• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 3: IL SISTEMA DEI PRONOMI PERSONALI

3.3 La teoria sintattica

3.3.1 La classificazione tripartita

I pronomi presentano una grammatica complessa. Essi sono il risultato dell’intersecarsi di due sistemi: l’indessicalità e la “deficienza” (deficiency). Con il primo termine si fa riferimento alla funzione di referenzialità (v. par. 3.6) svolta dal sistema dei pronomi, per mezzo della quale una parte della frase può essere coreferente con un’altra parte, esserne una variabile oppure essere legata ad un elemento presente nel contesto dell’enunciato. In passato sono stati identificati due usi associati ai pronomi: quello anaforico e quello deittico. Successivamente, si vedrà come l’uso deittico sia esclusivo dei pronomi tonici. Il secondo termine si ricollega al fatto che i pronomi si manifestano spesso in diverse forme di realizzazione, almeno una delle quali appare impoverita di qualche proprietà rispetto alla controparte completa (Cardinaletti e Starke, 1999, 2000). Tali forme sembrano quindi ricollegarsi ad uno stesso pronome, poiché il significato espresso da esse appare similare. Nonostante questa vicinanza semantica, le forme del pronome si mostrano estremamente differenti dal punto di vista sintattico.

Sebbene lo stesso pronome appaia in una serie di forme morfologiche distinte, tali variazioni non possono essere interscambiabili. L’ipotesi di Cardinaletti e Starke (2000) individua

51

l’esistenza di tre classi di forme pronominali distinte, ognuna delle quali dotata di un preciso set di proprietà:

6) a. Non gli dirò mai *gli tutto *gli. [clitico] b. Non *loro dirò mai loro tutto *loro. [debole] c. Non *a loro dirò mai *a loro tutto a loro. [forte] In tutti i casi sopra riportati (6)19, le forme forti come a loro (6c) sono dotate delle stesse proprietà di un qualsiasi sintagma nominale. Infatti, i pronomi forti godono di una certa libertà distribuzionale: possono essere dislocati, possono apparire in diverse posizioni all’interno della frase, possono essere coordinati e modificati e possono essere portatori di accento contrastivo. Anche Lepschy e Lepschy (1981) affermano che le forme forti del soggetto, come quelle dell’oggetto, vengono generalmente omesse a patto che non si verifichi la necessità di attribuire rilievo particolare o di creare un contrasto con soggetti diversi. Diversamente si comportano i pronomi deboli (6b) e i pronomi clitici (6a), in quanto mostrano una natura “speciale” in termini distribuzionali: essi possono apparire solo in un set di posizioni estremamente limitato.

Dal punto di vista sintattico, i pronomi forti e i pronomi deboli sono proiezioni massimali, ovvero degli XP (Rizzi, 1986), mentre i pronomi clitici sono delle teste funzionali (X°). I pronomi deboli, dei quali i pronomi soggetto atoni del francese sono un esempio, si pongono in una posizione intermedia fra i pronomi forti e quelli clitici: tutte le proprietà che li rendono diversi da un NP, e quindi da un pronome forte, sono condivise dai pronomi clitici, ma quest’ultimi presentano delle ulteriori proprietà particolari rispetto ai pronomi deboli. La teoria tripartita di Cardinaletti e Starke (2000) propone quindi una sorta di gerarchia, ove i pronomi forti sembrano costituire il dominio più ampio, comportandosi come degli NP e godendo di una certa libertà distribuzionale, mentre i pronomi deboli e i clitici sono relegati a domini più ristretti, estremamente limitati nel caso dei pronomi clitici.

La gerarchia sintattica si riflette anche negli aspetti morfologici. Infatti, le tre forme di pronomi si differenziano in termini di pesantezza: le forme forti sono molto più pesanti e complete delle altre due, i pronomi deboli sono soggetti ad una riduzione morfologica, i pronomi clitici presentano la massima erosione. Nonostante questa riduzione morfologica, presentata in gradi diversi dai pronomi deboli e dai clitici, tra le osservazioni presenti nello studio di Cardinaletti e Starke (2000) emerge anche una certa preferenza d’uso delle forme più deboli rispetto a quelle più forti. In altri termini, se si considera come criterio valutativo la tendenza a privilegiare una

52

determinata classe pronominale rispetto alle altre, l’ordine gerarchico che si ottiene è l’esatto opposto di quello presentato poc’anzi: clitici > deboli > forti.

Dal punto di vista semantico, i pronomi forti (come a loro) sono dotati di un tratto [+umano] grazie al quale possono riferirsi solo ad entità umane, mentre le forme deboli (loro) e i pronomi clitici (gli) non sono specificati per il tratto [±umano] e per questo possono denotare sia referenti umani che non umani. In fonologia le differenze appaiono in lingue come il francese, ma non l’italiano. Infatti, solamente le forme deboli possono essere soggette a fenomeni come la liaison, ovvero il processo di vocalizzazione della consonante finale: “Ils -[z] ont un seul bras?” (= “Loro hanno un solo braccio?”) vs. “Pourquoi eux *-[z] ont-ils un seul bras?” (= “Perché loro hanno (loro) un solo braccio?”), (Cardinaletti e Starke, 2000:175). Da queste osservazioni, gli autori dello studio affermano che è proprio l’interazione cross-modulare a permettere che una proprietà sintattica causi delle asimmetrie nella fonologia e nella semantica. In sintesi, le tre classi di pronomi individuate da Cardinaletti e Starke (2000) differiscono in tutte le parti della grammatica.

Come è stato osservato, nel caso dell’italiano i pronomi clitici complemento si attaccano alla parte finita della costruzione verbale, ovvero nelle frasi finite l’ordine previsto è: Cl. + Vfin. Viceversa, nelle frasi non finite il pronome clitico segue il verbo di modo non finito: Vinf + Cl. Nelle frasi perifrastiche che prevedono un ausiliare e un participio passato, il pronome clitico complemento si attacca all’ausiliare che è portatore dei tratti della morfologia finita (persona, numero e tempo) e che è la forma verbale più alta nella struttura funzionale della frase: Cl. +

Aus. + PPart (Hamann e Belletti, 2006). Nel caso delle frasi complesse, i pronomi clitici

dell’italiano, a differenza di quelli del francese, godono di particolari proprietà distribuzionali: il pronome clitico può essere attaccato al verbo matrice finito, nonostante esso appartenga alla frase complemento incassata che è infinitivale. Il clitic climbing è condizionato dalla natura del verbo matrice (Cinque, 2004). Generalmente, tale fenomeno si verifica in presenza di modali, aspettuali e verbi a sollevamento. La salita del pronome clitico al verbo matrice è in questi casi opzionale e Rizzi (1978) ipotizza che tale opzionalità rappresenti la diretta conseguenza dell’analisi di una struttura originariamente bifrasale come una monofrasale. In altri termini, il fenomeno di Ristrutturazione altro non è che un processo di rianalisi della struttura frasale. Infatti, la cliticizzazione è normalmente locale, in quanto il pronome clitico si attacca al verbo al quale appartiene perché ne è il complemento, oppure si annette all’ausiliare aspettuale. Nei contesti di Ristrutturazione il pronome clitico si alza invece molto più in alto della frase alla

53

quale appartiene, perciò anche Cinque (2004) propone di analizzare la frase complessa come una struttura monofrasale.

Dal punto di vista di un’analisi comparativa, è chiaro che non in tutte le lingue sono realizzate le corrispondenti forme morfologiche di ciascuna delle tre classi pronominali. Ciò che si ritiene universalmente condiviso, è quell’insieme di proprietà peculiari di cui sono dotati i tre gruppi di pronomi. Infatti, ogni pronome di qualsiasi lingua presa in considerazione rientra in almeno una delle tre classi pronominali, nel rispetto delle proprietà di ciascuna di esse. In altri termini, se un dato pronome denota un referente umano perché è specificato per il tratto [+umano], allora sicuramente si tratta di un pronome coordinabile, perciò forte. Questo insieme di proprietà rendono possibile l’inferenza di una caratterizzazione generale del sistema dei pronomi personali, ipotizzando l’universalità del sistema tripartito20 (Cardinaletti e Starke, 2000). Nel tentativo di stabilire la struttura sottostante ad ogni classe di pronome sulla base della teoria X-barra, Cardinaletti e Starke (2000) asseriscono che un pronome deficitario è tale perché deficitario sintatticamente, ovvero privo di un morfema presente nella controparte forte. A tale affermazione si aggiunge il fatto che nella proiezione più alta appartenente alla struttura funzionale di un NP si collocano elementi preposizionali come di e a. Tali elementi sono realizzati nei pronomi forti (a loro), ma mai nei pronomi deboli (Ø loro). In conclusione, i pronomi deficitari, deboli e clitici, sono privi della proiezione strutturale più alta dell’NP e la definizione di deficiency si traduce nella mancanza della proiezione funzionale massimale di una proiezione estesa:

Fig. 8: la struttura X-barra sottostante a ciascuna delle tre classi di pronomi21.

La rappresentazione della struttura funzionale delle tre classi pronominali presentata in (fig.8) mostra come la mancanza di αP e βP stia all’origine della deficiency rispettivamente delle forme

20 La distribuzione ternaria individuata nei pronomi personali (i forti godono di una distribuzione libera, i deboli

sono XP con distribuzione deficitaria e i clitici sono X° con distribuzione estremamente deficitaria) sembra regolare anche altri tipi di pronomi, ovvero i possessivi, gli interrogativi e i relativi (Cardinaletti e Starke, 2000).

21 La rappresentazione delle proiezioni strutturali di ciascun tipo di pronome è stata tratta da Cardinaletti e Starke

54

deboli e dei pronomi clitici. Le teste funzionali di ciascun tipo di pronome sono dotate quindi di tratti sintattici diversi che causano i diversi tipi di proprietà manifestate in sintassi, morfologia, semantica e fonologia.