liquida, ossia quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione ed indotto il giudice a decidere il merito per saltum rispetto all’ordine delle questioni di cui all’art. 276, comma 2, c.p.c.
8. I termini.
In materia di termini processuali, portata sistematica deve essere riconosciuta a Sez. 5, n. 11604/2021, Gori, Rv. 661339-01, secondo la quale, alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata, espressione di un principio immanente nel nostro ordinamento, la nozione di “termine processuale” non può ritenersi limitata all'ambito del compimento degli atti successivi all'introduzione del processo, dovendo invece estendersi anche a termini entro i quali lo stesso deve essere instaurato quando la proposizione della domanda costituisca l'unico rimedio per la tutela dei diritti che si assume leso. Sicché non è soggetto alla sospensione feriale il termine dilatorio di sessanta giorni di cui all'art. 50, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973 per procedere ad esecuzione forzata da parte del concessionario, poiché non costituisce termine processuale, non incidendo sul diritto ad agire, anche in considerazione dell'alternatività dell'iscrizione ipotecaria rispetto all’espropriazione ordinaria e del fatto che l'iscrizione si colloca tra la notificazione della cartella di pagamento e il pignoramento.
9. Comunicazioni e notificazioni.
Nell’annualità in esame l’elaborazione giurisprudenziale in materia di notificazioni è stata ampia ed ha offerto significative indicazioni esegetiche in relazione a diversi profili dell’istituto.
Per quanto concerne il procedimento notificatorio, Sez. 2, n. 40118/2021, Grasso Giuseppe, Rv. 663134-01, ha confermato che è valida la notifica eseguita ai sensi dell’art. 139 c.p.c., nel caso in cui la consegna dell’atto venga effettuata a persona qualificatasi, senza riserve, collega di studio del destinatario (esercente, nella specie, la professione d’ingegnere), presso uffici adibiti anche a sede di una società (nella fattispecie di engineering) della quale è rappresentante legale il medesimo destinatario, spettando a quest’ultimo, ove contesti la ritualità di detta no e, dimostrare l'inesistenza di ogni relazione di collaborazione professionale con il summenzionato collega, nonché la casualità della sua presenza nel proprio studio.
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Ancora, in caso di notifica di un atto a mani proprie del destinatario di esso, l’identità personale tra il destinatario indicato ed il consegnatario dell’atto medesimo è desumibile dalle dichiarazioni - penalmente sanzionate, se mendaci, ex art. 495 c.p. - rese da quest'ultimo all'ufficiale giudiziario e riportate nella relazione di notifica che, essendo munita di fede probatoria privilegiata, è confutabile unicamente mediante querela di falso (Sez. 6-2, n. 22225/2021, Abete, Rv. 662177-01).
Per quanto riguarda la notificazione alle persone giuridiche, la prescrizione che nell’atto da notificare sia indicata la qualità della persona fisica che rappresenta l'ente e ne risultino specificati residenza, domicilio e dimora abituale, concerne unicamente l’ipotesi di notificazione al rappresentante alternativa a quella compiuta presso la sede della persona giuridica o della società non avente personalità giuridica o dell'associazione non riconosciuta o del comitato, ai sensi dei primi due commi dell'art. 145 c.p.c., mentre non riguarda l’ipotesi di notifica eseguita, nelle forme degli artt. 140 e 143 c.p.c., in caso di esito negativo del tentativo di notificazione a norma dei predetti commi, atteso che, con riguardo a tale ipotesi, l'ultimo comma del citato art. 145 c.p.c. si limita a richiedere che la persona fisica che rappresenta l'ente sia indicata nell'atto, senza precisare dove debbano essere specificati i suoi dati anagrafici e quali debbano essere; pertanto, una volta che la notifica presso la sede sia risultata infruttuosa e l'atto sia stato restituito al notificante, questi può riaffidarlo all'ufficiale giudiziario per la notifica al legale rappresentante, provvedendo in tale occasione ad indicarne le generalità e la residenza (Sez. 6-3, n. 24061/2021, Positano, Rv. 662217-01).
È stato, inoltre, specificato che la consegna dell’atto da notificare “a persona di famiglia”, secondo il disposto dell’art. 139, comma 2, c.p.c., non postula necessariamente né il solo rapporto di parentela - cui è da ritenersi equiparato quello di affinità - né l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando, a tal fine, sufficiente l'esistenza di un vincolo di parentela o di affinità il quale giustifichi la presunzione, iuris tantum, che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario stesso; resta, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo. In applicazione di tale principio Sez. 1, n. 11228/2021, Amatore, Rv. 661282-01, ha ritenuto valida una notificazione che era stata effettuata nelle mani della moglie separata del destinatario, peraltro qualificatasi come “incaricata della ricezione degli atti”.
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Nel caso di impresa individuale, poiché il destinatario della pretesa tributaria è la persona fisica dell’imprenditore, non avendo l’impresa alcuna soggettività o autonoma imputabilità diversa da quella del suo titolare, sia sotto l’aspetto sostanziale che processuale, la notificazione dell'avviso di accertamento deve essere fatta, ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 600 del 1973, nel domicilio fiscale della persona fisica dell’imprenditore (Sez. 5, n. 20650/2021, Nicastro, Rv. 661933-01).
Per quel che riguarda, invece, la notificazione a mezzo del servizio postale, Sez. 6-3, n. 36505/2021, Guizzi, Rv. 663128-01, ha precisato che il relativo servizio si basa su di un mandato ex lege tra colui che richiede la notificazione e l'ufficiale giudiziario che la esegue, eventualmente avvalendosi, quale ausiliario, dell'agente postale, nell'ambito di un distinto rapporto obbligatorio al quale il notificante rimane estraneo. Ne consegue ove il notificante agisca in ripetizione degli esborsi sopportati per la spedizione della c.d. raccomandata informativa (CAN) in difetto dei presupposti, legittimato passivo è esclusivamente l'ufficiale giudiziario, non anche l’agente postale del quale costui si avvalga.
Ancora, validi spunti ricostruttivi possono trarsi da Sez. 1, n. 06910/2021, Iofrida, Rv. 660960-01, la quale, in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, ha chiarito che, se l’atto viene consegnato presso l'indirizzo del destinatario, diverso da quello di residenza anagrafica, a persona che, dichiaratasi dipendente, abbia sottoscritto l'avviso di ricevimento, la sola illeggibilità della firma del consegnatario non comporta la nullità della notifica non essendo l'indicazione delle sue generalità prevista da alcuna norma.
Merita, inoltre, di essere segnalata Sez. 5, n. 22983/2021, Balsamo, Rv.
662127-01, secondo la quale, ai fini della notificazione a mezzo del servizio postale è sufficiente individuare la residenza attraverso l’indicazione della via e del numero civico, con la conseguenza che l’eventuale indicazione erronea dell’interno o del piano è irrilevante, qualora, secondo la valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se immune da vizi logici e giuridici, l’agente postale abbia tuttavia individuato nell'edificio l’esatto appartamento. In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha rilevato che la CTR aveva correttamente desunto dall’attività materiale posta in essere dall’agente postale la circostanza che egli, pur in assenza dell’indicazione sulla raccomandata e sul piego del numero dell’interno dell’appartamento in cui abitava il contribuente, lo aveva esattamente individuato e, pertanto, dichiarato esenti da vizi le operazioni notificatorie.
Occorre dare conto anche di Sez. 6-1, n. 06804/2021, Pazzi, Rv. 660746-01, per la quale, il mancato rinvenimento di soggetto idoneo a ricevere l’atto,
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proprio presso il comune di residenza del destinatario, e proprio presso la casa di abitazione ovvero il luogo in cui egli svolge la propria attività, legittima la notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c., senza necessità di ricerca del destinatario in uno degli altri luoghi indicati alternativamente dall’art. 139 c.p.c.. Ciò in quanto la certezza che il luogo di notificazione sia quello in cui vive e lavora il notificatario - e che pertanto l’assenza sua e di altri soggetti idonei sia solo momentanea, ricorrendo un’ipotesi di cd. irreperibilità temporanea - lascia supporre che questi, o persona in grado di informarlo, verrà a conoscenza dell’avvenuta notificazione dall’affissione dell’avviso di deposito sulla porta e dalla spedizione della raccomandata.
Per quanto concerne la notifica agli irreperibili, Sez. 3, n. 40467/2021, Scoditti, Rv. 663335-01, ha affermato che il ricorso alle formalità di notificazione previste dall’art. 143 c.p.c. per le persone irreperibili non può essere affidato alle mere risultanze di una certificazione anagrafica, ma presuppone sempre e comunque che, nel luogo di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche e che di esse l’ufficiale giudiziario dia espresso conto. Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto la invalidità di una notificazione ex art. 143 c.p.c. la cui relata recava la mera indicazione di “vane ricerche eseguite sul posto”
dall’ufficiale giudiziario, senza la specificazione delle concrete attività a tal fine compiute).
Ancora, è stato affermato che l’omessa indicazione, nella relata, delle ricerche, anche anagrafiche, fatte dall'ufficiale giudiziario, delle notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario e dei motivi della mancata consegna, non costituisce causa di nullità della notificazione, non essendo tale sanzione prevista espressamente nell’elenco dei motivi di cui all'art. 160 c.p.c.; ne consegue che, rilevando, al di là dell'indicazione, solo il mancato compimento delle indagini in concreto, tale notificazione deve ritenersi legittima quando nessun addebito di negligenza e di ignoranza colpevole può essere attribuito al notificante, ovvero quando risulti, con assoluta certezza, che egli abbia proceduto ad opportune ricerche, non solo anagrafiche, tradottesi in più di un tentativo di notifica, eseguito in luoghi diversi. In applicazione di tale principio, Sez. L, n.
32444/2021, Cavallaro, Rv. 662766-01, ha riformato la decisione di merito che aveva addebitato all'ente previdenziale un onere di diligenza ulteriore rispetto alla avvenuta ricerca dell'imprenditore, obbligato al pagamento dei contributi, nel luogo ove questi aveva comunicato di esercitare la propria attività, in assenza di una successiva comunicazione di variazione o cessazione ex art. 2 del d.l. n. 352 del 1978.
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Sez. 1, n. 28573/2021, Lamorgese, Rv. 663101-01, ha, poi, precisato che la notifica di atti giudiziari a persona residente o avente sede in Brasile è disciplinata dal Trattato di Roma del 17 ottobre 1989, ratificato con la l. n. 336 del 1993, alla luce del quale è necessaria l'autorizzazione alla notifica da parte dell'autorità giudiziale incaricata (nella specie, il Tribunale superiore della giustizia brasiliano), sicché deve ritenersi inesistente, e non semplicemente nulla, la notifica di un atto destinato alla Repubblica federativa del Brasile, che sia stato ricevuto dall'autorità centrale brasiliana, e cioè dal Ministero della giustizia, quando l'autorità giudiziale incaricata abbia rifiutato la menzionata autorizzazione, restando irrilevante che il plico sia pervenuto a un soggetto, il Ministero della giustizia, comunque ricollegabile allo Stato brasiliano.
Di particolare interesse sistematico è, infine, Sez. 1, n. 10983/2021, Nazzicone, Rv. 661183-01, la quale ha chiarito che l’ordinaria diligenza, alla quale il notificante è tenuto a conformare la propria condotta, per vincere l’ignoranza in cui versi circa la residenza, il domicilio o la dimora del notificando, al fine del legittimo ricorso alle modalità di notificazione previste dall’art 143 c.p.c., deve essere valutata in relazione a parametri di normalità e buona fede secondo la regola generale dell’art 1147 c.c. e non può tradursi nel dovere di compiere ogni indagine che possa in astratto dimostrarsi idonea all’acquisizione delle notizie necessarie per eseguire la notifica a norma dell’art. 139 c.p.c., anche sopportando spese non lievi ed attese di non breve durata. Ne consegue l’adeguatezza delle ricerche svolte in quelle direzioni (uffici anagrafici, ultima residenza conosciuta) in cui è ragionevole ritenere, secondo una presunzione fondata sulle ordinarie manifestazioni della cura che ciascuno ha dei propri affari ed interessi, siano reperibili informazioni lasciate dallo stesso soggetto interessato, per consentire ai terzi di conoscere l’attuale suo domicilio (residenza o dimora).
In materia di notifica a mezzo di posta elettronica certificata, è stato affermato che, qualora la parte non sia in grado di fornirne la prova ai sensi dell’art. 9 della l. n. 53 del 1994, la violazione delle forme digitali non integra l’inesistenza della notifica del medesimo bensì la sua nullità che pertanto può essere sanata dal raggiungimento dello scopo. In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto inesistente la notifica dell'atto introduttivo, provata in forma cartacea invece che in modalità telematica, con conseguente esclusione di ogni sanatoria, nonostante l’attore avesse ricevuto proprio dal convenuto la documentazione relativa alla notifica effettuata (Sez. 6-1, n. 20214/2021, Scalia, Rv. 661904-01).
Sullo stesso tema, merita di essere menzionata Sez. 3, n. 17968/2021, Positano, Rv. 661836-01, secondo la quale Nell’ipotesi di notifica del decreto
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ingiuntivo a mezzo PEC, a norma dell’art.3 bis della l. n. 53 del 1994, la circostanza che la e-mail PEC di notifica sia finita nella cartella della posta indesiderata (“spam”) della casella PEC del destinatario e sia stata eliminata dall'addetto alla ricezione, senza apertura e lettura della busta, per il timore di danni al sistema informatico aziendale, non può essere invocata dall'intimato come ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore ai fini della dimostrazione della mancata tempestiva conoscenza del decreto che legittima alla proposizione dell’opposizione tardiva ai sensi dell’art.650 c.p.c.; ciò in quanto l’art.20 del d.m.
n. 44 del 2011 (regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi di cui al d.lgs. n. 82 del 2005), nel disciplinare i requisiti della casella PEC del soggetto abilitato esterno, impone una serie di obblighi - tra cui quello di dotare il terminale informatico di “software”
idoneo a verificare l'assenza di virus informatici nei messaggi in arrivo e in partenza, nonché di “software antispam” idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi indesiderati - finalizzati a garantire il corretto funzionamento della casella di posta elettronica certificata, il cui esatto adempimento consente di isolare i messaggi sospetti ovvero di eseguire la scansione manuale dei relativi
“files”, sicché deve escludersi l'impossibilità di adottare un comportamento alternativo a quello della mera ed immediata eliminazione del messaggio PEC nel cestino, una volta che esso sia stato classificato dal computer come “spam”.
Ancora, per Sez. 2, n. 15001/2021, Picaroni, Rv. 661294-01, in caso di notificazione della sentenza a mezzo PEC, una volta acquisita al processo la prova della sussistenza della ricevuta di avvenuta consegna, solo la concreta allegazione di una qualche disfunzionalità dei sistemi telematici potrebbe giustificare migliori verifiche sul piano informatico, con onere probatorio a carico del destinatario - in tale ambito, peraltro, senza necessità di proporre querela di falso - in conformità ai principi già operanti in tema di notificazioni secondo i sistemi tradizionali e per cui, a fronte di un'apparenza di regolarità della dinamica comunicatoria, spetta al destinatario promuovere le contestazioni necessarie ed eventualmente fornire la prova di esse. Nella specie, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile, perché tardivo, il ricorso per cassazione sul rilievo che fosse stata ritualmente eseguita la notificazione della sentenza impugnata a mezzo PEC, non avendo il ricorrente - destinatario della stessa - fornito adeguata prova in ordine alla eccepita circostanza che il “file” allegato al messaggio di PEC contenesse solo pagine bianche.
Nel giudizio di cassazione, il difetto di asseverazione autografa in calce alla decisione impugnata ed alla relata di notificazione a mezzo PEC non comporta
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l’improcedibilità del ricorso ove, in base alla valutazione complessiva degli atti depositati, emerga in maniera inequivoca la volontà asseverativa, non essendo richiesta la contestualità della attestazione al deposito o l’unicità documentale con gli stessi atti di riferimento per la riconosciuta possibilità di compiere l’asseverazione sino all’udienza o alla discussione cartolare, secondo la giurisprudenza affermatasi nella transizione da processo analogico a processo compiutamente telematico presso la Corte di legittimità. In applicazione di tale principio, Sez. 6-3, n. 07610/2021, Porreca, Rv. 660928-01, la volontà asseverativa “composita” è stata desunta dal deposito di attestazioni di conformità in calce alle relate e alla decisione gravata con indicazione di sottoscrizione digitale - inidonea in assenza di deposito telematico nella fase di legittimità - esplicitamente richiamate nell'indice dei documenti depositati, contenente l’elencazione di tali atti, sottoscritto in via autografa.
Merita di essere segnalata anche Sez. 1, n. 02460/2021, Oliva, Rv. 660504-01, a seguito dell'istituzione del cd. “domicilio digitale”, di cui all'art. 16 sexies del d.l. n. 179 del 2012, convertito con modificazioni in l. n. 221 del 2012, come modificato dal d.l. n. 90 del 2014, convertito con modificazioni in l. n. 114 del 2014, le notificazioni e comunicazioni degli atti giudiziari, in materia civile, sono ritualmente eseguite - in base a quanto previsto dall'art. 16 ter, comma 1, del d.l.
n. 179 del 2012, modificato dall'art. 45-bis, comma 2, lettera a), numero 1), del d.l. n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 114 del 2014, e successivamente sostituito dall’art. 66, comma 5, del d.lgs. n. 217 del 2017, con decorrenza dal 15.12.2013 - presso un indirizzo di posta elettronica certificata estratto da uno dei registri indicati dagli artt. 6 bis, 6 quater e 62 del d.lgs. n. 82 del 2005, nonché dall'articolo 16, comma 12, dello stesso decreto, dall'articolo 16, comma 6, del d.l. n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 2 del 2009, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della Giustizia e, quindi, indistintamente, dal registro denominato Ini- PEC e da quello denominato Re.G.Ind.E.
In materia di comunicazioni, va, infine, segnalata Sez. 1, n. 15783/2021, Falabella, Rv. 661583-01, la quale ha chiarito che le comunicazioni al difensore, per il quale la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, devono essere eseguite, ai sensi dell'art. 16, comma 6, del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 221 del 2012, esclusivamente mediante deposito in cancelleria quando il difensore non abbia provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo PEC, dovendo escludersi che la cancelleria sia tenuta ad effettuare la comunicazione all'indirizzo di posta
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elettronica di altro difensore presso il quale quello nominato abbia dichiarato di voler ricevere le notifiche.
9.1. Nullità della notificazione.
A proposito della nullità della notificazione, utili indicazioni si rinvengono in Sez. 3, n. 04920/2021, Moscarini, Rv. 660806-02, per la quale il difensore esercente il patrocinio non può indicare per le comunicazioni la P.E.C. di altro avvocato senza specificare di volersi domiciliare presso di lui; ciò in quanto l'individuazione del difensore destinatario della comunicazione di cancelleria deve avvenire automaticamente attraverso la ricerca nell'apposito registro, a prescindere dall'indicazione espressa della P.E.C., cosicché non può attribuirsi rilievo all'indicazione di una P.E.C. diversa da quella riferibile al legale in base agli appositi registri e riconducibile ad altro professionista, senza una chiara assunzione di responsabilità qual è quella sottesa alla dichiarazione di domiciliazione.
Secondo Sez. 6-3, n. 04791/2021, Rossetti, Rv. 660754-01, il mancato deposito dell’avviso di ricevimento di una notificazione effettuata a mezzo posta è causa di nullità e non di inesistenza, della notificazione, con conseguente rinnovabilità per ordine del giudice ai sensi dell’art. 291 c.p.c., costituendo tale avviso prova della regolarità della notificazione ma non elemento strutturale di essa.
Va, infine, dato conto di Sez. 5, n. 25037/2021, D’Aquino, Rv. 662139-01, per la quale, in caso di notificazione di atti processuali non andata a buon fine per ragioni imputabili al solo agente notificatore - il quale fornisca attestazioni ideologicamente errate circa la non effettività del domicilio del destinatario invece rimasto inalterato e positivamente riscontrato dal altro agente notificatore in successivo accesso -, si è in presenza di una di quelle circostanze eccezionali, di cui va data prova rigorosa, che consente al notificante incolpevole di conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria anche se abbia riattivato il processo notificatorio senza il rigoroso rispetto del limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c.
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LE SPESE E LA RESPONSABILITA’ PROCESSUALE AGGRAVATA