CAPITOLO 3: IL SISTEMA DEI PRONOMI PERSONALI
3.3 La teoria sintattica
3.3.2 I pronomi clitici e il movimento
Nel tempo sono state proposte diverse alternative per spiegare come i pronomi clitici possano essere interpretati come argomenti del verbo:
Based generation approach (Borer, 1984): il clitico è generato in una posizione dedicata al di fuori del VP. Successivamente, esso riceve l’interpretazione di argomento del verbo per via indiretta, attraverso la relazione con un pro nullo dotato degli stessi tratti del clitico.
Movement approach (Kayne, 1975, 1991 e Belletti, 1999): hanno ipotizzato un processo derivazionale comprendente il movimento del clitico ad una testa di tipo Agr- nella parte alta della frase. Secondo tale ipotesi i clitici rappresentano degli argomenti nominali strettamente connessi al dominio verbale. Quindi, originariamente tali elementi nascono come DP, il quale subisce una determinata computazione che coinvolge solamente la sua testa. Attraverso il movimento, la testa del clitico e la testa V di arrivo si ritrovano in una configurazione di stretta relazione oppure coincidono occupando la stessa posizione di testa funzionale. Ciò sembrerebbe rispecchiare i casi in cui il clitico si attacca al verbo di modo finito.
Mixed approach (Sportiche, 1996): ha ipotizzato l’esistenza di una testa funzionale dedicata ai pronomi clitici. Tale testa funzionale, denominata Clitic Voice, occupa una posizione alta nella struttura funzionale della frase ed è associata al verbo. La posizione argomentale ospita una categoria nulla (pro) che si muove nello specificatore di CliticVoiceP per accordarsi con il clitico tramite la relazione Spec-Testa. L’ipotesi di Sportiche opera una sintesi dei due approcci precedenti: prevede una posizione di origine preverbale e il movimento del pro.
Ciò che accomuna i diversi approcci è la presenza di una testa funzionale attiva nella parte alta della struttura funzionale della frase. Di conseguenza, le lingue del mondo sembrano differenziarsi per lo stato attivo o inattivo della testa funzionale ospitante il clitico, essendo prevista la classe dei pronomi clitici solo in alcune lingue (Hamann e Belletti, 2006).
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Il mixed approach (Sportiche, 1996) e il movement approach (Kayne, 1975) concordano nell’ipotizzare il movimento e una posizione di arrivo nella parte alta dell’albero sintattico. Infatti, la struttura frasale contenente un pronome clitico oggetto presenta un ordine non canonico, in quanto l’argomento del verbo non appare in posizione di complemento all’interno del VP (Belletti, 1999). Prove a favore del movement approach sono fornite anche dai lavori di Bottari et al. (1998), nei quali si ipotizza che i problemi riscontrati nell’uso dei pronomi clitici in bambini affetti da DSL (Disturbo Specifico del Linguaggio) siano dovuti alla scarsa padronanza della formazione di catene alla base del movimento. In linea con l’ipotesi di Kayne (1975), i pronomi clitici complemento sono delle teste D° che si spostano nella parte superiore della struttura attraverso il movimento di Testa, mentre i pronomi deboli (Cardinaletti e Starke, 2000) si muovono come proiezioni massimali (DP) dalla posizione complemento in una intermedia ad essi dedicata. La computazione dei pronomi clitici appare così molto più complessa di quella che interessa i pronomi deboli e forti, in quanto solo per i primi si verifica un movimento di Testa suddiviso in più passaggi.
Assumendo come valida l’ipotesi del movimento del pronome clitico dalla posizione di complemento verbale, diversi autori si sono interrogati sul perché essi si debbano muovere obbligatoriamente e dove precisamente si muovano nella loro risalita attraverso la struttura frasale. Belletti (1999) ha ipotizzato che il movimento dei pronomi clitici sia innescato sia dal meccanismo di assegnazione di Caso, sia dalle esigenze di controllo della morfologia verbale. Tale ipotesi presenta delle importanti conseguenze in termini di acquisizione dei pronomi clitici. Infatti, la presenza dei pronomi clitici nei bambini fornisce delle prove importanti dell’esistenza del fenomeno di assegnazione dei tratti, della competenza delle marche di Caso, della padronanza dei processi di movimento di Testa e dell’esistenza di posizioni di atterraggio esterne alla proiezione di VP (Hamann e Powers, 2000). Secondo Belletti (1999), i pronomi clitici complemento diretto sono delle teste D° di un DP impoverito contenente solamente il clitico. Con ciò si intende che inizialmente il clitico corrisponde ad un DP che viene inserito in posizione argomentale interna al VP. Esso è dotato di tratti di caso accusativo che devono essere esplicitamente verificati in sintassi nella proiezione dedicata AgrOP prima della LF (Chomsky, 1993, 1995). Il movimento a tale posizione non è diretto, ma consta di due passaggi: il pronome clitico si muove dapprima come DP nello specificatore di AgrPartP e ciò è dimostrato dall’accordo per genere e numero tra il participio passato e il clitico stesso. Successivamente, il pronome clitico si sposta come testa D° alla testa di AgrOP, ove avviene la cliticizzazione sul verbo. Infine, il verbo e il pronome clitico si muovono insieme verso la testa di AgrSP, proiezione in cui il verbo si accorda con il soggetto.
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Fig. 9: il movimento del pronome clitico oggetto in italiano (Belletti, 1999).
L’analisi di Belletti (1999) ipotizza quindi delle complesse operazioni morfosintattiche motivate dall’esigenza di valutare il tratto di Caso del clitico. Tali processi di derivazione e di verifica dei tratti appaiono molto più complicati per i pronomi clitici che per gli NP lessicali pieni.
Per quanto concerne i clitici riflessivi, il gruppo sperimentale di bambini con DSL testato in Arosio et al. (2014) mostra una performance migliore nell’uso dei clitici riflessivi, rispetto alla scarsa produzione dei pronomi clitici accusativi. In Arosio et al. (2014) si ipotizza che tale differenza di performance sia dovuta ai diversi meccanismi sintattici che regolano l’uso dei clitici riflessivi. A differenza dei pronomi clitici complemento diretto, i clitici riflessivi non sono realizzati in una posizione non canonica, ottenuta attraverso un’operazione di movimento sintattico. Secondo Arosio et al. (2014), le strutture contenenti un clitico riflessivo sono derivate tramite un’operazione lessicale sul verbo che non prevede un vero e proprio movimento del clitico. Tale ipotesi afferma che il riflessivo assorbe il caso e il ruolo tematico interno e che l’accordo si realizza grazie al movimento del soggetto da Spec,VP alla posizione di specificatore di AgrPartP. Successivamente, si stabilisce l’accordo tra soggetto e verbo in AgrSP (fig. 10).
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Fig. 10: la realizzazione del clitico riflessivo (Arosio et al., 2014)