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I contatti con la famiglia nell’ambito dei regimi di rigore.

Nel documento Donne ristrette (pagine 80-84)

Il diritto all’affettività tra norme e prassi penitenziarie

2. Il mantenimento delle relazioni affettive in regime intramurario.

2.5. I contatti con la famiglia nell’ambito dei regimi di rigore.

Il diritto di mantenere contatti con i propri congiunti, seppure insoppri- mibile, può incontrare significative limitazioni, in particolare quanto alle modalità ed alla frequenza dei colloqui, in conseguenza del titolo di reato in espiazione o della sottoposizione ad un regime penitenziario differenziato.

Per quanto attiene al primo profilo, occorre fare riferimento al contenu- to dell’art. 4-bis o.p., che annovera un ampio catalogo di ipotesi delittuose considerate dal legislatore quali indici di più intensa, ancorché diversamente graduata, pericolosità sociale ed in quanto tali idonee a giustificare il divieto di accesso ai benefici penitenziari ed anche un diverso regime dei contatti con il mondo esterno.

Le persone detenute o internate per uno dei delitti elencati nel comma 1 dell’art. 4-bis o.p. per le quali operi il divieto di ammissione ai benefici ivi previsto – in quanto non sia esclusa l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sulla scorta di una collaborazione con la giustizia oppure sulla base dell’acquisizione di altri specifici elementi in tal senso unita al ricorrere di una delle situazioni codificate nel comma 1-bis dell’ar- ticolo – sono innanzitutto soggette ad una riduzione del numero dei colloqui consentiti, che non può essere superiore a quattro al mese per quanto attiene agli incontri visivi (art. 37 co. 8 reg. o.p.) e a due al mese per quanto riguar- da le telefonate (art. 39 co. 2 reg. o.p.). Il regolamento prescrive inoltre che le conversazioni telefoniche di detenuti o internati per tutti i reati indicati nell’art. 4-bis o.p. siano sempre sottoposte a registrazione, con le immagina- bili ricadute sulla serenità e sulla spontaneità del colloquio.

Venendo invece alle limitazioni derivanti dall’applicazione di un regime di rigore, viene innanzitutto in rilievo l’art. 14-quater o.p., che, nell’indi- viduare i contenuti della sorveglianza particolare, precisa al comma 4 che le restrizioni dettate nel provvedimento dell’amministrazione penitenziaria che la dispone non possono in ogni caso riguardare «i colloqui con i difen- sori, nonché quelli con il coniuge, il convivente, i figli, i genitori, i fratelli»: se ne ricava, a contrario, la possibile applicazione di criteri maggiormente restrittivi nell’individuazione dei soggetti autorizzati ad intrattenere contatti visivi e telefonici, con la conseguente esclusione non solo di terzi, ma anche di congiunti non appartenenti alla predetta cerchia.

È tuttavia dalla sottoposizione al regime differenziato c.d. del “carcere duro” previsto dall’art. 41-bis o.p. che discendono le più significative limi- tazioni in tema di colloqui e corrispondenza, in nome dell’esigenza di circo- scrivere e monitorare i contatti con l’esterno da parte dei soggetti sottoposti al regime, in particolare al fine di impedire i collegamenti con le associazio- ni criminali di appartenenza, anche attraverso il “veicolo” dei familiari più stretti.

Le donne destinatarie del provvedimento applicativo sono, come è facile immaginare, un numero assai esiguo, dell’ordine di poche unità ed inferiore all’1% del totale18; tuttavia, ciò non fa che acuirne l’isolamento, ulterior- mente aggravato dal fatto che l’unica sezione femminile destinata ad ospi- tarle è ubicata all’interno della casa circondariale de L’Aquila, così che i contatti con i familiari, già limitati in forza del regime, sono inevitabilmente ostacolati anche dalla distanza geografica.

L’art. 41-bis co. 2-quater lett. b) o.p. dispone che i detenuti sottoposti al regime possano usufruire di un solo colloquio visivo al mese, ad intervalli di tempo regolari, di regola con i soli familiari e conviventi, salvo casi ecce- zionali individuati di volta in volta. Ogni incontro ha la durata massima di un’ora, prolungabile a due (cfr. supra, § 2.2) nel caso di congiunti residenti in un Comune diverso, qualora ricorrano le condizioni stabilite dall’art. 37 co. 10 reg. o.p. (Cass., Sez. I, 20.3.2015, n. 20486; Cass., Sez. I, 12.12.2014, n. 3115; Ferretti, 2015, p. 46 ss.): evenienza tutt’altro che infrequente, data la dislocazione delle sezioni ad alta sicurezza sul territorio. I colloqui sono sottoposti ad ascolto ed a registrazione audio e video, previa autorizzazione motivata dell’autorità competente a concederli, e devono necessariamente svolgersi «in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti», e dunque muniti di vetro divisorio a tutta altezza e di impianto citofonico, microfoni o altri sistemi idonei a consentire la comunicazione. Com’è age- vole intuire, i visitatori sono inoltre sottoposti ad accurati accertamenti sulla loro identità, oltre che a perquisizioni delle quali non di rado gli interessati lamentano l’invadenza, tanto da indurre la Commissione straordinaria per la tutela dei diritti umani del Senato (2016, p. 18) a raccomandare che vi si rinunci in tutti i casi in cui non sia previsto un colloquio senza divisorio.

Senza entrare nel merito delle ragioni che giustificano tali prescrizioni, è certamente superfluo evidenziarne l’impatto sulla dimensione affettiva, cir- costanza che ha indotto l’amministrazione penitenziaria (in particolare, con la Circolare DAP n. 3592-6042 del 9.10.200319) a mitigarne l’applicazione con riferimento ai colloqui con i figli ed i nipoti ex filio minori di dodici anni, ai quali è consentito di incontrare il genitore o il nonno in sale senza vetro divisorio, così da consentire il contatto fisico. Quando alla visita partecipi- no più persone, solo gli infradodicenni potranno accedere al locale senza 18 Secondo i dati forniti dal DAP alla Commissione straordinaria per la tutela e la promo- zione dei diritti umani del Senato e riportati nel Rapporto sul Regime Detentivo Speciale

– Indagine conoscitiva sul 41bis (aprile 2016), al 31.12.2015 i detenuti sottoposti al regime

di “carcere duro” sul territorio nazionale erano 729, di cui 7 donne.

19 La possibilità di fruire di colloqui senza vetro divisorio con i figli, inizialmente estesa ai minori di sedici anni, era stata introdotta con la Circolare DAP n. 543884.1.1.41bis del

divisorio, trattenendovisi per tutta la durata dell’incontro, secondo quanto stabilito dalla più recente Circolare in tema di organizzazione del circui- to detentivo speciale (Circolare DAP n. 3676/6126 del 2.10.2017), mentre in precedenza la permanenza dei minori nello spazio riservato alla persona detenuta non poteva eccedere 1/6 della durata complessiva dell’incontro, e dunque, di regola, dieci minuti. L’amministrazione penitenziaria aveva pe- raltro stabilito (nota DAP 28.4.2014, n. 0151557) – modificando il proprio precedente orientamento sul punto20, all’esito di numerosi reclami accolti dalla magistratura di sorveglianza (Picozzi, 2015, p. 173 s.; Diletti, 2013, p. 329) – che in tale lasso di tempo gli altri familiari non dovessero lasciare la sala colloqui, ma potessero attendere dall’altra parte del vetro, così riducen- do la sensazione di disagio e smarrimento vissuta dai bambini, in particolare se di tenera età, costretti al distacco da chi li ha accompagnati al colloquio (Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, 2016, p. 19; Kalica, 2016, p. 332).

Pur con simili contemperamenti – rispetto alla cui applicazione peraltro, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, la persona detenuta non vanta un diritto soggettivo ma un mero interesse legittimo (così da ultimo Cass., sez. I, 21.4.2017, n. 22923, e Cass., Sez. I, 11.6.2014, n. 39966) – la disciplina dei colloqui resta fortemente penalizzante dal punto di vista dell’affettività, tanto da suscitare diffuse critiche e dubbi di incompatibilità con il rispetto dei diritti fondamentali della persona (Ciavola, 2014, p. 93 s.; Della Casa, 1999, p. 127; Fiorentin d), 2013, p. 198 ss.; Kalica, 2016, p. 335), pur non essendo, ad oggi, stata oggetto di censure sotto questo speci- fico profilo né da parte della Corte costituzionale né della Corte europea dei diritti dell’uomo21.

Alla carenza di contatti de visu non può del resto supplirsi attraverso le telefonate, che anzi rappresentano un’eccezione, in quanto possono esse- re autorizzate con provvedimento motivato, solo dopo i primi sei mesi di applicazione del regime ed esclusivamente per coloro che non effettuano 20 Esplicitato con le note del DAP 18.4.2013, n. 0140006, e 10.6.2013, n. 0206255. 21 In particolare, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ripetutamente affermato che le restrizioni del diritto di visita dei congiunti connesse al regime di cui all’art. 41-bis o.p., considerata la natura del fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso, non pos- sono essere ritenute sproporzionate rispetto allo scopo legittimo perseguito – segnatamen- te, la recisione dei contatti con l’associazione di appartenenza, necessaria per garantire la pubblica sicurezza, la difesa dell’ordine e la prevenzione dei reati – e dunque costituiscono un’ingerenza nella vita privata e familiare giustificata ai sensi dell’art. 8 § 2 C.e.d.u.: così ad es. C. eur., Sez. IV, 1.9.2015, Paolello, C. eur. Sez. II, 19.3.2013, Riina, C. eur., G.C., 17.9.2009, Enea, C. eur., Sez. II, 11.6.2006, Bastone, C. eur., Sez. IV, 6.12.2005, Salvatore, C. eur., Sez. II, 18.10.2001, Indelicato, C. eur. Sez. II, 28.9.2000, Messina.

colloqui visivi. In queste ipotesi può essere concesso un colloquio telefonico mensile con i soli familiari e conviventi, della durata massima di dieci mi- nuti, sottoposto in ogni caso a registrazione. Le esigenze di sicurezza hanno peraltro indotto l’amministrazione penitenziaria, con la già citata circolare 3592-6042 del 2003, a delineare una procedura alquanto laboriosa per l’ef- fettuazione delle chiamate, finalizzata a garantire il rigoroso accertamento della sussistenza del vincolo di parentela e dell’effettiva identità degli in- terlocutori: questi ultimi, in particolare, devono recarsi in giorno ed orario prestabilito presso l’istituto penitenziario più vicino al luogo ove risiedono, per essere sottoposti ai necessari controlli ed ivi ricevere la chiamata (circo- stanza che rende di fatto impossibile la fruizione dei colloqui telefonici nel caso di familiari residenti all’estero: Kalica, 2016, p. 333).

Infine, la lett. e) dell’art. 41-bis co. 2-quater o.p. impone che la corri- spondenza di chi è sottoposto al c.d. “carcere duro” sia indefettibilmente soggetta a visto di censura, «salvo quella con i membri del Parlamento o con autorità europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia», con le immaginabili ripercussioni sull’autenticità e sulla spontaneità delle comu- nicazioni di natura affettiva e sentimentale (Kalica, 2016, p. 330).

La lett. c) della medesima norma consente inoltre di disporre la limita- zione di beni ed oggetti ricevibili dall’esterno, ivi compresi, secondo l’inter- pretazione giurisprudenziale corrente, libri, riviste e quotidiani. Sotto questo specifico profilo, si è di recente dubitato della legittimità costituzionale della norma, osservando tra l’altro come lo scambio di libri e di stampa con i pro- pri cari rappresenti «un lacerto di socialità peculiarmente prezioso […] per un detenuto già tanto deprivato di ogni rapporto fisico con i propri familia- ri» (Mag. sorv. Spoleto, 29.4.2016). La Corte costituzionale ha tuttavia di- chiarato non fondata la questione, escludendo che il divieto possa integrare un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita familiare della persona detenuta e ritenendolo, in ogni caso, opportuno e proporzionato rispetto allo scopo legittimo di mantenere l’ordine pubblico e la sicurezza (C. cost., 122/2017; Della Bella b), 2017).

È in ogni caso innegabile che i rapporti con il mondo esterno e dun- que la dimensione dell’affettività incontrino fortissime limitazioni in con- seguenza dell’attuale assetto normativo del regime dettato dall’art. 41-bis o.p., tali da incidere in misura preoccupante sull’equilibrio psicofisico delle persone che vi sono sottoposte, in particolare se per lunghi periodi22. Il già

22 Si vedano, in proposito, i Rapporti del CPT (Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Pene o Trattamenti Inumani o Degradanti) in esito alle visite periodiche negli istituti penitenziari italiani, ed in particolare quello pubblicato nel 2013 e relativo agli accessi effettuati nel maggio 2012, CPT/Inf (2013) 32, p. 28 ss., nonché quello pubblicato

citato Rapporto sul Regime Detentivo Speciale della Commissione straor- dinaria per la tutela dei diritti umani al Senato (2016), anche sulla scorta delle indicazioni ripetutamente formulate in tal senso dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (segnatamente CPT/Inf (2013) 32 e CPT/ Inf (2010) 12) e da quelle espresse in seno agli Stati Generali dell’Esecu- zione Penale 2015-2016 (Relazione Tavolo di lavoro 2 – “Vita detentiva. Responsabilizzazione del detenuto, circuiti e sicurezza”23), raccomanda per- tanto l’adozione di misure volte a facilitare lo svolgimento dei colloqui, in particolare consentendo di cumulare le ore non usufruite, aumentando gli spazi di visita per gli infradodicenni, rinunciando all’inderogabilità del vetro divisorio a fronte di un comprovato buon esito del percorso trattamentale e superando «ingiustificate limitazioni ai colloqui telefonici con i familiari».

Nel documento Donne ristrette (pagine 80-84)

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