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IL RIPARTO DI GIURISDIZIONE TRA GIUDICE NAZIONALE E GIUDICE STRANIERO

3. La litispendenza internazionale

Un aspetto significativo della legge n. 218 del 1995, come sopra ricordato, è la rilevanza riconosciuta all’istituto della litispendenza all’estero, al fine di favorire le ragioni di economia processuale. L’art. 7 della legge ora citata, sulla base del nostro fondamentale principio processuale della domanda, dispone che la litispendenza deve essere eccepita e, se l’eccezione viene accolta, il giudice dovrà sospendere il processo al ricorrere delle seguenti due condizioni: la pendenza di una causa identica innanzi ad un giudice di uno stato straniero; la possibilità che la causa straniera produca effetti per l’ordinamento italiano.

Tale normativa si inserisce nel sistema Bruxelles I (artt. 21 e 23 Conv.

Bruxelles; artt. 27 e 29 Regolamento Bruxelles I; artt. 29, 31, 32, e 33 Regolamento Bruxelles I bis) che si caratterizza per l’intento di conciliare la necessità di evitare conflitti di giurisdizione con quella di non restringere eccessivamente le possibilità di tutela giurisdizionale e si fonda sul principio di equivalenza delle giurisdizioni degli Stati membri, in vista di un’attenuazione delle concezioni fondate sulla sovranità in favore del valore del coordinamento delle sovranità.

L’anteriorità della pendenza della causa deve essere stabilita in relazione a quanto previsto da ciascuno degli ordinamenti interessati. La litispendenza è rimessa all’accertamento d’ufficio ove si realizzi tra giudici europei, mentre opera su eccezione di parte nel caso in cui l’altro giudice appartenga ad uno Stato terzo.

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Il criterio di coordinamento è quello della prevenzione temporale ed è, dunque, competente il giudice adito per primo.

Se, tuttavia, uno dei giudici fonda la propria giurisdizione su un criterio esclusivo di giurisdizione, egli prevale anche se adito per secondo.

Il Regolamento di Bruxelles I bis, all’art. 31, ha introdotto, in aggiunta alle eccezioni al criterio di prevenzione già viste, anche la proroga di giurisdizione disponendo che, se uno dei giudici è adito in virtù di un accordo di proroga, deve prima accertare la propria competenza e, in caso positivo, decide la controversia.

Su questo profilo va segnalato l’arresto di Sez. U, n. 12865/2020, Perrino, Rv.

658084-02, nell'ipotesi in cui, esistendo una clausola di proroga della giurisdizione, siano promosse più cause in rapporto di litispendenza davanti a giudici di Stati diversi.

Nella specie, dovendosi applicare l'art. 27 della Convenzione di Lugano, firmata il 30 ottobre 2007 (approvata anche dalla Comunità europea con decisione del Consiglio 2009/430/CE del 27 novembre 2008), si è affermato che è il giudice preventivamente adito a dover verificare l'esistenza della clausola e, con essa, l'effettiva pattuizione di una competenza giurisdizionale esclusiva, mentre l'altro giudice, nell'attesa di tale statuizione, deve sospendere d'ufficio il proprio procedimento, non potendo adottare alcuna statuizione sulla competenza giurisdizionale. Deriva da tali postulati che, ove sia successivamente adito il giudice italiano, nel processo pendente davanti a quest'ultimo non è consentita neppure la proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione.

L’art. 30 del Regolamento Bruxelles I, ha, poi, finalmente determinato il momento in cui viene determinato il giudice adito, che è quello del deposito della domanda o della sua notifica. L’art. 32 n. 2 del Regolamento Bruxelles I bis ha aggiunto l’obbligo di ogni autorità giurisdizionale di comunicare, ove richiesta da altra autorità, la data in cui è stata adita.

L’effetto della litispendenza è che il giudice prevenuto o secondario deve sospendere il giudizio in attesa che l’altro giudice accerti la propria giurisdizione.

Se l’accertamento è positivo, il giudizio sospeso si estingue; in ipotesi contraria, prosegue.

In linea con il quadro generale fin qui esposto, Sez. U., n. 19665/2020, Acierno, Rv. 658927-01, nell'ipotesi di contemporanea pendenza, dinanzi a giudici di diversi paesi dell'Unione europea, di due giudizi di divorzio o separazione personale dei coniugi, ha chiarito come il giudice italiano che sia stato successivamente adito sia tenuto, ai sensi dell'art. 19 del Reg. (CE) n. 2201 del 2003, a sospendere il procedimento fino all'accertamento della competenza

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dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita. Nel processo dinanzi a lui pendente, di conseguenza, è inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione.

Sempre restando sul tema della separazione tra coniugi, da ultimo la S.C. ha effettuato sull’istituto della litispendenza un’ulteriore importante precisazione, chiarendo che l'ordinanza con cui il giudice successivamente adito sospende il processo, finché quello adito per primo non abbia affermato la propria giurisdizione, non involge alcuna questione di giurisdizione, risolvendosi piuttosto nella verifica dei presupposti di natura processuale inerenti all'identità delle cause e alla pendenza del giudizio instaurato preventivamente (Sez. U, n.

21767/2021, Valitutti, Rv. 661869-01).

La logica conseguenza di tale assunto è che avverso detto provvedimento deve essere esperito non già il regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41 c.p.c., bensì il regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c. Nella fattispecie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione avverso il provvedimento con cui il giudice italiano aveva sospeso il giudizio di separazione personale tra coniugi, con riguardo alla domanda di mantenimento dei figli minori, sul presupposto che quest'ultima fosse "sub judice" in altro processo, pendente in Scozia tra le stesse parti e avente ad oggetto la legittimità del trasferimento all'estero dei figli medesimi.

Ulteriori importanti arresti sul tema sono intervenuti nel corso dell’anno.

Ai fini della determinazione della pendenza di una lite innanzi al giudice dello Stato estero, secondo Sez. 6-2, n. 0957/2021, Giannaccari, Rv. 661204-02, è sufficiente al giudice nazionale riscontrare l'esistenza di un atto idoneo all'introduzione del giudizio innanzi al giudice straniero, secondo il diritto vigente nello Stato estero. L'art. 7, comma 2, della l. n. 218 cit. rimette, infatti, alla "lex loci" la determinazione della pendenza della causa e, in riferimento alla causa incardinata all'estero, è il giudice di quello Stato, e non quello italiano, a dover valutare l'esistenza di un atto introduttivo (lo "statement of claim"), il provvedimento giudiziario che ne ammette l'ingresso e l'eventuale notificazione, anche sotto il profilo della validità di quest'ultima, ai sensi dell'art. 10, par. a), della Convenzione dell'Aja sulle notifiche e comunicazioni all'estero degli atti giudiziari in materia civile.

Con la medesima pronuncia la S.C. ha fornito un’intepretazione dell’art. 7, comma 1, della l. n. 218 del 1995 che riconosce la massima espansione alla “ratio”

ad essa sottesa, volta, come si è detto, a favorire l'economia dei giudizi e ad evitare conflitti tra giudicati.

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La litispendenza, in tal senso, può essere dichiarata d'ufficio e la formulazione letterale della menzionata norma, "quando, nel corso del giudizio, sia eccepita la previa pendenza", deve essere intesa nel senso che la litispendenza deve essere dichiarata dal giudice, quando l'esistenza dei relativi presupposti emerga dagli elementi offerti dalle parti (Sez. 6-2, n. 09057/2021, Giannaccari, Rv. 661204-03).

Lo stesso arresto, inoltre, ha fornito l’occasione per chiarire che in tema di litispendenza o pregiudizialità internazionale, il regolamento di competenza è ammissibile, non solo, in relazione alle ipotesi di sospensione obbligatoria del processo, ma anche nei casi di sospensione facoltativa con l’indicazione di alcune significative differenze in ordine all’ambito della verifica giudiziale nelle due differenti ipotesi.

Mentre, infatti, nella sospensione obbligatoria, contemplata dall'art. 7, comma 1, della l. n. 218 del 1995, il giudice deve accertare che vi sia identità tra la causa pendente innanzi al giudice italiano e quella pendente innanzi al giudice straniero, viceversa, nell'ipotesi di sospensione facoltativa, disciplinata dall'art. 7, comma 3, della medesima l. n. 218, il sindacato della Corte di cassazione è circoscritto al controllo della completezza, correttezza e logicità delle argomentazioni sottese alla disposta sospensione, che, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, postula una mera valutazione, ad opera del giudice italiano, dell'idoneità del provvedimento straniero pregiudiziale alla produzione di effetti nell'ordinamento interno, senza poter invece investire l'opportunità della scelta (Sez. 6-2, n. 09057/2021, Giannaccari, Rv. 661204-01).

4. Azioni contrattuali e ambito di applicazione dei criteri stabiliti dal Regolamento (UE) n. 1215 del 2012.

Nell’ambito delle azioni contrattuali, ai fini dell’individuazione del momento determinante della giurisdizione, deve essere ricordato il principio espresso da Sez. U, n. 06280/2019, De Stefano, Rv. 652981–02, secondo cui le condizioni fattuali da valutare sono quelle esistenti al momento della proposizione domanda, come previsto nel nostro ordinamento dall'art. 5 c.p.c., e non quelle ravvisabili al tempo della conclusione del contratto per cui è causa. La pronuncia ha riconosciuto la validità del principio anche in caso di applicazione della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007, ratificata dall'UE con decisione del Consiglio del 27 novembre 2008 ed entrata in vigore nei rapporti con la Confederazione elvetica il 1° gennaio 2011.

Con riferimento alla clausola di esclusiva del "forum rei sitae", Sez. U, n.

26654/2021, Rubino, Rv. 662278-01, in una controversia concernente diritti

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reali, ha affermato che il criterio di collegamento dettato dall'art. 24, comma 1, n.

1, del Regolamento UE n. 1215 del 2012, secondo cui sussiste la competenza esclusiva dei giudici dello Stato membro in cui è situato l'immobile, poiché preposto a tutela di interessi tutelati come prevalenti, non è suscettibile di deroga per ragioni di connessione ex art. 8, comma 4, dello stesso Regolamento, pur in presenza di una clausola di scelta convenzionale del foro o di proroga della giurisdizione ex art. 25. Ad avviso della S.C. i criteri di giurisdizione derivata sono destinati ad operare, consentendo lo spostamento, soltanto ove non si rientri nell'ambito di operatività di uno dei criteri di esclusiva, né il "forum rei sitae" può attrarre la causa connessa perché la clausola di scelta del foro prevale a sua volta sulla regola della connessione. Appare utile precisare che, nella specie, la S.C, ferma l'operatività della clausola di scelta del foro di altro Stato per la causa contrattuale, ha dichiarato la giurisdizione del giudice italiano limitatamente alla domanda di cancellazione dell'ipoteca volontaria iscritta sull'immobile sito nel territorio nazionale.

Passando alla disamina delle singole tipologie contrattuali Sez. U, n.

18299/2021, Scarpa, Rv. 661653-01, in linea con Sez. U, n. 00156/2020, Frasca, Rv. 656657-02, ha fornito un contributo chiarificatore in relazione ai differenti criteri di collegamento operanti per la compravendita e per la prestazione di servizi, decisamente utile, atteso che nella pratica commerciale molto spesso il limite tra le due figure negoziali è particolarmente sfumato. L’occasione, questa volta, è stata fornita da una controversia avente ad oggetto una domanda di risoluzione per inadempimento di un rapporto commerciale di lunga data avente ad oggetto l’acquisto su ordinazione di orologi e di gioielli, promossa da una società italiana nei confronti di altra avente sede ad Hong Kong. Partendo dalla premessa che le controversie contrattuali vanno ricondotte nell’ambito di applicazione dei criteri di cui all’art. 7 del Regolamento n. 1215 del 2012, (sul punto v. premesse di cui al paragrafo 1), la S.C. ricorda che, mentre il luogo di esecuzione dell’obbligazione nella compravendita è quello in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto, viceversa, nel contratto di prestazione di servizi, esso si identifica con il luogo in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati.

Facendo leva, come chiede il nostro ordinamento all’art. 386 ter c.p.c., sulla

“causa petendi” e sul “petitum”, ai fini della qualificazione del contratto in essere tra le parti per l’individuazione del giudice compente, la S.C. ha ritenuto, in linea con l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia, la sussistenza di un negozio di compravendita. Nella fattispecie la società italiana inviava ordini di acquisto, che, poi, erano richiamati nelle fatture e i prodotti venivano realizzati su progetti

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“standard” forniti dalla società italiana. A tale proposito la S.C. ha ritenuto irrilevante la circostanza che i beni da consegnare dovessero essere prima fabbricati o prodotti, non avendo la parte acquirente mai provveduto alla fornitura dei materiali; ha ritenuto, altresì, privo di rilievo, sia che fossero stati posti dalla stessa requisiti relativi all’approvvigionamento, alla trasformazione e alla consegna della merce, sia il fatto che la società fornitrice fosse considerata responsabile della qualità e della conformità della merce al contratto.

Un’ulteriore importante precisazione con tale pronuncia è stata effettuata per l’individuazione del luogo di consegna nell’ipotesi di vendita a distanza.

Sulla scorta di precedenti arresti della Corte di Giustizia, la S.C. ha affermato che il luogo preliminarmente va individuato in base alle previsioni contrattuali.

Ai fini di tale accertamento, il giudice è obbligato a tenere conto di tutti i termini, di tutte le clausole, quelli generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del commercio internazionale

In mancanza di un’indicazione contrattuale, il luogo è quello della consegna materiale dei beni, attraverso il quale l’acquirente ha conseguito o avrebbe potuto conseguire il potere di disporre effettivamente di essi.

Sez. L, n. 12344/2021, Blasutto, Rv. 661198-01, in materia lavoristica ha costituito l’occasione per scandagliare ulteriormente il concetto di ordine pubblico internazionale. Secondo la S.C. va ricondotta nell’alveo delle obbligazioni contrattuali, ai sensi dell'art. 57 della l. n. 218 del 1995, la domanda con la quale il lavoratore chiede dichiararsi l'illegittimità del licenziamento e la reintegra nel posto di lavoro, in relazione ad un rapporto di lavoro che sia sorto all'estero, che all'estero abbia avuto esecuzione e ivi si sia risolto. Nella specie, infatti, in entrambe le fasi del merito era stata accertata la natura subordinata di un rapporto di lavoro giornalistico svolto in Libia ed era stata esclusa l’applicazione della legge algerina.

Condividendo sotto questo profilo le conclusioni dei giudici di merito, la S.C.

ha chiarito che, ai fini dell’individuazione della legge applicabile, è imprescindibile l’applicazione dell’art. 16 della l. n. 218 del 1995, secondo cui “la legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico”. Ha, inoltre, precisato che la legge “ratione temporis” applicabile a tale controversia dev'essere individuata secondo le disposizioni della Convenzione di Roma del 19 giugno 1980, resa esecutiva con l. n. 975 del 1984, cui l’art. 57 della legge citata fa rinvio, le quali consentono di escludere l'applicazione di una legge straniera che sia contraria all'ordine pubblico. Pur non avendo le parti, entrambe italiane, neanche optato nel contratto per l’applicazione della legge straniera, la verifica giudiziale aveva

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consentito di accertare che in Algeria, non solo, era inesistente la tutela del licenziamento per ragioni organizzative, ma anche quella che prevede una retribuzione proporzionata e sufficiente, ai sensi dell’art. 36 Cost.

La nozione di “ordine pubblico”, che costituisce un limite all’applicazione della legge straniera, deve, secondo i giudici di legittimità, essere desunta dall’intero sistema delle tutele, comprensivo, sia di quello previsto dalla Costituzione (artt.

1, 4, 35), sia delle disposizioni sovranazionali, tra cui quelle previste dalla Carta di Nizza. In questo senso la pronuncia si allinea a quanto in precedenza affermato da Sez. L, n. 01302/2013, Amoroso, Rv. 624880-01.