CAPITOLO 2: LA SORDITÀ
2.9 Tipi di protesi
Ogni tipo di perdita uditiva necessita di un dispositivo elettronico tarato ad hoc che permetta un recupero tonale e vocale tali da rendere accessibili al soggetto sordo i suoni del parlato compresi entro l’area dello speech banana (cfr. par. 2.6). Gli ausili medici a cui si fa ricorso sono principalmente due: la protesi acustica e l’impianto cocleare (IC). La scelta fra questi due dispositivi elettronici è dettata dal tipo di ipoacusia, dalla sede della lesione e dall’entità del deficit sensoriale.
La protesi acustica
La protesi è un dispositivo uditivo esterno che svolge la funzione di trasmissione del segnale all’orecchio con la minima distorsione possibile. Essa funge da amplificatore del messaggio sonoro, perciò viene impiegata nei casi di ipoacusie di conduzione da lievi a mediamente gravi. La protesi, tramite l’amplificazione del suono, stimola le cellule nervose illese ubicate nell’orecchio interno e, così facendo, sfrutta le strutture nervose residue. Le protesi possono essere retroauricolari, cioè indossate dietro l’orecchio, oppure endoauricolari, quindi inserite all’interno del condotto uditivo. Esse presentano diverse caratteristiche e hanno differenti gradi di potenza. L’apparecchio acustico convenzionale consta di un microfono addetto alla captazione del segnale acustico che viene successivamente rinforzato da un apposito
40
alimentato da una batteria e può disporre di comandi manuali. Le protesi acustiche esistenti possono essere divise in dispositivi analogici, programmabili e digitali. Nelle prime il trattamento del segnale è di tipo analogico, in quanto i controlli del volume e di compressione sono regolati manualmente tramite appositi comandi. Le protesi programmabili invece permettono la regolazione digitale del suono trattato analogicamente attraverso un’unità di programmazione. Tale unità memorizza la regolazione di più canali e consente di attivare sistemi di compressione diversi. Come nelle protesi programmabili, anche in quelle digitali l’unità di programmazione agisce su più canali e permette diverse strategie di elaborazione del segnale in entrata, il cui trattamento, in questo terzo tipo di protesi, è appunto di tipo digitale. Le protesi digitali sono dotate di un funzionamento tale da assicurare affidabilità, scarsa distorsione, massima flessibilità ed effetti antifeedback (Croatto, Croatto Accordi, Bronte 2002). L’applicazione delle protesi acustiche avviene solitamente nei casi in cui il soggetto sordo presenti una soglia uditiva con residue su tutte le frequenze, ma in presenza di un’ipoacusia neurosensoriale grave o profonda questi apparecchi acustici non sono in grado di compensare la perdita uditiva. In queste circostanze, si ricorre all’impianto cocleare, unico dispositivo in grado di ristabilire la percezione sensoriale.
L’impianto cocleare (IC)
L’impianto cocleare è un dispositivo elettronico che sostituisce l’orecchio interno nelle persone affette da sordità profonda e viene utilizzato quando gli apparecchi acustici non apportano alcun guadagno per l’udito. L’impianto cocleare viene applicato chirurgicamente e sostituisce le parti non funzionanti dell’orecchio interno, ovvero la coclea. Questo dispositivo permette la stimolazione diretta del nervo acustico bypassando le componenti danneggiate. Ciò vuol dire che l’impianto cocleare non si occupa dell’amplificazione del suono, funzione svolta dalle protesi acustiche, ma converte direttamente il suono in impulsi elettrici in modo da stimolare le cellule nervose del nervo acustico. L’IC può essere sia monolaterale che bilaterale, ovvero in entrambe le orecchie, e consta di una parte esterna e di una interna.
41
Fig. 4: l’impianto cocleare15.
Le componenti della parte esterna (fig. 5) sono rappresentate da un microfono che capta i suoni ambientali per convertirli in segnali elettrici destinati al processore (1). Quest’ultimo, simile all’apparecchio acustico, si indossa dietro all’orecchio esterno e oltre a contenere il microfono, racchiude anche la batteria. La funzione del processore è quella di rielaborare il segnale elettrico secondo una programmazione regolata al fine di trasmettere le informazioni essenziali per il riconoscimento dei suoni linguistici. Il processore può essere di due tipi: quello retroauricolare, appena descritto, e quello a scatola che è in genere utilizzato dai bambini sotto gli 8 anni. Il segnale è poi inviato dal processore all’antenna (2) che è posta a contatto della cute esterna ed è mantenuta in sede con un magnete. Tale componente serve a far comunicare la parte esterna dell’impianto cocleare con quella interna.
Fig. 5: le componenti della parte esterna dell’IC16
La parte interna (fig. 6) inizia in corrispondenza dell’antenna sostenuta dal magnete ed è posizionata tramite intervento chirurgico. Essa è composta innanzitutto da un ricevitore-
stimolatore (3) collocato sotto la cute sulla superficie esterna della squama dell’osso temporale.
In esso è contenuto un microchip che decodifica le informazioni ricevute, attraverso l’antenna, dal processore esterno. È proprio la parte del ricevitore-stimolatore a costituire l’impianto vero
15 Immagine tratta da www.hsr.it/clinica/specialita-cliniche/otorinolaringoiatria/impianto-cocleare/, URL visitato
in data 07/03/2018.
16 Immagine tratta da www.hsr.it/clinica/specialita-cliniche/otorinolaringoiatria/impianto-cocleare/, URL visitato
42
e proprio, definito anche orecchio bionico o coclea artificiale, in quanto si sostituisce alla coclea patologica: traduce il segnale in impulsi elettrici e li invia agli elettrodi intracocleari stimolando direttamente il nervo acustico. Gli elettrodi, formanti l’array (4) o cavo portaelottrodi, sono inseriti all’interno della coclea in una disposizione analoga all’organizzazione tonotopica cocleare e variano in numero e forma a seconda del modello di IC. L’impulso elettrico viene così trasformato in impulso nervoso e, viaggiando attraverso il nervo acustico, giunge fino alle aree corticali uditive che interpretano il suono come sensazione uditiva.
Fig. 6: le componenti della parte interna dell’IC17.
Esistono diverse strategie di processamento del segnale acustico e quindi possono operare in sequenza o in parallelo in base all’attivazione degli elettrodi, la quale può essere sequenziale o simultanea. Il segnale è rielaborato digitalmente e, grazie alle continue innovazioni, ora è possibile un’analisi spettrale del segnale verbale in grado di fornire informazioni sempre più accurate in termini frequenziali e temporali. Tuttavia, la stimolazione elettrica fornita dall’IC non eguaglia alla perfezione la reale stimolazione acustica, sebbene permetta ai portatori di distinguere i suoni del linguaggio e di interpretare i suoni acustici (Sharma e Campbell 2011). Abilitare il bambino ipoacusico alla percezione e al processamento delle informazioni acustiche tramite l’applicazione dell’IC, non garantisce l’attribuzione spontanea da parte del portatore di un significato ad ogni suono fornitogli dal dispositivo. Infatti, il bambino sordo preverbale impiantato deve usare le informazioni acustiche in entrata come un codice nuovo e, per imparare ciò, è necessario un programma di riabilitazione (Croatto, Croatto Accordi e Bronte 2002).
Per quanto riguarda le similitudini tra bambini protesizzati e bambini impiantati, si evidenzia che entrambi i gruppi seguono la stessa sequenza di sviluppo uditivo: a partire dall’attivazione degli apparecchi o dell’IC, il bambino sviluppa le prime abilità di detezione e, successivamente,
17 Immagine tratta da www.hsr.it/clinica/specialita-cliniche/otorinolaringoiatria/impianto-cocleare/, URL visitato
43
acquisisce abilità sempre più complesse. Altri aspetti in comune riguardano la percezione più accurata delle vocali rispetto alle consonanti. Inoltre, entrambi i gruppi mostrano di avere difficoltà di discriminazione tra consonanti e di distinguerne a fatica le caratteristiche del luogo di articolazione. Sia i portatori di protesi che quelli di IC necessitano di un approccio individualizzato nel trattamento e mostrano performance peggiori in presenza di rumore ambientale. Ciò che differenzia i bambini impiantati da quelli con la protesi è una maggiore velocità nell’intraprendere e seguire le sequenze di apprendimento uditivo. Infatti, i bambini sordi impiantati raggiungono la detezione dei suoni in poche ore o giorni dall’attivazione del dispositivo, mentre i bambini con l’apparecchio acustico acquisiscono la stessa abilità dopo mesi di allenamento acustico (Croatto, Croatto Accordi e Bronte 2002). Ultimo aspetto, ma non meno importante, è che l’IC fornisce il potenziale per l’apprendimento casuale. La naturale esposizione nell’ambiente permessa dall’IC raggiunge un livello che non può essere raggiunto con la protesi tradizionale.