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5.5 – CONTENUTO DEGLI STANDARD COSTITUZIONALI

5.5.4 – CONSIGLIO COMUNALE

Per l’elezione del Consiglio comunale valgono in prima battuta le medesime considerazioni fatte per gli altri livelli di governo, ovvero che la tutela basilare dell’elettorato attivo, sulla base del contenuto minimo degli artt. 3, 48 e 51, deve essere garantita a prescindere, purché, naturalmente, si abbia un’elezione diretta. Tuttavia, avendo osservato quanto detto a proposito delle Province, viene da chiedersi se anche per i Comuni valga quanto stabilito dalla Corte nella sent. 50/15: potrebbero essere eletti anch’essi, pertanto, con un sistema indiretto?

Il testo costituzionale è muto in materia, così come lo era stato per il livello di governo superiore. La Carta europea di cui abbiamo parlato propende decisamente per l’elezione diretta, ma giova ricordare che la Corte ha dimostrato di non attribuirvi nessun particolare valore vincolante nel nostro ordinamento. Sembrerebbe quindi che, di nuovo, non si possa fare altro che appellarsi a vari (ed inevitabilmente confliggenti) argomenti di sistema436 o sostanziali437 per cercare di dirimere la questione, in assenza di una esplicita statuizione della Corte.

È tuttavia possibile inferire qualcosa dalla già citata sent. 50/15, estendendo qui gli argomenti addotti in merito agli organi degli enti di area vasta: quando i giudici ammisero l’uso dell’elezione indiretta, posero la condizione che esistessero “meccanismi alternativi che comunque permettano di assicurare una reale partecipazione dei soggetti portatori degli interessi coinvolti”. Ora, che i “soggetti portatori degli interessi coinvolti” nell’amministrazione provinciale siano i cittadini, nulla quaestio: pertanto, essendo gli organi provinciali eletti da e tra i consiglieri comunali e i Sindaci, appare inevitabile che questi siano il meccanismo che assicura la reale partecipazione dei cittadini alle decisioni del livello di governo superiore (altrimenti, la Corte avrebbe dichiarato la disciplina della riforma Delrio incostituzionale per violazione dell’art. 1, tra tutti)

statale»; presuppone, inoltre, la previa articolazione del territorio del Comune capoluogo in più Comuni, su proposta del Comune capoluogo, con deliberazione del consiglio comunale, da sottoporre a referendum tra tutti i cittadini della Città metropolitana. Le numerose e gravose condizioni – cui il legislatore del 2014 ha inteso subordinare la deroga al sistema generale di elezione indiretta degli organi di vertice degli enti di area vasta – risultano così sintomatiche dell’importanza che riveste, nella prospettiva del mutamento della geografia istituzionale e della semplificazione dell’ordinamento degli enti locali, la previsione sull’istituzione degli enti di secondo grado, quale aspetto-cardine del nuovo sistema. Le disposizioni sulla elezione indiretta degli organi territoriali, contenute nella legge n. 56 del 2014, si qualificano, dunque, come «norme fondamentali delle riforme economico-sociali, che, in base all’art. 14 dello statuto speciale per la regione siciliana, costituiscono un limite anche all’esercizio delle competenze legislative di tipo esclusivo» (sentenza n. 153 del 1995; nello stesso senso sentenza n. 265 del 2013)”. Corte cost., sent. 168/2018, Considerato in diritto § 4.3, enfasi aggiunta.

436 Sulla falsariga di “i Comuni sono enti amministrativi, non essenzialmente politici, così come le Province. Devono funzionare prima che dibattere, pertanto l’elezione diretta non è necessaria”.

437 Del tipo “i Comuni sono l’amministrazione più vicina ai cittadini e che si occupa della maggior parte dei servizi pubblici, quindi è bene che i loro organi siano direttamente eletti”.

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ed è ugualmente difficile pensare che un tale livello di rappresentanza degli interessi dei cittadini possa essere garantito in modi diversi dall’elezione diretta.

Potrebbe quindi darsi che l’attuale sistema elettorale delle Città Metropolitane e delle Province sia la principale ragione per cui il sistema elettorale dei Comuni deve garantire l’elezione diretta, in modo da assicurare la legittimazione popolare anche del livello superiore. Sarebbe inoltre difficile pensare che possa esistere un ulteriore livello di “grandi elettori” scelti dai cittadini (lontanissimi dalla tradizione italiana) per nominare gli organi comunali, quando esistono Comuni in cui, letteralmente, un quarto della popolazione fa parte del Consiglio438.

Per quanto invece riguarda le modalità di elezione del Consiglio, la Corte ha fornito, seppur tecnicamente riferendosi alla disciplina della sola Provincia di Trento, una chiara serie di principi applicabili, senza particolari controindicazioni, a tutti i Comuni d’Italia. Nella sent. 275/14, la Corte era stata chiamata a giudicare della costituzionalità del premio di maggioranza al 60% garantito dalla legge trentina in tutti i Comuni sopra i 3000 abitanti alla lista che supporta il candidato eletto Sindaco (al primo o al secondo turno), senza neanche una soglia minima necessaria per far scattare il premio. Data la somiglianza della situazione dedotta in giudizio con quella prevista dalla l. 270/05, dichiarata incostituzionale solo qualche mese prima, il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa aveva ritenuto non manifestamente infondata la questione, proponendo che la corte, a norma dell’art. 27 della l. 87/53, estendesse il suo giudizio alla simile disposizione che assegna un premio persino maggiore (2/3 dei seggi) alla lista del candidato vincitore nei Comuni meno popolati della Provincia.

Come abbiamo già avuto modo di vedere, la Corte ritenne in quell’occasione che il meccanismo del premio, in entrambi i casi, non violasse i parametri costituzionali, in parte a causa della differenza ontologica tra Consiglio comunale e Parlamento (di cui abbiamo trattato ad abundantiam nelle sezioni precedenti), in parte perché, citando il Consiglio di Stato, “i premi di maggioranza previsti per le elezioni politiche riguardino «sistemi elettorali fondati su turno unico e dunque caratterizzati da schemi assolutamente non raffrontabili con sistemi elettorali a doppio turno» (sentenza n. 4680 del 2013). Inoltre, secondo la medesima decisione, rientra nella discrezionalità del legislatore che disciplina le elezioni locali bilanciare l’interesse alla rappresentanza politica e quello alla governabilità, alla luce dei possibili rapporti tra il candidato sindaco e le liste ad esso collegate”439. In una sola mossa, la Corte giustificò sia il sistema privo di soglia minima del Trentino, in quanto privo anche di voto disgiunto (e pertanto molto più capace di solidificare il consenso per la lista con il consenso per il candidato sindaco), sia quello con voto disgiunto e soglia minima del TUEL440.

Rimangono estranee alla decisione della Corte alcune questioni, come la tutela delle minoranze, che non sono mai state efficacemente portate alla sua attenzione. Tuttavia, nell’assenza di espliciti rimandi testuali (giova ricordare che non esiste, per i Comuni, una norma equivalente alla l. 165/04), bisogna supporre che non esista, a livello locale, la necessità di garantire la presenza delle minoranze in Consiglio, in quanto, innanzitutto, il Comune non è chiamato ad esprimere pluralismo nella sua azione amministrativa e, secondariamente, parrebbe veramente difficile garantire l’esigenza della rappresentanza delle minoranze

438 Morterone (LC), Moncenisio (TO) e Pedesina (SO) hanno meno di 40 abitanti, pertanto il loro Consiglio comunale, di 11 membri tra consiglieri e Sindaco, comprende circa il 25-30% della popolazione.

439 Sent. 275/14, Considerato in diritto, § 3.1.1.

440 Con le parole di quella che forse è la più utile frase che la Corte potesse pronunciare ai fini di questa tesi, “Al di là di queste differenze [tra TUEL e legge trentina], tuttavia, il meccanismo premiale previsto dal legislatore regionale è analogo a quello contemplato dalla già ricordata disposizione statale, il che conferma che neppure per esso possono ravvisarsi ragioni di assimilazione con le questioni di costituzionalità di cui alla legge n. 270 del 2005.” Id., Considerato in diritto, § 3.1.3.

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da un punto di vista matematico, specie nei Comuni più piccoli, in cui il numero di seggi in Consiglio è ridottissimo e anche la “minoranza” può consistere in poche decine di elettori.

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VI – LE LEGGI ELETTORALI REGIONALI E LOCALI A CONFRONTO