• Non ci sono risultati.

Tracce della moltitudine

Resta da capire se la moltitudine abbia la capacità di auto-organizzarsi e di costruire un'alternativa al corpo politico globale del capitale. “Il punto di partenza è il riconoscimento che la produzione della soggettività e la produzione del comune possono congiungersi in una relazione simbiotica.[…] In questa metamorfosi possiamo riconoscere la gestazione del corpo della moltitudine, un corpo nuovo, comune e

349 Ivi, pp. 195-196. Per contro sempre Amin sottolinea che qualsiasi progetto per la sovranità nazionale deve includere le classi lavoratrici e non accettare la loro esclusione. “L’affermazione della nazione e la costruzione di un sistema globale multipolare possibile, non sono fuori moda. Credere che sia impossibile costruire strategie efficaci passo dopo passo è esattamente ciò che vuole Washington”. (Amin, op. cit., p. 9).

159

democratico.[...] Essa dovrà continuare a rimanere una composizione plurale e aperta, senza mai trasformarsi in una realtà unitaria suddivisa in organi ordinati

gerarchicamente. Le tracce della moltitudine

mostreranno la stessa facoltà di perseguire il bene che Kant aveva riconosciuto nell'evento rivoluzionario350”.

Hardt e Negri sostengono che la società contemporanea sia caratterizzata dalla dissoluzione dei tradizionali corpi sociali. Sia i modernisti che i postmodernisti riconoscono questa dissoluzione come un dato di fatto: ciò che li divide davvero è che i modernisti desiderano far risorgere quei corpi, mentre i postmodernisti accettano o persino esaltano il loro declino351. Negli Stati Uniti per esempio, di fronte al tracollo delle organizzazioni sociali e al pericolo di una frammentazione della vita di comunità, molti autori non riescono a nascondere la loro “nostalgia” per le formazioni sociali del passato: Hardt e Negri prendono come esempio l'indagine di Robert Putnam sul declino dell'associazionismo negli USA352. Esso, nelle sue molteplici e anche banali forme, dalle organizzazioni

350

Negri, Hardt, Moltitudine, cit., pp. 221-222. 351

Il tentativo di descrivere la nostra epoca come “tarda modernità” piuttosto che come “postmodernità” serve come parte di un progetto volto a preservare e/o rivitalizzare i principali corpi sociali e le forme della modernità: si veda per esempio U. Beck, Die Erfindung des Politische: Zu einer Theorie reflexiver Modernisierung, Suhrkamp, Frankfurt am Main, 1993. Per quanto riguarda le posizioni che rappresentano il versante postmoderno si vedano invece, A. Balsamo, Technologies of the Gendered Body, Duke University Press, Durham NC, 1996; e S. Shaviro, The Cinematic Body, University of Minnesota Press, Minneapolis, 1993.

352 R. Putnam, Bowling Alone: The Collapse and Revival of American Community, Simon and Schuster, New York, 2000.

160

religiose ai club del bowling e del bridge, è sempre stato, come non a caso, già nella prima metà dell'800,

aveva sottolineato Toqueville, la base

dell'aggregazione sociale e la forza di una società molto coesa. L'attuale declino è per Putman un sintomo della crisi di tutte le forme associative nel paese: “non solo gli individui vanno al bowling da soli ma vivono da soli353”. Inoltre, le vecchie modalità di impiego, come il lavoro operaio della grande industria o l'artigianato, che assicuravano una vita stabile e una carriera accompagnata da ricche relazioni sociali, stanno subendo lo stesso negativo processo.

“Il passaggio dall'organizzazione di tipo fordista a

quello postfordista ha distrutto queste forme

tradizionali del lavoro, assieme alle forme di vita che vi erano connesse354”. Una simile realtà distruttiva è al centro delle preoccupazioni contenute negli appelli al patriottismo proclamati dalla sinistra americana, come anche di altri Paesi, già prima dell' 11 settembre 2001355: Hardt e Negri definiscono lo scopo del nuovo dibattito sulle associazioni civiche, il lavoro, la famiglia e la patria, come tentativo di ricostruire un corpo sociale unificato e dunque come “ri-creazione” del popolo. Quello che resta delle pratiche comunitarie

353 Negri, Hardt, Moltitudine, cit., p. 223. 354

Ibidem. 355

Si veda, per esempio, R. Rorty, Una sinistra per il prossimo secolo: l'eredità dei movimenti progressisti americani del Novecento, trad. it. di L. Bagnetto, prefazione di G. Vattimo, Garzanti, Milano, 1999; e M. Kazin, “A Patriotic Left”, “Dissent”, 2002, pp. 41-44.

161

sono “vuote ombre” 356

, che creano una violenza insensata, dal vandalismo degli ultrà di calcio ai culti del fanatismo religioso, dalle riprese del dogmatismo stalinista alla periodica esplosione dell'antisemitismo. “Anche quando qualcosa che assomiglia al popolo emerge sulla scena sociale, agli occhi dei leader della sinistra istituzionale questa nuova realtà appare come una minacciosa deformazione. I nuovi movimenti sorti negli ultimi decenni risultano in gran parte incomprensibili ai loro occhi e quindi mostruosamente minacciosi357”. Per i due autori è ora di smetterla con tale nostalgia, poiché pericolosa e segno di sconfitta.

“Ciò che abbiamo di fronte è una sorta di carne sociale, una carne che non forma un corpo, una carne che è una sostanza vivente comune358”. Hardt e Negri definiscono la carne della moltitudine né materia, né spirito e né sostanza, ma pura potenza, forza vitale senza nessuna forma particolare, essere sociale costantemente impegnato a realizzare la pienezza della vita. Un'energia che si espande continuamente e che non può essere sussunta negli organi di un corpo politico359. “La carne sociale vivente della moltitudine non è un corpo e dunque può facilmente apparire

356

Negri, Hardt, Moltitudine, cit., p. 223. 357

Ibidem. 358 Ivi, p. 224. 359

162

mostruosa360”: le moltitudini, perciò, come esempio del caos che nasce dal crollo dell'ordine sociale della

modernità, catastrofi sociali postmoderne, che

somigliano ad un esperimento genetico finito male361. Per Hardt e Negri è invece necessario trovare i mezzi per indirizzare questo mostruoso potere della carne della moltitudine verso la costruzione di una nuova società. “Tutti questi mostri testimoniano la nostra singolarità e il fatto che le nostre differenze non possono essere ridotte a nessun corpo sociale unitario. Spinoza ci mostra come sia possibile, oggi, nella postmodernità, considerare le mostruose metamorfosi della carne anche come una possibilità di creare una società alternativa362”.

Dunque ciò che la moltitudine produce è essenzialmente il comune363.

A comprovarlo contribuisce l'idea della

comunicazione come un modo di produzione: non solo possiamo comunicare con i linguaggi, con i simboli, con le idee e le relazioni che abbiamo in comune, ma gli esiti di questo comunicare, a loro volta, creano nuovi linguaggi, idee e relazioni comuni.

360 Ivi, p. 225. 361 Ibidem. 362 Ivi, pp. 226-227. 363 Ivi, p. 229.

163

Il motore della produzione e dell'innovazione sta dunque nella comunicazione e nella partecipazione, cioè nell'agire nel comune. In particolare, la nozione di

abitudine ci aiuta a comprendere la produzione (e la

produttività) del comune: le abitudini sono descritte come funzioni fisiologiche senza le quali non potremmo vivere (come la respirazione e la circolazione del sangue). “Le abitudini sono vissute in

comune e possiedono una natura sociale: sono prodotte

e riprodotte attraverso l'interazione e la comunicazione con gli altri. Esse, pertanto, non sono mai qualcosa di realmente individuale o personale[...]364”. E già in questa nozione di abitudine possiamo intravedere l'emergere del concetto di moltitudine. “Le singolarità interagiscono e comunicano socialmente in virtù del

comune, e la loro comunicazione sociale produce a sua

volta il comune. La moltitudine è la soggettività che emerge da questa dinamica che lega la singolarità al

comune365”.