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AREA CULTURALE ETNIE

4. L’ARTE ETNICA E LE AVANGUARDIE DEL ‘

4.3 LA CONSACRAZIONE DELL’ARTE PRIMITIVA

«L’arte africana venne “scoperta” e lanciata in Europa […] non da scienziati, ma dai partecipanti alla crisi artistica che aveva accompagnato la fine dell’accademismo ottocentesco, ponendo nuovamente in discussione tutti i valori. Fu a partire da questo momento che artisti di varie nazioni si volsero all’arte negra, quasi a riattinger forza da una sorgente originaria.»134

«L’attenzione da parte dell’estetica verso la creatività dei popoli extraeuropei è un fatto abbastanza recente, anche se, i musei d’arte ospitano da molto tempo oggetti provenienti da terre lontane ed è un fatto certo che gli artisti europei agli inizi del Novecento abbiano avvertito il fascino della potente plasticità delle sculture africane. Queste opere […] hanno subito un rapido processo di assimilazione da parte della nostra cultura che, in virtù di una certa “area di famiglia” con oggetti già accreditati come opere d’arte, le ha accolte ed esposte in                                                                                                                

132  F. Caroli, Primitivismo e cubismo, op.cit.  

133  Cfr, A. Paganini (a cura di), Africa. Tesori della tradizione, op. cit., p.4 134  Cfr, B. De Rachewiltz, Incontro con l’arte aficana, cit., p.11  

musei e collezioni private».135 In generale, è dunque possibile affermare che i

musei che erano adibiti al contenimento di opere d’arte africana sono cambiati nel corso del tempo modificando al contempo sia le loro impostazioni di base sia il modo di considerare gli oggetti esposti. Nel periodo coloniale, erano stati istituiti moltissimi musei sia missionari che etnografici che avevano entrambi come obiettivo primario quello di presentare realtà diverse rispetto a quelle legate alle civiltà occidentali. Il successivo cambiamento di queste istituzioni ha permesso di giungere ad un risultato, ovvero, tale mutamento ha permesso ai musei ed alle grandi esposizioni che si sono tenute nel tempo di adottare un assetto organizzativo caratterizzato da sempre meno principi etnocentrici. Ciò che si è realizzato è stato dunque un cambiamento relativo allo status degli oggetti etnografici stessi: questi non sono più stati pensati come documenti di una cultura definita minore ma come vere e proprie opere d’arte al pari dei

capolavori dell’arte occidentale.136 Tra tutti, fu forse il già citato Michel Leiris137

che sentì in sé stesso la necessità di superare l’iniziale, nonché tradizionale, impostazione dei musei del suo tempo poiché erano, tali istituzioni, soprattutto concentrate ad analizzare gli oggetti secondo una visione eurocentrica. Egli fu uno dei primi che denunciò l’inadeguatezza delle categorie poste in essere dagli occidentali in merito alla classificazione degli oggetti etnografici e come dice Lorenza Mazzei: «In realtà gli oggetti che troviamo nei nostri musei sono il risultato di una decontestualizzazione e defunzionalizzazione che avvengono […] non solo nel momento della loro esposizione, ma molto prima, quando vengono prelevati dalla cultura che li ha prodotti ed usati, provocando una frattura che                                                                                                                

135  L. Mazzei, L’attualità del pensiero di Michel Leiris nella ricerca etno-estetologica contemporanea,

http://www.academia.edu/1472970/Lattualita_del_pensiero_di_Michel_Leiris_nella_ricerca_etno- estetologica  

136  S. Federici,  Oggetti d’arte nei musei e nelle collezioni nell’Africa contemporanea: le poste in gioco,

http://www.africaemediterraneo.it/rivista/sommari_07.shtm  

137  Michel Leiris era discepolo di Marcel Mauss e, oltre ad essere un grande etnologo, era anche

uno scrittore che partecipò alla fondazione di numerose riviste come, ad esempio, Documents di Georges Bataille, Cahiers d’etudes africaines e Gradhiva pubblicata dal Musée du Quai Branly. Nel 1931, Leiris partecipò, come già accennato, alla famosa Dakar-Djibouti diretta da Marcel Griaule il cui risultato fu L’Afrique fantome che, dopo essere stata pubblicata, segna la definitiva rottura con l’operato di Griaule. Nonostante tali pubblicazioni le opere che segnano maggiormente la carriera editoriale, per quanto concerne gli oggetti del continente africano, di Leiris sono Afrique

non può essere sanata attraverso una buona museificazione documentaristica, operazione che risulta altrettanto artefatta quanto qualsiasi altra. Il processo una volta compiuto, è irreversibile e definitivo per cui il ritorno dell’oggetto al contesto d’origine, qualora si verificasse, non significherebbe in ogni caso il ripristino della sua funzione all’interno del sistema di relazioni da cui è stato

tolto».138

È dunque a partire dal periodo coloniale che molte opere hanno abbandonato in maniera definitiva il continente africano per le terre europee. Ad esempio, nel 1882 fu aperto al pubblico, nella capitale francese, il Musée du Trocadéro il cui curatore è stato, almeno fino al suo decesso, il già citato Ernest Théodore Hamy e tale museo è famoso poiché è proprio in quest’istituzione che nei primi anni del ventesimo secolo hanno avuto luogo una moltitudine di studi legati all’art négre.

Nel 1923 avviene poi un fenomeno molto importante e ciò fu dovuto, almeno in parte, alla curatela dell’etnologo Stewart Culin che per primo, nella mostra

Primitive Negro Art, eleva gli oggetti etnografici a opere d’arte ponendoli su dei

piedistalli con lo scopo principale di porre in risalto i tratti formali e l’estetica di tali beni; in quell’occasione si assistette quindi ad una trasformazione che permise agli oggetti etnografici di essere riconosciuti come vere e proprie opere d’arte.

Per quanto concerne gli oggetti legati all’arte africana, un nome molto importante è quello di Rockefeller, il cui ruolo per la consacrazione dell’arte

primitiva risulta essere ancor oggi stato molto decisivo.139

In generale, è possibile affermare che nel 1929 apre il Museum of Modern art (MoMA) a New York principalmente grazie all’opera di Abby Aldrich Rockefeller; nel 1933, in questa sede venne inaugurata l’esposizione American Sources of                                                                                                                

138  Cfr,  L.  Mazzei, L’attualità del pensiero di Michel Leiris nella ricerca etno-estetologica contemporanea,

http://www.academia.edu/1472970/Lattualita_del_pensiero_di_Michel_Leiris_nella_ricerca_etno- estetologica  

 

139  M. L.  Ciminelli, D’incanto in incanto. Storia del consumo di arte primitiva in occidente, op. cit.,

Modern Art che fu la prima mostra a mettere in contrapposizione l’arte

precolombiana e l’arte moderna del territorio americano. Tali forme di comparazione vennero, inoltre, poste in atto anche in Europa soprattutto grazie ad una mostra del 1935, African Negro Art, la cui importanza risiede soprattutto nel fatto che tale esposizione fu la prima mostra ad essere stata interamente dedicata all’arte africana ed ospitata in un museo d’arte e non in un museo dedicato esclusivamente ad oggetti etnografici. Nonostante ciò, è utile porre in evidenza come la prima legittimazione museale dell’arte primitiva avviene grazie all’opera della famiglia Rockefeller poiché, grazie al loro contributo, viene fondato nei pressi del MoMA, il Museum of Indigenous Arts la cui apertura avverrà nel successivo 1957 con una diversa denominazione: Museum of Primitive Art. In quest’istituzione le opere vengono decontestualizzate ed, ovviamente, dopo essere state isolate dal loro contesto naturale, esse vengono fruite dai diversi visitatori come vere e proprie opere d’arte. Il Museum of Primitive Art ha però vita breve, meno di vent’anni. Nonostante ciò, la chiusura di tale museo ha permesso la creazione di un nuovo spazio espositivo facente capo al Metropolitan Museum di New York, il Michael C. Rockefeller Wing of

Primitive Art nel 1982. Tale area viene costituita grazie all’apporto di circa tremila

oggetti donati da Rockefeller e derivanti dal Museum of Primitive Art. Successivamente, nel 1984, ha luogo la famosa Primitivism in 20th Century Art:

Affinity of the Tribal to the Modern, che segna l’apogeo dell’Arte Primitiva.140 Tale

esposizione diretta da Richard Oldenburg e curata da William Rubin presentava sia capolavori delle avanguardie sia opere d’arte tribale: «La prima area era dedicata ai capolavori che avevano influenzato le Avanguardie, soprattutto cubisti e surrealisti. […] La seconda sezione – una grande sala in cui esempi di Arte Primitiva erano affiancati ad opere d’arte moderna – era dedicata alle affinità formali. L’ultima sala intitolata, intitolata “Primitivi moderni”, esibiva opere d’arte contemporanea influenzata non tanto dalle qualità formali delle opere Primitive […] quanto, come spiegava un pannello introduttivo, dai miti, dai                                                                                                                

riti, dalla religione dei Primitivi».141 Come già affermato, dunque, tale esposizione

prevedeva la suddivisione della stessa in sezioni; in generale, è possibile dire che l’intera mostra aveva tra i suoi obiettivi: «Concepts establishes fundamental aspects of the modern response to tribal objects. Selected comparisons between modern and tribal objectes probe the basic issues raised by the intersection of two arts. History reviews the direct influence of tribal arts on modern painters and sculptures, from Gauguin at the turn of the century to the Abstract Expressionists around 1950. Frequently, modern works are juxtaposed with specific tribal objects that the artists owned or knew from local museums. This section also illustrates those types of tribal object that became available and influentialn in successive decades of modern art’s developement. Affinities presents a group ofsuperb tribal objects notable for their appeal to modern interests. Also, selected pairing of modern and tribal objects demonstrate basic

common denominators of these arts that are independent of direct influences».142

Sono dunque stati gli artisti fin dall’inizio a nutrire un certo interesse per l’arte proveniente da culture diverse e molti di loro, come Picasso e Matisse, dopo aver notato tali beni nei musei etnografici hanno fatto cadere l’attenzione dei coetanei contemporanei su quest’insieme di opere che prima passava quasi inosservato. Nonostante ciò, altre grandi mostre nel panorama internazionale hanno contribuito a dare visibilità all’arte africana come, ad esempio, Les Magiciens de la

Terre, la Biennale di Lione nel 2000, Documenta 11 nel 2002 e Africa Remix nel

2005 tenutasi al Centro Pompidou.

                                                                                                               

141  Cfr,  Ivi, pp. 133-134  

142  New Exhibition opening september 27 at Museum of Modern Art esamine Primitivism in 20th Century

PARTE II

ANALISI IN TERMINI ECONOMICI DELLA RECENTE