AREA CULTURALE ETNIE
4. L’ARTE ETNICA E LE AVANGUARDIE DEL ‘
4.2 L’INFLUENZA DELL’ARTE ETNICA AFRICANA NEL CONTINENTE EUROPEO
«Gli artisti africani non hanno conosciuto Picasso o Barque, e sarebbero stati sicuramente sorpresi nel sentir descrivere le loro creazioni con riferimento alle teorie della celebre scuola di Parigi. Avrebbero rifiutato semplicemente la definizione in quanto consideravano di natura metafisica e non formale le forzature da loro imposte alla realtà visibile».118
La conoscenza dell’arte africana si sviluppò a partire dalla fine dell’Ottocento come conseguenza delle spedizioni colonizzatrici; fu soprattutto nel secolo scorso
116 M. L. Ciminelli, D’incanto in incanto. Storia del consumo di arte primitiva in occidente, op. cit.
117 Ivi, p.20
che il fenomeno del collezionismo delle opere d’arte africana ha registrato un forte sviluppo ed esso ha ottenuto come risultato un totale, o quasi, esaurimento degli oggetti che erano stati realizzati dagli antichi africani per i soli scopi rituali
o il cui uso costituiva una prerogativa assoluta di determinate comunità.119 Tali
oggetti sono stati dunque trasferiti in Occidente ed hanno contribuito ad aumentare un vasto numero collezioni sia pubbliche che private. È necessario comunque affermare che il fenomeno del collezionismo ha permesso di portare il mondo occidentale a conoscenza di un’ampia gamma di beni utilizzati dalle popolazioni africane nelle pratiche di vita quotidiana come ciotole, sgabelli, vasi, tessuti altri utensili e armi. Grazie quindi ad un insieme variegato di fattori gli artisti furono influenzati, nella realizzazione delle loro opere, dalla scoperta di queste nuove soluzioni sia formali che espressive.
Come già enunciato le statue africane hanno da sempre destato moltissimo interesse e ciò, forse, è anche dovuto al fatto che le loro radici sono fortemente
connesse all’antico mito del “buon selvaggio”120 e, forse, anche nella credenza di
fede che gli uomini del primo Novecento avevano in una civiltà che si presentava al mondo intero come ancora non contaminata o pura.
È comunque utile fare un passo a ritroso e scoprire, date le connotazioni di “primitivo” e “selvaggio”, quale fosse l’arte identificata con questi due aggettivi dagli artisti della fine del diciannovesimo secolo. Per esempio, Van Gogh si riferiva agli stili di corte e teocratici appartenenti agli antichi Egizi e alle popolazioni Azteche residenti in Messico indicandoli come primitivi e, invece, egli caratterizzava come artisti “selvaggi” perfino i grandi maestri giapponesi che tanto stimava. Altresì, è possibile affermare che Gauguin si servì dei termini “primitivo” e “selvaggio” per definire tutti gli stili presenti nei territori della Persia, dell’Egitto, dell’India, della Cambogia e del Perù.
Alcuni decenni prima che la scultura sia oceanica che africana fosse presa in considerazione dagli artisti, le arti extraoccidentali indicate come “primitive”
119 Collezionare arte africana, il caso Passarè, www.antiqua.mi.it/A_Arte_Africa_mag12.htm 120 Tale mito narra che in origine l’essere umano fosse un essere tranquillo e mite e che solo in
dalla generazione di Gauguin venivano ammirate in virtù di molte qualità che gli artisti del ventesimo secolo avrebbero poi apprezzato nell’arte definita tribale. Nei primi decenni del ventesimo secolo si è assistito ad un mutamento del significato e ad un restringimento dell’ambito di quella che era considerata arte primitiva. Durante il successivo quarto di secolo l’arte primitiva si venne identificando sempre più con gli oggetti tribali. Per gli artisti d’avanguardia degli inizi del secolo, questo termine si riferiva soprattutto all’arte dei popoli oceanici ed africani, infatti, a Parigi il termine art nègre cominciò ad essere utilizzato come un sinonimo di arte primitiva. Negli ultimi decenni, i termini primitivo e primitivismo sono stati aspramente criticati e considerati come etnocentrici e dispregiativi. Fatto certo è che il termine primitivismo sia etnocentrico ed è vero e logico che sia così poiché esso si riferisce non alle arti tribali in sé stesse ma all’interesse e alla reazione che suscitano in Occidente. Il primitivismo è dunque
un aspetto della storia dell’arte moderna e non dell’arte tribale.121
In merito quanto già affermato è possibile dire che la scultura dell’intero popolo africano risultò in anni passati essere il punto focale, in termini di attenzione, sia per i fauvisti che per gli espressionisti e cubisti. In particolar modo, se per i cubisti tale arte divenne di fondamentale importanza per quanto concerne il piano formale, per gli espressionisti quest’arte rappresentò più una fantasia, ovvero essa fu decisiva proprio perché permetteva loro di toccare con mano i prodotti derivanti da una fantasia semplice e non dunque corrotta dalla
modernità.122 Come dice Andrea Paganini: «La “decouverte de l’art negre” con la
sua semplificazione dei piani, la sua modificazione delle proporzioni ed il particolare uso del colore, appaiono improvvisamente sconvolgere un ambito culturale in cui il desiderio di rinnovamento artistico era sentito, ormai, come
esigenza prioritaria ed imprescindibile».123
121 M. Di Stefano, Primitivismo oggi. Un approccio agli effetti delle culture “altre” sull’arte del XX secolo, http://www.africarte.it/editoriale/009massimodistefano.htm
122 F. Caroli, Primitivismo e cubismo, l’arte nella società, Milano, Fabbri editori, 1977 123 Cfr, A. Paganini (a cura di), Africa. Tesori della tradizione, Città di Bassano del Grappa,
Molto spesso sono stati utilizzati, in relazione a tale arte, dalla critica occidentale, termini come realismo, cubismo, surrealismo e astrattismo poiché con tali terminologie si è cercato di collocare le opere d’arte africana in determinati modelli stilistici. Per quanto concerne il realismo, è possibile dire che molte delle opere di arte africana sono considerate come “realistiche” poiché il soggetto rappresentato è spesso riconoscibile. Da quanto affermato si evince che, ad esempio, la rappresentazione di una figura umana non sarà una fedelissima copia ma, anzi, in questo senso sarà molto più facile porre in evidenza i tratti stilistici di un’artista derivanti dall’influenza della propria comunità.
In generale, è possibile dire che la qualifica di realista può essere associata a gran parte della scultura lignea dell’etnia Lobi del Burkina Faso, all’arte dell’etnia Chokwe ma anche ad una moltitudine di opere legate all’etnia Baule poiché tali manufatti offrono diversi esempi di realismo; ancora, tale termine può descrivere alcune opere scultoree di diversi gruppi Fang appartenenti alla regione del Gabon, del Camerun e della Guinea equatoriale e, come dice Ezio Bassani: «Via via che ci si addentra nello smisurato universo della scultura africana, l’aggettivo “realistico” assume una connotazione sempre più sfumata, nel senso che l’oggetto principale, il corpo umano, è sottoposto a semplificazioni e
deformazioni sempre più accentuate».124
Per quanto concerne l’assegnazione dell’etichetta surrealista è utile dire che in Europa tale nomea viene associata a tutte le opere che presentano un accostamento non usuale di elementi tra loro incongrui ed aventi l’obiettivo ultimo di creare nei vari fruitori stupore; tali manufatti sono stati creati in occidente con lo scopo di sovvertire le regole della logica ed allo stesso tempo sfuggire al controllo della ragione. Molte opere d’arte africana, in particolar modo quelle scultoree, sembrerebbero dunque appartenere a tale categoria; a spiccare sono le maschere poiché esse possono presentare in uno stesso bene, ad esempio, sia elementi umani che elementi animaleschi e da ciò può emergere l’immagine di un inquietante uomo-animale.
Per concludere, è possibile dire che tali manufatti possono rappresentare una dimostrazione del fatto che gli scultori africani sono dotati di una grande fantasia
sia in termini di ideazione che in termini di realizzazione delle varie opere.125
In termini di astrattismo, invece, è possibile affermare che l’astrazione totale, come è stata posta in essere dagli artisti di moltissime opere afferenti al mondo occidentale, non esiste nelle opere d’arte africana. Più frequenti risultano essere le opere che presentano solo in modo tenue e sfumato la realtà creando un
effetto più di allusione “astrattizzante” che di astrattismo vero e proprio.126
Il termine “decorativismo” sta ad indicare, in via generale, la presenza di molti elementi decorativi nelle opere d’arte africana, anche se, è utile porre in evidenza il fatto che quando si parla di decorazione in Africa si fa riferimento ad una particolare attività concernente una moltitudine di messaggi e significati, infatti, la decorazione corporea, in tale territorio, non è mai un semplice ornamento. Per fare un esempio, la decorazione del corpo è un elemento che fortemente caratterizza le opere scultoree sia dell’etnia Luba che delle popolazioni appartenenti all’etnia Kuba.
In riferimento alla rappresentazione sia di uomini che altre tipologie di soggetti con forme geometriche riconoscibili è possibile affermare che l’etichetta cubista viene quindi associata in modo prevalente all’arte africana poiché in tale arte è spesso caratterizzata dalla rappresentazione del corpo umano attraverso elementi
indipendenti dai volumi piuttosto definiti.127 È possibile in questo senso
ascrivere a tale classificazione, ad esempio, le maschere dell’etnia Grebo ma allo stesso tempo anche quelle dell’etnia Songye dette Kifwebe poiché esse presentano forme dal volume ben definito e, come dice Bassani: «Le rare maschere camerunesi, impropriamente dette bacham, sono un altro caso in cui si adatterebbe legittimamente l’attributo di “cubista”. Le soluzioni volumetriche di
125 E. Cossa, Arte africana, op. cit.
126 I. Bargna, Arte africana, l’arte e il sacro, cit. 127 Ibidem
cui sono il risultato, di un’audacia inventiva senza pari, sono una vera sfida
anche per noi abituati alle arditezze formali degli artisti occidentali».128
L’influenza della scultura africana e oceanica sulla nascita del cubismo è stata per anni considerata dalla critica come un elemento vero e proprio. Infatti, Matisse, come poi la maggior parte dei cubisti, guardavano a quest’arte dal punto di vista formale e sembra che sia stato quest’artista a rivelare a Picasso tale mondo allora ancora in parte sconosciuto. Flavio Caroli ricorda questo fatto in tal modo: «Matisse prese su di un mobile una statuetta di legno nero e la mostrò a Picasso.[…] Picasso la tenne in mano tutta la sera. L’indomani mattina […] nel suo atelier il pavimento era tutto cosparso di fogli di carta e su ogni foglio c’era un grande disegno, quasi uguale su tutti: una faccia di donna con un occhio solo, un naso troppo lungo confuso con la bocca, una ciocca di capelli sulla spalla. Era
nato il cubismo!»129
Secondo John Golding la scultura dell’Africa Nera era stata scoperta un po’ di anni prima da Vlaminck ed è fatto certo che intorno all’anno 1906 Matisse e Derain la conoscevano già. Perciò è piuttosto strano pensare che Picasso, personalità sempre pronta ad aggiornarsi sulle ultime novità della pittura, ne ignorasse l’esistenza quando iniziò a dipingere le famose Demoiselles. Gertrud Stein scrisse nel libro sull’artista che dopo il ritorno di Picasso da Gosol egli conobbe Matisse e, grazie a quest’ultimo, egli venne a contatto con la scultura
africana;130 Matisse confermò questa versione. Picasso dal canto suo, invece,
aveva sempre affermato di essersi interessato all’arte dell’Africa Nera solo dopo aver dipinto le Demoiselles e, più precisamente, lo studio di tale arte cominciò solo dopo la visita del Trocadèro. È altresì possibile che Matisse abbia mostrato al celebre pittore qualche opera già nel 1906 ma è poi possibile che a qual tempo egli non abbia preso tale arte troppo sul serio e solo in seguito, e per conto proprio, sia arrivato alla sua innovativa “scoperta”.
128 Cfr, E. Bassani, Arte africana, op .cit., p.274
129 Cfr, F. Caroli, Primitivismo e cubismo, l’arte nella società, Milano, Fabbri editori, 1977, p.93
La soluzione a tale enigma si trova in un passo dei Peintres et sculpteurs que j’ai
connus, 1990–1942 di Georges Michel, in cui è scritto: «E’ sufficiente una visita
con l’amico Apollinaire a un’esposizione d’arte negra perché Picasso, fino ad allora non più che divertito da quelle forme rozze e barbare, se ne innamorasse
di colpo violentemente»131, dove con l’utilizzo del termine esposizione egli si
riferisce, molto probabilmente, alla visita di Picasso al Trocadèro ed è dunque evidente che questo avvenne mentre egli lavorava già alle Demoiselles.
Con certezza è possibile dire che Picasso conosceva e ammirava le forme stilizzate dell’arte africana, infatti, più che trarre ispirazione da esse per la propria sperimentazione formale, le utilizzò come mezzo per confrontare la validità dei moduli figurativi che in modo autonomo aveva sviluppato.
La storia del cubismo ha inizio tra la primavera del 1907 e l’inverno del 1908. Nel 1907 Picasso inizia a dipingere Les Demoiselles d’Avignon mentre, nel 1908, Barque tiene la prima personale da Daniel-Henry Kahnweiler, destinato in breve a divenire il più grande collezionista del movimento cubista.
Picasso nel 1907 è impegnato nella produzione di nudi femminili caratterizzati da vigorose apparenze scultoree: è senz’altro da questi nudi che Barque trae preziose ispirazioni di carattere proto-cubiste. Spesso inserite in sfondi ricchi di vegetazione ed eseguite in severo stile monocromo, le figure femminili “picassiane” del periodo post-Demoiselles riflettono la scoperta dell’arte africana in occasione della prima visita al museo parigino di etnografia del Trocadèro. Cos’ha visto Picasso al Trocadèro?
Dopo alcuni studi, si ipotizza che abbiano fatto parte della visione alcune maschere provenienti dalla regione del Sudan francese e dallo stato della Repubblica democratica del Congo. Egli era inoltre detentore di una raccolta di oggetti etnografici, tra cui una maschera vuvi, o tsogo, proveniente dalla regione del Gabon ed, infine, possedeva una maschera della regione Kivu. È necessario aggiungere che a Parigi circolavano moltissimi oggetti etnografici e, dunque, a Picasso non mancavano occasioni per trarre ispirazione da tale arte. Il famoso
artista scava i corpi, dona loro sembianze che richiamano gli idoli in legno e tratta i loro volti come le maschere: occhi quasi chiusi, nasi spigolosi ma
perfettamente lignei e labbra molto carnose.132 È comunque fatto noto che le
fotografie che Picasso largamente impiega possono considerarsi non meno importanti, per il suo lavoro, di maschere e statue.
In conclusione, volendo ampliare lo sguardo è possibile affermare che: «Anche l’espressionismo astratto di Jackson Pollock e compagni attinge all’arte primitiva, intesa nella sua più vasta accezione. Oggi quel “gusto” scaturito dall’apprezzamento dell’arte primitiva (la patina, le cromie crostose, l’aggiunta di materiali eterogenei in maschere e feticci) ha innegabilmente influenzato gli
artisti di estrazione molto eterogenea, uno per tutti Arman».133