1. Questa sottile, ma sostanziale differenza tra società di capitali trasparenti e società personali può anche intendersi nel senso che le prime divengono trasparenti solo per opzione, ma rimangono soggetti passivi del tributo, poiché, oltre ad aver prodotto il reddito, continuano ad esprimere - pur solo in astratto - un’autonoma capacità contributiva. Lo prova, tra l’altro, anche la previsione sulla corresponsabilità solidale della partecipata, di cui all’art. 115, c. 8, d.p.r. 917, spiegabile allaluce del fatto che l’imputazione normativa del reddito non sposta i meccanismi di garanzia del diritto comune; per cui, la partecipata continua a garantire, col proprio patrimonio, il reddito che ha prodotto e che non ha distribuito ai propri soci.
Come detto, per le società di trasparenti a base partecipativa ampia, l’opzione per la trasparenza produce effetti principalmente sull’imponibile, perché “sposta” il prelievo Ires sul socio (soggetto passivo Ires), in senso inverso rispetto alla participation exemption (che invece concentra la tassazione sulla società, eliminandola a livello del socio18).
La peculiarità di questa applicazione del principio di imputazione si lascia apprezzare anche a livello comunitario, nella previsione della direttiva “madre-figlia” (dir. 2011/96/UE) che subordina l’esenzione degli utili distribuiti da imposizione alla fonte al fatto che la società-figlia sia assoggettata ad imposta nel proprio Stato di residenza («subject to tax»).
2. L’espressione «subject to tax» è stata intesa dalla Corte di giustizia19 nel senso di “assoggettabilità effettiva”, sì da escludere le società di capitali che abbiano anche solo la possibilità di optare per la trasparenza; ma dovrebbe invece intendersi nel senso di “soggetto passivo in astratto”, ossia a prescindere dalla concreta applicazione dell’imposta e – ad avviso di chi scrive – anche dalla materiale realizzazione del presupposto20.
reddito secondo le norme sul reddito d’impresa. Cfr. T. Tassani, Autonomia statutaria delle società di capitali e
imposizione sui redditi, Milano, 2007, passim.
17 Conff. A. Di Pietro, La nuova disciplina dell’IRES: la tassazione dei redditi dei non residenti ed i principi
comunitari, in AA.VV., La riforma dell’imposta sulle società, cit., 124 s.; E. Marello, Il regime di trasparenza, cit., 524; F. Padovani, Investimenti in società di capitali, cit., 253.
18
A. Fantozzi, A. Spoto, Prime osservazioni, cit., 688. Anche se con la medesima finalità: cfr. G. Zizzo, Imposta sul
reddito delle società, cit., 424.
19 In ultimo, Corte giust. UE, 8 marzo 2017, causa C-448/15, Wereldhave, in Riv. dir. trib. - Supplemento online, con nota di Arginelli.
20
Contrari B.J. Terra, P. Wattel, European Tax Law, 6th edn., Kluwer Law International, 2012, 608, secondo i quali anche la mera possibilità di optare per la trasparenza porterebbe a questa conseguenza. Per la diversa - e sempre
Va infatti ricordato che, nel richiedere che una data società sia «assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle imposte elencate nell’allegato», l’art. 2 intende evitare che l’utile della società figlia sfugga all’imposta societaria applicata alla produzione e in via definitiva, per essere quest’ultima esclusa dai soggetti passivi – a tutto vantaggio dei soci21
. Ciò che, a mio avviso, non accade nemmeno quando la società figlia abbia effettivamente optato per la trasparenza fiscale, ai sensi dell’art. 115, d.p.r. 917 (non sotto l’art. 116, dato che, come spiegato, lì il reddito evita l’Ires).
Difatti, primo obiettivo della direttiva è evitare la sottoposizione dell’utile societario a più imposte dello stesso tipo: sulla società figlia alla produzione e sulla madre alla percezione22. A tal fine, sia l’esenzione da ritenuta nello Stato della società figlia sia il credito o l’esenzione nello Stato della società madre sono necessarie.
Come nell’ordinamento interno, dove opera l’esenzione sul socio dell’utile distribuito, anche nella direttiva questo obiettivo è perseguito eliminando il prelievo sul socio all’atto della percezione e lasciandolo sulla società alla produzione. Per espressa previsione normativa, ciò vale anche quando quest’ultima sia considerata trasparente dallo Stato della società madre23
.
Ma lo stesso risultato è ottenuto anche quando sia lo Stato della società figlia, per effetto dell’opzione per la trasparenza, a spostare il prelievo sul socio: che lo Stato della società figlia levi l’imposta sul reddito prodotto in testa alla madre (il socio) o alla figlia non cambia il fatto che questa imposta colpisce comunque il reddito prodotto (non un dividendo fittizio). Ragion per cui lo contraria - tesi secondo cui solo l’effettivo esercizio dell’opzione per la trasparenza - non la sua mera possibilità - comporta la perdita della soggettività passiva e impedisce l’accesso alla direttiva “madre-figlia”: A. Di Pietro, La nuova
disciplina dell’IRES, cit., 126; F. Bulgarelli, Le recenti modifiche alla Direttiva “madre-figlia” e la riforma tributaria italiana, in Rass. trib., 2005, 132; M. Poggioli, Appunti sul regime di tassazione per trasparenza intersocietario di cui all’art. 115: profili funzionali, aspetti applicativi e risvolti problematici, in Dir. prat. trib., 2008, I, 92; N. Sartori, Le riorganizzazioni transnazionali nelle imposte sul reddito, Torino, 2012, 87-88, 174; Ismer/Riemer in A. Rust, E. Reimer
eds., Klaus Vogel on Double Taxation Conventions, I, Wolters Kluwer Law & Business, 4th ed., 2015, Art. 4 OC MC, nota marginale 26, secondo i quali l’espressione «subject to tax» sottende l’effettivo assoggettamento ad imposta, al contrario di «liable to tax», che implica una potenziale soggettività passiva. Sposano invece la tesi esposta nel testo G. Sepio, R. Lupi, Tassazione per trasparenza delle società di capitale e soci non residenti, in Dial. dir. trib., 2004, 288; S. De Marco, op. ult. cit., 87; e, si può supporre, anche G. Marino, La residenza nel diritto tributario, Padova, 1999, 244; A. Fedele, La direttiva “madre-figlia” e la disciplina attuativa come complesso normativo unitario e sistematico: i
criteri interpretativi, in Rass. trib., 2001, 1264, i quali, però, scrivono prima dell’introduzione della trasparenza delle
società di capitali.
21 L’espressione «senza possibilità di opzione e senza esserne esentata», di cui all’art. 2, par. a), iii), dir. cit., andrebbe cioè intesa come opzione per essere assoggettati ad un tributo diverso da una delle imposte societarie indicate nell’allegato (un tributo sostitutivo). In questo senso, ma con riferimento alla direttiva “Riorganizzazioni” (oggi dir. 2009/133/CE), che comunque prevede una formula analoga a quella della direttiva “madre-figlia”, A. Silvestri, Il
regime tributario delle operazioni di riorganizzazione transnazionale in ambito Cee (I), in Riv. dir. fin. sc. fin., 1996, I,
459. Anche secondo A. Fedele, op. ult. loc. cit., la nozione di esenzione, utilizzata dalla direttiva, copre tutti i fenomeni di “esclusione dall'imposta” e le c.d. “esenzioni strutturali” ossia quelle soggettive. Nello stesso senso si è espressa l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 32/E del 2011. Per indicazioni fondamentali sulle differenze tra esenzioni, agevolazioni ed esclusioni, si vedano S. La Rosa, Eguaglianza tributaria ed esenzioni fiscali, Milano, 1968, Id.,
Esenzioni e agevolazioni tributarie, in Enc. giur. Treccani, XII, Roma, 1989; V. Fichera, Le agevolazioni fiscali,
Milano, 1992; M. Basilavecchia, Agevolazioni, esenzioni ed esclusioni (diritto tributario), in Rass. trib., 2002, 421 s.; F. Tesauro, Istituzioni. Parte generale, 12a ed., cit., 112.
22 V. considerando 3 della dir. 2011/96/UE.
23
L’art. 4, par. 2, dir. 2011/96/UE, introdotto dall’art. 1, dir. 2003/!23/CE, disciplina i casi in cui i due Stati qualifichino in modo diverso, ai fini fiscali, la società figlia. La norma obbliga lo Stato della società “madre”, che consideri trasparente la società figlia, a non tassare le distribuzione e ad esentare - o concedere un credito indiretto per le imposte prelevate dall’altro Stato su - gli utili della società figlia che, secondo la propria legislazione, sono imputati per trasparenza alla madre. V. B.J. Terra, P. Wattel, op. cit., 635; R. Russo, Partnerships and Other Hybrid Entities and
Stato della società madre dovrà comunque tenerne conto ed esentare le distribuzioni o autorizzare la deduzione, dalla propria imposta prelevata sull’utile percetto dal socio, della frazione d’imposta prelevata dallo Stato della figlia sull’utile prodotto24
.
Occorre quindi sgombrare il campo dall’equivoco che l’opzione per la trasparenza elimini il prelievo sull’utile prodotto dalla società figlia25
.
Il principio di imputazione e la direttiva de qua perseguono in effetti lo stesso obiettivo, ma con differenti tecniche che agiscono, però, sullo stesso elemento economico: la prima si volge all’utile prodotto dalla società; quindi, prima della percezione da parte del socio, cui invece si applica la direttiva26. Se il risultato è il medesimo, la trasparenza fiscale non dovrebbe essere incompatibile con l’impianto della direttiva27
.
D’altronde, la coerenza del sistema italiano, su cui s’innesta l’esenzione prevista dalla direttiva, è preservata dalle norme che assoggettano comunque ad Ires, in capo al socio non residente, il reddito imputato per trasparenza (art. 23, c. 1, lett. g), d.p.r. 917). Tali utili, ancorchè non imponibili a livello della società figlia italiana, sono comunque attratti ad un’imposta sulle società in capo alla società madre: o all’imposta italiana, per la norma ora citata, o a quella dello Stato della società madre stessa (qualora esso assoggetti ad imposizione i redditi esteri ma riconosca un credito d’imposta indiretto)28
.
Si spiega alla luce del medesimo obiettivo di evitare la doppia non-tassazione dell’utile societario - oltre che violazioni del diritto comunitario - anche l’art. 115, c. 2, d.p.r. 917/86, che limita l’opzione per la trasparenza fiscale alle società non residenti rispetto alle quali non vi sia l’obbligo della ritenuta alla fonte. Ciò che accade, tra l’altro, quando queste possiedano i requisiti previsti dalla direttiva “madre-figlia” e siano, per ciò, assoggettate ad un’imposta societaria, nel proprio Stato di residenza, sugli utili distribuiti dalla società-figlia italiana29.
In assenza di una simile limitazione, i redditi non tassati in testa alla società-figlia, perché imputati per trasparenza alla società-madre e perciò non tassati (in Italia) nemmeno alla successiva distribuzione, avrebbero ben potuto sfuggire definitivamente all’imposta societaria che non fosse applicata sul socio.
24
Il fatto che le tre condizioni soggettive previste dall’art. 2, dir., possano verificarsi anche in giurisdizioni diverse - v. B.J. Terra, P. Wattel, op. cit., 608-609 - conferma che è sostanzialmente indifferente, ai fini dell’esenzione delle distribuzioni, dove e in capo a chi è tassato l’utile societario. La tassazione a livello del socio, anziché della società figlia, dovrebbe produrre un effetto equivalente a quello perseguito dalla direttiva (nella misura in cui non provochi disparità di trattamento tra soggetti UE).
25
P. Arginelli, La Corte di giustizia dell’Unione Europea si pronuncia sul requisito dell’assoggettamento ad imposta
previsto dalla Direttiva Madre figlia, in Riv. dir. trib. - Supplemento online, 2 aprile 2017.
26 Su questo aspetto, cfr. A. Di Pietro, op. ult. cit.; F. Bulgarelli, Neutralità impositiva degli utili infragruppo, in AA.VV., Lo stato della fiscalità nell’Unione Europea. L’esperienza e l’efficacia dell’armonizzazione, a cura di Di Pietro, Roma, 2003, 560; F. Menti, Il regime della trasparenza fiscale esteso alle società di capitali, in Boll. trib., 2004, 247.
27 Si spiega così perché i fondi di investimento, pure inclusi tra i soggetti passivi Ires, non possano beneficiare della direttiva de qua: i redditi conseguiti da questi ultimi sono infatti definitivamente sottratti all’Ires, in forza di una esenzione soggettiva, e tassati in testa al socio – ma con un diverso tributo (salvo il caso di sottoscrittori soggetti Ires, cui i proventi dei fondi siano imputati per trasparenza, ai sensi dell’art. 32, c. 3-bis, d.l. 78/2010; v. oltre par. [34]).
28 Non si verificano salti d’imposta nemmeno se il socio è residente in uno Stato con il quale è in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni. Se la società trasparente non costituisce stabile organizzazione del socio, il reddito da essa conseguito non dovrebbe essere imponibile in Italia, ma solo nel Paese del socio. Poco comprensibili ragioni di opportunità hanno invece indotto la nostra Amministrazione a preferire una differente lettura delle norme citate nel testo; su questo, si rinvia al par. [111]].
29 Cfr. E. Marello, Il regime di trasparenza, cit., 540; L. Salvini, La tassazione per trasparenza, cit., 1513 s.; A. Di Pietro, op. ult. cit.; V. Ficari, op. ult. cit., 49 s.; A. Fantozzi, A. Spoto, Prime osservazioni in materia di trasparenza
3. Sempre in base al concetto di astratta soggettività passiva, mi sembra infine possibile affermare che le società di capitali trasparenti rimangono soggetti passivi anche sul piano dei trattati contro le doppie imposizioni.
E difatti, se si intende l’espressione «liable to tax30» come “potenziale soggettività passiva” (recte: potenziale responsabilità per l’obbligazione tributaria), si può a ragione argomentare che le società di capitali trasparenti - a differenza delle società di persone - rimangono soggetti passivi, nonostante l’opzione; e si considerano comunque «residenti» nel senso dell’art. 4, Modello Convenzione OCSE. Semplicemente, non conseguono i redditi rispetto ai quali il trattato è invocato, che sono invece imputati ai soci.
Oppure, da una prospettiva più formalistica, si potrebbe dire che li conseguono giuridicamente, quali titolari dell’attività-fonte produttiva, ma non sono assoggettati ad imposizione su quei redditi, perché manca l’imputazione da parte del diritto interno (ss. non realizzano il presupposto d’imposta). Sebbene non sia esplicitamente previsto, si può ritenere che l’assoggettamento ad imposizione per lo specifico elemento di reddito considerato sia una condizione di applicazione del trattato31.
Non a caso sono i soci - non la società trasparente - le «persone residenti» legittimate a richiedere l’applicazione del trattato. In questo non vi è differenza tra trasparenza delle società di capitali e delle società personali. Solo che le società di persone fiscalmente trasparenti non sono mai soggetti passivi per l’ordinamento italiano, nemmeno in potenza e¸ per esse, non si pone mai un problema di applicabilità del trattato32.