più dei due terzi dei candidati ai Consigli comunali, salvo poi
179 Il motivo per cui l’avv. Argiolas pose questa condizione è talmente evidente che non merita spiegazione.
180 Molto astutamente, il pretore giustificò la rilevanza della questione facendo notare che, in caso la norma fosse stata riconosciuta come incostituzionale, sarebbe caduta la “contrarietà al buon costume” che rendeva il contratto palesemente nullo.
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ammettere una forma ben più limitata di “quota rosa” nella legge della Valle d’Aosta182 e non porsi più il problema in seguito (a causa della modifica costituzionale dell’art. 51, primo comma, nel 2003). 3.2.3.2 – PLURICANDIDATURE
La possibilità di presentarsi come candidato in più liste per le medesime elezioni (per esempio, in diversi collegi plurinominali) è stata pacificamente permessa fin dall’inizio della storia repubblicana, in quanto specificamente prevista dalle leggi elettorali. Esistevano tuttavia alcune limitazioni, previste dall’art. 19 del TU 361/57: fino al 2005, oltre all’ovvio divieto di essere inserito in liste diverse, era vietato candidarsi in più di tre circoscrizioni; dal 2005 al 2015 l’unico divieto consisteva nella presentazione contestuale alla Camera e al Senato; dal 2015 al 2017 solo i capolista potevano presentarsi in un massimo di dieci collegi e dall’ultima riforma sono possibili cinque pluricandidature nei collegi plurinominali e in un solo collegio uninominale183.
La questione spinosa, tuttavia, riguarda non tanto la mera possibilità di candidarsi in più circoscrizioni (che, al massimo, rappresenta un ostacolo, più che un vantaggio, per il candidato, costretto a fare campagna in più territori), quando le conseguenze in caso di plurielezione: In caso di elezione in più circoscrizioni, infatti, a differenza dell’opzione sempre richiesta per i casi di incompatibilità, nel corso della storia le norme hanno a volte presentato una regola matematica (es. dove si sono ottenute più preferenze), altre volte hanno lasciano ai candidati la possibilità di scegliere, altre ancora hanno congegnato meccanismi di default, come il sorteggio184.
Tra le tematiche elettorali che questa tesi analizza, quella delle pluricandidature è forse la più recente ad essere stata trattata dalla Corte, tant’è che solo nelle sentenze 1/14 e 35/17 la questione venne sollevata. Nel primo caso, dato che la l. 270/05, a differenza delle leggi precedenti, permetteva illimitate candidature nelle circoscrizioni plurinominali (purché per la stessa Camera185), in tutte e tre le tornate elettorali sottoposte a questa disciplina i due “capi della forza politica” si presentarono come capilista ovunque, con l’ovvio obiettivo di attirare gli elettori con la suggestione del nome del leader. La norma permetteva poi ai candidati plurieletti di identificare la circoscrizione in cui volessero risultare effettivamente eletti, causando uno slittamento nelle liste delle altre circoscrizioni e quindi, di fatto, permettendo a questi candidati di decidere personalmente quali colleghi di partito sarebbero entrati in Parlamento. La Corte, pur
182 Cfr. Corte cost., sent. 49/2003. In realtà, nonostante tutti i sottili distinguo della Corte, volti a non sconfessare il precedente del 1995, la vera differenza tra le due decisioni, come è noto, dipese dall’approvazione, nel 2001, della l.cost 2/01, che introdusse uno specifico obbligo in tal senso per le Regioni a Statuto Speciale.
183 Si vedano le varie versioni dell’art. 19, TU 361/57, disponibili sulla piattaforma Normattiva, presso https://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1957-06-03&atto.codiceRedazionale=057U0361&queryString=%3FmeseProvvedimento%3D%26testoNot%3D%26formType%3 Dricerca_avanzata_aggiornamenti%26numeroArticolo%3D%26titoloNot%3D%26tipoRicercaTesto%3DALL_WORDS%2 6titolo%3D%26testo%3D%26giornoProvvedimento%3D%26siglaProvvedimento%3D%26tipoRicercaTitolo%3DALL_WO RDS%26mesePubblicazioneA%3D%26annoPubblicazioneDa%3D%26numeroProvvedimento%3D361%26annoPubblicaz ioneA%3D%26mesePubblicazioneDa%3D%26giornoPubblicazioneA%3D%26annoProvvedimento%3D1957%26giornoP ubblicazioneDa%3D¤tPage=1, consultato il 27/6/19.
184 Dal 1957, l’articolo del TU rilevante è l’85, che regola la procedura in caso di plurielezione. Dal 1957 (ma simile linguaggio era usato precedentemente) al 2015 “Il deputato eletto in più Collegi/circoscrizioni, anche se proclamato a seguito dell'attribuzione fatta dall'Ufficio centrale nazionale, [doveva] dichiarare alla Presidenza della Camera dei deputati, entro otto giorni dalla convalida delle elezioni (“dell’ultima proclamazione” dal 1996), quale Collegio/circoscrizione prescelga. Mancando l'opzione, si [sarebbe proceduto] a sorteggio”. Solo con la l. 165/17 si è pervenuti a criteri oggettivi; l’articolo ora dichiara: “Il deputato eletto in più collegi plurinominali è proclamato nel collegio nel quale la lista cui appartiene ha ottenuto la minore cifra elettorale percentuale di collegio plurinominale, determinata ai sensi dell'articolo 77, comma 1, lettera e). Il deputato eletto in un collegio uninominale e in uno o più collegi plurinominali si intende eletto nel collegio uninominale.”
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correttamente identificando una sorta di “potere di nomina” da parte dei leader di partito186, non censurò le pluricandidature in sé, né il sistema di opzione del candidato eletto in più circoscrizioni, ma, come vedremo infra, le liste bloccate che rendevano operante il meccanismo incostituzionale.
Solo nella sentenza 35/17 viene esplicitamente posto il problema delle pluricandidature, che, giova ricordarlo, la legge 52/15 permetteva ai soli capilista nei collegi plurinominali, comunque non in più di dieci collegi187: la Corte ritenne che la facoltà di scelta da parte del capolista perpetuasse il perverso meccanismo già censurato nella sentenza 1/14, anche se su scala decisamente minore. Tuttavia, ancora una volta, i giudici costituzionali non intervennero sulla possibilità di candidarsi in più circoscrizioni, aprendo la strada, come si è visto, ad una riedizione delle pluricandidature, in misura ridotta, nella legge 165/17188, dove tuttavia i criteri di scelta del collegio di elezione sono oggettivi.
Appare pertanto evidente come la Corte non voglia imporre al legislatore una particolare disciplina in merito alle candidature multiple, probabilmente non solo per deferenza nei confronti dell’organo politico, ma anche proprio perché, considerate isolatamente, le pluricandidature non sono lesive della libertà di voto del cittadino, che continua a poter votare il candidato che preferisce, in modo affatto indipendente dal voto di altri elettori in altre circoscrizioni. Se, come vedremo a breve infra, che, “il principio dell'eguaglianza non si estende … al risultato concreto della manifestazione di volontà dell'elettore”189, dopo che un particolare cittadino ha votato per il candidato che preferisce, il fatto che questi sia eletto non nella circoscrizione dove l’elettore lo ha preferito agli altri è evidentemente irrilevante.