giudice di primo grado abbia deciso la controversia nel merito, omettendo di pronunciare espressamente sul vizio, resta precluso l'esercizio del potere di rilievo d'ufficio sulla stessa, per la prima volta, tanto al giudice di appello quanto a quello di cassazione, ove non sia stata oggetto di impugnazione o non sia stata ritualmente riproposta, essendosi formato un giudicato implicito interno in applicazione del principio di conversione delle ragioni di nullità della sentenza in motivi di gravame previsto dall'art. 161 c.p.c.
Nell’affermare tale principio, la richiamata pronuncia si pone in consapevole contrasto con Sez. 2, n. 07941/2020, Cosentino, Rv. 657592-02 la quale, all’opposto, aveva ritenuto che (in tema di domanda riconvenzionale tardiva non accolta) una pronuncia di primo grado che, senza affermare espressamente l’ammissibilità di una domanda riconvenzionale, la rigetti per ragioni di merito, non implica alcuna statuizione implicita di ammissibilità di tale domanda, sicché in tale ipotesi, il giudice di secondo grado investito dell’appello conserva, pur in assenza di appello incidentale sul punto, della parte vittoriosa nel merito, il potere e quindi il dovere di rilevare d’ufficio l’inammissibilità di detta domanda.
La sentenza del 2021 ha ritenuto di non condividere tale affermazione anche alla luce della pronuncia delle Sezioni unite della Corte (Sez. u., n. 11799/2017, Frasca, Rv. 644305-01) secondo la quale il mancato esame di una eccezione pregiudiziale di rito astrattamente idonea a precludere l’esame di una domanda che di fatto sia stata esaminata dal giudice e rigettata nel merito, onera la parte che l’aveva proposta, anche se vittoriosa nel merito, di proporre appello incidentale, restando quindi preclusa, in mancanza di impugnazione, la possibilità di riproporre l’eccezione ex art. 346 c.c. Da tale affermazione, Sez. 3, n.
06762/2021 ha dedotto il corollario per cui, in detta ipotesi, resta precluso al giudice dell’impugnazione di rilevare la questione d’ufficio.
4. Impugnazioni e preclusioni.
La formazione del giudicato è incisa anche dalle preclusioni che maturano nel giudizio di impugnazione, conseguenti all’onere imposto alle parti dagli artt. 329, 342, 346, 360 c.p.c. di coltivare le questioni.
E infatti, quando con la sentenza di primo grado venga respinta un'eccezione di giudicato esterno e avverso tale capo di sentenza non venga proposta impugnazione, o il giudice ometta di pronunciare sulla eccezione di giudicato esterno e tale eccezione non venga riproposta in appello, ai sensi dell'art. 346 c.p.c., Sez. 2, n. 38243/2021, Falaschi, Rv. 663161-01 ha ritenuto che, in applicazione dei princìpi sui limiti devolutivi dell'appello e sul giudicato interno,
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l'eccezione deve ritenersi rinunciata e sul relativo capo si forma il giudicato parziale interno, con la conseguenza che l'eccezione, quand'anche fosse da ritenersi rilevabile d'ufficio, è definitivamente preclusa.
Sez. 5, n. 20315/2021, Succio, Rv. 661888-01 (richiamando i principi affermati da Sez. U., 11799/2017, Frasca, Rv. 644305-01 sopra citata) ha stabilito che la parte totalmente vittoriosa nel merito, ma soccombente su questione pregiudiziale di rito e/o preliminare di merito per rigetto (espresso od implicito), o per omesso esame della stessa deve spiegare appello incidentale per devolvere alla cognizione del giudice superiore la questione rispetto alla quale ha maturato una posizione di soccombenza teorica. Infatti, non può limitarsi alla mera riproposizione di detta questione, che è sufficiente nei soli casi in cui non vi è la necessità di sollevare una critica nei confronti della sentenza impugnata, ovvero nelle ipotesi di legittimo assorbimento. In applicazione del principio enunciato, la S.C. ha ritenuto che, in assenza di appello incidentale sul punto, si fosse formato già in appello il giudicato interno sulla questione relativa all'inutilizzabilità di alcuni documenti, eccepita in primo grado, poiché il giudice l'aveva implicitamente respinta, ritenendo nel merito che tali documenti non costituissero prova idonea.
Analogamente, secondo Sez. 1, n. 09265/2021, Caiazzo, Rv. 661062-01 soltanto la parte vittoriosa in primo grado non ha l'onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte e, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c., può limitarsi a riproporle. Invece, la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione di cui intende ottenere l'accoglimento ha l'onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto della stessa.
Nel caso in cui il giudice d’appello ometta di pronunciarsi sull’eccezione di tardività del gravame, la parte che intenda evitare sul punto la formazione del giudicato non può limitarsi a riproporre semplicemente in sede di legittimità la questione della tardività dell’appello, ma ha l’onere di impugnare per cassazione la sentenza d’appello invocando il vizio di omessa pronuncia (Sez. 3, n.
05257/2021, Di Florio, Rv. 660604-01).
Sez. U, n. 35110/2021, Valitutti, Rv. 662942-01 ha ribadito che la statuizione su una questione di rito – sebbene non sia idonea a produrre gli effetti del giudicato sostanziale – dà luogo al giudicato formale limitatamente al rapporto processuale nel cui ambito è emanata, con effetto preclusivo del riesame della medesima questione, laddove detta statuizione non sia stata impugnata da alcuna delle parti. In applicazione del principio si è ritenuto che, in un giudizio teso alla dichiarazione di adottabilità di un minore straniero, la questione dell'ammissibilità
CAPITOLO I - I) LA FORMAZIONE PROGRESSIVA DEL GIUDICATO NELLA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ
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dell'intervento in causa dell'ambasciata del suo Paese, non potesse più essere riproposta in sede di legittimità, poiché non oggetto di impugnazione in appello.
Secondo Sez. L, n. 34424/2021, Cavallaro, Rv. 662777-01, ai fini della denuncia per cassazione della violazione di norme di diritto, possono essere considerate solo le statuizioni del giudice di appello che abbiano riguardato i motivi e le richieste formulate dall'appellante, mentre sulle questioni che abbiano formato oggetto del dibattito in primo grado e della relativa pronuncia e che non siano state ritualmente riproposte dalla parte interessata in sede di gravame consegue la formazione del giudicato interno.
In ipotesi di litisconsorzio necessario per ragioni di ordine sostanziale, il difetto di integrità del contraddittorio nel primo grado del giudizio può essere rilevato d’ufficio dal giudice, ad eccezione del caso di giudicato interno, formatosi su una statuizione di merito resa tra le parti dalla sentenza appellata.
Nell’affermare il principio, Sez. 6-3, 38024/2021, Tatangelo, Rv. 663351-01 ha cassato con rinvio la decisione del giudice di merito che - investito dell'appello della parte totalmente vittoriosa sul solo capo relativo alla liquidazione delle spese e in assenza di impugnazione incidentale - aveva rilevato un difetto di litisconsorzio sostanziale in primo grado e rimesso la controversia al giudice di pace.
Quando siano dedotte in giudizio obbligazioni solidali, Sez. 6-3, n.
13718/2021, Scrima, Rv. 661565-01 ha riaffermato il principio (risalente a Sez.
2, n. 6513/1980, Rebuffat, Rv. 410291-01) secondo il quale il creditore che si sia visto accogliere la domanda solo nei confronti di alcuni dei pretesi debitori solidale ha interesse ad impugnare la sentenza limitatamente al rigetto parziale dell’istanza globale che aveva avanzato, non essendo a ciò di ostacolo il passaggio in giudicato della sentenza nei punti non investiti dall’impugnazione. Ciò in quanto la definitività di alcuno dei rapporti obbligatori dedotti non fa venir meno il vantaggio derivante al creditore dalla concorrenza degli altri, concernenti la stessa prestazione.
Nel caso in cui in appello il danneggiante si limiti a contestare in toto la propria responsabilità, deve ritenersi censurata anche la misura del concorso di colpa del danneggiato oggetto della decisione di primo grado, senza che possa configurarsi un giudicato interno. Ciò in quanto l’ipotesi del concorso di colpa del danneggiato di cui all'art. 1227, comma 1, c.c., non costituisce un'eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa, sicché deve essere esaminata e verificata dal giudice anche d'ufficio, attraverso le opportune indagini sull'eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell'incidenza causale dell'accertata
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negligenza nella produzione dell'evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte. In applicazione del principio, Sez. 3, n. 09200, Scarano, Rv. 661071-01 ha confermato la decisione della Corte territoriale nella parte in cui, a fronte di un'impugnazione che investiva i presupposti della responsabilità del danneggiante, ha regolato il concorso di colpa del danneggiato in misura diversa rispetto alle statuizioni del primo giudice (in senso conforme già Sez. 3, n. 6529/2011, Segreto, Rv. 617423-01).
CAPITOLO I
LA GIURISDIZIONE IN GENERALE E IL REGOLAMENTO