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Il controImpero e la moltitudine

Un punto di svolta del saggio è la discussione sulla formazione di un contro-Impero, ossia una forma di

resistenza anti-imperiale. “L'Impero può essere

efficacemente contestato solo al suo livello di generalità. La globalizzazione deve essere affrontata con una controglobalizzazione, l'Impero con un contro- Impero217”.

Come S. Agostino si propose di combattere il dominio dei Romani opponendogli la comunità universale dei cristiani, oggi si tratta di opporre alla forza imperiale il contro-dominio del contro-Impero: ovvero un unico sindacato mondiale di tutti i lavoratori, una Big Union di tutte le organizzazioni sindacali mondiali218. Il modello proposto è quello del IWW (Industrial Workers of the World), movimento nato negli Stati Uniti nei primi decenni del ventesimo secolo, famoso per i suoi scioperi di massa, privo di organizzazione e di qualsiasi gerarchia sindacale.

Nel mondo contemporaneo lo sfruttamento

capitalistico si è diffuso ovunque, non è più limitato alla fabbrica, ma tende ad impregnare tutto il sociale: “[...]l'oggetto dello sfruttamento non è più costituito da

217 Negri, Hardt, Impero, cit., p. 198. 218

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specifiche attività produttive, ma dall'universale capacità di produrre,e cioè dall’attività sociale astratta e dal suo potere complessivo.[...] Questo tipo di lavoro astratto è un lavoro che non ha luogo, ma è estremamente potente. Si tratta di un insieme di cooperanti di cervelli e mani, menti e corpi: è lavoro vivo, diffuso, nomade e creativo. È il desiderio e lo sforzo della moltitudine dei lavoratori mobili e flessibili. L'Impero è il non-luogo della produzione mondiale ove il lavoro è sfruttato219” .

Se nell’era disciplinare l'essere contro si è espresso nel sabotaggio, oggi esso agisce nell'esodo, nel

nomadismo e nella diserzione, cioè l'evacuazione dai

luoghi del potere, di cui le imponenti migrazioni contemporanee sono l'esempio più evidente 220 .

Nella postmodernità le battaglie contro l'Impero possono essere vinte solo in questo senso. La diserzione e l'esodo sono potenti forme della lotta di classe all'interno e contro l'Impero. “La mobilità e il nomadismo di massa dei lavoratori hanno sempre espresso un rifiuto e una ricerca di una liberazione: la

resistenza contro le orribili condizioni dello

sfruttamento e la ricerca della libertà e di nuove condizioni di vita.[...] Lo spettro delle migrazioni di massa si aggira per tutto il mondo.[...] Gli economisti

219 Ivi, p. 200.

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si sforzano di spiegare questi fenomeni ricorrendo alle equazioni e ai modelli, che, anche se fossero esaustivi, non spiegherebbero mai l'irriducibile desiderio della libertà di movimento221”. Negativamente, quello che spinge le moltitudini è la necessità di disertare le miserabili condizioni culturali e materiali della riproduzione imperiale; positivamente, è la ricchezza del desiderio nata nella coscienza di ogni individuo grazie alla globalizzazione222.

L'esodo di massa dei lavoratori specializzati dell'Europa dell'est ha svolto un ruolo fondamentale nel crollo del muro di Berlino. È la prova di un conflitto politico capace di contribuire alla distruzione di un regime. “Nella modernità, numerosi movimenti politici repubblicani hanno assunto la mobilità come terreno di lotta e di organizzazione: dai Sociniani nel Rinascimento (artigiani lombardi e toscani, apostoli della Riforma i quali, banditi dai loro paesi, fomentavano la sedizione contro le nazioni cattoliche d'Europa), sino alle sette nel XVII secolo, che organizzarono le migrazioni transatlantiche per

221 Ivi, pp. 203-204.

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Ivi, p. 204. “C’è un fatto, ed è che ci troviamo in un Impero e che, sempre più sistematicamente, gli uomini abbandonano le istituzioni e se ne vanno. Lasciano il potere, non vogliono più essere rappresentati, non gliene importa più niente. C’è, ben inteso, una nuova nobiltà che si è costituita nell’Impero: ma il resto, e cioè questa moltitudine che è libera di spostarsi ovunque, che circola in tutte le culture e si ibrida, questa massa se ne va. Allora, un giorno o l’altro, sarà bene che la moltitudine si ponga il problema della decisione, la decisione di fermarsi”. (Negri, Il Ritorno, cit., pp. 89-90).

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sfuggire ai massacri in Europa. In questi esempi la mobilità della forza lavoro divenne azione politica223”.

Ma c'è bisogno d'altro: di una forza che non sia solo capace di organizzare la potenza distruttiva della moltitudine, ma di dare vita a un'alternativa costruita con i desideri della moltitudine. Il contro-Impero deve anche essere una nuova forma di vita nel mondo224. Coloro che fuggono per sottrarsi alla miseria delle loro condizioni devono continuamente cercare di costruire un nuovo corpo e una nuova vita: si tratta, come viene definito dai due autori, di un barbarismo positivo. “Una nuova onda nomade, una nuova razza di barbari, sorgerà per invadere o per evacuare l'Impero. Il barbaro è obbligato a ricominciare, a iniziare daccapo.[...] I

nuovi barbari distruggono con una violenza

affermativa e [...] tracciano nuovi percorsi di vita225”. All'inizio del XIX secolo, i proletari erano considerati i nomadi del capitalismo, ma adesso assistiamo ad un esodo antropologico attraverso l'ibridazione e la mutazione dei corpi (con i piercing o i tatuaggi), all'esplosione delle diserzioni nei comportamenti familiari, sociali, sessuali 226 . “Nel mondo contemporaneo, le mutazioni estetiche del

223

Negri, Hardt, Impero, cit., pp. 204-205. 224

Ivi, p. 204. 225 Ivi, p. 205. 226

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corpo sono sicuramente indicative di questa

trasformazione corporea, ma, in definitiva, non si rivelano all'altezza del cambiamento radicale di cui c'è bisogno. La volontà di essere contro ha bisogno di un corpo che sia definitivamente incapace di sottomettersi al comando. C'è bisogno di un corpo che sia incapace di adattamento familiare, che sia refrattario alla disciplina di fabbrica.[...] Gli infiniti percorsi dei barbari devono creare un nuovo modo di vita227”.

É così che la moltitudine, nella sua volontà e nel suo desiderio di liberazione, deve spingersi dentro l'Impero per poi uscirne fuori.

Il termine moltitudine non è di facile definizione. Indica qualcosa di plurale, disomogeneo, è massa e proletariato indistinto. È un termine in divenire, poliedrico, mutevole e dinamico. Nell'impostazione di Hardt e Negri, sostituisce il termine popolo, così come

Impero sostituisce il concetto di imperialismo dello

stato-nazione. Con moltitudine si potrebbe indicare l'insieme differenziato e frammentato della forza- lavoro post-fordista, soggetta al comando capitalistico e quindi l'unica in grado di sviluppare una capacità antagonista. Ma una definizione basata esclusivamente sull'economico è insufficiente, se non altro perché le attuali categorie teoriche presenti nelle analisi

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dell'economia politica sono totalmente incapaci di coglierne la complessità.

C'è forse troppo ottimismo nel lavoro di Hardt e Negri al riguardo. Il richiamo alle lotte sociali che si sono verificate negli anni Novanta (dal Chapas alla Francia del 1995) - il movimento cd. no-global non era ancora comparso sulla scena mondiale al momento della prima edizione americana - sembra insufficiente per poter parlare dello sviluppo di un contro-potere all'Impero. Anche considerando i recenti movimenti sociali internazionali del dopo Seattle (Praga, Nizza, Genova, Barcellona, Porto Alegre), è solo una possibilità che si crei un antiImpero.

L'ostacolo maggiore è costituito proprio

dall'essenza della moltitudine, vale a dire dalla sua frammentarietà, alla quale in Impero manca proprio un riferimento critico specifico. L'attenzione di Hardt e Negri è piuttosto rivolta all'esame di quegli strumenti che possono portare ad una ricomposizione sociale della moltitudine come soggetto politico. "Dobbiamo capire come la moltitudine può diventare un soggetto politico nel contesto dell'Impero.[...] La formazione della moltitudine degli sfruttati e dei produttori soggiogati può essere letta in termini più chiari nella storia delle rivoluzioni del XX secolo. Tra le rivoluzioni comuniste del 1917 e del 1949, nella grande resistenza antifascista degli anni Trenta e

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Quaranta, nelle numerose lotte di liberazione degli anni Sessanta, sino a quelle del 1989, si formarono, si svilupparono e si consolidarono le condizioni della cittadinanza della moltitudine.[...] La costituzione dell'Impero non è la causa, ma la conseguenza del sorgere di questi nuovi poteri228”.

Viene così riconfermato uno dei principi

dell'Operaismo italiano: l'idea che le trasformazioni del capitalismo sono indotte dai processi di sovversione che internamente vi maturano, costringendo il sistema ad una nuova fuga in avanti.

4.3 Passaggi di sovranità

“Così come la Bibbia contiene due diversi racconti della creazione del mondo, anche Impero contiene due differenti narrazioni della genesi dell'Impero. La prima è una storia del pensiero politico in cui il filo rosso è costituito dalla genealogia del concetto di sovranità229”. È proprio questo l'oggetto del capitolo Passaggi di

sovranità, che offre una ricostruzione storica e

filosofica delle origini della modernità in Europa.

Gli autori trattano di “Due Europe e due modernità” e delineano l’irruzione dell'immanenza in una

228 Ivi, pp. 364-365.

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