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In materia di litispendenza, tra le pronunce più significative dell’annualità in rassegna merita di essere segnalata Sez. 6-3, n. 33214/2021, Cirillo F.M., Rv.

663125-01, secondo la quale il trasferimento dell’azione civile nel processo penale, regolato dall’art. 75 c.p.p., determina una vicenda estintiva del processo civile riconducibile al fenomeno della litispendenza e non a quello disciplinato dall’art.

306 c.p.c., in quanto previsto al fine di evitare contrasti di giudicati, sicché il provvedimento con cui il giudice civile prende atto della predetta vicenda non integra una decisione sulla competenza e non è, pertanto, impugnabile con il relativo regolamento.

In caso di proposizione di distinte azioni di impugnazione, per ragioni diverse, del medesimo atto di licenziamento, non sussiste litispendenza tra i due giudizi, pur aventi ad oggetto la medesima vicenda sostanziale; tuttavia, la proponibilità di una nuova iniziativa giudiziaria resta condizionata alla sussistenza

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di un interesse oggettivo del lavoratore al frazionamento della tutela avverso l'unico atto di recesso (Sez. L, n. 22930/2021, Spena, Rv. 662093-01).

Per quanto riguarda la litispendenza internazionale, Sez. U, n. 21767/2021, Valitutti, Rv. 661869-01, ha affermato che, in tema di litispendenza internazionale, l'ordinanza con cui il giudice successivamente adito sospende il processo finché quello adito per primo non abbia affermato la propria giurisdizione non involge alcuna questione di giurisdizione, risolvendosi piuttosto nella verifica dei presupposti di natura processuale inerenti all'identità delle cause e alla pendenza del giudizio instaurato preventivamente. Ne consegue, pertanto, che avverso detto provvedimento deve essere esperito non già il regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41 c.p.c., bensì il regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c. In applicazione di tale principio, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione avverso il provvedimento con cui il giudice italiano aveva sospeso il giudizio di separazione personale tra coniugi, con riguardo alla domanda di mantenimento dei figli minori, sul presupposto che quest'ultima fosse sub judice in altro processo, pendente in Scozia tra le stesse parti e avente ad oggetto la legittimità del trasferimento all’estero dei figli medesimi.

La litispendenza internazionale può essere dichiarata d’ufficio, atteso che la

“ratio” dell’art. 7, comma 1, della l. n. 218 del 1995, diretta a favorire l’economia dei giudizi e ad evitare conflitti tra giudicati, non consente di subordinare all’eccezione di parte l’intervento sospensivo del giudice. Ne consegue che la formulazione letterale della menzionata norma (“quando, nel corso del giudizio, sia eccepita la previa pendenza”) deve essere intesa nel senso che la litispendenza deve essere dichiarata dal giudice, quando l’esistenza dei relativi presupposti emerga dagli elementi offerti dalle parti (Sez. 6-2, n. 09057/2021, Giannaccari, Rv. 661204-03).

Ancora, in tema di litispendenza internazionale extra-comunitaria, deve applicarsi l'art. 7, comma 1, della l. n. 218 del 1995 e non già l'art. 19 del Regolamento CE n. 2201 del 2003, disciplinante la litispendenza intra-comunitaria, sicché ai fini della sospensione obbligatoria del processo successivamente instaurato, occorre che le domande presentino identità dell'oggetto e del titolo non accogliendosi il concetto più ampio di identità di cause adottato in ambito comunitario che fa leva non tanto sulla specificità del provvedimento richiesto al giudice quanto su una situazione complessiva di “crisi del matrimonio”. Ne consegue, pertanto, che non è ravvisabile il concetto di identità di cause tra il giudizio di separazione dei coniugi e quello di divorzio Facendo applicazione di tale principio, la corte di Cassazione ha confermato in

Laura Mancini

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relazione alla introduzione di un giudizio di divorzio dinanzi all’autorità giudiziaria del Principato di Monaco in pendenza del procedimento per separazione personale dinanzi a quella italiana, la insussistenza della identità delle cause dato che il Principato di Monaco, pur essendosi allineato a talune politiche economiche e fiscali dell’Unione Europea, non ne fa parte) (Sez. 6-1, n.

02654/2021, Tricomi L., Rv. 660738-01).

Sez. 6-2, n. 09057/2021, Giannaccari, Rv. 661204-01, ha, poi, affermato che in tema di litispendenza o pregiudizialità internazionale, il regolamento di competenza è ammissibile non solo in relazione alle ipotesi di sospensione obbligatoria del processo, ma anche nei casi di sospensione facoltativa, con la differenza che mentre, nella prima ipotesi, contemplata dall'art. 7, comma 1, della l. n. 218 del 1995, il giudice deve accertare che vi sia identità tra la causa pendente innanzi al giudice italiano e quella pendente innanzi al giudice straniero, nell’ipotesi di sospensione facoltativa, disciplinata dall’art. 7, comma 3, della medesima l. n. 218, il sindacato della Corte di cassazione è circoscritto al controllo della completezza, correttezza e logicità delle argomentazioni sottese alla disposta sospensione - che, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, postula una mera valutazione, ad opera del giudice italiano, dell’idoneità del provvedimento straniero pregiudiziale alla produzione di effetti nell’ordinamento interno - senza poter invece investire l’opportunità della scelta.

Per ciò che concerne la continenza, la giurisprudenza dell’annualità in rassegna ha, innanzitutto, precisato che nel caso di riunione di cause, tra loro in rapporto di continenza e pendenti davanti al medesimo giudice, le preclusioni maturate nel giudizio preveniente anteriormente alla riunione rendono inammissibili nel giudizio prevenuto - in osservanza del principio del ne bis in idem e allo scopo di non favorire l’abuso dello strumento processuale - solo le attività, soggette alle scansioni processuali dettate a pena di decadenza, svolte con riferimento all’oggetto di esso che sia comune al giudizio preveniente e non si comunicano, pertanto, né alle attività assertive che, come le mere difese e le eccezioni in senso lato, non soggiacciono a preclusione, né alle attività assertive e probatorie che, pur soggette a preclusione, concernono la parte del giudizio prevenuto non comune con quello preveniente (Sez. 3, n. 18808/2021, Iannello, Rv. 661705-02).

È stato, altresì, puntualizzato che nel processo tributario, non è configurabile un rapporto di continenza, ex art. 39, comma 2, c.p.c., tra le cause aventi ad oggetto l'impugnazione, rispettivamente, della cartella di pagamento e dell'avviso di accertamento, in quanto la cartella è impugnabile solo per vizi propri, essendo precluso proporre avverso la stessa vizi di merito relativi all'avviso di

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accertamento, a loro volta proponibili soltanto nel diverso giudizio promosso per il suo annullamento, sì che sussiste tra le due cause diversità della causa petendi e, per l’effetto, del thema decidendum; tra le due cause difetta inoltre l’identità anche parziale dei fatti costitutivi oggetto di accertamento, in presenza della quale è rinvenibile quel nesso di pregiudizialità logica e giuridica che giustifica, per effetto della continenza, lo spostamento di una causa da un giudice ad un altro in deroga alle ordinarie regole sulla competenza territoriale; irrilevante, infine, è la relazione che lega l'efficacia della cartella, quale atto esecutivo, al permanere in vita dell’avviso di accertamento, in quanto tale rapporto non scalfisce l'autonomia e l'indipendenza dei due giudizi, ma può soltanto portare ad affermare in capo al contribuente il diritto al rimborso di quanto versato, nel caso in cui il giudizio di accertamento porti ad un esito a lui favorevole (Sez. 5, n. 08737/2021, Filocamo, Rv. 660934-01).