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Le vicende legate al patrimonio immobiliare

Gli interventi della S.C. sul tema hanno riguardato prevalentemente l’edilizia residenziale pubblica, ma non sono mancati importanti interventi anche su altri contigui settori di rilievo.

In materia l’individuazione dei criteri di riparto è stata chiaramente fissata da Sez. U, n. 05423/2021, Carrato, Rv. 660792-01 che, in una controversia avente ad oggetto il pagamento del corrispettivo dovuto dal privato per il trasferimento del diritto di proprietà e la cessione del diritto di superficie, nell'ambito di una convenzione stipulata ai sensi della normativa che regola le espropriazioni e la successiva assegnazione delle aree da destinare ad edilizia economica e popolare (già contenuta nell'art. 10 della l. 18 aprile 1962, n. 167, poi sostituito dall'art. 35, della l. 22 ottobre 1971 n. 865), ha stabilito che appartiene alla giurisdizione amministrativa esclusiva (ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. b, del d.lgs. n. 104 del 2010) solo ove sia messa in discussione la legittimità delle manifestazioni autoritative di volontà della P.A. nell'adozione del provvedimento concessorio cui

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la convenzione accede, della quale sia contestato "ex ante" il contenuto con riguardo anche alla determinazione del corrispettivo dovuto dal concessionario.

Nella diversa ipotesi in cui siano messe in discussione, "ex post", la misura del corrispettivo, relativamente alle pattuizioni ivi contenute, o l'effettività dell'obbligazione di pagamento, la controversia è devoluta alla giurisdizione ordinaria, rientrando nella clausola di deroga di cui all'art. 133, comma 1, lett. b, del d.lgs. n. 104 del 2010, la quale esclude dalle controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a concessioni di beni pubblici devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, quelle "concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi".

Le controversie promosse dall'ente concedente per il recupero degli oneri sottesi alla cessione del diritto di superficie nei confronti dei soggetti attuatori dei programmi di edilizia residenziale pubblica ex art. 35 l. n. 865 del 1971, ove non comportanti la spendita di poteri pubblicistici, ma volte esclusivamente al reclamo di oneri patrimoniali, appartengono, per Sez. U, n. 16083/2021, Marulli, Rv. 661538-01, alla giurisdizione del giudice ordinario.

Qualora, poi, la controversia abbia ad oggetto la revoca dell'assegnazione di alloggio per avere il nucleo familiare dell'assegnatario superato i limiti reddituali (nella specie si trattava delle previsioni della l.r. Campania 2 luglio 1997 n. 18), secondo Sez. U, n. 04366/2021, Scarano, Rv. 660425-01, a seguito della sentenza n. 204 del 2004 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell'art. 33 del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dall'art. 7, lett. a, della l. 21 luglio 2000 n. 205, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario. La posizione dell'assegnatario stesso, rispetto al citato provvedimento di revoca è di diritto soggettivo, riguardando il provvedimento un aspetto dello svolgimento del rapporto nel quale la P.A. non è chiamata ad effettuare valutazioni di carattere discrezionale, bensì solo a verificare la ricorrenza di una causa sopravvenuta di decadenza dall'assegnazione.

In materia di revoca dell'assegnazione dell'alloggio, da tempo la S.C. (Sez. U, n. 29095/2011, Salvago, Rv. 620144–01) analogamente a quanto sopra visto per le sovvenzioni ed i finanziamenti, prescrive la necessità di distinguere la prima fase, antecedente all'assegnazione dell'alloggio, di natura pubblicistica, in cui l'assegnatario vanta un interesse legittimo, da quella successiva, di natura privatistica, nella quale la posizione dell'assegnatario assume natura di diritto soggettivo.

Rientrano, pertanto, nella giurisdizione del giudice amministrativo le controversie attinenti a pretesi vizi di legittimità dei provvedimenti emessi nella prima fase, fino all'assegnazione, mentre sono riconducibili alla giurisdizione del

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giudice ordinario le controversie in cui siano in discussione cause sopravvenute di estinzione o di risoluzione del rapporto.

Facendo leva sugli stessi principi, Sez. 1, n. 01466/2021, Di Marzio M., Rv.

660380-01, ha affermato che l'assegnatario di alloggio con patto di futura vendita, quando sussistono le condizioni previste dal patto stesso, vanta un diritto soggettivo al trasferimento in suo favore della proprietà sull'alloggio, ancorché l'istituto concedente opponga una causa di revoca dell'assegnazione.

L’assegnatario, pertanto, può proporre innanzi al giudice ordinario, cui è stata sottoposta la verifica della causa di decadenza dall'assegnazione, la domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il contratto.

Nell'ambito, poi, del giudizio di opposizione ad un decreto di rilascio di un immobile occupato senza titolo, secondo Sez. U, n. 00621/2021, Giusti, Rv.

660144-01, ove venga dedotto dall’occupante il diritto al subentro nell'assegnazione dell'alloggio, al fine di paralizzare l'intimazione di rilascio, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario.

Partendo dal presupposto secondo cui l’assegnazione dell’alloggio segna il momento a partire dal quale l’operare della P.A. si sviluppa nell’ambito di un rapporto paritetico e sulla base della regola che, per il riparto della giurisdizione, occorre avere riguardo al “petitum” sostanziale, la pronuncia ha rilevato che in tale ipotesi viene contestato il diritto di agire esecutivamente. L'ordine di rilascio, inoltre, si viene a configurare come un atto imposto dalla legge e non come esercizio di un potere discrezionale dell'amministrazione, la cui concreta applicazione richieda, di volta in volta, una valutazione del pubblico interesse.

Sotto il diverso profilo della diffida al rilascio e dell’ordine di sgombero di un immobile occupato senza titolo, in linea con quanto a suo tempo sancito da Sez.

U, n. 14956/2011, Rodorf, Rv. 618432–01, è intervenuta Sez. U, n. 15013/2021, Carrato, Rv. 661386-01, secondo cui la controversia introdotta da chi domandi l'accertamento del diritto a continuare a detenere un immobile in forza di una pregressa convenzione tra un ente pubblico e una cooperativa edilizia, opponendosi ad un provvedimento della P.A. di rilascio dell'immobile ad uso abitativo asseritamente occupato senza titolo, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, avendo ad oggetto un diritto soggettivo e risultando contestato il diritto di agire esecutivamente della stessa P.A.

Ad avviso della S.C., in tale ipotesi, resta del tutto irrilevante la circostanza che venga altresì dedotta l'illegittimità di provvedimenti amministrativi, nella specie, l'ordine di sgombero, dei quali sia meramente richiesta la disapplicazione da parte del giudice ordinario. Egli è, infatti, chiamato a statuire sull'esistenza delle condizioni richieste dalla legge per la permanenza del rapporto da cui dipende la

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prosecuzione della detenzione qualificata del bene in capo all'attore e, conseguentemente, l'inesigibilità del suo rilascio disposto dall'ente pubblico.

In materia urbanistica ed edilizia Sez. U, n. 12429/2021, Scoditti, Rv.

661306-01 ha riaffermato che l'opposizione ad ordinanza ingiunzione di pagamento per violazione della relativa normativa, a seguito dell'emanazione del d.lgs. 1° settembre 2001 n. 150, che ha abrogato l'art. 22 bis della l. 4 novembre 1981 n. 689 e modificato l'art. 22 della stessa legge, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, come previsto espressamente dall'art. 133, comma 1, lett. f, del codice del processo amministrativo. Nella specie si trattava di una controversia avente ad oggetto la conformità a diritto del “quantum” della sanzione pecuniaria adottata in sostituzione di quella del ripristino dello stato dei luoghi. Secondo la S.C., in tale ipotesi la sanzione pecuniaria non può essere considerata isolatamente alla stregua della sanzione pecuniaria suscettibile di opposizione ad ordinanza ingiunzione, in base agli artt. 22 della l. n. 689 del 1981 e 6 del d.lgs. n. 150 del 2001, ma va collocata nella materia sostanziale di appartenenza. L’abrogazione dell’art. 22 bis sopra citato comporta, dunque, l’applicazione dell'art. 133, comma 1, lett. f, del codice del processo amministrativo. Benché la controversia inerisca a diritti soggettivi, in quanto attinente al diritto a non subire una prestazione patrimoniale non prevista dalla legge, la S.C. ha chiarito che acquisisce prevalente rilevanza la circostanza che si tratta di un rapporto giuridico di diritto comune legato da un nesso di pregiudizialità dipendenza al rapporto amministrativo avente ad oggetto l'uso del territorio. In tale ipotesi, infatti, l'irrogazione della sanzione pecuniaria presuppone l'esercizio del potere amministrativo di rimozione ovvero demolizione dell'opera di ristrutturazione edilizia realizzata in assenza di permesso o in totale difformità da esso. Pregiudiziale, dunque, rispetto all'irrogazione della sanzione è l'esercizio della potestà relativa all'uso del territorio. L'inerenza della controversia al solo profilo del “quantum” della sanzione pecuniaria non esclude la pregiudizialità dipendenza con il rapporto amministrativo.

La precisazione contenuta nel principio enunciato è molto importante, in quanto nella vigenza dell’art. 22 bis sopra citato, era consolidato, infatti, l’indirizzo di legittimità secondo cui l’opposizione ad ordinanza ingiunzione di pagamento per violazione della normativa urbanistica ed edilizia non generava una controversia nascente da atti e provvedimenti della P.A. relativi alla gestione del territorio, ma rappresentava, piuttosto, l'esercizio di una posizione giuridica avente consistenza di diritto soggettivo, ad opera di chi deduceva di essere stato sottoposto a sanzione in casi e modi non stabiliti dalla legge (v. Sez. U, n.

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22426/2018, Scrima, Rv. 650456–01, nella specie si trattava di un muro in assenza di titolo abilitativo e prima ancora in tema di cave Sez. U, n. 11388/2016, Giusti, Rv. 639955–01).

In diverso settore, ma restando in materia di diritti relativi al patrimonio immobiliare è di sicuro interesse anche l’arresto di Sez. 1, n. 02738/2021, Lamorgese, Rv. 660385-01, secondo cui, al fine di valutare la compromettibilità in arbitrato di una controversia derivante dall'esecuzione di accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento amministrativo, devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, occorre valutare la natura delle situazioni giuridiche azionate, potendosi ricorrere a tale strumento di risoluzione delle controversie solo se abbiano la consistenza di diritto soggettivo, ai sensi dell'art. 12 c.p.a., e non invece la consistenza di interesse legittimo.

La S.C. nella specie ha ravvisato la consistenza dell'interesse legittimo nella posizione vantata dal privato che aveva inteso reagire, anche a fini risarcitori, avverso scelte discrezionali dell'Amministrazione che avevano reso inattuabile l'accordo di realizzazione di un complesso programma lottizzatorio.

Nel settore del demanio, Sez. 1, n. 14048/2021, Parise, Rv. 661493-01, è intervenuta affermando che il procedimento di delimitazione del demanio marittimo, previsto nell'art. 32 c.nav., tendendo a rendere evidente la demarcazione tra il demanio e le proprietà private finitime, si presenta quale proiezione specifica dell"actio finium regundorum" di cui all'art. 950 c.c., concludendosi con un atto di delimitazione, tra i confini del demanio marittimo e le proprietà private, che ha funzione di mero accertamento. Ne consegue che, essendo escluso il potere discrezionale della P.A., la contestazione delle risultanze del verbale di delimitazione deve avvenire dinanzi al giudice ordinario, il quale potrà disapplicare l'atto amministrativo se ed in quanto illegittimo.

Nella materia di beni gravati da usi civici e successivamente passati allo stato di terra appartenente al demanio civico e, poi ancora, in terra allodiale, Sez. U, n. 00617/2021, Cosentino, Rv. 660143-01, ha chiarito che la domanda finalizzata a contestare, non solo, l'importo del livello e, quindi, del capitale di affrancazione di un terreno determinato dal comune, ma anche la stessa legittimità dell’unilaterale riapertura, in sede di autotutela, della procedura di determinazione del capitale di affrancazione già chiusa in precedenza, rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo. La determinazione della misura del canone, al pari di quella delle altre condizioni richieste per l'approvazione della concessione di legittimazione, e la conseguente trasformazione in allodio del bene gravato dall'uso civico, appartiene alla valutazione autonoma dell'autorità pubblica,

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rispetto alla quale il privato vanta una posizione di mero interesse legittimo, anche in ordine all'esercizio del potere di autotutela decisoria.

6. I rifiuti.

La materia dei rifiuti ha, quest’anno, interessato la S.C., sotto diversi profili che, per comodità, si intendono illustrare unitamente. Sez. U, n. 20824/2021, Grasso Giuseppe, Rv. 662032-01, pur riconoscendo la giurisdizione esclusiva amministrativa, già in virtù dell'art. 33, comma 2, lett. e, del d.lgs. 31 marzo 1988, n. 80, come modificato dalla l. 21 luglio 2000, n. 205, ed oggi dell'art. 133, comma 1, lett. p), dell'allegato 1, del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, ha affermato che appartiene alla giurisdizione ordinaria la domanda del privato che si dolga delle concrete modalità di esercizio del relativo ciclo produttivo, assumendone la pericolosità per la salute o altri diritti fondamentali della persona e chiedendo l'adozione delle misure necessarie per eliminare i danni attuali e potenziali e le immissioni intollerabili. L’erosione della giurisdizione esclusiva in favore di quella ordinaria trova la sua ragione, per la S.C., nella circostanza che la condotta contestata integra la materiale estrinsecazione di un'ordinaria attività di impresa, quando non siano dettate particolari regole esecutive o applicative tecniche direttamente nei provvedimenti amministrativi, sicché non risulta in alcun modo coinvolto il pubblico potere.

Sono stati, poi, utilizzati gli ordinari criteri di riparto da Sez. U, n.

20692/2021, Scoditti, Rv. 661867-01, secondo cui è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia fra il gestore di impianto di smaltimento ed il comune per il pagamento della quota dei proventi corrispondente ai cd. oneri di mitigazione ambientale, atteso che il rapporto di debito-credito dedotto in giudizio non involge elementi riconducibili ad un rapporto pregiudicante nel quale la P.A. creditrice intervenga con poteri autoritativi, essendo rimessa all'autorità regionale la predeterminazione dei proventi da riversare ai comuni. In tale ipotesi, infatti, non si verte nella giurisdizione esclusiva di cui all'art. 133, comma 1, lett. p), dell'allegato 1, del d.lgs., n. 104 del 2010.

Nella delimitazione del confine con la giurisdizione tributaria è intervenuta Sez. U, n. 11290/2021, Napolitano L., Rv. 661081-01, secondo cui la tariffa c.d.

puntuale (o corrispettivo) sui rifiuti, di cui all'art. 1, comma 668, della l. 27 dicembre 2013, n. 147, prevista, quale alternativa alla TARI, per i comuni che abbiano realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico, ha natura privatistica; le relative controversie sono, pertanto, devolute alla giurisdizione del giudice ordinario. Nella specie, il Comune

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aveva esercitato l'opzione alternativa mediante l'approvazione di un regolamento che ragguagliava la tariffa corrispettivo alla quantità di rifiuto indifferenziato prodotto, oggetto di specifica misurazione.

Spetta, poi, secondo Sez. U, n. 05418/2021, Crucitti, Rv. 660791-01 al giudice ordinario, e non a quello tributario, la giurisdizione sull'opposizione ad ordinanza ingiunzione per il pagamento del "benefit" ambientale, previsto dall'art.

29, comma 2, della l.r. Lazio 9 luglio 1998, n. 27 in favore dei Comuni che ricevono determinate categorie di rifiuti e ospitano determinati impianti per il loro trattamento e smaltimento. La pronuncia ha chiarito che tale beneficio economico non presenta i caratteri del tributo, ma assume la natura di indennizzo avente la funzione di ristorare il Comune ospitante dei danni ambientali derivanti dall'attività di smaltimento dei rifiuti. La natura tributaria di una prestazione si può, viceversa, affermare, quando determini una decurtazione patrimoniale non integrante modifica di un rapporto sinallagmatico e che sia collegata al finanziamento di pubbliche spese (v. par. 9.1 per altre pronunce sul principio da ultimo richiamato).