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Capitolo 2. LO SPRAWL TRA UNA SPONDA E L’ALTRA DELL’OCEANO

2.3. RICADUTE DELLO SPRAWL

2.3.1. CONSUMO DI SUOLO

Il principale responsabile del fenomeno del consumo di suolo è da rintracciarsi nell‟urbanizzazione, sempre più rivolta verso aree collocate in zone che precedentemente non erano metropolitane, occupando quote sempre più vaste di terreni vergini. Lo sprawl consuma terreno. Il suo inefficiente utilizzo del suolo è la principale ragione per cui terreni agricoli, aree naturali e altri spazi aperti stanno scomparendo velocemente intorno alle aree urbane.

Le aree urbane e l‟agricoltura sono da sempre in competizione tra loro per la stessa terra, dato che i terreni agricoli adiacenti alla aree urbane sono ideali per le future espansioni urbane94. La preoccupazione sulla questione, secondo Beraldo Cori, è quanto mai forte e viva dal momento che il vasto utilizzo dei suoli avviene «per scopi che non

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Glaeser E.L., Kahn M.E. (2004). Sprawl and Urban Growth. In Vernon H., Thisse J.F. eds. Handbook

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sono né di produzione né d‟investimento, ma di mero consumo»95

. Inoltre, sempre secondo l‟autore «Il problema del consumo di suolo diventa sempre più un problema di competizione nell‟uso del suolo, non soltanto fra usi per la residenza e il consumo e usi per la produzione, o fra usi “urbani” e usi “rurali”, ma fra usi residenziali e di consumo diversi della stessa popolazione, o fra usi richiesti da popolazioni diverse»96.

Il sostantivo “consumo” è dunque utilizzato nel duplice significato del termine: nel senso di esaurimento, e nel senso di utilizzo per il soddisfacimento di alcuni bisogni. Entrambi gli aspetti infatti si addicono al nostro caso specifico, in cui i bisogni da soddisfare sono sia alimentari, che residenziali e consumistici, anche se non vengono posti molti interrogativi intorno all‟ordine di priorità di risposta a tali bisogni.

Il numero di metri quadri di terra su cui è stato costruito, e su cui si sta continuando a costruire, ha una velocità di molto superiore a quella della crescita della popolazione97. Certamente con l‟aumentare della popolazione una certa quantità di terra va necessariamente consumata per lo sviluppo, è il rapporto tra questi due fattori ad essere problematico. I dati sul consumo di suolo in sé però ci dicono poco o niente sulle densità di popolazione e di attività esistenti su una certa superficie. Oltre alla consistenza della popolazione è infatti anche la sua concentrazione sul territorio ad essere un fattore di pressione, che incide sul consumo delle risorse e sulla qualità dell‟ambiente. Il suolo è una risorsa rinnovabile solo a lungo termine.

All‟interno dell‟ampia tematica del consumo di suolo, in letteratura si distinguono infatti due categorie di analisi: il consumo di suolo patologico o indiretto, e quello fisiologico o diretto98. La prima comprende tutte quelle sottrazioni di terreni agricoli il cui utilizzo successivo è inefficiente, non ottimale e razionale per la risorsa suolo. La seconda categoria invece non produce inefficienze, ma è connessa al naturale sviluppo demografico, che inevitabilmente comporta crescita residenziale e sviluppi infrastrutturali, si tratta cioè di uno sviluppo dell‟urbanizzato in connessione a quello

95 Cori B. (1999). La competizione per l‟uso del suolo nelle aree metropolitane. In: Martinotti G. a cura

di. La dimensione metropolitana: sviluppo e governo della nuova città. Bologna: il Mulino, pp. 231-241.

96 Ibidem.

97 Castrignanò M., Pieretti G. (2010). Consumo di suolo e urban sprawl: alcune considerazioni sulla

specificità del caso italiano. Sociologia urbana e rurale, 92-93, pp. 59-69.

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Socco C., Rubini P. (1990). Sviluppo urbano e consumo patologico di suolo agricolo. In: Reho M., Santacroce P. I consumi di suolo. Metodi e esperienze di analisi. Milano: FrancoAngeli, pp. 147-160.

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demografico. Il primo tipo di consumo, a sua volta, si esplicita in due forme distinte: il sottoutilizzo del suolo agricolo da un lato; e dall‟altro l‟urbanizzazione dei terreni agricoli, con presenza di terre agricole intrappolate nel terreno edificato.

Tra queste due sottoforme, sicuramente la prima è quella che presenta i caratteri di una “patologia meno grave”, meno diffusa e, per continuare ad utilizzare una terminologia di tipo medico, meno invalidante. La seconda sottoforma presenta invece i caretteri di un fenomeno altamente diffuso e strutturale. Le terre intrappolate nella rete urbana, e che spesso si collocano nelle aree periurbane e suburbane, possiedono un elevato potenziale di edificabilità per ragioni di convenienza economica, in quanto sono adiacenti ad aree già urbanizzate e dotate dunque di tutte le infrastrutture necessarie. La velocità e la scala spaziale della trasformazione di terreni agricoli e boschivi in spazi abitabili è aumentata progressivamente nel corso delle ultime decadi, la crescita è continuata; non si è realizzato, purtroppo, quello che aveva ottimisticamente affermato Kenneth T. Jackson alla fine del suo Crabgrass Frontier99, e cioè che il lungo processo di suburbanizzazione sarebbe rallentato nei successi vent‟anni, perché l‟aumentare dei costi dell‟energia e dei terreni, avrebbe riportato le persone indietro, verso i centri urbani; a dispetto di ciò i centri cittadini hanno continuato a perdere popolazione, impieghi e vitalità economica.

Si parla di “consumo” di suolo proprio perché in seguito ai processi di urbanizzazione i suoli vengono consumati, sono persi, non sono più in grado di esplicare le loro funzioni. Si potrebbe utilizzare alternativamente anche il termine “spreco” dunque per definire il fenomeno, in quanto ben si adatta a descrivere una situazione in cui vi è un‟occupazione dei suoli non giustificata.

Mentre tra la popolazione esiste un consenso pressoché unanime sul fatto che l‟inquinamento non dovrebbe esistere, non esiste il medesimo consenso per ciò che riguarda la protezione dei suoli. La scarsa consapevolezza della limitazione dei suoli è un problema riconducibile ad una molteplicità di cause. Si pone il problema delle fonti informative e della scelta dei dati da utilizzare per effettuare le stime, questi due elementi influenzano notevolmente le indagini; inoltre non ci sono rilevazioni condotte in modo diretto e sistematico sul tema, e quelle che ci sono utilizzano dati di secondo

99 Jackson K.T. (1985). Crabgrass Frontier: The Suburbanization of the United States. New York:

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livello; infine ci sono tutti i problemi connessi alla temporalità dei dati. La difficoltà nella comparabilità delle varie indagini condotte, deriva anche dalla diversità di definizioni del fenomeno da cui si parte. Ad esempio considerando il fenomeno in termini di superfici impermeabilizzata, o in termini di quantità di suoli sottratti all‟agricoltura per obiettivi residenziali, i risultati variano in modo considerevole. Certamente i progressi tecnologici hanno permesso di utilizzare le immagini per rilevare l‟entità del fenomeno attraverso le fonti aerofotografiche e cartografiche, e ciò rappresenta un notevole vantaggio.

A livello culturale l‟agricoltura è considerata come un elemento marginale, povero, debole, qualcosa che non va enfatizzato, anzi. Anche per queste ragioni la vendita dei terreni agricoli risulta facile. «Eppure troppo spesso il suolo viene trattato come un elemento di disturbo da rimuovere, un contenitore degli scarti della popolazione umana, oppure un mezzo da sfruttare con una scarsa consapevolezza degli effetti derivanti dalla perdita delle sue funzioni»100.

Tale limitato interesse, tra la popolazione, per il tema in questione, deriva in parte dalla difficoltà di quantificazione del fenomeno, difficoltà che sono anche di ordine tecnico, e che derivano dalla carenza di disponibilità di dati statistici che misurino il fenomeno. Non sono disponibili fonti statistiche ufficiali, le indagini promosse sono di volta in volta effettuate per soddisfare specifiche esigenze di ricerca su aree territoriali selezionate e per ciò consentono scarse possibilità di fare comparazioni geografiche o temporali.

Tale limite complica anche la possibilità di effettuare delle comparazioni a livello sia nazionale che internazionale. Esiste più di una modalità per quantificare il consumo di suolo; i vari metodi si differenziano sia in base alle fonti di dati prese in considerazione che in base agli indicatori tenuti in conto. Ragion per cui le poche stime presenti sul tema, presentano delle cifre, anche di molto, discordanti. Le difficoltà di ciò, come abbiamo detto, derivano da molti fattori, ne evidenziamo quelli più rilevanti all‟interno del nostro paese. Innanzitutto all‟interno delle statistiche agrarie le superfici territoriali comprendono sia quelle agrarie che quelle forestali e boschive: in questo modo è facile che i fenomeni di rimboschimento possano intervenire falsando i risultati. In secondo luogo, sempre all‟interno delle medesime statistiche, non si riescono a separare i dati

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Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). (2010). VII Rapporto annuale,

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extra-agricoli, relativi cioè ad esempio a tutti quei fabbricati costruiti su terreni agricoli ma per esigenze extra-agricole. Forse uno degli indicatori più attendibili in materia, è dato dal valore della percentuale di conversione di terreni agricoli in terreni edificabili nel corso di un determinato periodo temporale. Anche tale dato però, non tiene in considerazione la perdita di terreni dovuta all‟utilizzo di suoli non agricoli, ma forestali, boschivi o incolti. Ma la consistenza del problema si comprende forse meglio attraverso i dati relativi alla percentuale di superfici urbanizzate sull‟intera superficie territoriale e attraverso l‟analisi del suo andamento.

Qualcuno obietta che questi terreni non sono persi, sono semplicemente utilizzati per altri fini. I problemi però vanno ben oltre il diretto consumo di suoli derivanti dalle costruzioni di nuovi edifici e infrastrutture; il cambiamento di destinazione d‟uso dei suoli ne altera le caratteristiche principali, diminuendo la capacità dei territori di assolvere alle loro funzioni ecologiche e di regolazione dei flussi idrici, funzione fondamentale per la prevenzione dei fenomeni alluvionali. Tutto ciò è frutto degli effetti cumulativi di cambiamenti anche piccoli, avvenuti nei decenni passati.

Lo sprawl fornisce degli spazi verdi, ma principalmente sotto la forma di giardini privati che non assicurano di certo gli stessi benefici dei terreni che hanno sostituito. La vegetazione presente all‟interno delle zone suburbane non compensa affatto la sparizione di grandi zone naturali e agricole. Il verde del suburbano è costituito da prati, giardini, terreni adibiti alla pratica sportiva, tutti ambienti poco adatti alla riproduzione della biodiversità. Di fatto la ricerca di un contatto con la natura si traduce col mettere in pericolo la stessa persistenza di quegli spazi naturali.

I problemi che riguardano l‟utilizzo dei suoli non sono solo problemi per la terra in sé, ma l‟utilizzo dei suoli è un fattore chiave che sta alle spalle del tema delle rimanenti risorse di aria e acqua che la società affronta. La visione secondo cui ci sarebbe molta terra a disposizione non tiene in considerazione il bisogno di terreni agricoli, di suoli da utilizzare come spazi pubblici e per il mantenimento della diversità biologica e naturale. Nell‟ottica attualmente dominante «lo spazio fisico sembra aver perso il suo carattere di variabile critica per le esigenze primarie dell‟esistenza (abitare e nutrirsi)»101

.

Oltre alle funzioni alimentari i terreni agricoli svolgono altre importanti funzioni, come l‟assorbimento delle piogge e la purificazione dell‟aria; non si tratta dunque solo di una

101

Cori B. (1999). La competizione per l‟uso del suolo nelle aree metropolitane. In: Martinotti G. a cura di. La dimensione metropolitana: sviluppo e governo della nuova città. Bologna: il Mulino, pp. 231-241.

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perdita fisica, ma anche di una perdita funzionale (si pensi solo all‟impossibilità di condurre operazioni su ampi e contigui appezzamenti, riducendo anche l‟efficienza delle macchine agricole). Un‟altra conseguenza è che avendo meno superficie a disposizione l‟agricoltura viene incentivata ad utilizzare più fertilizzanti chimici per aumentare la sua produzione.

Il consumo di suolo va dunque visto come un indicatore di una modalità di governo del territorio che, se nel breve periodo è estremamente redditizia, nel lungo periodo è impoverente e perdente.

Il processo di crescita generalmente inteso infatti può essere suddiviso al suo interno in due parti differenti ma complementari: il progresso individualistico e quello collettivo. Un aspetto che viene troppo frequentemente trascurato è proprio quello della compatibilità tra il progresso individuale e il progresso generale della società, il che riflette il diffondersi di una cultura sempre più orientata al bene privato, al soddisfacimento di interessi personali e sempre meno a obiettivi sociali. O meglio al raggiungimento solamente di quei fini collettivi che garantiscono il perseguimento di interessi e benefici privati.

La crescita urbana va necessariamente rallentata e limitata. Le ragioni della messa in discussione della tematica della crescita vanno al di là delle più ovvie ed evidenti motivazioni di tipo ambientalistico, per comprendere anche questioni di ordine etico e sociale. Ciò non significa non riconoscere i pregi dello sviluppo economico nel provocare prosperità e progresso, ma significa includere nel ragionamento anche tutti i problemi comportati. Non si tratta di affermare di voler ritornare a situazioni precedenti, ma piuttosto di voler imporre un qualche controllo e una qualche regolazione alla situazione attuale, per poter vivere in una società che abbia il sufficiente dal punto di vista materiale in modo da essere ecologicamente sostenibile. Significa enfatizzare gli aspetti della qualità della vita, di una maggiore equità, di sufficienza, anziché quelli della quantità e conciliare una vita confortevole con minori danni per il pianeta, non significa crescita zero. Infatti intendere ogni critica alla crescita come negazione assoluta significa soltanto passare da un eccesso di semplificazione ad un altro102. Molti sono ancora i bisogni cui deve essere data risposta e per farlo è necessario disporre di risorse materiali che naturalmente provengono dalla crescita economica.

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L‟alternativa della crescita zero sembra essere poco praticabile e richiede piuttosto una riflessione su quali siano le differenze tra quelle dinamiche di crescita che sono necessarie e quelle che viceversa sono patologiche e autodistruttive.

I sostenitori del modello della necessità della crescita adducono spesso la motivazione che la crescita genera posti di lavoro, ma quanti ne toglie? Inoltre sostenere un modello alternativo di crescita non significa non creare occupazione.

Lo sviluppo, per essere considerato tale, richiede il soddisfacimento di due ordini di fattori complementari: il primo di ordine più quantitativo, fatto di elementi puramente materiali; il secondo di ordine più qualitativo, composto da fattori sociali più difficilmente misurabili, come la stabilità sociale o più in generale il progresso inteso in senso ampio.

Ci sono due principali approcci in proposito: uno che si chiede se la crescita debba avvenire ancora, riconoscendo solamente i limiti di quest‟ultima, e uno che si interroga su come questa crescita debba avvenire, intervenendo sulla sua qualità e limitando i suoi impatti negativi.

La città deve continuare a crescere in popolazione, superficie e attività economiche. La città è produttrice di cultura, di conoscenze, di civiltà103.

In questo lavoro si porrà infatti l‟attenzione non tanto sul termine “crescita”, quanto piuttosto sull‟aggettivo “eccessivo” e sull‟insostenibilità di una crescita costante e continuativa. Lo sprawl non è semplicemente crescita, ma bensì un disfunzionale modo di crescita.

Il termine crescita può significare molte cose e indicare differenti tipi di crescita, declinati su vari livelli, ad esempio quello economico, culturale, di equità. Noi ci focalizziamo sulla crescita urbana, intesa come incremento quantitativo nella dimensione dell‟ambiente urbano costruito. La crescita urbana è strettamente legata alla crescita di popolazione, ciò che appare problematico è che gran parte della costruzione di edifici, strade e infrastrutture nella crescita urbana attuale avviene in anticipo rispetto alla futura crescita della popolazione, la precede e spesso la pilota, e infine sembra essere guidata non tanto dall‟aumento della popolazione, ma dal suo spostamento.

103 Flint A. (2006). This land: the battle over sprawl and the future of America. Baltimore: Johns Hopkins

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L‟espansione delle superfici costruite delle città è diventata però considerabilmente più rapida della crescita della loro popolazione.

Spesso quando si parla di crescita, si fa riferimento esclusivamente al lato produttivo, misurato in termini di Prodotto Interno Lordo. Nel tipo di crescita attualmente dominante sono i principi della concorrenza e della ricerca di nuovo profitto a dominare. Vi è una stretta connessione tra lo sviluppo economico e lo sviluppo urbano. Infatti l‟accumulazione economica è spesso anche l‟unico contenuto della pianificazione politica territoriale, assegnando un primato assoluto alla produttività.

Ma, come chiarisce molto bene E. Salzano, «(...) se al termine “sviluppo” vogliamo attribuire un significato positivo, dobbiamo radicalmente separarlo dal termine “crescita”. Dobbiamo anzi giungere ad affermare che in molte situazioni lo sviluppo comporta oggi che non vi sia crescita in alcune tradizionali grandezze del tradizionale discorso economico. O almeno, che non vi è necessariamente sviluppo se i valori assunti da tali grandezze sono crescenti. Così, non è detto che un aumento della popolazione, del numero di alloggi, dell‟attività edilizia e del reddito da essa derivante, della stessa occupazione, del reddito complessivo, siano di per sé un obiettivo dello sviluppo e, ove raggiunti, siano di per sé un segno positivo del suo manifestarsi»104. Le logiche di governo attualmente dominanti rispondono ad una visione puramente economica piuttosto che orientata alla sostenibilità, residuo di una forte cultura industriale e concezione fortemente radicata anche a livello culturale e psicologico, due piani fortemente impregnati di nozioni correlate alla crescita. Sarebbe altamente impopolare l‟affermazione di voler fermare la crescita, e ciò dimostra la delicatezza della tematica a livello politico. È diffusa l‟idea secondo cui sostenibile equivale ad arretrato, anche dal punto di vista culturale. J.S. Mill, più di 150 anni fa, scrisse che «una condizione stazionaria del capitale non implica affatto uno stato stazionario del progresso umano (…). È forse superfluo osservare che una condizione stazionaria del capitale e della popolazione non implica affatto uno stato stazionario del progresso umano. Vi sarebbe sempre lo stesso agio per ogni specie di cultura intellettuale e per il progresso morale e sociale; e altrettanto spazio per perfezionare l‟arte della vita, con una probabilità molto maggiore di perfezionarla»105, iniziando così a considerare una

104 Salzano E. a cura di (1992). La città sostenibile. Roma: Edizioni delle Autonomie, p. 10. 105 Mill J.S. (1848). Principles of Politica Economy. Trad. it. (1983). Principi di economia politica.

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politica economica che tenesse in considerazione le risorse naturali limitate del nostro pianeta.

In generale gli aspetti politici di governo delle città sono sempre meno articolati, permettendo così agli aspetti economici di dominare, senza curarsi minimamente delle conseguenze di tipo ambientale, degli aspetti etici (si generano divari crescenti in tema di povertà e disuguaglianze sia all‟interno del mondo occidentale che tra nord e sud del mondo) e di quelli estetici riguardanti l‟imbruttimento dei paesaggi. Questi primi elementi ci dicono già molto su quali siano le basi socio-economiche su cui si basa il processo che stiamo studiando.

Certamente la produttività è un elemento centrale all‟interno dell‟economia di una città, ma forse non è l‟unico, e l‟eccessiva ricerca di aumento di produttività in un‟ottica di breve periodo, spesso sposta l‟attenzione dalla capacità economica di più lungo spettro. Se la crescita risolve alcuni problemi, ne genera immediatamente altri: l‟inquinamento è allora un segno di progresso?

Infatti in molti casi questa eccessiva enfasi fa passare in secondo piano alcuni valori fondamentali ed espone ad alcuni rischi sostanziali la cittadinanza. Non si ha sviluppo senza tutela dell‟ambiente, come afferma il Libro Verde sull‟ambiente urbano, approvato nel 1990 dal Parlamento Europeo, «La protezione delle risorse ambientali sarà la precondizione di base per una sana crescita economica»106.

L‟ipotesi sarebbe quella di introdurre una nozione di produttività più bilanciata, che tenga in considerazione anche le attività sostenibili e innovative, posizionandosi all‟interno di un più ampio sistema culturale e di valori, che vada oltre quello utilizzato fino a questo momento e che comprende esclusivamente accumulazioni e investimenti. È quello che F. Hirsch, giornalista finanziario che ha ampiamente trattato il tema dello sviluppo, e dei problemi sociali generati dalla crescita economica, definisce come paradosso dell‟opulenza. L‟autore si interroga sul «perché l‟avanzamento economico è diventato ed è ancora un obiettivo così pressante per tutti noi individualmente, se poi dà risultati così deludenti quando siamo in molti, se non tutti, ad ottenerlo?»107.

La natura di questo paradosso va ricercata, secondo Hirsch, nella natura stessa della