Il diritto all’affettività tra norme e prassi penitenziarie
3. La disciplina dei permessi.
3.1. I permessi di necessità.
L’art. 30 co. 1 o.p. consente alle internate e alle detenute, indipenden- temente dalla posizione giuridica, di ottenere brevi permessi per recarsi a visitare un familiare o un convivente che si trovi in «imminente pericolo di vita»; il secondo comma dell’articolo dispone che analoghi permessi pos- sano essere accordati «eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità».
Se la formulazione letterale del primo comma non lascia spazio a dubbi interpretativi, non può dirsi altrettanto per la seconda ipotesi prevista dalla norma, che infatti, dall’epoca della sua entrata in vigore, è stata oggetto di letture anche molto divergenti ad opera della giurisprudenza.
In particolare, prima dell’introduzione dell’istituto dei permessi-premio ad opera della legge 663/1986, all’art. 30 o.p. veniva assegnata dalla ma- gistratura, anche se non esplicitamente, una funzione suppletiva dell’inesi- stenza di altri strumenti volti a consentire brevi uscite dal carcere, in occa- sione di momenti significativi del percorso trattamentale (Fiorentin e), 2015, p. 344 s.).
La giurisprudenza più recente, certo anche in conseguenza della muta- ta fisionomia dell’assetto dei benefici penitenziari a seguito della “legge Gozzini” (Canepa e Merlo, 2010, p. 174 s.), ha invece ridefinito con mag- giore rigore i confini del permesso di necessità ex art. 30 co. 2 o.p., affer- mando ripetutamente che la norma fa esclusivo riferimento a «fatti storici ben specifici ed individuati, i quali siano di natura familiare e che assumano il carattere della particolare gravità», con ciò non intendendosi solo eventi luttuosi o drammatici, bensì «qualsiasi avvenimento particolarmente signi- ficativo nella vita di una persona», fermi restando il carattere dell’eccezio- nalità (così da ultimo Cass., Sez. I, 7.6.2017, n. 33350) e l’attinenza alla ristretta cerchia dei congiunti della persona interessata24. In proposito, del resto, con particolare riferimento agli accadimenti che riguardano i mem- bri più giovani della famiglia, il Protocollo d’Intesa tra il Ministero della Giustizia, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e l’Associazio- ne “Bambinisenzasbarre Onlus”, sottoscritto nella sua versione più recente in data 20.11.2018, all’art. 1 co. 4 prescrive espressamente che le autorità giudiziarie siano «sensibilizzate ed invitate […] a ritenere rilevanti le esi- genze dei figli di minore età – compleanni, primo giorno di scuola, recite, di- plomi, ricoveri ospedalieri – nella disciplina dei permessi di uscita (premio e per necessità) spettanti ai genitori detenuti».
24 La giurisprudenza ha chiarito che gli «eventi familiari» di cui all’art. 30 co. 2 o.p. sono solo quelli che riguardano i prossimi congiunti, ovvero i soggetti tassativamente indicati
Un orientamento particolarmente attento al principio di umanizzazione della pena, peraltro, lega il requisito dell’eccezionalità non tanto all’unici- tà dell’evento, quanto alla sua idoneità «ad incidere profondamente nella vicenda umana del detenuto», esprimendo soluzioni di apprezzabile equi- librio: in questa prospettiva, la Corte di cassazione ha ritenuto che lo stru- mento dell’art. 30 o.p. potesse essere utilizzato per autorizzare la visita di un condannato alla moglie in condizioni di salute fortemente compromesse per una neoplasia in stato avanzato (Cass., Sez. I, 27.11.2017, n. 26062) o per una grave malattia psicotica (Cass., Sez. I, 27.11.2015, n. 36329), nonchè per consentire un accesso al cimitero per pregare sulla tomba di un congiun- to deceduto (Cass., Sez. I, 24.5.2017, n. 34569, Cass., Sez. I, 27.11.2015, n. 15953, Cass., Sez. I, 14.10.2015, n. 49898).
Si tratta tuttavia di orientamenti non unanimi, che lasciano spazio ad in- certezze interpretative e a disparità di trattamento anche vistose (Amerio e Manca, 2018, p. 12 s.). Così, ad esempio, in giurisprudenza si rinvengono pro- nunce di concessione del beneficio per incontrare il figlio neonato (Cass., Sez. I, 26.5.2017, n. 48424) e provvedere al suo riconoscimento in Comune (Mag. sorv. Bari, 13.2.2014), per partecipare alla cerimonia religiosa della Prima Comunione della figlia (Mag. sorv. Alessandria, 29.3.2012), e financo per prendere parte ad attività lato sensu trattamentali all’esterno del carcere, quali l’inaugurazione della propria mostra di pittura presso un museo cittadino (Mag. sorv. Milano, 20.2.2006) o eventi sportivi (Mag. sorv. Milano, 14.9.2005). Per contro, altre decisioni, sottolineando come il permesso di necessità postuli il verificarsi di accadimenti «infausti» e «tendenzialmente circoscritti nel tem- po» nella vita familiare del detenuto, hanno escluso che dello strumento si possa usufruire per assistere alla nascita di un figlio (Cass., Sez. I, 19.7.2017, n. 3428), al suo battesimo (Trib. sorv. Torino, 21.2.2007) o ai festeggiamenti per il suo diciottesimo compleanno (Cass., Sez. I, 20.10.2011, n. 40660), né per partecipare al matrimonio di un fratello (Mag. sorv. Torino, 28.3.2007), e neppure per convolare a nozze (Cass., Sez. I, 10.5.2016, n. 35813).
A fronte di questo quadro disomogeneo, si è suggerito de iure condendo di affiancare al requisito della gravità un riferimento alternativo alla «com- provata rilevanza» dell’evento nella vita della persona detenuta, così da con- sentire effettivamente la partecipazione a momenti significativi della vita fa- miliare ed una migliore connessione con il mondo esterno (Cesaris d), 2017, p. 242).L’indicazione era stata recepita nello schema di decreto legislativo approvato il 22 dicembre 2017, che aveva introdotto gli eventi di «partico- lare rilevanza» tra quelli idonei a giustificare la concessione dei permessi a detenuti ed internati, purché non sottoposti al regime ex art. 41-bis o.p.; tuttavia la modifica non è stata riprodotta nel d.lgs. 123/2018.
mento delle esigenze derivanti dalla mancanza di una normativa ad hoc in materia di diritto alla sessualità: costante risulta il rigetto delle istanze di concessione di un permesso per incontrare il partner al di fuori dell’istituto penitenziario (Cass., Sez. I, 18.5.2017, n. 28650, relativa ad una richiesta di incontrare la fidanzata presso una struttura alberghiera) ed anche di quelle finalizzate a consentire la consumazione del matrimonio celebrato in carcere (Cass., Sez. I, 29.9.2015, n. 882; Cass., Sez. I, 26.11.2008 n. 48165), neppu- re in vista del concepimento di un figlio (Cass., Sez. I, 5.2.2013, n. 11581). In questa prospettiva, una questione di legittimità costituzionale dell’art. 30 o.p. nella parte in cui non annovera esplicitamente, tra gli eventi familiari di particolare gravità, «anche quelli di speciale rilevanza, tra i quali includere il diritto del detenuto, che abbia contratto matrimonio in carcere, alla sessua- lità con il coniuge», è stata ritenuta manifestamente infondata dalla Corte di cassazione, sul presupposto che l’intervento sollecitato riguardi una materia riservata alla discrezionalità del legislatore (Cass., Sez. I, 29.9.2015, n. 882).
Anche con specifico riferimento al profilo del mantenimento delle rela- zioni con la prole, la giurisprudenza tende a negare che il beneficio ex art. 30 o.p. possa essere utilizzato per supplire all’impossibilità di fruire di colloqui visivi o di permessi premio (Trib. sorv. Torino, 21.11.2006); in questa pro- spettiva è stato ad esempio rigettato, per difetto del carattere dell’eccezio- nalità, il permesso richiesto da un detenuto per incontrare la figlia da tempo impossibilitata ad effettuare colloqui in carcere a causa di una patologia in- validante, ma non pericolosa per la vita (Cass., Sez. I, 7.6.2017, n. 33350).
Merita tuttavia di essere segnalata un’isolata decisione di merito (Mag. sorv. Alessandria, 20.2.2008) relativa alla concessione di un permesso di necessità per consentire ad un detenuto, in via del tutto eccezionale, un in- contro con la figlia alla quale il tribunale per i minorenni, in presenza di un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale, aveva ormai da anni vietato i colloqui con il padre in ambiente carcerario, allo scopo di evi- tare traumi alla bambina25.
Ricorrendo i presupposti sopra descritti – pur nella difficoltà di inqua- drarli analiticamente – la condotta carceraria non può essere ostativa alla concessione del permesso, che prescinde dalla meritevolezza, ma può al più giustificare l’adozione di particolari cautele nella sua esecuzione (Cass., Sez. I, 27.11.2015, n. 15953).
25 Nella specie il Magistrato, richiamando tra l’altro l’art. 9 co. 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, individuava l’evento – o piuttosto, si è osservato (Fiorentin a), 2008, p. 1664), la «situazione» – familiare di particolare gravità nel pericolo concreto di «recisione di ogni rapporto personale del detenuto con la figlia, recisione che rischia[va] di diventare irreversibile» alla luce della prolungata assenza di contatti, perdurante ormai
Quanto alle modalità esecutive, i permessi hanno una durata massima di cinque giorni, oltre al tempo di percorrenza, e a seconda della pericolosità della detenuta – desunta dalla sua personalità e dall’indole del reato per il quale si trova in carcere – possono essere imposti l’accompagnamento a mezzo di scorta da parte del personale di polizia penitenziaria o il pernotta- mento in un istituto penitenziario vicino al luogo di destinazione (art. 64 reg. o.p.). Pur essendone prescritta l’esecuzione urgente, gli accertamenti neces- sari a stabilire le modalità del permesso e a verificare l’effettiva sussistenza dei motivi addotti a sostegno della richiesta, soprattutto se da eseguirsi in località lontana da quella di detenzione, risultano spesso incompatibili con la natura emergenziale della situazione e di fatto impediscono la fruizione del beneficio.
Il provvedimento autorizzativo stabilisce naturalmente anche l’orario prescritto per il rientro in istituto; in caso di ritardo che superi le tre ore, la detenuta sarà sanzionata in via disciplinare, mentre un’assenza protratta per più di dodici ore comporterà la denuncia per il delitto di evasione26.
Il beneficio è concesso dal magistrato di sorveglianza a condannate ed internate; per quanto riguarda le imputate provvede invece l’autorità giudi- ziaria competente ad autorizzare il trasferimento in luoghi esterni di cura ai sensi dell’art. 11 o.p.
Il provvedimento, che deve essere motivato, è comunicato «immedia- tamente», anche telefonicamente o a mezzo fax, al pubblico ministero ed all’interessata, che possono proporre reclamo entro ventiquattro ore al tribu- nale di sorveglianza contro la decisione del magistrato di sorveglianza, ed alla corte d’appello negli altri casi (art. 30-bis o.p.). Fino allo scadere di tale termine, l’esecuzione del permesso è sospesa, e tale rimane nel caso in cui il reclamo venga effettivamente proposto, per dieci giorni dalla ricezione del medesimo, periodo assegnato dalla legge per decidere sul gravame nelle for- me della camera di consiglio27. La sospensione, per evidenti e condivisibili ragioni, non si applica tuttavia quando il beneficio sia stato concesso ai sensi dell’art. 30 co. 1 o.p., per consentire alla detenuta di far visita ad un familiare in pericolo di vita: in questo caso il provvedimento dovrà avere comunque 26 Per quanto riguarda invece le internate, l’art. 30 co. 4 o.p. prevede la sola sanzione disciplinare, nel caso di rientro in istituto dopo tre ore dalla scadenza del permesso senza giustificato motivo.
27 La giurisprudenza ormai unanime concorda sulla necessaria natura partecipata del rito camerale, stante la natura giurisdizionale e non amministrativa del procedimento e l’ido- neità della decisione che lo conclude ad incidere sulla libertà personale dell’instante: così ad es. Cass., Sez. I, 16.5.2014, n. 39963; Cass., Sez. I, 17.11.2009, n. 49343; Cass., sez. I, 16.2.2000, n. 1127. In dottrina cfr. Caprioli, 2011, p. 314; Canepa e Merlo, 2010, p. 179 s.; Fiorentin e Marcheselli, 2005, p. 101.
immediata esecuzione anche in pendenza di reclamo, seppure con la presen- za obbligatoria della scorta.
L’estrema brevità del termine assegnato per la proposizione del reclamo, unitamente all’onere – ricavabile dai principi generali in materia di impu- gnazioni penali (Cass., Sez. I, 17.9.2013, n. 15982; Cass., Sez., I, 26.9.2007, n. 37332; Cass., Sez. I, 23.3.2006, n. 16254; Cass., Sez. I, 30.3.1999, n. 2593) – di indicare a pena di inammissibilità i relativi, specifici motivi (pe- raltro con riferimento ad un decreto che può essere comunicato anche solo telefonicamente), ha suscitato critiche (Della Casa, 1999, p. 124) ed anche una questione di legittimità costituzionale, peraltro dichiarata inammissibile dalla Corte in ragione dell’impossibilità di individuare «una conclusione co- stituzionalmente obbligata» sul punto (C. cost., 235/1996; nello stesso senso da ultimo Cass., Sez. I, 19.2.2013, n. 13395).
3.2. Le visite al minore infermo o al figlio, al coniuge o convivente grave-