9. I rapporti con altre giurisdizioni
9.1. La linea di confine con la giurisdizione tributaria
titolare di compiti di natura tendenzialmente amministrativa, svolti su mandato e dietro finanziamento statale, oltre che attribuiti da norme di natura pubblicistica, in assenza di un'espressa previsione normativa che la qualifichi "ente pubblico", ai sensi dell'art. 4 della l. 20 , marzo 1975, n. 70, non può essere annoverata tra le pubbliche amministrazioni indicate nell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001. Depongono per la natura di soggetto di diritto privato la forma giuridica prescelta, le previsioni statutarie, la libertà di adesione e recesso degli associati, la funzione di rappresentanza e tutela degli interessi dei comuni associati e di raccordo con il sistema centrale. Da tale premessa discende che la controversia relativa alla procedura di convocazione dell'assemblea e di nomina del coordinatore regionale di tale associazione, in mancanza di disposizioni contrarie, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, discutendosi della legittimità di atti non riconducibili all'esercizio di un pubblico potere.
9. I rapporti con altre giurisdizioni.
L’attività di perimetrazione delle S.U. si è, come di consueto, sviluppata nel corso dell’anno anche lungo i confini con altre giurisdizioni speciali.
9.1. La linea di confine con la giurisdizione tributaria.
Numerosi sono stati gli interventi chiarificatori quest’anno sulla linea di demarcazione tra la giurisdizione ordinaria e quella tributaria, molti dei quali su giudizi aventi ad oggetto cartelle esattoriali. Altri arresti, invece, hanno fornito indicazioni di carattere generale per individuare il discrimine tra le due giurisdizioni.
Occorre in tema ricordare che per Sez. U, n. 11293/2021, Rubino, Rv.
661128-01, con riferimento alle controversie aventi ad oggetto opposizioni proposte da un privato avverso l'esecuzione intrapresa da un soggetto pubblico con una intimazione di pagamento contenuta in una cartella esattoriale, al fine di individuare se la giurisdizione appartenga al giudice tributario o al giudice ordinario, non rileva lo strumento utilizzato per procedere alla riscossione, ma la natura del credito fatto valere, dovendosi in particolare verificare se quest'ultimo scaturisca da una pretesa impositiva della P.A. o se costituisca il semplice corrispettivo di una prestazione erogata da un soggetto pubblico in esecuzione di un rapporto privatistico.
In una diversa prospettiva, ma sempre allo stesso fine, Sez. U, n. 21642/2021, Conti, Rv. 662122-01 si è posta in linea di continuità con Sez. U, n. 07822/2020,
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Frasca, Rv. 657531–03, riaffermando che il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria va così individuato: alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione sui fatti incidenti sulla pretesa tributaria, ivi inclusi i fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa in senso sostanziale che si assumano verificati fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell'intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell'atto esecutivo, in caso di notificazione omessa, inesistente o nulla degli atti prodromici; alla giurisdizione ordinaria, invece, spetta la cognizione sulle questioni di legittimità formale dell'atto esecutivo come tale, a prescindere dalla esistenza o dalla validità della notifica degli atti ad esso prodromici, nonché sui fatti incidenti in senso sostanziale sulla pretesa tributaria, successivi all'epoca della valida notifica della cartella esattoriale o dell'intimazione di pagamento o successivi, in ipotesi di omissione, inesistenza o nullità di detta notifica, all'atto esecutivo cha abbia assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell'intimazione. La S.C., nella specie, ha ritenuto la giurisdizione del giudice tributario in ordine alla prospettata questione di prescrizione della pretesa fiscale che si colloca a monte della notifica della cartella di pagamento.
Seguendo la medesima impostazione Sez. 6-1, n. 13767/2021, Mercolino, Rv. 661448-01, ha affermato che l'eccezione di prescrizione del credito tributario maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento, sollevata dal curatore in sede di ammissione al passivo fallimentare, è devoluta alla cognizione del giudice ordinario e non già di quello tributario, segnando la notifica della cartella il consolidamento della pretesa fiscale e l'esaurimento del potere impositivo.
In tale quadro occorre segnalare un’importante precisazione di Sez. U, n.
20693/2021, Scoditti, Rv. 662224-01, secondo cui, spetta alla giurisdizione tributaria la cognizione sull'opposizione alla cartella di pagamento, promossa ai sensi dell'art. 615, comma 1, c.p.c., con la quale siano dedotti fatti relativi alla carenza della originaria pretesa tributaria o all'estinzione della stessa, nella specie, per intervenuta prescrizione, che si assumano verificati anteriormente alla notificazione della cartella.
La cognizione sulla controversia relativa al diniego di sospensione della riscossione di cartella esattoriale ai sensi dell'art. 1 della l. 11 ottobre 1995, n. 423, secondo Sez. U, n. 28640/2021, Manzon, Rv. 662469-01, spetta alla giurisdizione del giudice tributario, rientrando tale fattispecie nella giurisdizione generale tributaria prevista dal d.lgs. 31 dicembre del 1992, n. 546, rispetto alla quale è irrilevante tanto la disciplina dell'impugnabilità dell'atto quanto la natura discrezionale dell'atto impugnato.
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La pronuncia si innesta armonicamente sull’orientamento giurisprudenziale, secondo cui la giurisdizione tributaria ha carattere generale e si radica in base alla materia, a prescindere dal tipo di atto impugnato e dalla natura discrezionale o meno dello stesso. L’art. 103 Cost. non prevede, infatti, una riserva assoluta di giurisdizione in favore del giudice amministrativo per la tutela degli interessi legittimi, anche se resta ferma la necessità da parte del giudice tributario in ordine alla riconducibilità dell’atto impugnato nelle categorie indicate dall’art. 19 del d.lgs., n. 546 del 1992 (in questo senso v. Sez. U, n. 07388/2007, Altieri, Rv.
596023–01, Sez. U, n. 03774/2014, Virgilio, Rv. 629555–01).
Non si può, viceversa, parlare di continuità per Sez. U, n. 21961/2021, Manzon, Rv. 661871-01, secondo cui i contributi per il funzionamento dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, relativi alle spese di funzionamento dell'Autorità ex art. 2, comma 14, del d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261, come modificato dall'art. 1, comma, 2, del d.lgs. 31 marzo 2011, n. 58, applicabile
"ratione temporis", hanno natura tributaria, trattandosi di prestazioni patrimoniali imposte dalla legge a favore dell'autorità indipendente, caratterizzate dal carattere coattivo in assenza di qualsiasi rapporto sinallagmatico con la beneficiaria, collegate ad una pubblica spesa, destinata allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario dell'ente impositore, e riferite ad un presupposto economicamente rilevante, in quanto commisurate al volume di fatturato assunto ad indice della capacità contributiva. Da tale assunto, pertanto, consegue che la disposizione di cui all'art. 133, lett. I, c.p.a. va interpretata nel senso che la essa fissa la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per tutti i provvedimenti di AGCOM, ad eccezione di quelli che riguardano il contributo per il funzionamento dell'Ente, in ordine ai quali invece trova applicazione la previsione di cui all'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, quale norma di attribuzione al giudice tributario speciale della competenza giurisdizionale generale in materia di tributi.
Sulla questione, Sez. U, n. 19768/2016, Spirito, Rv. 641092–01 aveva, invece, affermato in tale ipotesi la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
La rivisitazione di tale orientamento trova la sua ragione in una nuova lettura dell’art. 23 Cost. e della nozione di “prestazioni patrimoniali imposte” alla luce della evoluzione della giurisprudenza di legittimità e costituzionale. Secondo il più recente orientamento di legittimità hanno natura di tributi le prestazioni che presentino i caratteri della coattività, della definitività della decurtazione economica, della non sinallagmaticità, della correlazione ad un indice di capacità contributiva e alle spese dell’ente impositore o comunque di un ente pubblico.
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La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, individuato i caratteri identificativi del tributo nella matrice legislativa, nella doverosità della prestazione da corrispondere ad un ente pubblico, restando del tutto irrilevante la volontà delle parti, nel nesso con la spesa pubblica, destinata allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario dell’ente impositore. Sulla base di tale rivisitazione la S.C. ha, dunque, attribuito la natura di tributo ai contributi per il funzionamento dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
Con riferimento alle controversie aventi ad oggetto richieste di rimborso delle imposte, Sez. U, n. 12150/2021, Perrino, Rv. 661139-01, ha affermato che la giurisdizione generale del giudice tributario può essere esclusa, a favore del giudice ordinario nel solo caso in cui l'Amministrazione abbia formalmente riconosciuto il diritto al rimborso e la quantificazione della somma dovuta. In tale caso, infatti, non possono residuare questioni circa l'esistenza dell'obbligazione tributaria, il "quantum" del rimborso o le procedure con le quali lo stesso deve essere effettuato e sarà, dunque, proponibile un’azione ordinaria di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. Vale la pena ricordare che nel caso di specie la decisione di merito, cassata dalla S.C., aveva ravvisato la giurisdizione ordinaria sull'azione proposta dal contribuente per il pagamento di un credito derivante da rimborso IVA, erroneamente ritenendo che il passaggio in giudicato della sentenza di annullamento della sospensione del rimborso implicasse il riconoscimento della sussistenza del diritto e la configurabilità di un indebito di diritto comune. Il provvedimento sospensivo, invece, come ha chiarito la pronuncia in esame, costituisce soltanto un sostanziale e temporaneo diniego.
Nella specifica materia del fallimento Sez. U, n. 08504/2021, Manzon, Rv.
660876-02 ha chiarito che le controversie relative al mancato assenso dell'agenzia fiscale alle proposte di trattamento dei crediti tributari regolate dall'art. 182 ter della l.fall. (r.d. 16 marzo 1942 n. 267) spettano, anche con riguardo al periodo anteriore all'entrata in vigore del d.lgs. 12 gennaio del 2019, n. 14, alla giurisdizione ordinaria del tribunale fallimentare, considerata l'obbligatorietà di tali proposte nell'ambito delle procedure nelle quali sono consentite ed in ragione, altresì, del disposto degli artt. 180, 182 bis e 182 ter l.fall., nel testo modificato dal citato d.lgs. n. 14 del 2019 e dal d.l. 7 ottobre 2020, n. 125. Da tale complesso normativo si evince la prevalenza, con riferimento all'istituto in esame, dell'interesse concorsuale su quello tributario, senza che assuma rilievo, invece, la natura giuridica delle obbligazioni oggetto dei menzionati crediti.
In tema di polizza fideiussoria a garanzia della restituzione del rimborso d'imposta, Sez. 5, n. 06833/2021, Saija, Rv. 660718-01, ha confermato che spettano al giudice ordinario le controversie tra garante ed amministrazione
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finanziaria, ove venga dedotto l’inadempimento del contribuente, avendo ad oggetto un rapporto di diritto privato. La soluzione fornita dalla pronuncia chiarisce le conseguenze nell’ipotesi in cui il giudizio, ciò nonostante, sia stato introdotto dinanzi al giudice tributario, e si sia formato il giudicato interno sulla giurisdizione di questi. In tal caso l'efficacia vincolante del giudicato non si estende al merito della lite ed esso non impedisce alla Corte di cassazione di qualificare come rapporto privatistico, quello intercorrente tra l'assicuratore e l'erario, e sottoporlo alla relativa disciplina. L’arresto si pone in linea di continuità con l’orientamento da ultimo stato espresso da Sez. 5, n. 08622/2012, Cirillo, Rv.
622786–01.
In materia di società cancellate dal registro delle imprese, Sez. U, n.
00619/2021, Conti, Rv. 660218-01 ha affermato che è devoluta alla giurisdizione tributaria la controversia sorta dall'impugnazione di un avviso di accertamento fiscale notificato agli ex soci con cui sia stata dedotta l'insussistenza, nel caso concreto, della responsabilità di questi per i debiti tributari della società, sul presupposto, da un lato, dell'operatività del meccanismo introdotto dall'art. 28, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175 circa il differimento per cinque anni dell'effetto estintivo della società cancellata nel settore tributario e contributivo, e, dall'altro lato, della mancata riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, ai sensi dell'art. 2495 c.c.
La S.C. in proposito ha rilevato che entrambi i motivi di impugnativa ruotano intorno alla postulata illegittimità o inesistenza della pretesa fiscale azionata dall'ufficio nei confronti dei soci della società estinta, che deve formare oggetto di esame da parte del giudice naturale di quel rapporto, costituito dal giudice tributario.