La questione è stata impostata, dalla giurisprudenza più avvertita, esattamente in termini di compatibilità col presupposto del possesso del reddito.
In generale, si nota una certa tendenza a ricondurre le norme CFC entro gli schemi interpretativi elaborati per la trasparenza fiscale delle società personali (modello piercing-the-veil). Si tratta, in fondo, di norme che producono un effetto inclusivo28 simile e che funzionano in modo analogo. Queste somiglianze non giustificano, però, una identificazione aprioristica tra le due fattispecie, come pure è stato fatto29, perché permangono comunque alcune differenze.
29. Tassonomia delle CFC rules tra teoria della produzione e della percezione.
1. Quattro erano e sono le possibili soluzioni al problema del rapporto tra CFC rules e trattati.
26 Secondo l’OCSE, la ragione della scarsità di decisioni giurisprudenziali sul tema è dovuta al fatto che i contribuenti preferiscono pianificare i propri affari in modo tale da evitare l’applicazione delle norme CFC (OECD, Studies, cit., 21). In effetti, la maggior parte delle decisioni che si sono avute in Italia riguardano l’impugnabilità dell’interpello disapplicativo (sotto il regime precedente la riforma degli interpelli, che l’ha reso facoltativo, e del contenzioso, che ne ha escluso l’impugnabilità).
27 La questione è stata prospettata anche rispetto alla norma che vieta ad uno Stato di prelevare imposte su utili non distribuiti da un’impresa non residente, ancorché realizzati sul proprio territorio (divieto di tassazione extraterritoriale; art. 10, par. 5, Modello OCSE) e a quella che impone la tassazione dei soli dividendi pagati a un residente di altro Stato (art. 10, par. 1, Modello OCSE), dovendosi in tal ultimo caso accertare se i redditi imputati al socio, ai sensi della norma CFC, configurassero un dividendo fittizio (ossia da presumersi pagato). Cfr. Haslehner in A. Rust, E. Reimer eds.,
Klaus Vogel on Double Taxation Conventions, I, cit., Art. 10, OC MC m.no. 143. In giurisprudenza, v. HFD (Suprema
Corte Amministrativa della Svezia), 4 giugno 2013, 368-13, AA.VV., Tax Treaty Case Law Around the Globe 2014, M. Lang et al. (eds.), Linde/IBFD, 2015.
28 L’effetto inclusivo delle CFC è considerato essenziale dall’OCSE per un’efficace funzione difensiva (OECD (2015), Designing Effective Controlled Foreign Company Rule, cit., passim). Deve però essere ben regolato, perché può interferire con la sovranità di altri Paesi e, in particolare, con le agevolazioni fiscali concesse per lo sviluppo economico e sociale di determinate aree geografiche o per attività di ricerca e sviluppo. Sul delicato tema, si vedano: A. Laukkanen, Special Tax Zones in Developing Countries and Global Tax Policy, in 70 Bull. Intnl. Taxn., 10, 2016,
Journals IBFD, ove numerosi riferimenti; R. Danon, General Report, Tax incentives on Research and Development (R&D), IFA Cahiers de droit fiscal international vol. 100a pp. 29-30 and 53 (International Fiscal Association 2015),
Online Books IBFD; E. Gil Garcia, The Effect of Anti-Avoidance Provisions Regarding the Promotion of Innovation:
Considerations from a Tax Policy Perspective, in 70 Bull. Intnl. Taxn., 10, 2016, 590, Journals IBFD; P. Arginelli, Innovation through R&D Tax Incentives: Some Ideas for a Fair and Transparent Tax Policy, in 7 World Tax Journal,
2015, 55, Journals IBFD.
Le prime due inquadrano il presupposto impositivo delle norme CFC nella teoria della produzione o in quella della percezione: aderendo alla prima teoria, si deve valutare la compatibilità della norma CFC con l’art. 7, par. 1, che vieta allo Stato di residenza del socio di tassare gli utili prodotti da una CFC non residente (salvo quelli ivi prodotti tramite una stabile organizzazione); se si sposa invece la teoria della produzione, la norma pattizia di riferimento è l’art. 10, par. 1, Modello OCSE, che consente allo Stato del socio di tassare i soli dividendi “pagati”.
La terza soluzione è ravvisare nelle norme CFC non una deroga al presupposto del possesso del reddito ma ai suoi ordinari criteri di imputazione (simile alla teoria di Boria).
La quarta consiste, infine, nel ritenere che le CFC rules comportino solo un aggiustamento della base imponibile del socio, corrispondente al rendimento nozionale attribuibile alla partecipazione detenuta nella CFC, simile agli aggiustamenti da transfer pricing.
Ciascuna di queste soluzioni inquadra la normativa CFC secondo un particolare modello normativo. Le prime tre concepiscono le CFC rules come norme impositive improprie, perchè incidono sulla fattispecie imponibile ma solo in base ad una presunzione relativa di elusività30; l’ultima come norma valutativa, che non tocca presupposto né criteri di imputazione, ma incide solo sulla determinazione della base imponibile31.
a) Alla teoria della produzione corrisponde il modello del piercing-the-veil approach. Questo tipo di norma CFC prevede l’imputazione del reddito della controllata al socio residente come se fosse stato prodotto direttamente da quest’ultimo. Oggetto di imputazione sono l’attività-fonte e il reddito. Questa norma non comporta la tassazione del reddito della CFC, ma di un reddito del socio, prodotto in altro Stato tramite la CFC. Ne consegue che la soggettività passiva della CFC è disconosciuta ai fini fiscali, superata, simile a quanto accade nella trasparenza fiscale classica. Come spiegherò, la norma CFC italiana presenta caratteristiche proprie di questo modello.
b) Alla teoria della percezione corrisponde il modello del deemed dividend approach. Questo tipo di norma stabilisce una presunzione di distribuzione degli utili della CFC al socio residente (simile a quella già elaborata dalla nostra giurisprudenza per le società di capitali a ristretta base partecipativa). Oggetto di imposizione in testa ai soci è un dividendo fittizio, non l’utile societario, con la conseguenza che cambiano anche le modalità di eliminazione della doppia imposizione. E’ il caso dell’attuale norma CFC tedesca e di quella francese (dopo le modifiche del 200632
).
c) Il terzo modello è quello della deroga all’imputazione del reddito (diverted imputation approach). Questa norma non modifica il presupposto, ma devia il normale collegamento presupposto-soggetto passivo, che segue la titolarità della fonte, e imputa eccezionalmente il reddito della controllata al socio residente. Solo l’effetto è imputato al socio, non anche la fattispecie.
30 E’ notazione ricorrente in dottrina che le norme impositive fondate su presunzioni costituiscano norme para-sostanziali, perché integrano la fattispecie imponibile prevista dalle norme impositive; cfr. G.M. Cipolla, Prova (diritto
tributario), in Dig. comm., Agg., IV, Torino, 2008, 750 s.; F. Tesauro, Istituzioni. Parte Generale, 12a ed., cit., 258. Sul tipo giuridico delle norme antielusive, v. G. Falsitta, Natura delle disposizioni contenenti “norme per l’interpretazione
di norme” e l’art. 37-bis sull’interpretazione analogica o antielusiva, in Riv. dir. trib., 2010, I, 519.
31 Per una distinzione simile, v. A. Rust, CFC Legislation and EC Law, 36 Intertax 11, 2008, 493 (II c.); Id., National
Report: Germany, in AA.VV., CFC Legislation, Tax Treaties and EC Law, cit., 268.
32
Per la norma tedesca, v. S. Lampert, J.N. Bittermann, B. Harms, The CFC Regime in Germany, 2013-2014 European Tax Studies 20 2013-2014, 21. Per quella francese, D. Gutmann, Droit fiscal des affaires, Montchrestien, Paris cedex 02, 2010, 496; N. Gaoua, A. Ribeiro, French CFC Legislation: An Illustration of Recovery from a “Tax
Treaty Override” Situation, 53 Eur. Taxn. 9, 2013, 451. Come nota storica, la normativa CFC francese, introdotta nel
1980, è stata la prima adottata da un Paese con un modello di tassazione territoriale (che non tassa i redditi di fonte estera conseguiti dai propri residenti).
La finzione sottostante questo modello consiste nel considerare la CFC come se fosse un soggetto residente. Rispecchiava questo modello la norma CFC brasiliana, modificata nel 2014 proprio perché ritenuta dalla Corte Superiore di giustizia incompatibile con molti trattati conclusi dal Brasile (oltre che passibile di illegittimità costituzionale, perché si applicava anche a soci che non detenevano il controllo della società estera33).
d) Il quarto modello è quello del reddito nozionale imputato (notional sum approach). Questo tipo di norma CFC prevede l’aggiunta, al reddito complessivo del socio, di un reddito figurativo, nozionale, determinato in base a coefficienti che rappresentano la redditività dell’investimento (parametrati, ad esempio, al risultato economico della controllata).
Tecnicamente, non si tratta dell’imputazione del reddito della CFC, bensì di una particolare modalità di commisurazione dell’imponibile del socio. Questo modo di concepire la tassazione per trasparenza non è nuovo alla tradizione anglosassone. Se ne trovano precedenti nella dottrina americana34 e nella giurisprudenza inglese. Secondo la Court of Appeal inglese35, ad esempio, la normativa CFC inglese ricalcherebbe (recte: avrebbe ricalcato) questo modello. Anche la normativa CFC brasiliana prevede oggi un meccanismo simile36.
2. In sintesi, le norme CFC ispirate al modello “diverted imputation” (il terzo dell’elenco) sono state ritenute incompatibili con le disposizioni convenzionali in tema di tassazione degli utili societari, proprio perché tassano il socio residente su un reddito che, per trattato, non si considera imponibile in quello Stato, perché appartenente ad un residente dell’altro Stato. Vanno richiamate, a tal proposito, le decisioni del Conseil d’Etàt francese, nel caso Schneider37, e della Corte Superiore di giustizia brasiliana, nel caso Vale38.
33
L.E. Schoueri, M.C. Barbosa, op. cit.
34 A proposito del partnership approach nell’ordinamento americano, v. H.R. Kent, United States Income Tax Relief
for Small Business, British Tax Review, 1959, 33 s.
35 V. Court of Appeal, Bricom Holdings Ltd v. IRC (1997) STC 1179. Contra B.J. Arnold, The Taxation of Controlled
Foreign Corporations: An International Comparison, cit., 133.
36 Modificata dalla legge 12,973/2014. Anche se la giurisprudenza non sembra aver raggiunto una posizione definitive sulla compatibilità della normativa brasiliana con i trattati contro le doppie imposizioni. V. Administrative court:
Brazilian CFC rules apply despite treaties, Tax News Service, IBFD (26 May 2016). 37
Conseil d’Etat, 28 giugno 2002, no. 232.276, Société Schneider Electric, 4 International Tax Law Reports 4, p. 1077 (2002), commentata da D. Gutmann, R. Danon & H. Salome, French-Swiss Point of View on the SA Schneider
Electric Case: Some Thoughts on the Personal Attribution of Income Requirement in International Tax Law, 31 Intertax
4, 2003, 156 s.; P.Y. Bourtourault & M.N. Mbwa-Mboma, French High Tax Court Confirms that the Former France–
Switzerland Tax Treaty Overrides the French CFC Legislation, 30 Intertax 12, 2002, 493 s.; v. anche M. Lang, CFC Regulations and Double Taxation Treaties, in 57 Bull. Intl. Taxn. 2, 2003, 54. Il Conseil d’Etàt si è correttamente
interrogato sul significato della particella “di” nell’espressione «I redditi di un’impresa residente di uno Stato contraente», di cui all’art. 7 del trattato franco-svizzero; e l’ha risolta in base al proprio diritto interno, ossia all’interpretazione della norma CFC prevista dall’art. 209 B del Code général des impôts. Questo approccio esegetico, criticabile nell’esito ma metodologicamente corretto, non è però stato seguito da alcuni di quei giudici che, ad oggi, hanno affermato la compatibilità tra CFC rules e trattati. Tra questi, vanno annotate: Corte Suprema della Finlandia, A
Oyj Abp, 20 marzo 2002, KHO:2002:26, 4 International Tax Law Reports, 2002, 1099; Corte Suprema del Giappone, Gyo-Hi, 91, 29 ottobre 2009, Tax Treaty Case Law, IBFD; Cass., 16 dicembre 2015, n. 25281, in Corr. trib., 2016, 304,
con nota critica di Della Valle. V. anche F. Avella, V. Mollica, Italian Supreme Court Holds that CFC Rules Are
Compatible with EU Law and Tax Treaties, in 56 Eur. Taxn., 7, 2016, 312. Nessuna delle decisioni da ultimo
menzionate s’impegna però in un’analisi delle norme convenzionali. Tutte impiegano invece interpretazioni teleologiche e argomentano in base al principio per cui i trattati non devono solo prevenire la doppia imposizione ma anche l’evasione e l’elusione.
38 Superior Court of Justice, Appeal No. 1.325.709/RJ of April 24, 2014, 17 International Tax Law Reports 4, p. 643 (2015), commentata da L.E. Schoueri & M.C. Barbosa, L.E. Schoueri & M.C. Barbosa, Brazil: CFC Rules and Tax
Treaties in Brazil: A Case for Article 7, in AA.VV., Tax Treaty Case Law around the Globe 2015, M. Lang et al. (eds.), Linde/IBFD, 2016, 69 s., spec. 79-82. Secondo i giudici brasiliani, la norma non disponeva l’imputazione all’utile di
Le norme CFC che assumono a presupposto la produzione del reddito sono invece state considerate compatibili coi trattati (però) dalla dottrina, che le ha equiparate appunto alla trasparenza fiscale delle società personali39. Non si riscontrano decisioni che esaminano il presupposto di questa tipologia di norma CFC.
La giurisprudenza - e l’OCSE con essa, nella modifiche portate al Commentario nel 2003 --ha ritenuto compatibili con le pertinenti disposizioni convenzionali anche le regole CFC ispirate al notional sum approach (l’ultimo dell’elenco), per il fatto che dispongono la tassazione di un residente su un proprio reddito, seppur figurativo; si tratta però di una giurisprudenza datata, che non ha chiarito alcuni aspetti operativi, come la qualificazione del reddito nozionale ai fini delle norme convenzionali.
3. Il primo modello comporta:
― che presupposto di imponibilità sia la produzione del reddito;
― che base di computo per la determinazione della quota di reddito imputata al socio sia l’intero utile sociale, compresa la parte non distribuita, perché gravata da imposta, e quella accantonata a riserva;
― contemporaneità tra anno di produzione del reddito e anno di tassazione in capo al socio; ― che anche le perdite siano imputate pro quota al socio;
― che le imposte assolte dalla CFC sul proprio utile siano detraibili da quelle dovute dal socio e che le distribuzioni siano irrilevanti fiscalmente sino a concorrenza dell’utile imputato;
― che il reddito imputato mantenga l’originaria natura e sia determinato in base alle norme applicabili al socio. In realtà, come dirò nel capitolo [VI], in questo tipo di trasparenza il reddito può anche essere calcolato a livello dell’entità40
. All’opposto, il secondo modello comporta:
― che presupposto di imponibilità sia la percezione del reddito, che è fatta oggetto di una presunzione assoluta;
― che non sia imputata al socio la parte di utile societario colpita da imposta;
― che la tassazione in testa al socio abbia luogo quando il dividendo diviene distribuibile per la prima volta; quindi, nel periodo di imposta successivo alla sua produzione;
― che le perdite non siano imputate al socio, perché non distribuibili;
― che le imposte assolte dalla CFC siano deducibili dalla quota di utile sociale attribuibile al socio (quindi, diminuiscono l’utile imponibile, non l’imposta dovuta dal socio) e che i dividendi fittizi siano dedotti dalla base imponibile delle distribuzioni successive;
bilancio del socio del fair value della partecipazione, come sostenuto dell’amministrazione brasiliana, ma assoggettava ad imposizione in testa al socio redditi formalmente posseduti da un soggetto non residente, in deroga agli ordinari criteri di imputazione del reddito. A conclusioni diverse si sarebbe potuti giungere, per la Corte, se la norma fosse stata conformata diversamente. Non è un caso che, successivamente, la CFC rule brasiliana sia stata riformulata proprio nel senso del notional sum approach, significato dalle autorità fiscali e suggerito dall’OCSE.
39 A. Rust, CFC Legislation, cit., passim. Non sono invece state esaminate CFC rules fondate sul deemed dividend
approach. Le conclusioni sulle norme conformate al notional sum approach dovrebbero però confortare nel senso della
loro compatibilità con i trattati. Anche l’OCSE, in tema di applicabilità dei benefici convenzionali agli utili distribuiti da società personali trasparenti, ha precisato che il concetto di “dividendo pagato”, di cui all’art. 10, par. 1 del Modello Conv. OCSE, ricomprende anche i dividendi fittizi (riferendosi agli utili prodotti dalla società e imputati ai soci).
40
Si veda V. Thuronyi, Tax Law Design and Drafting (volume 2; International Monetary Fund: 1998; Victor Thuronyi, ed.) Chapter 21 - Fiscal Transparency, 9 s.
― che il reddito imputato si configuri, anche ai fini convenzionali, come dividendo (non come reddito d’impresa). Il relativo computo segue le regole locali, applicabili alla CFC (chè logica vuole che l’utile distribuibile discenda dal risultato di bilancio dopo-imposte della CFC).
Il terzo modello (diverted imputation approach) si avvicina molto al primo (piercing-the-veil approach), eccetto per il fatto che la soggettività passiva della controllata non è “disconosciuta”, ma pienamente rispettata: semplicemente, la CFC si considera come se fosse un soggetto residente ai fini fiscali.
Così, per esempio, tra CFC e socio non si applicano le norme in materia di transfer pricing (anche se, di fatto, le differenze tra valore normale e corrispettivi delle transazioni infragruppo dovrebbero elidersi per effetto del consolidamento del reddito della CFC in quello del socio). Inoltre, in questo modello solo il reddito dovrebbe essere imputato al socio, non anche le perdite.
Le differenze tra questi due modelli (primo e terzo) si traducono in formule normative leggermente diverse.
Espressioni come «il socio residente è assoggettato ad imposta per i redditi conseguiti da società controllate estere41» o «i redditi conseguiti da società controllate estere sono computati nel reddito dei soci42» suggeriscono una deroga alla regola per cui il socio è tassato per i redditi che possiede (diverted imputation approach). Le norme ricalcate sul primo modello (teoria della produzione), invece, assumono formule più ambigue ma che, in linea di massima, prendono il reddito a soggetto del predicato: p. es., «i redditi conseguiti da società controllate estere sono imputati al socio residente a determinate condizioni».
Il notional sum approach (quarto modello) costituisce invece un tipo a sé stante, che, più di altri, combina caratteristiche degli altri. I suoi corollari principali sono:
― che presupposto di imponibilità sia la maturazione del reddito (con deroga al criterio della realizzazione, normalmente collegato ai dividendi);
― che base di computo per la determinazione della quota di reddito imputata al socio sia un reddito figurativo, non il reddito effettivo della controllata, calcolato secondo le norme applicabili al socio. Non sono quindi scomputate le imposte estere;
― contemporaneità tra anno di produzione del reddito e anno di tassazione in capo al socio; ― che le perdite conseguite dalla CFC non siano imputate al socio.