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Parte seconda: i modelli di formazione messi in atto

45 Marguerite Altet, Eveline Charlier, Léopold Paquay, Philippe Perrenoud, Formare gli insegnant

1.4 Considerazioni conclusive

Rileggendo i paradigmi portanti della teoria trasformativa di Mezirow e il concetto di habitus di Perrenoud possiamo trovare delle similitudini sul modo di concepire l’apprendimento adulto da parte di questi autori. Infatti, in entrambi i casi nel processo di apprendimento rivestono un ruolo importante strutture o modelli di aspettative o schemi (schemi di significato per Mezirow,habitus per Perrenoud, schemi d’azione per Charlier) che costruiamo fin dal primo periodo della nostra vita, in modo inconscio o conscio, attraverso i quali interpretiamo la realtà che acquista, così, per noi significato. Questi schemi nel corso della vita non rimangono statici, ma cambiano, si ampliano, si rinnovano fino ad arrivare ad una completa trasformazione. Quando noi trasformiamo i vecchi schemi in nuovi schemi interpretiamo la realtà attraverso questi nuovi schemi (apprendimento trasformativo).

Per Mezirow la trasformazione di schemi e di prospettive di significato, si attua tramite tre modalità di riflessione: sul contenuto, sul processo e sulle premesse.

Quindi, secondo Mezirow, nell’educazione degli adulti assume notevole importanza lo sviluppo nei discenti dell’apprendimento riflessivo e

trasformativo.

Per Perrenoud, poiché l’habitus personale di ciascun insegnante è costantemente al centro dell’azione pedagogica, la presa di coscienza e l’analisi della pratica assumono un ruolo importante nella trasformazione degli schemi che compongono l’habitus. Quindi nella formazione degli insegnanti risulta basilare l’analisi delle pratiche.

Si possono rilevare anche similitudini tra i diversi modi di concepire

l’educazione degli adulti secondo Mezirow, la scuola francese e Bruscaglioni.

Per esempio, per tutti gli autori menzionati rivestono un ruolo determinante i processi di riflessione e di metacognizione.

Per Mezirow, gli adulti sono in grado di esaminare criticamente la giustificazione delle proprie interpretazioni, nonché gli schemi di significato e le prospettive che esse esprimono, attraverso la riflessione e la dialettica. Ecco perché, secondo l’autore, tra gli obiettivi basilari che dovrebbero connotare una filosofia dell’educazione degli adulti, vi è quello di aiutare i discenti a diventare autodiretti, più criticamente riflessivi (autoriflessivi) e razionali, e a costruire delle comunità dialettiche dove queste qualità possano venire riconosciute, apprezzate e promosse.

Per la scuola francese, rappresentata da studiosi quali Marguerite Altet,

Eveline Charlier, Leopold Paquay e Marie-Cécile Wagner, il modello di

insegnante professionista attualmente assunto dalla ricerca è quello

dell’insegnante riflessivo e, quindi, le pratiche privilegiate di formazione sono

quelle orientate alla riflessività.

Secondo M.Altet la formazione dell'insegnante professionista ha come obiettivo quello di sviluppare nel soggetto un approccio alle situazioni vissute del tipo AZIONE-SAPERE-PROBLEMA, utilizzando sia pratica sia teoria al fine di potenziare nell'insegnante capacità di analisi delle proprie pratiche e di metacognizione (esperto-riflessivo). L’autrice riprende il modello concettuale del “praticante riflessivo” di Shön, che caratterizza il pensiero del professionista-esperto come una riflessione in azione, che è l’opposto di una riflessione sull’azione che si situa , prima o dopo, l’azione ed è fondata su delle conoscenze esplicite.

Tutta la scuola francese pone l’enfasi sull’analisi delle pratiche e sulla riflessione.

Secondo M.Altet sono proprio i “saperi della pratica” che determinano una distinzione tra l’insegnante principiante e l’insegnante esperto professionista poiché permettono lo sviluppo di una meta-competenza, il “sapere analizzare” che favorisce, a sua volta, lo sviluppo di altre competenze professionali.

Secondo l’autrice la formazione professionale per gli insegnanti è una costruzione personale che si basa su azioni quotidiane in classe, seguite da riflessione e da analisi su di esse, condotte con un formatore, quindi la formazione deve partire dalla pratica e fare riflettere sulle pratiche.

Anche per Eveline Charlier l’insegnante acquisisce le competenze professionali “a partire dalla pratica”, dal momento che questa può costituire il substrato della sua riflessione.

Per M. Bruscaglioni la formazione autosviluppo o self development favorisce negli individui lo sviluppo delle proprie capacità, della consapevolezza del proprio potenziale e delle proprie migliori energie e risorse. La formazione

autosviluppo si pone come obiettivo di aiutare i soggetti a individuare e

mobilitare le proprie migliori risorse, di stimolare le loro potenzialità, di indurre l’attivazione dell'energia individuale e collettiva, in sintesi di avviare negli individui il processo di autosviluppo che li porterà ad una crescita professionale anche attraverso “salti di qualità”. La novità della sua impostazione sta nel considerare non solo il bisogno come motivazione all’apprendimento, ma anche il desiderio.

Infatti, il bisogno può essere vissuto come un’imposizione originando il sorgere di comportamenti che non vanno verso il self development; in una tale situazione il soggetto in formazione è orientato e concentrato solo verso il prodotto, cioè il risultato, piuttosto che verso i processi che si stanno attivando in lui. Quindi si tratta di un atteggiamento passivo, ricettivo, non riflessivo e metacognitivo, come invece anche per lui dovrebbe essere.

Ecco allora che accanto ai bisogni, bisogna far leva sui “desideri” dei soggetti in formazione,

Tra i dispositivi proposti per la formazione degli adulti e nello specifico degli insegnanti, troviamo frequentemente proposti:

• l’autobiografia o le narrazioni autobiografiche (Mezirow) o la storia di vita (Perrenoud );

• la compilazione di un diario (Mezirow) o scrittura clinica (Perrenoud ); • l’ analisi di pratiche (Altet) che secondo Perrenoud si può attuare con la pratica riflessiva, lo scambio sulle rappresentazioni e le pratiche el'osservazione reciproca;

• la videoformazione (Altet e Perrenoud);

• il colloquio esplicativo (Perrenoud) o colloqui di approfondimento (Altet).

Infine, per tutti gli autori qui menzionati, in un’attività di formazione non deve esserci dipendenza tra formando e formatore, ma piuttosto collaborazione, dove il responsabile primario dell’apprendimento è il soggetto in formazione, mentre il formatore svolge il ruolo di facilitatore, di counsellor, di guida.

In sintesi l’insegnante professionista è detentore di “schemi d’azione” (o schemi di significato e prospettive di significato) che gli consento di attivare i propri saperi e le proprie routines in situazioni specifiche. Attraverso la riflessione critica sui propri schemi egli è in grado di modificarli ed in tal modo costruire le “competenze professionali”. La trasformazione dei propri schemi d’azione è favorita dall’analisi delle pratiche e dalla riflessione sulle e nelle pratiche.

Quindi la formazione degli insegnanti dovrebbe favorire tali processi di analisi, riflessione critica e metacognizione.

2.

I

piani

d’intervento

per

il

rinnovamento