1. Sono emerse alcune differenze tra il principio di imputazione nella sua accezione classica (imputazione-trasparenza) e l’imputazione dei redditi prodotti da patrimoni destinati.
a) Le due fattispecie differiscono nei presupposti. L’imputazione dei redditi prodotti dai patrimoni destinati non comporta superamento della soggettività passiva, quando manca un’organizzazione intermedia che sia potenzialmente capace di assurgere a soggetto passivo (fondo patrimoniale, patrimonio cartolarizzato, fondo fiduciario). L’imputazione dei redditi segue, di norma, il criterio della titolarità della fonte o, comunque, un criterio di collegamento qualificato con la fonte produttiva.
Anche il modello impositivo scelto per il trust segue questo schema. In assenza di beneficiari individuati, il presupposto è addossato al trust per la immediata vicinanza con la ricchezza tassabile (il trust fund è in un certo senso anche quella ricchezza). Non si ha superamento della soggettività nemmeno quando i beneficiari sono individuati, perché qui la ricchezza prodotta dal trust è immediatamente (non mediatamente) riferibile ai beneficiari in termini di capacità contributiva.
Nel caso del trust con beneficiari individuati, non è insomma stato applicato il principio di imputazione, che presuppone l’esistenza di due autonomi centri di imputazione soggettiva del reddito (che il trust di per sé non esprime; infra par. [89]).
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Che il gestore possa rispondere anche dei debiti del patrimonio non cambia il fatto che egli non puo utilizzare i redditi del patrimonio per pagare le sue imposte.
Il principio di imputazione-trasparenza, invece, implica tale superamento, perché l’organizzazione intermedia sarebbe astrattamente capace di assumere l’obbligazione tributaria. Presupposto e obbligazione sono qui imputati agli individui, soggetti passivi “per natura”.
Non rappresentano un’eccezione, sotto questo aspetto, ma un’applicazione particolare del principio di imputazione, né la disciplina CFC né quella dei fondi immobiliari a base ristretta. Sia la CFC sia il fondo (a certe condizioni) presentano i requisiti per esser soggetti passivi dell’imposta relativa ai redditi da loro prodotti (per la CFC, supra par. [32]); sulla soggettività passiva dei fondi, infra par. [69]).
b) Diversi tra le due fattispecie sono anche i criteri normativi di imputazione del reddito, perchè diversa è la posizione dei soggetti passivi.
Il principio d’imputazione-trasparenza attribuisce il reddito ad un soggetto diverso da colui che l’ha prodotto. Per i redditi prodotti da patrimoni destinati, invece, non sono previsti criteri di imputazione specifici, ma si applica il criterio generale della titolarità della fonte (infra par. [74]).
c) Comune alle due fattispecie è invece la dissociazione tra la fase di determinazione del reddito e della sua imputazione al soggetto passivo.
Si pensi, ad esempio, ai redditi prodotti dalle società di persone, da una parte, e dal trust fund, dall’altra173
.
Secondo l’impostazione qui seguita, anche la fattispecie impositiva dei redditi prodotti dal fondo patrimoniale implica dissociazione tra produzione e imputazione del reddito, per quanto concerne il coniuge non titolare dei beni o non amministratore, poiché la norma d’imputazione assume un criterio diverso dalla titolarità del diritto reale o dal potere di amministrazione del fondo (che appunto manca per questo coniuge)174.
Questa dissociazione pone il problema di determinare l’imponibile in modo il più possibile aderente alla situazione del soggetto passivo (parr. 92 s.]).
Sul piano procedimentale e processuale, ne conseguono invece i già menzionati problemi in tema di obbligo di notifica dell’atto impositivo, di partecipazione all’accertamento e al giudizio dei vari soggetti coinvolti nel prelievo, nonchè di efficacia riflessa dei giudicati contrastanti175.
2. Si è notato che il vincolo di destinazione condiziona l’utilizzabilità dei redditi prodotti dal patrimonio destinato da parte del suo titolare (il gestore).
Solo nell’eredità rilasciata, il reddito rimane comunque acquisito al patrimonio del suo titolare, l’erede beneficiato, che resta proprietario dell’eredità.
Negli altri casi, invece, la dissociazione tra poteri/facoltà proprietarie e interesse in funzione del quale questi sono esercitati determina, con gradi più o meno intensi, l’indisponibilità dei relativi redditi e la loro inutilizzabilità per scopi diversi dalla destinazione (come l’adempimento dell’obbligazione tributaria non collegata a quei redditi). Per l’effetto, i redditi generati dal patrimonio destinato vanno a consolidarsi in un patrimonio distinto da quello generale del titolare (il gestore).
Questo effetto si verifica per i redditi (di pertinenza di terzi) derivanti da patrimoni destinati a specifici affari; per i redditi della rete-contratto che svolge una propria attività d’impresa; per quelli generati dal mandato “trasparente”, dal fondo fiduciario e dai patrimoni destinati ai sensi dell’art. 2645-ter c.c.
173 Lo stesso fenomeno si verifica anche in altre fattispecie di patrimoni destinati, che però non assurgono a soggetti passivi, nemmeno dell’accertamento, e non pongono, perciò, i problemi segnalati nel testo. Si pensi al fondo fiduciario e ai patrimoni destinati, ad esempio.
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V. supra par. 44]. Contra A. Turchi, op. ult. cit., 196-200; Id., Imputazione dei redditi, cit., 151.
Come vedremo nel prossimo capitolo, la destinazione condiziona anche l’adempimento dell’obbligazione, perché i redditi del patrimonio destinato non possono soddisfare crediti tributari che non siano compatibili con la destinazione.
Questi due effetti si verificano anche per i redditi prodotti dal trust, i quali sono inutilizzabili e inaggredibili, se non per adempiere tributi compatibili con la destinazione.
Come detto, anche per il trust il legislatore ha mantenuto il criterio della titolarità della fonte produttiva, all’occorrenza creando un nuovo soggetto passivo. Sotto questo profilo, l’attribuzione della soggettività passiva al trust si lascia apprezzare quale espediente tecnico, perché ha consentito di evitare i problemi ora accennati e che rimangono per le altre fattispecie.
3. Come ha dimostrato il dibattito sulla tassazione degli enti collettivi (parr. 1 e seguenti), un sistema che intenda tassare tutti gli indici reddituali di ricchezza riferibili ad un soggetto secondo principi di personalità, onnicomprensività e progressività, deve in primis considerare la possibilità di imputare il reddito ai soggetti che, in ultima istanza, ne beneficiano: gli individui.
In molti casi, l’interesse sottostante la destinazione fa capo e coincide con quello dei beneficiari. E’ pertanto a costoro che si dovrebbe, in prima istanza, (cercare di) collegare il possesso del reddito prodotto dal patrimonio destinato.
Il modulo di imputazione previsto per il trust raggiunge solo in parte questo obiettivo, perché permette ai contribuenti di consolidare l’imposizione a livello del trust fund, ove è applicata un’imposta proporzionale, così sottraendo il reddito al prelievo personale, che sarebbe applicato in misura progressiva e in ragione della situazione fiscale complessiva beneficiario. E’ infatti possibile evitare il prelievo personale conformando la posizione soggettiva del beneficiario in modo tale da escluderne il diritto/potere di apprendere immediatamente e liberamente - ossia, senza discrezionalità del trustee su se e quando distribuire - i redditi prodotti dal trust176.
Oltre a ciò, la presenza del trust può determinare riduzioni della base imponibile poi imputata al beneficiario, quando le norme valutative applicate dal primo divergono rispetto a quelle applicabili dal secondo (infra parr. [78 e 95]).
Occorre allora verificare se questo modulo non possa essere opportunamente modificato, in linea con la surriferita esigenza di attuare la personalità del prelievo, per poter essere esteso anche ad altre fattispecie.
4. Il processo normativo di imputazione si articola in diversi passaggi: (i) l’individuazione del soggetto cui fa capo l’interesse al quale è asservito il patrimonio destinato; (ii) la verifica dell’eventuale soggettività passiva del patrimonio destinato; (iii) l’analisi del collegamento che deve sussistere tra reddito e soggetto passivo (il possesso); (iv) la verifica dell’idoneità di tale collegamento ad intercettare la capacità contributiva espressa dai redditi in questione.
In questo capitolo, si è individuato nel beneficiario del vincolo il soggetto cui fa solitamente capo l’interesse sottostante la destinazione.
Nel prossimo capitolo, si esclude la possibilità di riconoscere una soggettività tributaria generale ai patrimoni destinati e si considera un possibile correttivo al modulo di imputazione dell’obbligazione per il possesso di redditi da essi prodotti.
Nel quinto capitolo, è esaminato il contenuto normativo del principio di imputazione, che consiste appunto nel creare il collegamento tra reddito e soggetto passivo. Nel sesto capitolo, sono considerati i suoi fondamenti costituzionali.
176 Non a caso la dottrina ha in tempi non sospetti definito quello del trust un regime fiscale “à la carte”. V. D. Stevanato, Trust e imposte sui redditi: un regime fiscale “à la carte”, in Dial. dir. trib., 2004, 1391; R. Lupi, Il trust
come forma neutra rispetto alla circolazione della ricchezza, ivi, 2004, 1393. Questa considerazione è diffusa anche tra
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ARTE SECONDAT
EORIA GENERALE DELL’
IMPUTAZIONE DEI REDDITICAPITOLO QUARTO
SOGGETTIVITÀ E OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA
NELLE FATTISPECIE DI DISSOCIAZIONE TRA FONTE E REDDITO
SEZIONE PRIMA
LA SOGGETTIVITÀ TRIBUTARIA DEI PATRIMONI DESTINATI
SOMMARIO:55.Premessa. - 56. Inquadramento storico del dibattito sulla soggettività tributaria. - 57. Il retroterra