dell'udienza di trattazione di cui all'art. 183 c.p.c., non può rinvenirsi né letteralmente, né sistematicamente, alcuna non prevista preclusione.
Ratione temporis, Sez. 3, n. 40756/2021, Scoditti, Rv 663578-01 ha chiarito che, nei giudizi instaurati prima dell'entrata in vigore dell'art. 45, comma 14, legge n. 69 del 2009, che ha sostituito il secondo comma dell'art. 115, comma 2, c.p.c., il principio di non contestazione trova applicazione solo con riferimento ai fatti primari, cioè costitutivi, modificativi, impeditivi od estintivi del diritto fatto valere in giudizio, mentre per i fatti secondari - vale a dire quelli dedotti in mera funzione probatoria - la non contestazione costituisce argomento di prova ai sensi dell'art.
116, secondo comma, cod. proc. civ., per cui tali fatti possono essere contestati per la prima volta anche nel giudizio di appello.
2. La consulenza tecnica d’ufficio.
Nel corrente anno numerose e significative sono state le pronunce della Suprema Corte in tema di consulenza tecnica d’ufficio.
Com’è noto, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o in toto, le indagini, sostituendo l'ausiliare del giudice.
In termini generali, lo svolgimento di una prima consulenza non preclude, quindi, l'affidamento di un'ulteriore indagine a professionista qualificato nella materia, al fine di fornire al giudice un ulteriore mezzo volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti. Orbene, qualora nel corso del giudizio di merito vengano espletate più consulenze tecniche in tempi diversi con risultati difformi, il giudice può seguire il parere che ritiene più congruo o discostarsene, dando adeguata e specifica giustificazione del suo convincimento; in particolare, Sez. 3, n. 19372/2021, Vincenti, Rv. 661838-02, ha ribadito (Sez. L, n.
19572/2013, Tria L., Rv. 628271 - 01) che, quando intenda uniformarsi alla seconda consulenza, non può limitarsi ad una adesione acritica, ma deve giustificare la propria preferenza indicando le ragioni per cui ritiene di disattendere le conclusioni del primo consulente, salvo che queste risultino criticamente esaminate nell’ambito della nuova relazione con considerazioni non specificamente contestate dalle parti.
In proposito, va, peraltro, ricordato che, qualora sia stata disposta la consulenza e ne condivida i risultati, il giudice non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, atteso che la decisione di aderire alle risultanze della consulenza implica valutazione ed esame delle contrarie deduzioni
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delle parti, mentre l’accettazione del parere del consulente, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce motivazione adeguata, non suscettibile di censure in sede di legittimità.
Allorquando non abbia le cognizioni tecnico-scientifiche necessarie ed idonee a ricostruire e comprendere la fattispecie concreta in esame nella sua meccanicistica determinazione ed evoluzione, pur essendo peritus peritorum, il giudice deve fare invero ricorso a una consulenza tecnica di tipo percipiente, quale fonte oggettiva di prova, sulla base delle cui risultanze è tenuto a dare atto dei risultati conseguiti e di quelli, viceversa, non conseguiti o non conseguibili, in ogni caso argomentando su basi tecnico-scientifiche e logiche. Il giudice può anche disattendere le risultanze della disposta c.t.u. percipiente, ma, secondo Sez. 3, n.
36638/2021, Scarano, Rv. 663298-02, solo motivando in ordine agli elementi di valutazione adottati e agli elementi probatori utilizzati per addivenire all'assunta decisione, specificando le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del c.t.u.
2.1. I poteri del c.t.u. di acquisire ulteriori elementi probatori.
L’orientamento ormai consolidato (Sez. 2, n. 02671/2020, Dongiacomo, Rv.
657091 – 01; n. 01901 del 2010, Rv. 611569 – 01; n. 12921 del 2015, Rv. 635808 – 01) ritiene che il consulente tecnico di ufficio abbia il potere di attingere aliunde notizie e dati non rilevabili dagli atti processuali, quando ciò sia indispensabile per espletare convenientemente il compito affidatogli.
Va, infatti, ricordato che la consulenza tecnica d'ufficio (Sez. 6 - 1, n.
30218/2017, Genovese, Rv. 647288 – 01) non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze.
Da ciò deriva che il perito, ai sensi dell'art. 194 c.p.c., può acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori, rientranti nell'ambito strettamente tecnico della consulenza e costituenti il presupposto necessario per rispondere ai quesiti formulati, e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse. Il principio, che non può dirsi ancora unanime, è stato riaffermato da Sez. 2, n. 21926/2021, Oliva, Rv. 662060-01, la quale si è posta nella scia di Sez. 2, n. 14577/2012, D’Ascola, Rv. 623712-01, che aveva ritenuto ammissibile l'acquisizione, ad opera del consulente tecnico
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d'ufficio, di documentazione relativa alla certificazione catastale ed alla regolarità urbanistica dell'immobile oggetto di divisione.
Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negato, qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero a compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (Sez. 1, n.
21487/2017, Ceniccola, Rv. 645410-01; Sez. 1, n. 15774/2018, Nazzicone, Rv.
649471-01).
Il perito d'ufficio, nell'espletamento del mandato ricevuto, può chiedere informazioni a terzi ed alle parti per l'accertamento dei fatti collegati con l'oggetto dell'incarico, senza bisogno di una preventiva autorizzazione del giudice, atteso che tali informazioni, di cui siano indicate le fonti in modo da permetterne il controllo delle parti, possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice, unitamente alle altre risultanze di causa; peraltro, ha sottolineato Sez. 2, n. 27723/2021, Criscuolo, Rv. 662444-01, il c.t.u., in quanto ausiliario del giudice, ha la qualità di pubblico ufficiale, sicché il verbale redatto, attestante le dichiarazioni a lui rese, fa fede fino a querela di falso.
Considerazioni parzialmente difformi valgono nel rito del lavoro Invero, in tale contesto l'acquisizione, da parte del c.t.u., di documenti non prodotti dalle parti è riconducibile ai poteri istruttori ufficiosi, sicché, da un lato, è ammissibile solo previa autorizzazione del giudice, e dall'altro impone a quest'ultimo di assegnare un termine per la formulazione della prova contraria alla parte che ne faccia richiesta. Da ciò consegue che, ai fini della legittimità dell’operato del consulente, occorre la compresenza di una preventiva autorizzazione giudiziale e di un contraddittorio ex post sulle risultanze istruttorie in tal guisa acquisite. In applicazione dell’enunciato principio, Sez. L, n. 24024/2021, Buffa, Rv. 662154-01, ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, sul presupposto della sussistenza della relativa autorizzazione giudiziale, aveva ritenuto legittima l'acquisizione, da parte del c.t.u. nominato in grado d'appello, di fotografie d'epoca dalle quali era emersa l'assenza di amianto nelle lavorazioni, omettendo, tuttavia, di dar corso alla prova contraria, ritualmente richiesta dai ricorrenti nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado e di appello.
2.2. Le questioni ancora in attesa di risoluzione.
In questo contesto si è in attesa di interventi chiarificatori delle Sezioni Unite su due questioni spinose.
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Invero, la Prima sezione civile, con ordinanza n. 09811/2021, Valitutti, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite della questione, oggetto di contrasto tra le decisioni della Corte (per quanto appare decisamente prevalente l’orientamento secondo cui si sarebbe al cospetto di una nullità relativa, da eccepirsi, a pena di decadenza, nella prima udienza – compresa quella di mero rinvio -, istanza o difesa successiva al deposito della relazione), se lo svolgimento di indagini peritali su fatti estranei al thema decidendum della controversia in violazione del principio dispositivo cagioni una nullità della consulenza tecnica, da qualificare di carattere assoluto o relativo e, pertanto, rilevabile d'ufficio ovvero solo su istanza di parte nella prima difesa utile.
La stessa Prima sezione civile, con ordinanza n. 08924/2021, Valittutti, ha rimesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla questione, decisa in senso difforme dalle sezioni semplici e sostanzialmente sovrapponibile alla precedente, ma di più ampio respiro, concernente la natura della nullità della consulenza tecnica di ufficio, ed il conseguente rilievo officioso, o su istanza di parte, della stessa.
2.3. La liquidazione del compenso del c.t.u.
La liquidazione del compenso al consulente tecnico d'ufficio, ove l'accertamento richiesto dal giudice sia unico, benché implicante attività interdipendenti tra loro, deve essere unitaria, e non per sommatoria di più voci tariffarie, presupponendo, viceversa, quest'ultima una pluralità di accertamenti.
Sez. 2, n. 10367/2021, Gorjan, Rv. 661045-01, ha fatto applicazione di tale principio in relazione alla liquidazione del compenso per un incarico peritale riguardante la predisposizione di un piano millesimale di un condominio che implicava lo svolgimento di attività tra loro connesse, quali la misurazione dei vani e l'elaborazione matematica delle proporzioni ai fini dell'individuazione dei millesimi da assegnare ai singoli partecipanti alla comunione.
A tal riguardo, va segnalato che, secondo Corte cost. 20 maggio 2021, n. 102, a fronte dell’introduzione, nei procedimenti civili e penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, del principio di necessaria collegialità (prevedendo l’art.
15 della legge 8 marzo 2017, n. 24, che i giudici affidino ab initio l’incarico ad un collegio, in cui uno dei membri deve essere uno specialista in medicina legale ed un altro deve essere specialista nella branca interessata dal caso in discussione – clinica o chirurgica, infermieristica o tecnico-sanitaria -), non trova giustificazione la scelta del legislatore di determinare l’onorario globale spettante al collegio in
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misura pari a quella che verrebbe riconosciuta in caso di conferimento di incarico al singolo.
Nel giudizio di opposizione al decreto di liquidazione del compenso a favore del consulente tecnico d'ufficio, il giudice deve verificare se l'opera svolta dall'ausiliare sia rispondente ai quesiti posti dal giudice che ha conferito l'incarico, tenuto conto, ai sensi dell'art. 51 del d.P.R. n. 115 del 2002, della difficoltà, completezza e pregio della relazione peritale che costituiscono i parametri per la determinazione del compenso; dall'accertamento è esclusa la valutazione circa l'utilità e la validità della consulenza tecnica, questioni che attengono al merito della causa e vanno fatte valere nella relativa sede. Sulla base di tale principio, Sez.
6-2, n. 36396/2021, Varrone, Rv. 663080-01, ha cassato la pronuncia di appello che, nel liquidare il compenso per la perizia, aveva computato anche l'attività di indagine svolta dal c.t.u. su un appartamento estraneo all'oggetto del giudizio e al quesito proposto dal giudice.
2.4. La consulenza di parte.
Sez. 6-2, n. 09483/2021, Abete, Rv. 660945-01, ha confermato (Sez. 3, n.
02063/2010, D’Amico, Rv. 611353-01) il principio secondo cui la consulenza di parte, ancorché confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio, con la conseguenza che il giudice di merito, ove di contrario avviso, non è tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto, quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni con esso incompatibili e conformi al parere del proprio consulente.
Anche in ambito tributario Sez. 5, n. 03104/2021, Lo Sardo, Rv. 660644-02, ha avuto modo di affermare che le osservazioni contenute in una perizia stragiudiziale rappresentano mere allegazioni difensive.