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La corrispondenza epistolare.

Nel documento Donne ristrette (pagine 77-80)

Il diritto all’affettività tra norme e prassi penitenziarie

2. Il mantenimento delle relazioni affettive in regime intramurario.

2.4. La corrispondenza epistolare.

Anche alla luce delle frequenti difficoltà incontrate dalle detenute nell’accesso ai colloqui visivi e telefonici, la corrispondenza epistolare si rivela uno strumento prezioso e talora fondamentale per il mantenimen- to dei rapporti con i propri affetti, non essendo soggetta a limitazioni di tipo quantitativo o qualitativo (Bellantoni, 2015, p. 132; Murro, 2010, p.

707). Le persone ristrette sono infatti autorizzate alla corrispondenza con i congiunti e con i terzi, senza necessità di preventiva autorizzazione alla ricezione ed all’invio, e senza che le comunicazioni siano assoggettate a limiti numerici, all’infuori di quelli che possono derivare dalle condizio- ni economiche: gli oggetti di cancelleria necessari devono sempre essere disponibili per l’acquisto presso lo spaccio dell’istituto e, a coloro che non possono provvedervi a loro spese, l’amministrazione fornisce gratui- tamente il necessario per scrivere ed affrancare una lettera alla settimana (art. 38 co. 2 e 3 reg. o.p.).

La corrispondenza interna all’istituto, spesso intrattenuta tra ospiti delle sezioni maschili e femminili che non hanno mai avuto alcun tipo di contatto all’infuori di quello epistolare, è evenienza piuttosto frequente e dà la misura della solitudine e del bisogno di coltivare relazioni affettive che affliggono le persone detenute.

Oltre alle – di gran lunga più frequenti – lettere ordinarie, sono consen- tite dall’art. 38 reg. o.p. la corrispondenza telegrafica e la ricezione di fax, quest’ultima laddove autorizzata dalla direzione. Il problema dei costi e dei tempi dell’inoltro – assai gravosi in particolare per quanto riguarda le stra- niere – potrebbe essere agevolmente superato attraverso il ricorso all’invio di email, che, pur non espressamene vietato dalla normativa, è di fatto osta- colato da problemi tecnici e di sicurezza. In alcuni istituti, grazie all’attiva- zione del volontariato, si sono recentemente avviate delle sperimentazioni, per cui i detenuti consegnano lo scritto e i volontari lo inviano tramite posta elettronica, recapitando poi la risposta; il sacrificio della riservatezza viene compensato dalla celerità delle comunicazioni.

Per escludere la presenza di oggetti vietati (denaro, sostanze stupefacenti ecc.), le missive in arrivo e quelle in partenza, sulle quali deve essere appo- sto il nome del mittente, sono sempre sottoposte ad un controllo tattile o ad altra forma di ispezione esterna, attuata in modo tale da non consentire a chi vi procede alcuna cognizione dello scritto. Quando vi è ragione di sospet- tare che il contenuto della busta costituisca elemento di reato o comunque fonte di pericolo per l’ordine o la sicurezza, la missiva viene trattenuta dalla direzione in attesa degli opportuni provvedimenti che saranno adottati dal magistrato di sorveglianza o – nel caso di imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado – dall’autorità giudiziaria che procede; della circo- stanza viene immediatamente informata la persona detenuta (art. 38 co. 10 reg. o.p.).

L’art. 18-ter o.p., introdotto dalla legge 8.4.2004 n. 95 a seguito delle ripetute censure mosse alla previgente disciplina dalla Corte europea dei di-

ritti dell’uomo15, legittima l’autorità giudiziaria16 all’adozione di provvedi- menti volti a limitare e controllare la corrispondenza, in presenza di esigen- ze d’indagine, di prevenzione dei reati o per ragioni di sicurezza ed ordine dell’istituto, da esplicitarsi in un decreto motivato con validità non superiore a sei mesi, prorogabile per periodi non superiori a tre mesi e reclamabile con le forme dell’art. 14-ter o.p.17. In particolare, e senza entrare in questa sede nel dettaglio della disciplina, la normativa prevede tre diverse tipologie di controlli: la limitazione nell’invio e nella ricezione di missive, la sottopo- sizione della corrispondenza a visto di controllo e la verifica del contenuto delle buste, senza lettura dello stesso.

Le detenute possono dunque vedersi inibita o ridimensionata dal punto di vista quantitativo la facoltà di corrispondere con i propri cari, o mantenere la facoltà di inviare e ricevere lettere nella consapevolezza che il loro contenu- to sarà conosciuto da terzi, che vi apporranno il visto di controllo prima della consegna al destinatario; è appena il caso di sottolineare in quale misura tali provvedimenti possano incidere, concretamente, sulla libera espressione dell’affettività.

15 L’originario comma 7 dell’art. 18 o.p., abrogato dalla medesima legge 95/2004, nell’ammettere il visto di controllo sulla corrispondenza di detenuti ed internati, ometteva di individuarne dettagliatamente i presupposti giustificativi in ossequio a quanto richiesto dall’art. 15 Cost., e nulla disponeva in ordine ai limiti temporali del provvedimento, che peraltro, seppure attribuito alla competenza dell’autorità giudiziaria, si vedeva riconosciuto in sede interpretativa un carattere meramente amministrativo e non era pertanto sogget- to a specifici mezzi di impugnazione. Tali profili, criticamente evidenziati dalla dottrina, avevano originato molteplici ricorsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, sfociati in una serie di condanne dell’Italia, nelle quali si era ripetutamente messo in luce il contrasto della normativa nazionale con gli artt. 8 e 13 C.e.d.u. (cfr. ad es. C. eur., Sez. I, 24.10.2002,

Messina, C. eur., Sez. IV, 26.7.2001, Di Giovine, C. eur., 15.11.1996, Calogero Diana, C.

eur., 15.11.1996, Domenichini). Nell’intento di adeguare la disciplina agli obblighi assunti sul piano internazionale e scongiurare ulteriori censure, il legislatore ha riformato la materia con la già citata legge 95/2004.

16 In particolare, l’art. 18-ter o.p. stabilisce che i provvedimenti in esame siano applicabili, su richiesta del pubblico ministero o su proposta del direttore dell’istituto penitenziario, dal magistrato di sorveglianza, ad eccezione di quelli concernenti persone imputate, che sono invece adottati dal giudice designato dall’art. 279 c.p.p. per l’applicazione delle misure cautelari (e dunque, in particolare, dal g.i.p. nella fase delle indagini preliminari), o dal presidente, nel caso di organo collegiale.

17 Competente a conoscere del reclamo è il tribunale di sorveglianza per quanto attiene ai provvedimenti del magistrato di sorveglianza; negli altri casi, provvede invece il tribunale nel cui circondario ha sede il giudice a quo. Opportunamente, l’art. 18-ter co. 6 o.p. pre-

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