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CAPITOLO 4: L’ESPERIMENTO VALUTAZIONE DELLA COMPETENZA

4.6 Test di produzione di frasi passive (Verin, 2010)

4.6.3 Considerazioni sul test di produzione di frasi passive

Le risposte fornite da V. a questo test sono un ulteriore esempio del condizionamento e degli effetti a lungo termine che ha avuto la modalità di riabilitazione logopedica adottata fino ad oggi. A V. è stato fornito un modello di riferimento per guidarla nello sviluppo della sua competenza nella lingua italiana. Tale modello è stato acquisito da V. come uno schema fisso da rispettare in ogni occasione: produrre una frase semplice SVO contenente tutti gli elementi presenti nella frase-stimolo. Inoltre, una delle attività più frequenti che è stata adottata nelle varie sedute di riabilitazione è quella della descrizione di immagini e scene, perciò V., abituata a tale compito, applica meccanicamente le indicazioni previste da un normale compito di descrizione. Infatti, al momento del test di produzione delle passive, V. descrive ciò che percepisce visivamente dalle immagini al posto di svolgere operazioni di trasformazione morfosintattica degli stimoli. Le modalità e le tecniche adottate nel corso della riabilitazione logopedica non possono comunque essere considerate la causa responsabile delle difficoltà sintattiche manifestate da V., ma rappresentano soltanto un possibile fattore di rallentamento nel recupero del gap linguistico con quanto atteso da un soggetto udente di pari età anagrafica. In generale, le frasi passive, presentando un ordine non canonico degli elementi, sono fonte di difficoltà anche per i bambini a sviluppo tipico, che sembrano impararle più tardi rispetto ad altre strutture linguistiche (Guasti, 2007). Le frasi passive sono state indagate in varie forme di deficit linguistico e le difficoltà con questo tipo di strutture sono state riscontrate anche in altre

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popolazioni: afasici, soggetti con DSL e dislessici43. La maggior parte delle persone affette da sordità mostra un deficit selettivo degli elementi grammaticali che svolgono una funzione sintattica e in Volpato (2010) si osserva che l’uso di frasi contenenti dipendenze a lunga distanza (frasi passive e frasi relative) è spesso problematico. Tale relazione a lunga distanza si stabilisce nelle frasi passive tra la posizione in cui l’elemento viene interpretato (dopo il verbo) e la posizione in cui viene pronunciato (prima del verbo). Infatti, se si considera la frase passiva in (26b), si nota chiaramente che essa deriva dalla frase attiva in (26a), la quale presenta l’ordine non marcato degli elementi (SVO):

26) a. Il papà colpisce Sara.

b. Sara è colpita <Sara> dal papà.

Al sintagma nominale soggetto nella frase passiva in b. (Sara) viene assegnato il ruolo di paziente dal verbo, ma non appare nella posizione post-verbale tipica del complemento oggetto in italiano (come nella frase attiva in a.), ma nella posizione preverbale del soggetto. Questo tipo di relazioni a distanza creano dunque difficoltà nell’interpretazione delle frasi passive, così come di altre frasi a ordine non canonico degli elementi (Cardinaletti, Franceschini e Volpato, 2015). Le frasi reversibili come quelle in (26), in cui entrambi i sintagmi nominali possono fungere sia da agente che da paziente dell’azione descritta dal verbo, presentano particolare difficoltà. Infatti, nel caso delle frasi irreversibili (27) l’interpretazione risulta facilitata perché una delle due possibilità è esclusa (27c):

27) a. Il bambino rompe il vaso.

b. Il vaso è rotto <il vaso> dal bambino. c. *Il bambino è rotto <il bambino> dal vaso.

Un’altra caratteristica delle frasi passive è rappresentata dall’opzionalità di realizzazione esplicita dell’agente dell’azione, il quale appare all’interno di un sintagma preposizionale (by-

phrase). Accanto alle frasi in (26b) e (27b), sono possibili anche le frasi corrispondenti senza

complemento d’agente:

28) a. Sara è colpita <Sara>.

43 Gli studi condotti sulle diverse popolazioni sono numerosi, per gli afasici si vedano ad esempio Grodzinsky

(2000) e Meyer et al. (2012), per i soggetti con disturbo specifico del linguaggio (DSL) si citano van der Lely (1996) e Friedmann & Novogrodsky (2004), per la popolazione dislessica Cardinaletti e Volpato (2011), (2015). Per gli studi condotti su bambini italiani udenti a sviluppo tipico (età 3;5-6;2) si fa riferimento ai lavori di Volpato et al. (2013), (2014), (2015).

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b. Il vaso è rotto <il vaso>.

In italiano è possibile l’utilizzo di due ausiliari diversi per costruire il passivo, essere e venire. La frase in (26b) è quindi in variazione libera con la seguente frase con venire: Sara viene

colpita dal papà. L’ausiliare venire è però escluso nei tempi composti: Sara è stata / *venuta colpita dal papà. In diversi studi che hanno indagato la produzione e la comprensione di frasi

passive, come nel caso di Volpato e collaboratori (2013), è stata attestata una preferenza di

venire rispetto ad essere in bambini italiani a sviluppo tipico. Ciò è dovuto a diverse ragioni:

l’ausiliare venire è più informale del verbo essere e l’incompatibilità di venire con un’interpretazione aggettivale del participio passato, con cui si combina, rende la frase interpretabile solo come passiva eventiva, mentre l’ausiliare essere al presente può dar luogo ad una frase ambigua tra lettura eventiva e stativa.

Una delle strategie non riscontrate in questo studio, rispetto a quello di Volpato et al. (2014, 2015), è quella dell’uso di pronomi clitici accusativi e dativi. Questo dato è coerente con lo scarso uso di pronomi clitici da parte di V., come spiegato nel paragrafo 4.5. Le strategie alternative, ad esempio la produzione di frasi attive con pronome clitico e frasi attive con ordine SVO trovate nelle risposte di 75 bambini udenti in età prescolare (Volpato et al., 2014, 2015), sono state rilevate anche in un esperimento di produzione elicitata di frasi passive che ha testato due bambini gemelli sordi italiani (Franceschini e Volpato, 2015). I due bambini sordi, oggetto di uno studio longitudinale dai 7;9 ai 9 anni, forniscono risposte similari a quelle prodotte da V.: frasi agrammaticali (il 4% in SA), mai attestate nei bambini udenti, e un’altissima percentuale di frasi che descrivono la posizione dei personaggi nelle foto o che esprimono un commento personale sulle foto (83% e 100 % in SB rispettivamente a 7;9 e a 9 anni vs. 92% in V. a 13;3 anni).