18. Il principio di imputazione nel consolidato mondiale. - 19. La trasparenza economica. Le società di investimento immobiliare quotate (cenni). - 20. Differenze tra la trasparenza economica e la trasparenza fiscale classica (principio di imputazione). - 21. La trasparenza del Gruppo Europeo di Interesse Economico.
14. Premessa.
Si spiegano ratio e funzionamento del principio di imputazione applicato ai redditi prodotti dalle società di capitali e dal consolidato mondiale.
Si è ritenuto di trattare a parte la trasparenza opzionale anche per la diversa ratio che giustifica quella prevista per le medio-grandi società di capitali rispetto alla trasparenza fiscale delle società di persone (e a quella prevista per le piccole società a responsabilità limitata).
Tra le acquisizioni rilevanti, si afferma che: a) anche in questo caso, presupposto impositivo è il reddito prodotto dalla società di capitali, nonostante esso non possa essere appreso dal socio senza una previa delibera; l’imposizione su un reddito non necessariamente percetto si giustifica per il consenso che il contribuente vi presta; b) le società di capitali in regime di trasparenza non perdono la soggettività passiva astratta, come dimostra il fatto che agli utili da queste prodotte dovrebbe continuare ad applicarsi l’esenzione prevista dalla direttiva “madre-figlia”.
E’ inoltre considerata la c.d. trasparenza economica, prevista dal regime delle società d’investimento immobiliare quotate, al fine di distinguerla dal principio di imputazione.
Si conclude che le ipotesi comunemente ritenute di trasparenza economica si distinguono dalla trasparenza classica perché in esse si hanno comunemente due presupposti, che sono imputati ai rispettivi soggetti passivi secondo il normale procedimento causale. Esse possono produrre la dissociazione tra fonte e reddito, tipica del principio di imputazione, solo se si adotta un’interpretazione economica/sostanzialistica del “possesso del reddito”.
15. Ratio della trasparenza opzionale delle società di capitali.
1. Il principio di imputazione è stato recentemente introdotto anche per le società di capitali, se pure in forma opzionale, con i regimi della trasparenza e del consolidato mondiale (non nel consolidato nazionale).
Come noto, il regime di trasparenza delle società di capitali è stato introdotto con la riforma del 2003, che si poneva l’obiettivo di modernizzare la fiscalità dei capitali e delle imprese, per adeguare il nostro sistema fiscale a quelli degli altri Paesi dell’Unione europea1
.
In attuazione dell’art. 4, c. 1, lett. h), l. delega 80/2003, è stata prevista la facoltà, per le società di capitali che detengano una partecipazione non inferiore al 10 per cento al capitale di un’altra società di capitali, di optare per l’imputazione pro quota di redditi e perdite della partecipata (art.
1
Cfr. rel. ill. del d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, attuativo della legge delega 7 aprile 2003, n. 80. V. G. Zizzo,
Imposta sul reddito delle società, cit., 419; M. Basilavecchia, La nuova «Imposta sul reddito delle società», cit., 14 e
115, d.p.r. 917). La stessa opzione è stata estesa anche alle società a responabilità limitata a ristretta base partecipativa, per tali intendendosi quelle partecipate da non più di dieci persone fisiche e con un volume di ricavi non superiore alle soglie previste per gli studi di settore (art. 116, d.p.r. 917).
2. I due regimi di trasparenza differiscono quanto a natura e giustificazione sistematica.
Mentre la trasparenza delle grandi società di capitali costituisce una misura strutturale o agevolativa, a seconda che si aderisca o meno alle tesi che negano l’esistenza di un divieto di doppia imposizione economica dell’utile societario (sopra par. [2]), quella delle piccole s.r.l. è un modello impositivo, pensato per soggetti che si trovano, di fatto, in una situazione analoga a quella dei soci delle società personali, ma - al contempo - anche una misura di riequilibrio, tesa ad assicurare la neutralità dell’imposizione rispetto alla forma di conduzione dell’impresa2
.
Sul piano sistematico, l’introduzione della trasparenza opzionale delle grandi società di capitali risponde all’esigenza di consentire la compensazione delle perdite conseguite dalle società del gruppo, prima ottenibile tramite la deduzione delle svalutazioni sulle partecipazioni sociali e non più possibile sotto il nuovo regime di participation exemption (che comporta l’indeducibilità delle svalutazioni e delle minusvalenze da realizzo). Da questo punto di vista, la trasparenza opzionale sarebbe complementare al consolidato, che consente lo stesso beneficio ma ai soci di controllo (mentre la trasparenza si rivolge ai soci non di controllo, tipici dei gruppi “stellari”)3
.
A differenza del consolidato, la trasparenza delle grandi società di capitali consente anche di eliminare quella parziale doppia imposizione che la participation exemption lascia sopravvivere in minima parte per gli utili percepiti da soggetti Ires (imponibili per il 5 per cento dell’importo incassato4), perchè l’imputazione del reddito della società comporta, per il socio, l’irrilevanza dell’utile distribuito5
. Si tratta, tuttavia, di un vantaggio meno significativo rispetto alla possibilità di compensare le perdite della partecipata, che è la vera ragion pratica di questa forma di trasparenza6
.
Diverse sono invece le ragioni sottese alla trasparenza delle piccole s.r.l., riconducibili, da un lato, all’esigenza di perequare il trattamento tra gli utili prodotti in forma associata (che scontano solo l’Irpef) e quelli percepiti dai soci di società di capitali (tassati con Ires alla produzione e con Irpef o regime sostitutivo alla percezione), acuitasi per effetto della participation exemption7;
2
Vanno inquadrate in questo modo anche le misure già previste dall’art. 9, c. 11, l. 23 dicembre 2000, n. 388, poi abrogato dall’art. 5, c. 1, l. 18 ottobre 2001, n. 383, e dall’art. 1, commi 40-42, l. 244/2007, che avevano appunto introdotto la possibilità, per le società di persone e gli imprenditori individuali, di assoggettare a tassazione separata il reddito d’impresa. Questa previsione, rimasta inattuata, è stata riproposta dall’art. 1, commi 40-42, l. 244/2007, anch’essa inattuata, ed oggi inserita nell’art. 55-bis, d.p.r. 917 (paragrafi [22-25]).
3 La trasparenza delle società di capitali si lascerebbe apprezzare quale consolidato minor, fruibile dai soci che non possono accedere al consolidato; cfr. L. Salvini, La tassazione per trasparenza, cit., 1505 e 1519; P. Russo, I soggetti
passivi dell’Ires, cit., 329-330; P. Russo, G. Fransoni, L. Castaldi, Istituzioni, cit., 417-418). Considera la trasparenza
delle società di capitali un unitario modello impositivo S. De Marco, Il regime della tassazione per trasparenza, cit., 13 s.
4 Se, però, si considera la parte imponibile del dividendo (5 per cento) una ripresa a tassazione di costi di gestione della partecipazione indeducibili, come previsto dalla direttiva madre-figlia, allora non si può ritenere che si verifichi la doppia imposizione sugli utili societari; cfr. A. Manzitti, P, Ludovici, Regime tributario dei dividendi comunitari, in
Soc., 1993, 1187; L. Peverini, Soggettività e capacità contributiva, cit., 98-99, per altri riferimenti.
5 A. Fantozzi, A. Spoto, Prime osservazioni, cit., 688; E. Marello, Il regime di trasparenza, cit., 524. Sino al 2007, anche il consolidato consentiva di eliminare la doppia imposizione sui dividendi grazie alle rettifiche di consolidamento, che comportavano la sterilizzavano della parte imponibile dei dividendi infragruppo. Le rettifiche di consolidamento sono state abrogate dall’art, 1, coma 33, lett. v), legge 24 dicembre 2007, n. 244.
6 G. Zizzo, Imposta sul reddito delle società, cit., 423.
7 Come già detto, la soglia di esenzione, pari al 41,76 per cento dell’utile percepito, è stata tarata sull’aliquota marginale Irpef più elevata (43 per cento), sul presupposto che la tassazione dell’utile in mano al socio cade sulla stessa ricchezza tassata in testa alla società (sopra, par. [2]). Gli utili prodotti da una società di capitali (non trasparente)
dall’altro, alle istanze, da tempo avanzate in dottrina e in giurisprudenza, volte ad equiparare la posizione del socio di piccole società di capitali ai piccoli imprenditori.
L’applicazione del principio d’imputazione alle società di capitali a base ristretta riflette l’idea, diffusa in dottrina8 e consolidata in giurisprudenza9, che il principale criterio di attribuzione delle soggettività passiva agli enti collettivi non sia la forma societaria, l’attitudine a realizzare il presupposto impositivo. Si è poi notato che la ristretta compagine societaria implica contiguità tra soci di maggioranza e di minoranza e fa venir meno l’autonomia decisionale della società, che dovrebbe essere espressione della direzione di un organo terzo e della composizione di una pluralità di interessi nel conflitto tra maggioranza e minoranza. Questi dati, uniti al consenso di tutti i soci all’opzione, fanno fondatamente presumere che la società sia di fatto incapace di trattenere i redditi prodotti, perdendo così la soggettività passiva (simile a quanto accade per le società personali, appunto, ma senza che sia necessaria alcun opzione)10.
Quello previsto dall’art. 116 si può quindi definire un modello impositivo, nonostante il carattere opzionale, il quale anzi rende ragione, da un lato, della varietà di situazioni che si possono verificare nella pratica, e, dall’altro, dell’accennata esigenza di perequare il trattamento fiscale degli utili societari, a prescindere dalla forma di esercizio dell’impresa. E’ infatti lecito presumere che l’opzione in questione sia adottata da quelle compagini che distribuiscono periodicamente l’utile sociale, così che, di fatto, non residua alcuna differenza rispetto alle società di persone (e, soprattutto, è rispettato il principio di capacità contributiva; v. infra).
Diversamente, la trasparenza ex art. 115 - che la si ritenga una misura strutturale o agevolativa – non è un modello impositivo, ma un meccanismo deputato ad una specifica funzione, in questo caso correttiva di alcune norme di determinazione della base imponibile (quelle che non consentono la deduzione di minusvalenze e svalutazioni). Ciò per diversi ordini di motivi.
Da un lato, la bassa soglia partecipativa, necessaria per l’opzione, impedisce di poter fondatamente presumere che il socio abbia regolarmente la disponibilità delle somme necessarie per adempiere l’imposta o la possibilità di influenzare in tal senso l’assemblea11. Dall’altro, il carattere scontano infatti un’imposizione aggregata società socio (Ires/Irpef) del 43 per cento, pari a quella Irpef gravante sugli utili prodotti in forma associata (tassati direttamente in imponibile complessivo ad aliquota del 43 per cento); ciò anche nel caso di utili da partecipazioni non qualificate, soggetti ad una ritenuta d’imposta del 26 per cento (per un carico totale società/socio del 43,76 per cento). Si verificano distorsioni man mano che si abbassano le aliquote Irpef, perché il carico fiscale complessivo non si riduce in proporzione, essendo la misura dell’esenzione sul socio fissa: considerando l’aliquota Irpef del 23 per cento, la più bassa, gli utili prodotti da una società di capitali (non trasparente) scontano un carico fiscale complessivo del 34,16 per cento circa, di molto superiore a quello gravante sugli stessi utili prodotti in forma associata (23 per cento). Cfr. A. Viotto, op. cit., 36-37 e grafici ivi alle pagine 61-65.
8 P. Russo, I soggetti passivi dell’Ires, cit., 323.
9 Mi riferisco al consolidato - e risalente - orientamento giurisprudenziale che, in tema di capitali a ristretta base proprietaria, presume che il maggior utile accertato in testa alla società sia stato distribuito ai soci – anche se quella presunzione è stata pensata per ipotesi patologiche, tipicamente per ricavi accertati in via extracontabile, non quindi per il reddito effettivamente conseguito e dichiarato. Infra parr. 38 s.
10 F. Rasi, op. ult. cit., 127 s., 180 s., il quale parla di trasparenza «volontaristicamente rinforzata». Già prima, nel senso indicato nel testo, L. Salvini, La tassazione per trasparenza, cit., 1505 e 1513; P. Russo, I soggetti passivi
dell’Ires, cit., 322 e 324; V. Ficari, Profili applicativi e questioni sistematiche dell’imposizione “per trasparenza” delle società di capitali, in Rass. trib., 2005, 38 s.; P. Russo, G. Fransoni, L. Castaldi, Istituzioni, cit., 310. Sul punto, cfr.
anche E. Marello, Il regime di trasparenza, cit., 527, nota 31. Questa giustificazione del principio d’imputazione, come incapacità di trattenere i redditi, si trova già in P. Boria, Il principio di trasparenza, cit., 197.
11 Di opposta opinione A. Fedele, La nuova disciplina Ires, cit., 486, il quale giunge alla conclusione che la trasparenza costituisce un’agevolazione, oltre che una deroga al principio, desumibile dall’impalcatura complessiva della riforma, che riconosce all’apporto del socio un capitale impiegato, non la partecipazione all’attività sociale. Conff. A. Fantozzi, A. Spoto, Prime osservazioni, cit., 688 e 699, i quali valorizzano la finalità (agevolativa) di eliminare la doppia imposizione economica, che anche la trasparenza delle piccole società di capitali condivide con la pex.
facoltativo dell’opzione, che richiede il consenso di tutti i soci, ricompone la potenziale «lacerazione», in termini di capacità contributiva, tra il possesso dell’utile sociale, che nelle società di capitali matura solo a seguito di delibera, e il soggetto passivo, perché evita che il socio di maggioranza sconti imposte su utili che non intende incassare e fa sì che i soci di minoranza, i quali non desiderino esporsi al rischio di pagare imposte su redditi non percepiti, possano impedire l’opzione per la trasparenza12
.
Anche la responsabilità solidale della partecipata, da considerarsi di tipo dipendente13, non serve solo a tutelare l’interesse erariale a fronte del regime di separazione patrimoniale che connota le società di capitali14, ma conferma indirettamente che la partecipata, a differenza della società di persone, non mantiene solo obblighi dichiarativi ma continua a rispondere delle imposte dovute in relazione all’utile che ha prodotto, quantomeno nella fase di accertamento (infra par. [73]).